Live Report: Iron Maiden – The Future Past Tour @Ippodromo Snai San Siro, Milano – 15/07/2023
Qui il photoreport a cura di Michele Aldeghi.
Dopo lo smacco del concerto annullato a Bologna l’anno scorso, l’attesa per la data milanese degli Iron Maiden era più che mai intensa. Pubblico delle grandi occasioni, si è soliti dire in questi casi e, come spesso accade per le band più celebri, questo significa grandi numeri ma anche grande varietà in termini di età ed estrazione degli spettatori. Ogni volta che un evento di tali dimensioni ha luogo, oltre all’ambito strettamente musicale, è interessante osservare queste orde di appassionati che si avvicinano all’area concerti, chi assolutamente in borghese, chi in “divisa di ordinanza”, dall’appassionatissimo con decine di concerti sulle spalle, all’occasionale richiamato dal grande nome. Fortunatamente, dopo la pessima esperienza vissuta all’ingresso dello show di Def Leppard e Motley Crüe, l’entrata sembra essere più fluida e priva di evidenti colli di bottiglia (cosa che non sarà per l’uscita, ma torneremo più avanti sull’organizzazione). Sono le 16 precise quando si aprono le danze, sotto un sole che non darà tregua fino al tramonto e con temperature infernali…
THE RAVEN AGE
Crediamo che i The Raven Age siano i detentori del record della band più vista dai rocker italiani in proporzione agli album venduti nel nostro Paese. Noi stessi abbiamo perso il conto di quante volte abbiamo assistito ad un loro show, che sia con gli Alter Bridge, con il progetto Tremonti, con gli stessi Maiden…praticamente tutti siamo al corrente del motivo di tale onnipresenza (benché, sia chiaro, si tratti di un onesto gruppo) e non annoieremo i lettori con filippiche su meritocrazia e nepotismo. Però, leggendo il loro nome nel bill del The Future Past Tour, molti avranno emesso perlomeno un sospiro di rassegnazione. Pazienza. Il quintetto di modern metal – o melodic metalcore che dir si voglia – affronta il palco con la solita carica e professionalità. Gli Inglesi sono rodati (e vorremmo ben vedere, con tutti i tour già affrontati…), proponendo i loro pezzi dotati di giusta carica e buone melodie, anche se nulla di veramente memorabile. Caratterizzati da voce unicamente pulita, buona dose di breakdown e discreta perizia tecnica, i The Raven Age mettono in archivio l’ennesima performance sul suolo italiano, davanti ad un pubblico davvero troppo cotto dal sole per poter essere catturato di più. Arrivederci alla prossima volta (perché siamo certi che ci sarà…).
BLIND CHANNEL
Cambio di palco e si continua ad insistere con una proposta moderna, ancora più attuale come sonorità rispetto ai The Raven Age. Troppo? I finlandesi Blind Channel (noti per la loro partecipazione ad Eurovision 2021) propongono quel nu metal non pesantissimo, con massicce dosi di parti elettroniche e vocals rappate (tanto da avere due voci che duettano spesso in antitesi, come spesso succede negli act hip hop) e tanto pop, sulla falsariga di Linkin Park, Crazy Town et similia. In buona sostanza, quello che di più lontano possa esserci dagli headliner e probabilmente dei gusti di gran parte della platea. Scelta azzardata? Forse, resta il fatto che i giovani di Helsinki salgono sul palco con grinta e spregiudicatezza e con quel savoir-faire tipico dei Finlandesi, che quando si parla di rock ci sanno fare, al di là dei gusti e dei generi. Le prime file sono abbastanza coinvolte e rispondono bene all’entusiasmo dei due cantanti che si dividono il ruolo di frontman, assieme al tastierista-DJ che, nelle pause, funge anche da intrattenitore (?). Dopo un tentativo mal riuscito di coordinare un wall of death, è il momento di “Left Outside Alone”, cover di Anastacia (…) che qualche coraggioso tra il pubblico prova anche a seguire nel ritornello. Tanti “Jump!” rivolti al pubblico, tante pose e tanta energia. Nel loro stile probabilmente ci sanno fare, questo è da dire. Riflettendoci bene, una decina di anni fa sarebbe bastato molto meno per essere presi a fischi e bottigliate (qualcuno ricorda i vari casi Methods Of Mayhem, Avenged Sevenfold, Lacuna Coil?), ma fortunatamente non è più così. Ecco, magari l’outro dei Backstreet Boys potevano risparmiarsela…
Blind Channel setlist:
Happy Doomsday
We Are No Saints
Over My Dead Body
Flatiline
Left Outside Alone (Anastacia cover)
Balboa
Dark Side
EPICA
Davanti ad un pubblico che inizia decisamente ad essere provato dalle condizioni climatiche, prendono possesso del palco gli olandesi Epica, capitanati dalla bella Simone (“Simona” per questa occasione) Simmons e dal leader e fondatore Mark Jansen al growl oltre che alla chitarra. Ormai veterani delle scene, gli Epica gestiscono il palco con un’evidente padronanza, figlia di innumerevoli tour in tutto il mondo. Una decina di album sulle spalle in venti anni di carriera rendono la band ormai una certezza dalla proposta ormai consolidata. Da un certo punto di vista, sembra essere passato l’effetto sorpresa e quella che anni fa era una vera e propria promessa si è trasformata in un gruppo di esperienza, ma che ha forse perso le sue peculiarità, complice ormai un genere, il symphonic metal con voce femminile, che forse ha detto tutto quello che doveva dire. La performance in ogni caso è più che buona e il pubblico risponde bene, sicuramente catturato dall’ottima coesione dei Nostri, che interagiscono meravigliosamente sul palco. Nati con forti connotati gothic, nei pezzi più recenti suonano sicuramente più moderni e cinematografici. I vocalizzi operistici di Simone sono impeccabili, così come l’operato di Coen Janssen alle tastiere, decisamente dinamico e come è forsennato l’headbanging di Rob Van Der Loo al basso. Siamo lontanissimi da quella che può essere l’ambientazione ideale per il genere, che tende a diventare un po’ pesante, considerata la quarantina di gradi centigradi persistenti, ma il pubblico risponde con un certo entusiasmo e la chiusura affidata a “Consign To Oblivion” aiuta a creare un po’ di dinamismo, grazie ai suoi innumerevoli breakdown. Lasciano la scena, soddisfatti, tra gli applausi di una platea che inizia ad essere affollata.
Epica setlist:
Abyss of Time – Countdown to Singularity
Victims of Contingency
Unleashed
The Final Lullaby
The Skeleton Key
Beyond the Matrix
Consign to Oblivion
STRATOVARIUS
Volo per l’Italia cancellato causa sciopero (non certo a sorpresa) e nuovo tragitto passando da Zurigo. Van a noleggio KO sulla strada per Milano e la frittata è fatta: i Finlandesi salgono sul palco con un ritardo mostruoso, tanto che gli sarà concesso di suonare solo due pezzi. Non vogliamo inventarci esperti di logistica o di stage management dell’ultima ora, ma l’unica riflessione che sorge spontanea è che qualche minuto per uno o due pezzi in più glielo si poteva concedere, con buona pace della preparazione del palco dei Maiden, che sicuramente era nello stato più che avanzato. Oltretutto, metà di “Black Diamond” è stata suonata con il microfono non funzionante. Chiude il micro-show “Hunting High And Low” ed è un vero peccato, perché la band sembrava in palla. Pazienza, intanto già due show sono in programma nei prossimi mesi per la band di Timo Kotipelto dalle nostre parti, il 12 Agosto al Bambù Festival in provincia di Fermo e il 28 Ottobre a Milano assieme ai Sonata Artica. Toccherà rifarsi!
Stratovarius setlist:
Black Diamond
Hunting High And Low
IRON MAIDEN
Sono le 21 quando la celebre “Doctor Doctor” degli UFO fa da pezzo apripista, come da tradizione, dello show degli Iron Maiden. Golden Circle e parterre standard sono strapieni, il pubblico freme, benché provato dalla giornata faticosa, per il sole, il caldo ma anche per le condizioni generali che di certo favorevoli non sono state. E qui è necessaria aprire una parentesi importante. Siamo appassionati di musica, prendiamo parte a decine di concerti ogni anno, dalla band underground nel locale minuscolo fino al gruppo storico nello stadio cittadino. Conosciamo quali sono le problematiche legate all’organizzazione, ma proprio perché di esperienza ne abbiamo, sappiamo anche che tanti possono essere gli sforzi e i servizi destinati ad un pubblico che, in questo caso, ha pagato cento e più euro di biglietto. Ed è un vero peccato, quando ci sono promoter (Vertigo Hard Sounds, in questo caso) che si sforzano per far arrivare i gruppi migliori nelle nostre città, mentre chi è demandato all’organizzazione generale dell’evento (gestione area concerto, ingressi e uscite, ristorazione, facilities varie) trascura anche le minime iniziative in supporto allo spettatore…nessuna zona d’ombra, nessun getto d’acqua spruzzato nemmeno sulle prime file, bagni chimici sistemati in modo ridicolo, i soliti prezzi assurdi (acqua a 6 euro/litro, abbiamo bevuto discreti vini più economici e non parliamo di sfuso), colli di bottiglia pericolosissimi all’uscita…veramente, tolta la musica davvero nulla di piacevole, quando abbiamo frequentato festival dove ci si sarebbe divertiti anche solo grazie alla location (senza andare all’estero, pensiamo al Rock The Castle dell’anno scorso). Solo ed esclusivamente profitto, anzi, lucro. Ma torniamo alla musica…scaletta conosciuta, l’inizio riservato a “Caught Somewhere In Time” vede i nostri uscire sul palco nel tripudio generale. Bastano pochissimi minuti a Bruce Dickinson – in una forma fisica strepitosa, nonostante le 64 primavere sulle spalle – per scaldare la voce (che resterà ad ottimi livelli fino alla fine) e intonare versi ormai entrati nella storia del Metal, cantati all’unisono da tutto il pubblico. I suoni sono (troppo) bassi anche se gli strumenti sembrano ben calibrati. Chiaramente stiamo parlando di mostri sacri, di veterani con un’esperienza infinita, ma fa comunque piacere vedere musicisti in palla e così sicuri on stage. L’unica nota negativa, sembra essere Nicko McBrain, che non compie errori particolari, ma semplicemente “fa fatica” e sembra privo dell’energia di un tempo (ed è anche normale, viste le serie e recenti problematiche a livello di salute, tra cui un cancro alla laringe e una vertebra collassata poco tempo prima). Ci accontentiamo, mentre in adorazione osserviamo Adrian Smith (diciamolo ancora una volta, probabilmente a livello musicale e stilistico il vero valore aggiunto del gruppo) con la sua mitica Jackson “Fenderizzata” e le sue pose semplici ma efficaci. Dopo “Stranger In A Strange Land” (ben cinque saranno gli estratti da “Somewhere In Time”, ma è cosa nota che il tour sia in parte dedicato a questo album), c’è largo spazio ai brani dell’ultimo “Senjutsu”. I nuovi pezzi tutto sommato reggono benissimo la prova live, anche se, chiaramente, non godono delle stesse ovazioni dei classici. E’ l’occasione per notare come i nuovi brani siano stati opportunamente costruiti per tre chitarre (esempio evidente, “The Time Machine” con i suoi tre assoli consecutivi), mentre le canzoni più vecchie (pre “Brave New World”, per intenderci) erano strutturate per una formazione classica con due soliste. Tanto che in questi casi Janick Gers sembra a volte un po’ fuori contesto, con le sue mosse a volte stucchevoli. Tema ormai dibattuto da anni, tra i fan della band. Steve Harris, dal canto suo, non è così mobile e forsennato sul palco come fino a qualche anno fa, ma il suo basso è presenza costante, perfettamente calibrato ed indispensabile nell’economia della band. Dopo l’”inevitabile” “Heaven Can Wait” è finalmente il turno del pezzo che un po’ tutti aspettavamo, quell’”Alexander The Great” assente dalla setlist degli Iron Maiden da quasi 40 anni e davvero ci si chiede come mai sia potuto succedere, considerandone non solo l’epicità, ma anche la ricchezza compositiva: lo stacco prog che fa da sottofondo alla fase degli assoli è stupefacente, come su disco, così dal vivo. Di certo non è semplicissima a livello ritmico (mai intravisto un Nicko McBrain così concentrato), ma il risultato è incredibile, con un Adrian Smith ancora una volta maestoso e un Bruce Dickinson stellare sulla chiusura. Di certo, uno dei momenti più alti di tutto lo show, che prosegue con tanti classici, intervallati solo dalla nuova “Hell On Earth”. La scenografia è come al solito bella, specialmente a livello concettuale, anche se forse quella del Legacy Of The Beast Tour del 2018 era più impressionante. É “Wasted Years” a chiudere il concerto ed è l’occasione per riflettere di quanti anni siano passati dalla scoperta di questa grandiosa band. Tanti, davvero tanti. Ma il tempo non ci spaventa, non vivremo nel passato, sprecando tempo negli amarcord, perché, nonostante tutto, abbiamo di nuovo davanti i nostri idoli e ci rendiamo conto che ancora ricoprono il posto che è loro di diritto: il trono della Nostra Musica.
“Don’t waste your time always
searching for those wasted years
Face up… make your stand
And realise you’re living in the golden years”
Iron Maiden setlist:
Caught Somewhere in Time
Stranger in a Strange Land
The Writing on the Wall
Days of Future Past
The Time Machine
The Prisoner
Death of the Celts
Can I Play With Madness
Heaven Can Wait
Alexander the Great
Fear of the Dark
Iron Maiden
Hell on Earth
The Trooper
Wasted Years
Vittorio Cafiero