Live Report: Gorgoroth + Doodswens @ Revolver Club, San Donà di Piave (VE) – 25/02/2023
Live Report: Gorgoroth + Doodswens @ Revolver Club, San Donà di Piave (VE) – 25/02/2023
a cura di Daniele Peluso
Penultima cerimonia del fortunato “Black Metal Revelation Tour 2023” quella del Revolver di San Donà di Piave (VE). Undici sono state le tappe, ben distribuite per l’Europa centro orientale, che hanno letteralmente incenerito il caro vecchio continente nel freddo mese di febbraio.
Come una folata di vento incandescente, il carrozzone capitanato dai veterani Gorgoroth, ha deliziato i fortunati presenti con una dimostrazione di forza e salute del movimento estremo Europeo, capace di catalizzare l’attenzione dei numerosi estimatori del genere desiderosi di liberare istinti e passioni da troppo tempo sopite in un’era ostile al divertimento e alla condivisione emozionale in pubblico.
Della data sold out (tra le tante) di Milano ne potete godere nel bel reportage della nostra Jennifer Carminati.
Ma veniamo a noi.
Revolver Club: discoteca piuttosto isolata nella grande e tranquilla zona industriale di San Donà di Piave, cuore pulsante in continuo fermento del metal nel nord est dello stivale, location perfetta per un evento come quello vissuto sabato sera. Acustica eccellente, sala ampia, palco ben disposto e senza barriere con il pubblico, personale gentile e disponibile, bar ben fornito e dal servizio rapido sono gli ingredienti fondamentali per rendere una serata di musica assolutamente perfetta (cose non da poco di questi tempi).
Tyrmfar
Giusto il tempo per una birra e si parte: sul palco gli svizzeri Tyrmfar riversano sul pubblico (in relativo buon numero per una band d’apertura) una tempesta di suono; non c’è davvero metodo migliore per iniziare la serata. Il feeling tra la band dell’istrionico cantante Robin Délèze e i presenti in sala è immediato e durerà per tutto il tempo dell’esibizione. Ahimè la proposta musicale degli svizzeri non brilla per originalità; il loro black melodico, seppur suonato in maniera davvero ineccepibile, ha per lo scrivente quel fastidioso sapore del già sentito, cosa che non sembra però interessare gli astanti che iniziano i primi, embrionali, pogo a centro sala. Mezz’ora di un metal vagamente incolore, con qualche sussulto, certo, ma generalmente incapace di farmi correre al banchetto del merchandising dall’altro capo del Revolver.
Hats Barn
Cambio di palco rapido: il locale pian piano si riempie e un discreto numero di persone iniziano a sciamare sotto il palco. Da lontano, una enorme creatura simile a Tia Dalma, inizia a prendere possesso del palco che in una frazione di secondo sembra diventare un accampamento di orchi di Warcraft II Tides of Darkness. La sinistra figura, aiutata da un rapido e agile aiutante tutto pelle e ossa, sistema tutti gli orpelli voodoo necessari all’esibizione dei francesi Hats Barn.
I due, finito l’allestimento, si armano di chitarra e basso. All’arrivo del batterista dietro alla pelli si può contare non più di cento secondi. Dopo una intro di breve durata, tra urla incomprensibili e un muro di suono che ci investe, si impossessa della scena Psyco, frontman e mastermind della band transalpina.
Al primo impatto, lo stupore frammisto alla sorpresa la fanno da padroni.
Psyco sembra uscito direttamente dal Nome della Rosa di Umberto Eco. Salvatore, eretico dolciniano interpretato sullo schermo dall’enorme Ron Perlman, ricalca nelle movenze, nelle sbuffi e nelle farneticazioni, il linguaggio corporeo del cantante degli Hats Barn. Impegnato nello scacciare spiriti invisibili che gli ronzano per la testa, con uno scream tagliente e gelido, il tarantolato cantante di Lille domina la scena. E mai il verbo dominare è stato così adeso alla realtà delle cose.
Ipnotico catalizzatore degli sguardi dei presenti, Psyco conquista la platea; il suono della band dal canto suo è un ferale e gelido black old school solido e senza fronzoli. La band pesca a piene mani da quindici anni di devozione al Diavolo offrendo un rituale da cui si viene letteralmente rapiti: fantastici, violenti, una sorpresa che ha il dolce gusto della scoperta.
Doodswens
Tutto questo, ahimè, non accade con gli olandesi Doodswens. La band della batterista Inge van der Zon, orfana della cantante Fraukje van Burg, cerca di imbastire un’offerta musicale degna dell’importante posizione nel cartellone del tour. Come per gli opener della serata, anche per il trio di Eindhoven vale la stessa sensazione di impalpabile leggerezza nella proposta musicale. Al netto della presenza scenica, dei rituali e degli incensi, del “sangue” con cui Inge segna le fronti degli spettatori sotto le casse spia, resta a noi un’esibizione impalpabile, priva del mordente necessario affinché sia per lo meno ricordata a dieci minuti dalla conclusione.
Ci sono molte buone idee, bene inteso: ritmi sincopati alternati a sfuriate in pieno black’n’roll, passaggi più introspettivi, ottimi cambi di ritmo e una presenza scenica di tutto rispetto. Ma la sensazione di artefatto, di posticcio, non mi ha mai abbandonato durante tutta l’esibizione dei nostri.
Il locale è pieno, il pogo impazza tra le prime file: sembra tutto perfetto ma in me cresce il desiderio di passare oltre. Peccato.
Gorgoroth
Come su di un otto volante torniamo in alto quasi subito. Spazio alla marcia funebre Sonata Op. 35 Movimento 3 di Fryderyk Franciszek Chopin; le luci calano, il rosso sangue domina un Revolver pieno in ogni ordine di posto. Il fumo avvolge ogni singolo spettatore: i Gorgoroth hanno preso posto e danno le spalle alla folla scalpitante. Tutto secondo i piani. Le prime note di “Bergtrollets Hevn” fanno esplodere la nera magia del combo di Bergen. Hoest si dimena, sbatte, scalcia: uno spettacolo nello spettacolo.
Il palco contiene a malapena i Gorgoroth in tutta la loro splendida ferocia. Solo il frontman dei Taake si muove nel piccolo spazio che riesce a scavarsi tra le fila delle chitarre. Senza fronzoli, senza nessun orpello decorativo, il sound della band è un fiume in piena che ripercorre trent’anni di ferale dedizione al Black Metal norvegese.
Dalla seminale “Katharinas Bortgang” contenuta in un promo datato 1994 passando per “Quantos Possunt ad Satanitatem Trahunt” e “Under the Sign of Hell” che ci regalano pezzi imprescindibili come “Ødeleggelse og undergang” e “Revelation of Doom” è un crescendo di cruda ruvidità scandinava. Pescano a piene mani dal nuovo e dal vecchio del loro repertorio: il pubblico apprezza e segue lo spettacolo rapito dal gelo della band di Infernus.
Cinquantacinque minuti e rotti di true norwegian black metal; niente soste, nessun rallentamento, nessuno osi prendere fiato. Alla fine del set “Unchain my Heart” dà il commiato allo straripante pubblico del Revolver che ne vorrebbe ancora.
Evidentemente è sfuggita loro una delle cose fondamentali che hanno sempre contraddistinto i Gorgortoh: sul palco si va a portare l’Inferno. Niente ammiccamenti, nessun protagonismo, niente smancerie. Se non lo avete capito, probabilmente, siete stati al concerto sbagliato.
Report fotografico della serata: https://www.truemetal.it/heavy-metal-news/photo-repor-gorgoroth-doodswens-hats-barn-tyrmfarrevolver-club-2023-1114398