Prog Rock

Live Report: Motorpsycho @ Santeria Toscana 31, Milano – 24/10/2023

Di Jennifer Carminati - 26 Ottobre 2023 - 8:05
Live Report: Motorpsycho @ Santeria Toscana 31, Milano – 24/10/2023

Live Report: Motorpsycho @ Santeria Toscana 31, Milano – 24/10/2023
a cura di Jennifer Carminati

 

I norvegesi Motorpsycho finalmente, grazie all’organizzazione di Vertigo, tornano in Italia dopo tre anni per quattro imperdibili date: dopo aver scaldato i motori il 20 ottobre a Livorno, il 21 a Cesena, il 22 a Roma, concludono stasera, martedì 24 a Milano, al Santeria Toscana 31.

Le occasioni quindi per celebrare a dovere una band con cui ogni amante del rock dovrebbe fare i conti prima o poi nella vita, non sono mancate, almeno questa volta dovrebbero essere stati accontenti i fan di quasi tutto lo stivale.

Il Santeria, come spesso viene abbreviato, non è solo un locale con bar e cucina e dove si organizzano eventi, ma è un vero e proprio spazio di coworking. Zona Porta Romana o Bocconi, dipende quale mezzo preferite, se la metro o il tram, è facilmente raggiungibile coi mezzi, un po’ meno per chi arriva in macchina e deve andare alla caccia di parcheggio, ma per fortuna questo non è mai stato un mio problema. Ovviamente, delle tante versioni del locale, noi amanti dei concerti preferiamo quella di stasera, con un impianto audio e luci che nulla ha da invidiare ai ben più noti templi della musica live milanese.

I Motorpsycho tornano a calcare i palchi europei con la voglia di regalare ancora emozioni con la loro musica fatta con cuore e passione. Un miscuglio ben amalgamato di psichedelia, progressive, rock e una decisa virata verso il folk negli ultimi album, continuando a sperimentare in oltre trent’anni di carriera e riuscendo sempre ad emozionare il loro fedelissimo pubblico che non ha mai smesso di seguirli, e lo ha dimostrato oggi in questa data sold-out.

Il solido duo composto da Bent Sæther, voce e basso e Hans Magnus Ryan, voce e chitarra, strumenti che oggi per la prima volta ho visto live nella versione a doppio manico, ha dovuto affrontare per l’ennesima volta il cambio di batterista. Risale infatti solo a gennaio di quest’anno l’ingresso in formazione di Ingvald Vassbø ma sembra essere li su quello sgabello da sempre.

Non è esagerato definirli un pezzo di storia della musica rock che, dal disco d’esordio Soothe del lontano 1992 all’ultimo Yay! uscito lo scorso giugno, non hanno quasi sbagliato un colpo, continuando a sperimentare pur restando fedeli a sé stessi e per questo facilmente riconoscibili ad un orecchio attento.

La scaletta, che i Motorpsycho amano cambiare spesso anche durante lo stesso tour, attinge sapientemente dalla loro sterminata discografia, quasi un’uscita per ogni anno di attività, dire prolifici è dir poco. Per questa loro versatilità e indole al cambiamento dei brani proposti live, ogni concerto fa storia a sé; avrei anche potuto seguirli in tutte queste 4 date italiane e son certa che avrei scritto cose diverse per ognuna.

Ovviamente, mi accontento eccome di essere qui, questa sera, in prima fila, posta davanti al carismatico batterista, che, solo a guardarlo, col suo caschetto di capelli e baffi, oltre che l’inconfondibile outfit, ti riporta subito negli anni ’70, e per tutta la durata dell’esibizione ha delle espressioni facciali tipiche di chi sta intraprendendo un viaggio mentale tutto suo. E che dire degli altri due componenti della band, anzi, i due fondatori di questo trio, che per tutta la durata del concerto si scambiano sguardi d’intesa come solo i grandi Musicisti con anni di esperienza su di un palco possono permettersi di fare. Capirsi al volo senza bisogno di dirsi nulla, magia pura, tramutata in musica nel loro caso.

Su disco i Motorpsycho possono anche non piacere ai non avvezzi alle loro sonorità, ma son sicura che dal vivo sia la dimensione migliore per testare con mano, occhi e orecchie, l’indubbia bravura e la grande sinergia dei nostri sul palco.  Mi spiace per questo non essere riuscita a trascinare con me qualche amico che normalmente ascolta generi ben più pesanti, come faccio io del resto, perché si sarebbe ricreduto a riguardo. Peggio per loro, io ci sono, e con me qualche altro centinaio di persone, che hanno stipato il locale e tutti insieme ci siamo goduti questo trip allucinogeno, che non necessita di pasticche ovviamente.

Ogni concerto dei Motorpsycho è una storia a sé, chi li conosce e li ha già visti, come detto prima, sa benissimo che è impossibile prevedere cosa suoneranno: sono soliti cambiare scaletta ad ogni serata del tour che stanno facendo e se ne fregano altamente di proporre più pezzi dell’album che stanno promuovendo, e sicuramente ce ne è uno uscito da poco come in questo 2023 ormai in dirittura d’arrivo.

Per questo, negli scorsi giorni, ho fatto un ripasso generale dell’intera loro discografia senza focalizzarmi particolarmente sulle ultime uscite, perché sapevo già che sarebbe stato inutile andare a sbirciare le setlist proposte nelle tre precedenti date qui da noi per prepararmi.

Orario di inizio previsto alle 21 e nessuna band di supporto, queste le uniche premesse che potevano far pensare che sarebbe stata una serata particolarmente lunga, ma nessuno poteva presagire quanto, lo scopriremo solo vivendola…e voi leggendo questo report fino alla fine.

Puntualissimi come sempre il trio norvegese, nessun turnista aggiunto questa volta, si palesa improvvisamente sul palco, e già con le prime note emesse dai loro strumenti veniamo teletrasportati direttamente negli anni ’70, quando queste suoni pesanti e ipnotici, ben si adattavano al contesto sociale e culturale dell’epoca.

Certamente, son perfetti ancora ora, con una resa live valorizzata egregiamente dalle immagini proiettate sul video wall alle loro spalle, oltre le luci, che enfatizzano visivamente quanto stiamo ascoltando: un rock psichedelico, spesso complesso, a volte più fruibile, ma sempre e comunque con il marchio Motorpsycho.

Prima parte del set completamente acustica, venti minuti intesi e intimi che iniziano con Dank State, estratto dall’ultima loro fatica discografica, Yay!, da cui ci proporranno anche Patterns e Sentinels, e terminano con la bellissima Feel, cantata da tutti i presenti, presa da quel capolavoro che va sotto il nome di Timothy’s Monster (1994). E qui devo ammettere che qualche lacrimuccia per la sottoscritta scende: sapete quando si aprono quei famosi cassetti della memoria? Ecco, fatto, messi sottosopra proprio. Non c’è bisogno di aggiungere altro, su pezzi del genere, delicatamente emozionanti che non sentono il tempo che passa e stan fermi li, dove vogliamo che restino per sempre.

Alcuni album vengono completamente trascurati oggi, ma, d’altra parte, quando si ha una così ampia scelta è impossibile non scontentare qualcuno, sicuramente ci sarà sempre chi avrebbe preferito un pezzo piuttosto che un altro, e io non sono certo da meno, ma non mi risento particolarmente; prendo, come tutti qui, quello che arriva e che i nostri decidono di farci ascoltare, e va benissimo così, tanto me li posso sentire a casa i miei pezzi preferiti.

Bent e Hans non sono in formissima, si scusano per essere un po’ influenzati, e alcune volte nella voce questa loro costipazione si sente, ma glielo concediamo ampiamente, la performance nel complesso non ne risente assolutamente di qualche stonatura qua e là.

Ringraziano più volte il pubblico accorso così numeroso in questo martedì di ottobre che sa tanto di progressive rock profumato di folk e qualche goccia di psichedelia dal sapore jazz che non guasta mai. E a proposito di gocce, chissà quali contenevano quei boccettini che i due ogni tanto andavano a sorseggiare per la loro gola in fiamme.

Altro tuffo nel passato con Superstooge da Trust Us del 1998 e si va ancora più indietro con Manmower da Blissard del 1996, una bellissima psichedelica ballata folk.

Tralasciando la cover fatte, di cui non vi parlerò perché odio le cover a prescindere, si procede spediti con un trittico micidiale, che invece ho gradito particolarmente, perché credo basterebbero questi tre pezzi per riassumere il sound di questo trio norvegese che tanto mi piace.

Nothing to Say, dal doppio EP epocale Demon Box, del 1993, che ci mostra il lato grunge dei norvegesi, perché anche questo c’è nella loro musica, in certi album più di altri, non tralasciano nella loro carriera nessun genere, sperimentando in maniera personale con tutto quello che evidentemente gli piace ascoltare; anche qui si alza un coro poderoso di voci proveniente da questo pubblico davvero caldo e presente quest’oggi.

The Alchemyst, sfacciatamente progressive, prevalentemente strumentale, che porta a un’inevitabile ondeggiare dei nostri corpi e teste annesse, possibilmente con gli occhi chiusi per entrare ancor di più in modalità trip ipnotico.

Mona Liza/Azrael dodici minuti che iniziano tranquilli, quasi lisergici direi, per poi diventare un delirante tripudio di suoni nell’attesa dell’arrivo di Azrael, ovvero l’Angelo della morte, che incombe su tutti noi, e credetemi se vi dico che quest’atmosfera più cupa si è respirata eccome.

In questi minuti che diventeranno ore in loro compagnia veniamo tutti letteralmente catapultati in un’altra dimensione dove ascoltiamo attentamente ogni singola nota, muovendoci tutti a ritmo e non mancando, tra una canzone e l’altra, di applaudire e dimostrare la nostra approvazione per tutto questa estasi, e non sto affatto esagerando.

Questa splendida serata non è ancora finita, e dopo una brevissima pausa, i nostri imbracciano di nuovo i loro strumenti e ci regalano due ultimi pezzi, nella più classica delle encore: i riff sincopati di Psychotzar seguita dalla splendida Plan #1, in pieno stile Motorpsycho, che per un’ultima volta oggi ci lascia letteralmente a bocca aperta, con la loro eclettica energia rock ricca di mille sfaccettature, come solo il trio norvegese sa fare.

I Motorpsycho non si sono risparmiati, nonostante il non essere completamente in salute, regalando al pubblico accorso in quest’ultima data in suolo italico uno show lungo e sentito, a cui sinceramente nessuno di noi è più abituato, ma altrettanto poderoso, grazie a un’energia indomabile che i nostri dimostrano ancora di avere, alleggerendo così il fluire dei ben 17 pezzi proposti durante queste due ore e mezza senza intoppo alcuno, incredibili davvero.

Serata memorabile quella che si è appena conclusa al Santeria Toscana 31, che lascio alle mie spalle, ancora estasiata e immersa coi pensieri in questo viaggio allucinato che ho intrapreso senza uso di droga alcuna. Sono un po’ confusa lo ammetto, ma mentre mi dirigo velocemente a prendere i mezzi ho due consapevolezze ben chiare in testa: la prima, che i Motorpsycho sono talmente bravi nel fare la loro musica che piacciono anche a chi, come la sottoscritta, non è avvezzo alle lunghe parentesi strumentali, e, la seconda, che un’altra pagina è stata girata nel mio personalissimo album dei ricordi, e non vedo già l’ora di sfogliarne altre.

Vi ricordate cosa avevo detto all’inizio di questo report? “Ogni concerto dei Motorpsycho è una storia a sé”, eccoci arrivati alla parola Fine di questa.

Lineup
  • Bent Sæther – voce e basso
  • Hans Magnus Ryan – chitarra e voce
  • Ingvald Vassbø – batteria
Setlist
  1. Dank State
  2. Sunchild
  3. Patterns
  4. Mad Sun
  5. Feel
  6. Sentinels
  7. Manmower
  8. Serpentine
  9. Gullible’s Travails
  10. Like Chrome
  11. Superstooge
  12. August (Love cover)
  13. Nothing to Say
  14. The Alchemyst
  15. Mona Liza/Azrael
Encore
  1. Psychotzar
  2. Plan #1