Live Report: Hellsinki Metal Festival 2024 Day 2 @ Ice Hall, Helsinki (FI)
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La giornata di Sabato é cominciata con molta più calma, considerato che in mattinata é passato un temporale che ha in parte scoraggiato il pubblico dal presentarsi ai cancelli in anticipo. Una volta terminata la pioggia che ha in parte rinfrescato il clima, tra i primi due gruppi ad esibirsi oggi – gli italiani Hideous Divinity ed i cileni Demoniac – la scelta é ricaduta ovviamente sul gruppo nostrano. In realtà a giudicare dal feedback riguardo alla prova esplosiva del gruppo thrash sudamericano ci siamo poi un po’ pentiti di esserceli persi. Ad ogni modo la formazione romana si é presentata a nostra sorpresa con Juhana Heinonen (Enragement) alla voce per sostituire l’infortunato Enrico Di Lorenzo. Dopo la confusione iniziale bisogna dire che il finlandese ha dato il suo buon contributo, con la band che ha potuto quindi presentare ai suoi fans i brani dall’ultimo “Unextinct”. Positivo anche il giudizio sul batterista Edoardo Di Santo che si è unito lo scorso anno alla formazione capitolina.
Il momento più strano del festival – si, anche del concerto dei Gutalax – é arrivato quando abbiamo deciso di dare un’occhiata al concerto degli Humanity’s Last Breath. Il gruppo svedese é autore di uno strano miscuglio tra djent, progressive e deathcore che qualcuno definisce addirittura un genere a sé, esaltando la band per la sua originalità. Essendo noi invece di vecchia scuola abbiamo osservato curiosamente e con confusione, chiedendoci tra l’altro perché il cantante fosse sempre gobbo e incappucciato facendo gesti strani con le mani. Le linee di basso erano forse la parte più interessante ed apprezzabile, prima di incamminarci verso lo show successivo.
Più consoni ai nostri gusti erano i californiani Helsótt, con il loro folk/death metal ed il cantante dall’atteggiamento sempre sorridente verso il pubblico, con il bassista che in quanto a stile avrebbe potuto gareggiare con Les Claypool. Parlando prettamente di musica, salta all’occhio il riferimento alla cultura cowboy americana (in contrasto coi successivi Blackbraid) così come gli elementi folkloristici che si ritrovano anche nel sound, il quale porta alla mente gruppi come Månegarm ma reinventati in chiave death metal e se fossero cresciuti in america. Peccato che ci fosse davvero poca gente ad assistere alla loro prova, in concomitanza con i Crownshift che certamente hanno sia il vantaggio di giocare in casa che lo status di “supergruppo”, vantando membri di Nightwish, Wintersun, Finntroll, Children of Bodom e MyGrain, tra gli altri (insomma un po’ tutti i gruppi più celebri della scena locale).
Come anticipato, subito dopo é toccato ai loro connazionali Blackbraid. Dal vivo la band vanta nei propri ranghi ex membri tra gli altri di Skeletal Remains, Cerebral Rot e Maquahuitl. Sull’onda della moda che sta andando avanti da qualche anno con parecchi gruppi che guardano alle loro tradizioni ed origini ancestrali, il focus della formazione statunitense é chiaramente incentrato sulla mitologia dei nativi americani, sulla natura ed il paganesimo. Lo si vede infatti anche sul palco con i colori di guerra e i vestiti tradizionali sfoggiati quantomeno dal frontman e mastermind della band, Sgah’gahsowáh, e dal chitarrista Y.E. Senz’altro non mancano di originalità e risultano piuttosto accattivanti dal vivo, nonostante il sole accecante che punta proprio sul palco abbagliando quando si riflette sugli strumenti della band.
A seguire gli Havukruunu. Loro per il pubblico locale non hanno certo bisogno di presentazioni, vantando un buon numero di assidui fans che riempiono ogni volta i locali dove suonano. In formazione un po’ rimaneggiata almeno per quanto riguarda il bassista, questa band che si rifà ampiamente ai Moonsorrow ed ai Bathory come influenze principali é riuscita negli anni a conquistarsi a suon di live un seguito di tutto rispetto, certo non saranno le band originali, ma sopratutto le generazioni più giovani che non sono cresciute a pane e Bathory non sembrano riconoscere la differenza. Senz’altro, almeno per il pubblico finlandese, una parte del loro successo sarà anche nei testi che si rifanno prettamente al paganesimo locale, così come all’oscurità, la solitudine ed il lungo inverno finnico, tutte tematiche che sicuramente toccano chi é cresciuto da queste parti. Ancora una volta hanno esaltato i propri fans senza troppi sforzi.
Un’altra band che si occupa di tematiche cupe ma anche più riflessive sono invece i successivi Insomnium. Come i colleghi Wolfheart il giorno precedente, hanno dato un’impronta più melodica a quanto offerto sinora, la differenza sta nel fatto che il loro show é stato molto più coinvolgente, complice il fatto che si svolge sul palco piccolo dove la band é maggiormente a contatto con il pubblico. In questo senso vale la pena fare un parallelo con i Before The Dawn lo scorso anno, ed in effetti avrebbe avuto più senso forse far suonare anche i Wolfheart sul secondo palco. Riguardo gli Insomnium, bisogna ammettere che da quando ormai oltre un decennio fa Markus Vanhala é entrato nella band ne hanno sicuramente guadagnato in sede live, grazie sopratutto alla sua energia ed inesauribile carica positiva. Guidati ancora con il solito carisma da Niilo Sevänen, si sono concentrata suprattutto sugli ultimi due dischi, con il pubblico nelle prime file che non si é certo astenuto da un po’ di sano e furioso headbanging.
Era da tanto che DORO non si faceva viva da queste parti, ed é stata accolta come le si addice da un pubblico pieno di entusiasmo. La Metal Queen per eccellenza, divisa fra l’ultimo “Conqueress – Forever Strong and Proud”, ed i classici dell’era Warlock, ha estasiato i presenti a suon di anthem del metallo pesante, facendo alzare un mare di braccia ad ogni occasione. Già solo guardare come aveva il pubblico in pugno é stato uno spettacolo a sé, ma la sempreverde cantante – che non sembra mai invecchiare nonostante il bisogno degli schermi coi testi a fronte del palco – da’ una vera e propria lezione di puro heavy metal. “Duettando” di tanto in tanto con gli altri membri della band quando non si trova ad incitare i fans, Doro Pesch ha ancora grinta da vendere e sa unire tutti i presenti sotto la bandiera del metallo. Inarrestabile. Va menzionato che purtroppo per la concomitanza con DORO stavolta ci siamo persi i Barathrum, senza offesa per la band di Janne Sova.
Altro momento atteso era poi quello di Abbath, che si é cimentato in una carrellata di classici degli Immortal. Straripante di personalità pur senza fare mosse degne dei meme che spopolano l’internet, fa sempre gran piacere vedere sia lui esibirsi da vivo che il sentirlo suonare pezzi come “The Call of the Wintermoon”, “Sons of Northern Darkness” o “At the Hearth of Winter”, per citarne alcuni. Il clima si é fatto rovente anche grazie alle fiammate che hanno incorniciato la performance dell’artista norvegese, con la sua armatura ed il caratteristico corpse paint e successivamente munito anche di elmetto cornuto. Sia i fans che la band sembrano essersi divertiti ed é sopratutto questo che conta.
Si é poi passati agli svedesi Meshuggah. Dall’ultima volta che li abbiamo visti sono invecchiati parecchio, anche perché Jens Kidman grazie alla sua lunga barba bianca dovrebbe chiamarsi Jens Oldman ora (lo so, lo so…). Da apprezzare sopratutto i pezzi più datati come “Future Breed Machine” o i brani estratti da “Nothing” e “Catch Thirtythree”. La band seppur non più forse nel fiore degli anni riesce a farsi ben accogliere dai suoi fans, mentre noi ne approfittiamo per metterci in coda a prendere qualcosa da mangiare ascoltando in sottofondo. In una nota negativa pare che una donna si sia fatta male cadendo durante il mosh pit, pur essendo stata soccorsa quasi subito, ci auguriamo che non si sia fatta nulla di serio.
Pescando ancora dalla Svezia, era quindi il momento degli HammerFall. Si può dire quel che si vuole sulla formazione di Göteborg, ma non che non sappia come imbastire uno show. A livello di intrattenimento Joacim Cans e soci non hanno nulla da invidiare ai più, trascinando il pubblico durante ul concerto che tocca un po’ tutta la discografia pur concentrandosi sui dischi più recenti. Oscar Dronjak fa anche lui spettacolo lanciandosi in pose bizzarre dall’alto dei suoi quasi 2 metri che sembrano ancora di più data la sua magrezza. Un concerto tutto sommato piacevole anche per chi magari non é un grande fan del power metal.
A questo punto il ricordo torna al weekend scorso, o meglio a metà settimana scorsa, quando Gaahl ed i suoi Trelldom hanno fatto la loro prima apparizione dal vivo (per poi andare un paio di giorni dopo in Germania al Wacken). Senza le due grandi statue di legno – ovviamente non facili da trasportare in giro – e con un atmosfera ben diversa rispetto al concerto di Bergen, dimostrano comunque di che pasta sono fatti, nonostante la critica si sia ancora divisa tra quelli a cui il concerto é piaciuto molto, e quelli che lo hanno trovato noioso. Era da un po’ che non trovavamo dal vivo una band così controversa in questo senso. È chiaro che con il nuovo “…By the Shadows…” i Trelldom si sono spinti in una direzione che divide la critica, ma per noi quanto visto stasera ha confermato le ottime sensazioni della settimana scorsa, e ci riteniamo fortunati di aver visto due dei tre concerti dal vivo fatti finora. Peccato questa volta non riuscire a vedere il concerto fino alla fine, perché stanno per cominciare i Kreator sul palco principale.
Gli headliner della seconda giornata si sono fatti attendere sulle note di “Run to the Hills”. Essendo il palco molto alto é quasi difficile vederli dal pit, tranne per le rare sortite dei vari Mille Petrozza, Sami Yli-Sirniö e Frédéric Leclercq coi loro rispettivi strumenti a bordo palco. In fondo é bene anche per loro stare a dovuta distanza da tutte quelle fiammate che si alzano periodicamente di fronte alla band. Per una volta la scaletta é ben bilanciata e da’ quindi più spazio alle hit da “Phobia” a “Extreme Aggressions”, “People of the Lie”, “Flag of Hate”, “Betrayer”, “Violent Revolution”, ed ovviamente la concluslva “Pleasure To Kill”. Nessuna grande sorpresa insomma ma una bella carrellata che fa da contorno al moshpit più sfrenato del weekend, in cui la vasta maggioranza del pubblico di fronte al palco si lancia in una sorta di maelstrom umano con cose che volano per aria in direzioni diverse (birre, magliette, scarpe, gente… un po’ di tutto). Per molti chiaramente questo era l’highlight della giornata e certamente i Kreator hanno tenuto fede al loro ruolo di headliner.
Infine per concludere il festival é arrivato il turno di un altro gruppo che già avevamo avuto modo di vedere la settimana precedente in Norvegia: i Mayhem. In questo caso c’é da dire che essendo l’ultimo concerto del weekend, e non avendo addosso tutta la stanchezza che di solito accompagna questi momenti, la loro prova é stata molto più piacevole, sopratutto facendo più attenzione alle immagini e video che scorrevano sullo sfondo durante la loro esibizione. Forse un po’ lo stesso effetto che hanno avuto anche i Satyricon nella giornata di ieri, potendo assistere al concerto con più tranquillità. Attila poi si è reso autore di un’altra buona prestazione, con Necrobutcher nelle sue classiche pose ed Hellhammer che sembra non invecchiare mai. Salvo un paio di brani in meno, la scaletta era la stessa del concerto al Beyond the Gates, anche per questo é stato più facile godersi lo show con una meritata birra in mano, per poi passare ai saluti prima di chiudere definitivamente la serata e questa seconda edizione festival.
L’Hellsinki Metal Festival quindi si riconferma dopo la prima edizione, consolidando in modo più che positivo la sua posizione nel panorama dei festival metal finlandesi. La sensazione é quella che in generale questo festival é venuto a colmare il vuoto lasciato ai metallari di mezza età dal cambio di direzione di eventi come ad esempio il Tuska, il quale invece ha iniziato a puntare su di un ringiovanimento del proprio pubblico con conseguenze sulle band presenti. La formula é vincente e fa anche piacere vedere tante facce familiari di coetanei con cui condividere la passione per gruppi in generale un po’ più tradizionali. Ci aspettiamo che il prossimo anno il festival farà le cose forse ancora più in grande, dato che comunque l’area in cui si svolge da’ ancora ampi margini per poter crescere (basti pensare ad eventi come il Sideways, che si svolge nella stessa location, ma solitamente con il doppio di palchi). Ovviamente anche così le cose già funzionano bene – tranne forse qualche piccolo dettaglio per lo più trascurabile come ad esempio le code all’apertura o il fatto che alcuni dei concerti si svolgano interamente in contemporanea – quindi sarebbe forse saggio non stravolgere una formula che funziona, ma puntellare invece con delle migliorie qua e là a seconda dei casi. Comunque senza ombra di dubbio il weekend é stato un successo, e l’HMF sta seriamente diventando un appuntamento da cerchiare sui propri calendari.
Non abbiamo fatto molto caso alla percentuale di pubblico internazionale ma sicuramente se il festival continua a crescere in questa direzione é probabile che anche la presenza di visitatori stranieri sia destinata ad aumentare. Per ora ci accontentiamo pienamente di quanto visto, consapevoli che già nelle prime due edizioni il festival ha portato qui a Helsinki band di tutto rispetto, regalando tante emozioni agli appassionati ed un sacco di ricordi piacevoli. Noi senza dubbio cercheremo di tornare per il terzo anno!