Live Report: Imperial Triumphant, Fange, Syk e Thirst Prayer @ Slaughter Club – 03.05.2023
Live Report: Imperial Triumphant, Fange, Syk e Thirst Prayer @ Slaughter Club – 03.05.2023
a cura di Jennifer Carminati
La scorsa estate, la formazione avantgarde black metal Imperial Triumphant ha pubblicato il nuovo album ‘Spirit of Ecstasy’ e ha iniziato un tour europeo a supporto della release che fa tappa anche in Italia per un’unica data allo Slaughter Club in questo mercoledì 3 maggio.
In apertura della serata i francesi Fange, e due gruppi italiani, Syk e Thirst Prayer.
E’ desolante constatare che il pubblico accorso questa sera al locale alle porte della periferia milanese, divenuto ormai mia meta settimanale, è davvero scarno, non arriviamo al centinaio di paganti, e quel che mi ha sorpreso ancor di più negativamente è il non aumentare dello stesso con il passare delle ore. È vero che siamo in un giorno infrasettimanale post ponte festivo, però è davvero un peccato che le band sul palco questa sera non abbiano ricevuto il giusto tributo.
Detto questo, dal primo all’ultimo, hanno suonato tutti con la foga e passione come avessero di fronte centinaia di persone, per cui complimenti e grazie soprattutto per non averci fatto pentire di essere qui questa sera.
Thirst Prayer
Spetta ai lombardi Thirst Prayer iniziare la serata, son le 20.45 quando fanno il loro ingresso. Con un solo album del 2019 omonimo all’attivo, nei 20 minuti a loro disposizione ci propongono un grindcore tiratissimo che non lascia il tempo di tirare il fiato tra una canzone e l’altra. Tecnicamente bravi, nulla da dire, ma hanno una nuova formazione e si vede che devono ancora rodare bene gli ingranaggi tra i vari componenti del loro macchinario diciamo così.
Di strada da fare davanti a sé ne hanno ancora molta e mi auguro di incontrarli di nuovo lungo il loro cammino e poterne scriverne ancora tra queste righe, con più carne al fuoco discograficamente parlando, e più esperienza sulle spalle.
Alla prossima quindi.
Line-up:
- Alessandro – voce
- Davide – chitarra
- Stefano – chitarra
- Dave – basso
- Elia – batteria
Setlist:
- Necrogenesis I
- Torment I
- Necrogenesis II
- Suffering II
- Necrogenesis III
- Forever Cursed
Syk
Dopo pochi minuti di cambio palco è ora il momento di un altro gruppo italiano, i Syk, nati ormai una decina di anni fa e giunti alla pubblicazione del loro terzo album ‘Pyramiden’ per il colosso Nuclear Blast, cosa non da poco per un gruppo nostrano che, si sa, fa sempre più fatica a farsi strada nel panorama mainstream. Non è questo il caso, i Syk sono una realtà ormai consolidata e hanno raggiunto il meritato successo anche grazie alla visibilità avuta con la pubblicazione del loro secondo album ‘I-Optikon’ per Housecore, etichetta anche di Phil Anselmo e dei suoi Down, gruppo con il quale i nostri hanno avuto onere e onore di condividere il palco in svariate occasioni.
Che dire di questo, se non complimenti ragazzi, riuscire a farsi notare da una leggenda del metal e instaurarci un rapporto di amicizia duraturo nel tempo è indubbiamente segno di qualità e professionalità e una giusta dose di cazzutaggine aggiungo io, per cui chapeau.
La loro proposta è piuttosto complessa, non sono di facile ascolto su disco, ma live rendono davvero benissimo l’idea di quello che sono capaci di fare questi ragazzi, altrimenti che sarei qui a fare?
La frontwoman Dalila con il suo registro vocale ampissimo è l’elemento caratterizzante e distintivo del loro sound, come molto spesso accade nel genere metal, tra l’altro, dove per distinguere tra le molteplici proposte spesso dobbiamo affidarci alla voce per dire ecco si, sono loro.
Tanto è piccola e gracile tanto è grande il suo carisma sul palco, davvero brava nell’interpretare le parole dei loro testi, con un approccio teatrale che poche volte ho visto con tale intensità e trasporto; il loro sound è davvero originale, musica potente, violenta con ritmi serrati e pochi rallentamenti messi nei punti giusti, e la voce di Dalila a raffinare e impreziosire il tutto.
A differenza dei loro predecessori sul palco i Syk ne hanno già fatta di strada e sono certa che se non fossero italiani avrebbero ancora più successo, ma loro malgrado sono nati dalla parte sbagliata delle alpi.
Nostra fortuna però poter vantare un’eccellenza nostrana di tale caratura, quindi bravi ragazzi, continuate a renderci orgogliosi così, con la vostra proposta estremamente onesta e mai scontata.
Line-up:
- Dalila Kayros – voce
- Marcello Cravini – chitarra
- Stefano Ferrian – chitarra
- Alan La Roca – basso
- Giulio Galati – batteria (ospite)
Setlist:
- Pyramiden pt.I
- Pyramiden pt.II
- The Palest White
- The Hollow Mother
- When Fire Fell Into Water
- Cell of the Sun
Fange
Altro velocissimo cambio palco, fatto dagli stessi ragazzi delle band praticamente, e vedo agitarsi furiosamente sul palco un piccoletto in calzoncini corti che scopro subito essere Matthias Jungbluth, voce del gruppo francese Fange, che non conoscevo affatto ma vi garantisco che dopo stasera ne approfondirò la discografia, e ve lo consiglio, anche se sicuramente in sede live danno il meglio di sé e si vede ancor meglio la loro attitudine aggressiva da veri animali da palcoscenico.
Se mi chiedete che fanno, vi rispondo che fatico a dirvelo, il loro è uno sperimentale sludge/industrial/metalcore dove a farla da padrona, ancora una volta, è la voce: urla si alternano a sussurri strazianti e non manca un growl abrasivo e gutturale quasi corrosivo, davvero un frontman eccezionale questo Matthias, ha carisma e attitudine sul palco da vendere.
La batteria è elettronica ma gli altri tre musicisti sul palco ne compensano l’assenza con una prestazione fisica davvero sopra le righe, sono feroci e trascinanti, anche se il poco pubblico presente rimane piuttosto statico, loro continuano a macinare riff violenti a tratti psicotici, che ci trascinano in un loop ipnotico dal quale vorresti uscire ma solo per prendere una boccata d’aria e poi ributtartici dentro immediatamente, come fossero di fronte a una grande folla.
Nel loro amalgama caotico i nostri, che mi son chiesta se sponsorizzassero la Nike visto le tenute ginniche monomarca di tre di loro, risultano un po’ esaltati, lasciatemelo dire, sono tronfi di quella arroganza e supponenza tipica dei francesi, concedetemelo, ma sanno benissimo che se lo possono permettere perché la loro proposta è davvero ben fatta e nulla si può dire sulla loro performance, fisica, sudata, sentita, fanno la loro musica con un’evidente passione che ci sbattono in faccia come gli sputi e i sorrisi complici che si lanciano tra loro.
Il combo francese sul palco ci sa stare e si è divertito nello starci, e noi con loro; spero di rivederli presto magari in uno dei festival estivi a cui andrò, devo controllare le lineup, magari son fortunata e non devo aspettare molto per incontrare di nuovo questi pazzi fuoriosi.
Non credo si possa chiedere nient’altro ad un live, buona musica e per di più fatta davvero bene. Ah sì, forse meglio ancora se ci bevo una birra nel mentre, Gigi sto arrivando al bancone del bar, già sai che prendo.
Imperial Triumphant
Ed eccoci finalmente a quelli che sono stati definiti i nuovi vertici dell’avantgarde black metal, gli Imperial Triumphant, formati a New York nel 2005 da Zachary Ilya Ezrin, unico membro della formazione originale ancora oggi presente di questo gruppo davvero difficile da inquadrare e ancor più da etichettare, definirli sperimentali è dire poco, credo siano assolutamente unici in quel che fanno.
Ho letto qualche loro intervista e dicono di non avere un messaggio fondamentale da trasmettere, non credono in niente, non hanno concetti o visioni particolari da predicare al proprio pubblico, la lora musica trae ispirazione principalmente dal peso dell’esistenza all’interno della loro città, New York City, la più grande città del mondo, luogo di calcestruzzo e rifiuti dove non c’è posto per delle divinità o la natura, l’unica cosa che la gente adora è il denaro e il potere; da loro stessi definita la nuova Roma antica, per quanto vasta è altrettanto corrotta e crollerà proprio come Roma un giorno.
Questa la profezia proclamata da Ezrin e questa un po’ l’ideologia dei loro testi inusuali come le loro sonorità, spesso sinistre e disturbanti, variazioni continue di sound, che hanno nel complesso un effetto dissonante quasi cacofonico, in una parola sola definirei gli Imperial Triumphant schizofrenici, e credo renda bene l’idea di questo trio newyorkese la cui intenzione è quella di mostrarci il marcio di quella Grande mela di cui siamo abituati a vedere solo la parte buona.
I tre membri del gruppo, ormai insieme da una decina d’anni, condividono sicuramente una forte passione per la produzione di sound dai contrasti decisamente estremi, non di facile approccio né ascolto, che ero davvero curiosa di vedere dal vivo non avendone ancora avuta l’occasione, e oggi devo dirvi che son stata ben contenta di essere qui in prima fila questa sera a godermi questi cinquanta minuti di Musica, con la m maiuscola voluta, e a farmi pure una doccia di prosecco, ma questo ve lo spiego dopo.
Dal punto di vista tecnico e strumentale, il talento di questi ragazzi è enorme oltre che evidente, e si palesa esplicitamente nelle tantissime influenze musicali che vanno dal metal estremo al free jazz con tutto quello che ci può stare in mezzo, che inseriscono nelle loro canzoni con una bravura compositiva senza eguali a mio parere: assistere al loro live è come essere a una jam session, sembra che improvvisino quello che decidono di suonare sul momento, si vede che c’è chimica e alchimia tra di loro, sono trascinanti e coinvolgenti nonostante le maschere ieratiche a celare ogni qualsivoglia espressione, è chiaro che tra di loro s’intendono eccome, con cenni d’intesa tra un pezzo e l’altro.
Temevo fortemente che questo complesso marasma sonoro potesse risultare caotico e confuso live, e invece assolutamente no, tutta la setlist proposta fila via liscia, non ci sono intoppi ne punti di incastro, gli ingranaggi di questa macchina targata IT son davvero ben oleati.
Non sto dicendo che sia facile ascoltarli eh, sia chiaro, serve una buona dose di impegno e la giusta predisposizione per seguirli nella loro follia compositiva, ma gli Imperial Triumphant pur avendo i visi nascosti riescono a coinvolgere il pubblico pienamente nei loro allucinati assalti sonori, con il bassista Steve Blanco, vero mastermind della band, che tra un momento di virtuosismo e l’altro, scende tra il pubblico per suonare e si avvicina ai nostri di visi con quella maschera dorata inquietante dietro la quale ci scruta come fossimo esseri da analizzare al microscopio.
Questa sera ci presentano molti dei brani presenti sul loro quinto e ultimo album, ‘Spirit Of Ecstasy’, che rispetto ai precedenti è relativamente meno complesso, se vogliamo paragonarlo ad un minestrone vista la varietà degli ingredienti da loro proposti, diciamo pure che è molto più digeribile: non ci sono pezzi particolarmente indigesti, come quando ti ritrovi quella verdura che proprio non sopporti e fatichi a mandar giù, ma sicuramente ci trovi dentro un bel mix di roba che non sempre ti piace, a volte più a volte meno.
Vediamo un po’ come ce lo cucinano questa sera.
Una voce fuori campo annuncia l’inizio del concerto e finalmente ha inizio il flusso libero, creativo, sconnesso e straniante dei nostri.
La sala è piena per circa un quarto, un vero peccato perché gli Imperial Triumphant sono una delle realtà più talentuose nella scena estrema di oggi e meritano davvero di essere visti, non sapete cosa vi siete persi.
Applausi entusiasti del pubblico mentre il batterista Kenny Grohowski si fa strada verso il palco, seguito a ruota dal chitarrista e cantante Zach Ezrin subito affiancato dal bassista Steve Blanco, entrambi immediatamente impegnati a riprodurre con i loro strumenti una raffica di suoni in forma libera che ci coinvolge sin da subito.
Il punto di forza di questa band è indubbiamente il loro imprevedibile riffing malato e dissonante, da cui davvero non sai mai cosa aspettarti al passaggio successivo: Grohowski dietro le pelli è bravissimo a fondere tecniche di batteria jazz con la precisione del metal estremo tradizionale, e poi c’è l’assai imprevedibile intersezione di quel che uscirà tra il bassista Blanco, rivelatosi essere l’anima solista e fulcro centrale del trio e Ezrin alla chitarra con i suoi suoni sbilenchi e voce dalle varie sfaccettature, sono quell’ingrediente imprevisto in più che mi piace davvero tanto.
Sono tre pazzi furiosi e scriteriati amanti del jazz che si divertono a suonarlo nel e con il metal estremo mandando in confusione totale di chi li ascolta, anche se non è la prima volta come per la sottoscritta, questo sono gli Imperial Triumphant.
Ah già, il prosecco.
A un certo punto Ezrin stappa una bottiglia, che avevo visto in precedenza già autografata e prenotabile al banco del merch, sulle prime file, e chi c’era tra gli altri? Io ovviamente, ma quando mi ricapita più di tornare a casa coi mezzi puzzolente di vino e non essere neanche ubriaca?
Sono totalmente dissoluti e senza freni questi ragazzi che con la stessa bottiglia usata per suonare il basso, sciolgono le cinghie dei loro strumenti, si inginocchiano per permetterci di vedere da vicino la loro esibizione, Blanco che batte il suo basso persino a terra con martellamenti ritmici e quelli che ai miei occhi da ignorante come musicista sembrano dei semplici pizzicotti alle corde e invece riproducono una varietà di suoni infinita, ci mostra la sua impressionante bravura.
La band non molla la presa per un attimo, non c’è pausa alcuna, qualità e un senso di curiosità restano sempre a livelli altissimi, per tutta la durata del concerto, dove rimaniamo costantemente immersi in atmosfere distortamente massicce e grevi, pesanti sotto tutti i punti di vista, posso dirlo senza timore di essere criticata.
Per questa ora scarsa siamo stati con la loro caotica follia vertiginosa e dissonante, con le linee di basso ipnotizzanti che l’han fatta da padrona, e ora vi garantisco che quasi mi gira la testa, ma ne è valsa indubbiamente la pena.
Gli Imperial Triumphant non hanno eguali nel voler sfidare il proprio pubblico a spingere i propri confini di accettazione musicale sempre più in là, oltre quella immaginaria linea che tutti noi abbiamo nei propri ascolti, ma con loro inevitabilmente va spostata sempre un pezzettino più in là; sono una di quelle band che deve essere conosciuta, ascoltata con la giusta parsimonia e vista dal vivo, senza ombra di dubbio. Quindi se non c’eravate stasera vedete di recuperare quanto prima.
Che dire, loro se ne vanno dal palco portando con sé le atmosfere caotiche e incoerenti della loro New York, e io me ne torno nella mia di metropoli pienamente soddisfatta di essere stata qui questa sera ad assistere al concerto dei sorprendenti paladini dell’avantgarde più estremo.
Band come questa ci ricordano che nel metal contemporaneo la sperimentazione fatta bene esiste eccome: tornando alla metafora alimentare fatta prima, gli Imperial Triumphant sono una pietanza ambiziosa, elaborata e preparata in maniera alternativa certo, non sai mai cosa ci troverai dentro, ma posso assicurarvi che è impiattata davvero a regola d’arte.
Può piacere o meno, ma la qualità è fuori discussione.