Live Report: Green Lung – Unto Others – Satan’s Satyrs @ Legend Club, Milano – 04/03/2025

Live Report: Green Lung + Unto Others + Satan’s Satyrs @ Legend Club, Milano – 04/03/2025
a cura di Jennifer Carminati
Photo Report completo: Photo Report: Green Lung + Unto Others + Satan’s Satyrs @ Legend Club, Milano – 04/03/2025 – truemetal.it
I Green Lung tornano finalmente in Italia, e lo fanno in veste di headliner questa volta, con un solo spettacolo martedì 4 marzo 2025 al Legend Club di Milano, grazie all’organizzazione di MC² Live.
Unto Others in veste di co-headliner per questo Heathen Neverland Tour 2025: serie di date europee che vedranno le due band suonare insieme e che passa quest’oggi anche dalle nostri parti, con i Satan’s Satyrs sul palco in apertura.
La coda, che mi sarei aspettata anche all’ingresso del locale, la trovo invece al banco del merchandising, dove insieme al mio compagno Luca, ci fiondiamo subito al nostro arrivo, nella speranza di trovare cd e maglietta ad un buon prezzo, e così è, peccato solo non ci fossero tutti i vecchi album dei Green Lung in versione vinile, ma solo l’ultimo.
Fortunatamente, oltre all’affluenza, che comunque crescerà sempre più col passare dei minuti, ci sono altri elementi che fanno funzionare al meglio un concerto: la partecipazione del pubblico è uno di questi. Questa serata è stata la prova perfetta di quanto sia efficace un pubblico coinvolto nella riuscita finale di un live, anche se la platea non è certo quella delle grandi occasioni.
La prima cosa che ho notato entrando al Legend è stata la grande varietà di metallari, e non solo, presenti questa sera: ho visto magliette di tutti i tipi, persone di oltre 60 anni vicino a ragazzini con gli occhi e unghie truccati di nero, ma anche fan del black metal e del death metal, come si evinceva dalle magliette indossate.
Questo è di per sé una testimonianza di quanto siano convincenti entrambe le band headliner di questo Heathen Neverland Tour 2025: al di la dei gusti personali, essere in grado di parlare all’anima di chiunque, indipendentemente dal proprio background e preferenze musicali, non è assolutamente cosa da poco, e in pochissimi riescono ad uscire dai confini del proprio genere.
E dopo questa doverosa premessa, vediamo quindi come è andata questa serata imperdibile per gli appassionati di sonorità doom, a tratti stoner e gothic metal.
Satan’s Satyrs
Ad aprire le danze, e sono solo le 19.25, ci pensano gli americani Satan’s Satyrs, con all’attivo cinque album di cui l’ultimo After Dark della scorsa estate, da cui attingono qua e là per la scaletta proposta questa sera.
In questa mezz’ora a loro disposizione, tra le mura del locale di viale Enrico Fermi, si è respirata una vera e propria atmosfera classica degli anni ’70: impeccabili i Satiri di Satana nella consegna di ogni singolo pezzo di hard rock psichedelico infuso di doom e qualche nota di punk.
La band, che mi ha ricordato i New York Dolls nel look e atteggiamento, annovera solo il frontman come unico membro originale dopo un rinnovo completo nel 2023, ha dei bei groove e i ragazzi come detto fanno bene il loro lavoro, ma non riescono ad interagire molto con il pubblico e questo forse penalizza un po’ la riuscita finale della loro esibizione.
I Satan’s Satyrs avranno comunque certamente conquistato nuovi fan questa sera e gli applausi che ricevono alla fine della loro esibizione ne sono la prova, ma non hanno certo lasciato il segno.
Lineup
- Claythanas – basso, voce
- Jarrett Nettnin – chitarra
- Morgan McDaniel – chitarra
- Russ Yusuf – batteria
Setlist
- Thumper’s Theme
- Full Moon and Empty Veins
- Pulp Star
- Black Souls
- Quick Quiet Raid
- Iron & Ivy
- Two Hands
- Show Me Your Skull
- Alucard
Unto Others
Passano circa altri 30 minuti prima che arrivino sul palco il primo dei due co-headliner: i cupi e gotici Unto Others, che aprono lo spettacolo con Butterfly, direttamente dal loro ultimo album Never Neverland.
Il loro sound, un potente mix di goth rock old school e metal in varie sfumature, ha risuonato profondamente con il pubblico che muoveva la testa a ritmo, mentre la band continuava con brani come Momma Likes The Door Closed, Suicide Today e Raigeki dal loro nuovo album.
Con la darkeggiante Can You Hear The Rain e la più dura Heroin dagli album precedenti, il cantante Gabriel Franco mostra entrambe le sue facce: è inquietante. cupo, e potente in egual misura. La sua voce sembrava squarciare l’oscurità con un’evocazione vellutata, trascinando il pubblico in un’esperienza condivisa di viaggio nelle profondità delle emozioni umane.
La platea era completamente persa nella loro musica, si muoveva come un’unica entità, l’euforia era evidente nelle ondate di applausi che seguivano ogni canzone: Pet Semetery, apprezzatissima cover dei Ramones, Time Goes On, Flatline e Dragon, Why Do You Cry? con cui chiuderanno, tra le altre.
La chimica tra i vari componenti della band è evidente e questo contribuisce a una resa ottimale dei brani della loro discografia riproposti dal vivo.
La performance dinamica del chitarrista Sebastian Silva è stata in netto contrasto con la presenza quasi statuaria del cantante Gabriel Franco con i suoi caratteristici occhiali da sole.
La loro miscela gotica di oscurità deve molto a band come Joy Division e The Smiths e mi riportano alla mente spesso anche lo spirito dei Type O Negative dei primi tempi, e disturbiamo pure Danzig nel modo di cantare.
Ho particolarmente apprezzato la performance del batterista Colin Vranizan, preciso e puntuale dietro le pelli, con un’aria impeccabile di chi sa cosa deve fare e lo fa quasi senza sforzo ma con evidente passione.
La loro proposta, a mio personalissimo parere, è un insieme di cose già sentite dove non trovo nulla di personale, e per questo, nonostante sia la quarta volta che li vedo in sede live, non mi lasciano proprio nulla, ma son contenta di vedere che per moltissimi dei presenti non è così.
De gustibus non est disputandum, e menomale (a volte).
Lineup
- Gabriel Franco – voce
- Sebastian Silva – chitarra
- Brandon Hill – basso
- Colin Vranizan – batteria
Setlist
- Butterfly
- Momma Likes the Door Closed
- Nightfall
- Fame
- Jackie
- Double Negative
- Suicide Today
- Raigeki
- Why
- It Doesn’t Really Matter
- Can You Hear the Rain
- Heroin
- When Will God’s Work Be Done
- Time Goes On
- Flatline
- Pet Sematary (Ramones cover)
- Dragon, Why Do You Cry?
- Give Me to the Night
Green Lung
Ci è voluto un po’ per allestire il palco con tutti gli oggetti di scena della band, tra cui un teschio di capra, con ammennicoli vari, una soffice pelliccia che avvolgeva altri teschi di capre con lunghe corna e occhi rosso fuoco, che decoravano un tamburo e il pezzo forte: un grande cranio di caprone posto al centro del palco.
Il primo headliner della serata ce lo siamo visti, e molti se li sono goduti alla grande, ma i Green Lung sono un’altra cosa. Conosciuti per la loro miscela unica di doom metal, rock occulto e ritornelli orecchiabili, gli inglesi tornano finalmente a farci visita, e devo ammettere, non vedevo l’ora. Li ho visti solo una volta nel novembre del 2022, in tour insieme ai Clutch, ed è stata una folgorazione.
La loro presenza scenica è un qualcosa di quasi trascendente, la loro musica ti porta indietro nel tempo, a quelle tipiche atmosfere e sonorità degli anni ’70 che tanto hanno avuto da dire nel mondo del pentagramma e non solo: una proposta, la loro, al centro di un ipotetico triangolo rappresentato dai Black Sabbath, passando per Electric Wizard e Cathedral.
L’apertura con Woodland Rites è magistrale.
I Green Lung ci regalano una scaletta perfetta che mette in mostra tutto ciò che questa band è in grado di fare. Con solo tre album all’attivo, c’è comunque parecchia scelta di canzoni da suonare dal vivo, la maggior parte delle quali proviene dall’ ultimo This Heathen Land del 2023 tra cui Hunters In The Sky e il singolo One For Sorrow con cui chiuderanno l’esibizione.
Gli inglesi, con brani come Mountain Throne, Call of the Coven e The Forest Church, raccontano storie di mito e leggenda infuse di melodie avvincenti, ritornelli ricchi di doom e tanto groove, che rimangono subito in mente.
L’ incredibilmente orecchiabile Maxine (Witch Queen) ha mandato la folla in delirio, ma la loro bravura è stata dimostrata ulteriormente quando, poco prima, hanno rallentato i ritmi e placato l’atmosfera con la sacramentale Song of the Stones prima di tornare a caricare di nuovo con il loro suono massiccio.
Il successo non arriva a caso, ma alimentando uno stretto legame con la propria fanbase, con il duro lavoro e il girovagare in sede live. I Green Lung sono stati ripagati di tutto, non solo attraverso questo tour europeo a quanto pare preso d’assalto ad ogni data, ma anche dal senso di comunità che si è venuto a creare tra il pubblico, come questa sera.
Entusiasmo e coinvolgimento palpabile ad ogni brano: l’headbanging collettivo è uno spettacolo da vedere e ogni volta è sempre un piacere ritrovato il potere della musica sulle persone.
I londinesi Green Lung, con le loro influenze molto evidenti portano tra le mura del Legend Club di Milano, un’atmosfera assolutamente perfetta dove la voce e la presenza scenica di Tom Templar si adattano incredibilmente bene. Pur non raggiungendo chissà quale estensione e potenza vince alla lunga distanza il confronto con tanti cantanti heavy metal tanto bravi quanto anonimi. Il frontman, infatti, è dotato di una dose non indifferente di teatralità ed estro, oltre che un innegabile carisma, che rende la proposta dei Green Lung unica e fuori dal coro.
Il resto della band non è certo da meno: Scott Black, Joseph Ghast, Matt Wiseman e John Wright all’organo/tastiera, davvero un personaggio in sede live, aiutano a legare insieme il suono pazzesco e incredibilmente “pieno” di questa band.
Normalmente è facile capire quali sono le canzoni preferite dai fan, ma non stasera però, perché tutti i brani ricevono la stessa quantità di hype e afflato.
Per concludere il set principale, ci regalano una versione da pelle d’oca di Graveyard Sun, con un lavoro solista di Scott Black a dir poco meraviglioso. Un brano che si avvicina a una ballad, seppur con retaggi psichedelici tipici dello stoner rock.
È presa dallo stesso album, Black Harvest del 2021, che la band saccheggia per l’inizio di un bis di quattro canzoni: The Harrowing con le sue tastiere abbaglianti, Old Gods e poi, finalmente è il momento di Let The Devil In, probabilmente il loro biglietto da visita per eccellenza.
Decidono di chiudere una serata incredibile con una versione monolitica di One For Sorrow, che lascia il pubblico del Legend Club di Milano in fermento e fibrillazione fino alla fine.
Avete promesso di tornare presto con il vostro prossimo nuovo album su cui state già lavorando, mi raccomando, ogni promessa è debito, ci contiamo tutti quanti.
Chi, come la sottoscritta grazie al mio vecchio (Ulisse Carminati, firma UC per i metalheads), è cresciuto a “pane e Paranoid”, sa che c’è ancora un gran bisogno di hard rock sabbathiano, ma non quello scimmiottante il verbo di Tony Iommi. No, quello che, pur ostentando sfacciatamente le sue influenze, ci sbatte in faccia canzoni trascinanti, chitarre heavy e incalzanti, un certo non so che di divertimento occulto a permeare ogni istante. I Green Lung sono una delle migliori risposte possibili a tale richiesta, ve lo garantisco.
Consiglio spassionato: l’esperienza del Green Lung dal vivo va assolutamente fatta, e, rifatta possibilmente più volte, per “vedere l’effetto che fa” questo viaggio musicale di altissimo livello.
Lo spettacolo Heathen Neverland a Milano, ma presumo anche in tutte le altre date europee, non è stato solo un concerto ma un’esperienza che ha trasceso l’ordinario, lasciando un effetto duraturo su tutti i partecipanti.
Dopo il concerto, la band ha anche trascorso un po’ di tempo al banco del merchandising chiacchierando con i fan e firmando i loro articoli, ed è stato molto bello vedere la loro disponibilità e genuina presenza. Quando si esce dalla sala con il sorriso sulle labbra ancora canticchiando le canzoni di prima, si può certamente dire che è stata un successo e lo scopo raggiunto.
Gli echi delle melodie sono rimasti addosso alla gente mentre se ne andava, a ricordarci che, almeno per qualche ora, siamo stati tutti parte di un qualcosa di veramente straordinario, che solo chi ama la musica e la vive a pieno può capire.
Non mi resta che lasciare il Legend Club ed addentrarmi attraverso il Parco Nord nella notte di questo martedì sera milanese di inizio marzo.
Scherzavo ovviamente, domani si lavora, per cui poco tempo per la baldoria, vado a casa a scrivere questo Live Report e poi qualche ora di sonno.
“Altro giro, altra corsa, altro regalo” dicevano alle giostre ve lo ricordate? E per oggi, questo bel giro psichedelico me lo sono proprio goduto.
Ci si rivede prestissimo, sempre tra queste righe.
Stay tuned and Stay Metal.
Lineup
- Tom Templar – voce
- Scott Black – chitarra
- Joseph Ghast – basso
- Matt Wiseman – batteria
- John Wright – organo
Setlist
- Woodland Rites
- Mountain Throne
- Templar Dawn
- Call of the Coven
- Song of the Stones
- The Forest Church
- Hunters in the Sky
- Maxine (Witch Queen)
- Graveyard Sun
Encore
- The Harrowing
- Old Gods
- Let the Devil In
- One for Sorrow