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Live Report: Fear Factory+Butcher Babies+Ignea+Ghosts Of Atlantis @Santeria Toscana, Milano – 16/11/2023

Di Vittorio Cafiero - 1 Dicembre 2023 - 0:40
Live Report: Fear Factory+Butcher Babies+Ignea+Ghosts Of Atlantis @Santeria Toscana, Milano – 16/11/2023

Le immagini della serata nel photoreport curato da Giulia Di Nunno.

Appuntamento all’insegna del Metal moderno in quel di Milano: i Fear Factory, pionieri dell’industrial, vengono accompagnati da una tripletta interessante e variegata: Ghosts Of Atlantis, Ignea e Butcher Babies. Serata che si rivelerà intensa alla Santeria Toscana, accogliente location che ultimamente sta prendendo sempre più piede nella scena live milanese.

Ghosts Of Atlantis

Entriamo nell’ampio spazio concerti della Santeria Toscana quando la band inglese (che vede, tra gli altri, l’ex Devilment Colin Parks alla chitarra) sta per terminare il suo breve set. Difficile giudicare quindi pienamente la performance, ma i presenti sembrano aver gradito la miscela di metalcore ed extreme metal sinfonico offerto dalla band di apertura. Sicuramente impattanti sia a livello sonoro che scenico, grazie anche al look aggressivo e ai volti anneriti dal make-up, i Ghosts Of Atlantis sono certamente da rivedere possibilmente con più tempo a disposizione.

Ghost Of Atlantis setlist:
The Curse Of Men
Sacramental
The Lycaon King
False Prophet
The Lands Of Snow

Ignea

Veloce cambio di palco e sono di scena gli ucraini Ignea, usciti quest’anno su Napalm Records con il terzo lavoro sulla lunga distanza “Dreams Of Lands Unseen”. Come ormai abbastanza frequente, sono guidati da una frontwoman, la piccola ma grintosa Helle Bohdanova: voce pulita abbastanza “soffice”, ma growl decisamente profondo e sicuramente più peculiare. Altrettanto consueta la ormai diffusa difficoltà nel definire precisamente il genere di riferimento: metal moderno, a tratti progressivo, a tratti sinfonico, con largo uso di tappeti sonori mediorientali alternati a momenti più all’avanguardia, caratterizzati da breakdown e, appunto, passaggi in growl. Rilevanti la totale assenza di assoli di chitarra e le linee melodiche costruite unicamente attorno a tastiera e voce. Si fa apprezzare l’uso grasso e pulsante del basso. Il pubblico, che intanto inizia a crescere, segue con interesse e curiosità, piuttosto che con calore e trasporto veri e propri. Chiudono lo show ringraziando l’Italia a nome di tutto il popolo ucraino per il supporto ricevuto durante tutti questi mesi in cui la loro terra natia è stata teatro di una guerra dura e crudele.

Ignea setlist:
Dunes
Camera Obscura
Daleki Obriyi
Bosorkun
Magura’s Last Kiss
To No One I Owe
Nomad’s Luck
Leviathan

Butcher Babies

Altro cambio di palco ed altra fanciulla a guidare la band di turno: questa volta si tratta dell’altrettanto minuta Heidi Shepherd, per questo tour lasciata sola sul palco dalla co-leader Carla Harvey, rimasta a casa in convalescenza in seguito ad un intervento chirurgico all’occhio. La bionda ex-playmate cerca di non far sentire la mancanza della compagna di microfono ed è veramente una bomba di energia, carica fin dall’inizio nella sua tuta in vinile. Musicalmente parlando, siamo in territori alternative/metalcore, supportati da una base ritmica estremamente robusta, chitarra ad otto corde e ripetuti breakdown che sicuramente fanno effetto su una platea che finalmente inizia a scaldarsi. Indubbiamente, al di là del contenuto strettamente musicale, dal punto di vista della carica e della resa live, i Butcher Babies sono inattaccabili: pesantissimi e rafforzati da una lunga esperienza sui palchi di mezzo mondo (cosa che mancava alle band precedenti). Non risparmiano una goccia di sudore, in particolare, appunto, Heidi Shepherd che salta da una parte all’altra del palco, coinvolgendo a più non posso gli astanti, tanto da eleggere il “re” del moshpit durante “King Pin”. Moshpit che, neanche a dirlo, si accende davvero, tanto che la stessa vocalist scende dal palco e si unisce al vortice creato in platea. Molto bravo l’italianissimo Ricky Bonazza al basso, martoriato con le dita e assolutamente di rilievo nel bilancio del gruppo. Con “Last DecemberHeidi ne approfitta per ringraziare pubblico e fan per l’indiretto supporto ricevuto ai tempi di un difficile momento a livello personale e sfoggia una voce pulita più che discreta (tra l’altro, viene suonato quello che forse sarà l’unico assolo di chitarra di tutta la serata, tutte le band considerate!).
Diciamo la verità, i Butcher Babies questa sera hanno dimostrato di essere molto meno peggio di quanto pensassimo…hanno eseguito perfettamente il loro compito e probabilmente hanno guadagnato qualche fan in più.

Butcher Babies setlist:
Backstreets of Tennessee
Red Thunder
Monsters Ball
King Pin
Wrong End of the Knife
It’s Killin’ Time, Baby!
Beaver Cage
Spittin’ Teeth
Last December
Magnolia Blvd.

Fear Factory

Si percepisce il clima dell’evento importante ancora prima dell’inizio del concerto dei Fear Factory, quando dalla platea inizia ad alzarsi un coro spontaneo dedicato all’ostiense Milo Silvestro, selezionato pochi mesi orsono per occupare lo scottante posto lasciato vacante da Burton C. Bell, storico cantante della band losangelina. L’annuncio del giovane polistrumentista, oltre a cogliere tutti di sorpresa, è stato accolto con non poca esaltazione dal pubblico italiano, che per una volta ha messo da parte puerili invidie ed ha subito preso in simpatia il prescelto, tornato da profeta in patria, per la prima volta dal vivo in Italia con i Fear Factory.
Si inizia quindi sotto i migliori auspici, nonostante all’inizio i suoni non siano perfetti e si percepisca una certa emozione da parte di Milo, che sparisce in fretta grazie all’energia che viene subito a crearsi e all’ottima interazione con il pubblico. La band appare solida, in palla e la simmetria quasi coreografica che si verifica sul palco (ai lati i mastodontici e maturi Dino Cazares e Tony Campos, al centro il cantante con alle spalle Pete Webber alla batteria, accoppiata più snella ed esplosiva) non fa che rafforzare la consistenza del quartetto. Anche a livello di approccio, si ripete questa dicotomia: i due energumeni agli strumenti a corda appaiono pachidermici e macinano riff pesanti tonnellate, mentre i due giovani sono un concentrato di dinamismo. Pete Webber (dai thrasher Havoc), in particolare, sembra un vulcano in eruzione e, rispetto al mitico Raymond Herrera, suona più umano. L’affiatamento in ogni caso è evidente, benché Dino Cazares rimanga silenzioso praticamente per tutta la durata del concerto, salvo poi “risvegliarsi” sul finale. Tutto ciò considerato, la band sembra rinata, rigenerata, rinforzata. Milo è perfetto da tutti i punti di vista, probabilmente migliore sostituto non poteva essere trovato e la scelta dei pezzi, sostanzialmente un best of della carriera dei Fear Factory, è di aiuto alla buona riuscita dello show. “Edgecrusher”, “Disruptor”, “Linchpin” esaltano sia chi è sul palco che chi è sotto, che partecipa attivamente: il moshpit è costante, ma lontano dalla violenza degli eventi nu-metal o metalcore, c’è una sorta di armonia, di compartecipazione, non è una lotta mascherata, ma una vero e proprio rituale in cui (ex) adolescenti degli anni ’90 si ritrovano a celebrare un’energia e una positività mai sopite. E, fa piacere dirlo, anche tante ragazze tra gli astanti, a sottolineare l’appartenenza dei Fear Factory alla schiera delle grandi band dal pubblico trasversale.
Colpisce la presenza di due pezzi da “Archetype” (“Slave Labor” e la title-track, suonate una dopo l’altra), album su cui nessuno dei presenti compare originariamente e che (a quanto detto da Milo) il chitarrista-mastermind non avrebbe mai voluto suonare dal vivo. Meglio così, perché si tratta certamente di due tracce pazzesche, che mandano il pubblico in visibilio e che sono tra i  momenti più alti dell’intera serata. E, come se non bastasse, si chiude con un poker da paura: “Martyr”,”Demanufacture”, “Zero Signal” e l’inno “Replica”, mentre con il sigillo finale “Resurrection” un galvanizzatissmo Milo Silvestro ribadisce il potere rigenerante e salvifico della musica.

Reset. Regenerate. Reborn….probabilmente il concerto dell’anno.

Fear Factory setlist:
Shock
Edgecrusher
Recharger
Dielectric
Disruptor
Powershifter
Freedom or Fire
Descent
Linchpin
What Will Become?
Slave Labor
Archetype
Martyr
Demanufacture
Zero Signal
Replica
Resurrection

Vittorio Cafiero