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Live Report: Luppolo In Rock 2024, Cremona – Day 3, 21/07/2024

Di Nicola Furlan - 5 Settembre 2024 - 10:41
Live Report: Luppolo In Rock 2024, Cremona – Day 3, 21/07/2024

Day 3
A cura di Elena “DraconianHell” Pisu

Photo Report Day 3

 

La terza, attesissima, ultima giornata del Luppolo dedicata all’Estremo ha inizio.
Primissima band della giornata, e l’unica italiana presente oggi, sono i lombardi INVERNO. Band formata nel 2022 che, alle orecchie dei più attenti e curiosi, non sarà sicuramente passata inosservata.
Sul palco del Luppolo portano il loro Death Metal, fatto di ritmi possenti e una voce a dir poco sensazionale. Dopo una piccola intro, “Hollow” è la prima tappa di questo viaggio musicale. “Insomnia”, “Martyrs”, “Obsidian Blood” e “Embers Glow” sono alcuni dei brani proposti dal loro ultimo lavoro “Stasis”, pezzi che arrivano freddi e glaciali come i venti delle cime più alte, riecheggiando con una melodia dura, graffiante e malinconica. Un viaggio introspettivo. Il loro sound è granitico e coinvolgente.
Gli INVERNO e la loro presenza scenica sono coinvolgenti ed è impossibile rimanere immobili.
Diego, Danilo, Daniele, Nicola e Simone, con la loro maestria, offrono una ventata “fresca” in questa giornata torrida, ma soprattutto nel patrimonio Metal italiano, che continuiamo sempre, purtroppo, a screditare.
Una band a cui auguro un futuro roseo e incandescente.

“Are you enough?
I am enough.”

Sono sempre stata dell’idea che l’Estremo dovrebbe essere proposto in condizioni climatiche particolari per essere apprezzato in pieno. Ma ormai le mie speranze vengono, purtroppo, puntualmente infrante! eheheh

Dal lontanissimo Oregon arrivano sul palco gli UADA.
Una band che ha saputo “rinfrescare” il genere e di cui tutto l’underground prima e il mondo successivamente si è accorto.
In questa giornata caldissima ci propongono pezzi della caratura di “Snakes & Vultures”, “Djinn”, “In the Absence of Matter”, “Retraversing the Void”, “Cult of a Dying Sun”, “Black Autumn, White Spring”, pezzi che ripercorrono con violenza i loro quasi 10 anni di attività e che danno la misura esatta della loro caratura. Grazie al mastermind Jake Superchi, che cura voce, chitarre, tastiere, musiche e testi, gli UADA non sono una band per tutti! Con il loro Black Metal classico, senza compromessi, grezzo, pieno di potenza e anima.
Quando ho iniziato a seguirli, devo dire che i pezzi estremamente lunghi erano il mio scoglio principale, e la curiosità di sentirli live cresceva notevolmente.
Grazie al Luppolo la curiosità è stata soddisfatta in modo egregio.
Il loro show è letteralmente volato e “The Wanderer” sancisce la fine di questa attesissima esibizione. Gli UADA si confermano una delle realtà più prepotenti e potenti degli ultimi anni. Davvero grandiosi.

“Time of light is falling
Dark of night is drawing near.”

Da questo punto in poi entriamo nella Storia. Dalla ventosa Irlanda approdano sul palco di questa edizione del Luppolo in Rock i PRIMORDIAL.
L’attesa da parte dei fan è sempre tanta; vedere Alan e soci sul palco, soprattutto nel nostro Paese, non è impresa da poco.
L’attesa non viene mai delusa, le aspettative possono sempre essere alte, senza paura di delusioni. Con alcuni dei brani fondamentali tratti dalla loro decennale discografia, come “As Rome Burns” e “Empire Falls” da To the Nameless Dead, fanno brillare gli occhi soprattutto a chi li vede per la prima volta su un palco.
“How It Ends”, “To Hell or the Hangman”, “No Grave Deep Enough”, “The Coffin Ships” (The Gathering Wilderness) avvolgono tutto il pubblico presente in una spirale di emozioni che arrivano direttamente nelle viscere e si espandono in tutto il corpo.
La caratura sonora dei PRIMORDIAL è nota e riconfermata in ogni singolo album e in ogni singola esibizione.
Una band che in troppi casi ho letto definire di poco spessore musicale, cosa del tutto blasfema a cui solo Nerone potrà porre rimedio.
I PRIMORDIAL sono un diamante grezzo, lo dimostrano pezzi come “Victory Has 1000 Fathers, Defeat Is an Orphan” ed “Empire Falls”, che incollano, letteralmente, gli animi dei fan alla loro musica.
Uno show unico. La voce di Nemtheanga (Alan) è intrisa di antichi e potenti venti del Nord che spandono nell’aria una stentorea, viscerale ed emotiva epicità.
I PRIMORDIAL sono questo… No compromise, not then, not now, not ever.

“Oh god that friends should be so dear
And human flesh so cheap.”

Dalla Storia alla pietra miliare del Metal. La band che ha ispirato decine di gruppi, creando un nuovo genere: quello che verrà definito Gothic Metal.
Sulle note di “Enchantment”, i PARADISE LOST fanno il loro ingresso sul palco, e l’emozione si spande a macchia d’olio sul pubblico. In un attimo veniamo catapultati in un vortice di emozioni e nostalgia: vedere l’inesorabile passaggio del tempo e trovarsi davanti a un Greg completamente imbiancato fa davvero uno strano effetto.
La loro esibizione tocca ovviamente i pezzi miliari della loro decennale carriera, fatta di album completamente diversi e che, tra alti e bassi, hanno segnato la storia musicale dei nostri tempi.
Tra “Pity the Sadness”, le splendide “One Second” e “Hallowed Land“, e le struggenti “As I Die”, “Eternal” e “Faith Divides Us – Death Unites Us”, siamo tutti catturati e ingoiati in una sorta di malinconica bolla di cristallo. Il pubblico è letteralmente in estasi e, a tratti, sovrasta la musica con i propri canti. Sensazione questa, letteralmente da pelle d’oca, che ha fatto visibilmente vacillare per l’emozione la band.
Con “No Hope in Sight”, “The Last Time”, “Gothic” ed “Eternal”, tutto si tinge di grigio plumbeo, in cui il cuore rallenta e il respiro si fa lamentoso e affannato.
Non poteva mancare quel capolavoro rivisitato di “Smalltown Boy”, la cover del famosissimo brano dei Bronski Beat, stra-noto a noi “stagionati” nella musica.
Questo viaggio emozionale trova in “Embers Fire” e “Ghosts” i suoi brani più rappresentativi, che danno, a mio avviso, a chi non li conosce, una visione più ampia sui Paradise Lost. Un punto dal quale è possibile entrare nel complicatissimo universo musicale che hanno e stanno proponendo.
Si sa, Mackintosh, Holmes e soci non hanno mai brillato per “simpatia” sul palco, ma questo sarà per sempre il loro marchio di fabbrica, ciò che li rende unici tra migliaia di band. I PARADISE LOST sono una delle band che, negli anni, ha sempre mantenuto un tono apparentemente distaccato con il proprio pubblico, lasciando alla musica il compito di trasmettere tutte le sensazioni, le introspezioni, la maestosità e il “dolore” composti nei decenni. Ma si sa che il pubblico italiano mette in crisi tutti con la sua passionalità!
Un’esibizione intensa e impregnata di nostalgia. Immensi!

“My soul it has no price
Total release is out of harm’s way.”

Giornata estremamente impegnativa, soprattutto a livello emozionale e sensoriale, sempre musicalmente parlando. Ma non c’è il tempo per rilassarsi.

L’Arena Spettacoli è ancora colma e attendiamo l’arrivo attesissimo degli AMORPHIS, band che negli anni si è fatta amare ed è riuscita, quasi costantemente, a tenersi ben stretto il suo pubblico.
“Northwards”, “On the Dark Waters”, “The Smoke”, “Sky Is Mine”, “The Moon”, “The Castaway”, “Silver Bride”, “The Wolf”, “Brother and Sister”, “Amongst Stars”, “Wrong Direction” scorrono via come una cascata di acqua gelida che ti lascia una sorta di incoscienza rigenerante.
Esibizione, la loro, sempre ai massimi livelli, con suoni perfetti, ma la band sembra stanca sul palco. Sicuramente il lungo tour ha avuto un po’ di ripercussioni sul pathos verso il pubblico; mi aspettavo un po’ più di interazione e coinvolgimento, ma, nonostante tutto, si sono dimostrati dei professionisti che pochi possono eguagliare.
Le chitarre volano nell’aria e solleticano la mente verso nord, mentre la parte ritmica fa suonare il cuore e la voce di Tomi riecheggia in tutto il suo splendore e nella sua potenza, riuscendo a ridare corpo e anima anche a brani storici e amatissimi come “Black Winter Day”, “My Kantele”, “House of Sleep”.
Con l’ultima meravigliosa “The Bee”, gli AMORPHIS si congedano dal pubblico del Luppolo in Rock 2024.
Un’esibizione che sigilla in sé tutto lo splendore che caratterizza questa band. Unica ed emozionale.

Edizione letteralmente volata. Il Luppolo in Rock si conferma un’eccellenza che dovremmo cercare di preservare negli anni. Dalla sua prima edizione è sempre cresciuto ed è costantemente migliorato, sia come eccellenza sonora proposta sia come qualità della vita all’interno del festival. Un posto in cui tornare sempre, una grande famiglia in cui sono nate tantissime interazioni umane e, talvolta, anche professionali che durano negli anni e a cui partecipi anche per ritrovarsi e far festa con gli amici, accompagnati da litri di birra.
Certo, ci saranno sempre delle pecche o delle cose che molti criticheranno, ma la Famiglia si rialza sempre ed evolve in meglio.

Edit Postumo

Il Luppolo in Rock si conferma, anche dopo mesi dal termine dell’evento, uno dei luoghi di cui tutti parlano con il sorriso in faccia e i ricordi che si intrecciano ad esso saranno sempre intrisi nei cuori di chi lo vive.
Questo è il grande risultato di chi è fan e organizza da fan per i fan!