Live Report: Napalm Death @ Slaughter Club, Paderno Dugnano (MI) – 02/03/2023
Live Report: Napalm Death @ Slaughter Club, Paderno Dugnano (MI) – 02/03/2023
a cura di Jennifer Carminati
Il tour dei Napalm Death, come di molti altri artisti purtroppo, era stato posticipato di un anno per i motivi che ben sappiamo, l’attesa è stata tanta per i seguaci del metal estremo, ma finalmente ci siamo.
Giovedì 2 marzo 2023, Slaughter Club di Paderno Dugnano, nell’hinterland nord di Milano, questa è la location scelta per la loro unica parentesi italiana.
Siete pronti, dunque, a una serata devastante? Io sì. Iniziamo dunque il massacro. Musicale, si intende.
L’esibizione della band originaria di Meriden, West Midlands, sarà supportata da quelle di Escuela Grind, Siberian Meat Grinder e Dropdead, ma non riuscendo ad assistere alle loro esibizioni, con rammarico non posso scriverne nulla.
Fin dal mio arrivo noto una lunga fila all’uscita, un po’ per fare la tessera, un po’ per il biglietto, insomma ho impiegato una bella mezz’ora abbondante pure io prima di arrivare alla cassa e poter ritirare il mio accredito stampa. E una volta entrata, il delirio di folla. Il locale è davvero strabordante di gente di vario tipo, dal punkettone al metallaro anni 80, dal tipico frequentatore di centri sociali al padre col figlio adolescente da indottrinare al verbo del metallo; i Napalm Death anche di giovedì sera alla periferia di Milano han saputo attirare moltissime persone davvero, ma credo che altrettante ne saranno uscite un po’ con l’amaro in bocca a fine serata, io sicuramente. E ora capirete il perché dico questo.
Son circa le 22.20 come da scaletta e dopo una birra e la sudata di rito mi accaparro a fatica un posticino laterale per provare ad avere una visuale migliore in mezzo a questo muro di uomini più o meno o troppo alti che mi trovo davanti.
È giunta finalmente l’ora di chi non ha bisogno di alcuna introduzione. Se pensiamo alle band che hanno rivoluzionato la scena metal e superato ogni limite non c’è esempio migliore dei Napalm Death, gruppo attivo da più di 40 anni e oggi guidato dal frontman Mark “Barney” Greenway e dal bassista Shane Embury. Padri fondatori del grindcore, con la loro miscela micidiale di hardcore e thrash in un primo momento e crust punk, noise rock, industrial e death metal in un secondo, sono un assalto sonoro brutale, grezzo e feroce, che travolge come un macchinario tritasassi tutto quello che si trova davanti.
Ecco, fermiamoci un attimo, perché qui iniziano subito le note dolenti. Il bassista Shane Embury non c’è e non so dirvi sinceramente da chi sia stato sostituito e Mark Greenway è costretto su una sedia causa infortunio. Ora, non me ne vogliate, ma è palese che la performance ne risentirà in quanto a presenza scenica pressoché inesistente, per ovvi motivi. E anche la voce ha tirato qualche steccata, insomma, non era al meglio delle sue condizioni fisiche, diciamocelo, ma apprezziamo il fatto di esserci questa sera sul palco e dare il meglio per l’ora abbondante che verrà.
Si comincia con ‘Narcissus’, che si rivelerà essere l’unico pezzo proposto dall’ultimo EP, ‘Resentment is Always Seismic – a final throw of Throe’ dello scorso anno; capiremo presto che han deciso dunque di dare più spazio al loro vecchio repertorio, ai pezzi che rimarranno sui libri di storia del metal estremo; scelta azzeccata indubbiamente, i nostri sanno bene cosa il pubblico vuole sentire.
Il loro sedicesimo album, ‘Throes of Joy in the Jaws of Defeatism’, riproposto live dà luogo ad un risultato davvero impressionante, la foga e cattiveria con cui ci sparano addosso una dietro l’altra ben tre cartucce da questo lavoro, è impareggiabile: ‘Backlash Just Because’, ‘Fuck the Factoid’, ‘Contagion’; intravedo Mark dimenarsi come un forsennato su quella sedia, penso sia davvero limitante e frustrante per un frontman come lui non poter correre da una parte all’altra del palco e scatenare ulteriormente la sua energia sul pubblico. La risposta sottopalco c’è eccome, nonostante tutte le mancanze: il pit è in fiamme, con una continua processione di stage-diver, tra l’indifferenza dei musicisti sul palco, e mosh pit senza sosta, tra le pinte e il sudore che volano nell’aria.
La scaletta proposta questa sera attinge da un po’ tutta la loro ampia discografia, almeno da questo punto di vista, non credo ci sia fan che uscirà scontento dal locale pensando “azz, però quella canzone non l’han fatta”.
Tra i brani storici come ‘Lucid Fairytale’ e ‘Unchallenged Hate’ del 1988, oppure ‘Suffer The Children‘ (con tematiche pro-aborto) di pochi anni dopo, trovano spazio canzoni recentissime come ‘Invigorating Clutch’ e ‘Amoral’, sempre dal gettonatissimo full length del 2020.
E come non trovare il tempo per ‘You Suffer’, la canzone più corta della storia che dura precisamente 1,316 secondi, con cui la band è entrata nel libro del Guinness dei Primati nel 1987 (anno per loro cruciale e chi li conosce come me sa bene il perché).
Ci propongono anche una micidiale versione di ‘Mass Appeal Madness’ dall’omonimo EP del 1991 che non son mai riuscita a recuperare, ahimè.
Ed eccolo, il loro cavallo di battaglia, dall’omonimo album, circa a metà scaletta arriva l’attesissima “Scum”, il sorprendente debutto dei Napalm Death che ha da poco festeggiato i 35 anni di uscita: un reperto archeologico risalente alla preistoria della musica estrema, una vera e propria opera d’arte che i fanatici conservano a mo’ di reliquia ne son certa. Avremo poi un altro apprezzatissimo richiamino all’inizio carriera con ‘Deceiver‘.
Arriva in chiusura una cover, sempre presente nei loro live sin dal ’93, ossia ‘Nazi Punks Fuck Off’ dei Dead Kennedys, e tra l’entusiasmo generale, si passa subito alla conclusiva ‘Siege Of Power’, sempre dal loro primo iconico disco in studio.
Il magma sonoro finale con cui si chiude il concerto sottolineano la materia oscura e primitiva dalla quale scaturisce tutto ciò che i Napalm Death riescono ancora ad essere nel 2023. Metal estremo inasprito da una cultura musicale ineccepibile, un passato impressionante e una ferocia compositiva a dir poco micidiale, impossibile da paragonare a chiunque altro nella scena, pochi come loro, o forse nessuno. Antirazzisti, anti-omofobia e anti-xenofobia, i Napalm Death sono un carro armato inarrestabile che domina i palchi di tutto il mondo da quarant’anni, spianandosi la strada con fauci e artigli, e ne han ben donde di indietreggiare di un passo, nonostante tutto.
Che dire, è stato comunque un immenso piacere lasciarsi travolgere dal terremoto sonoro e fisico che sono i Napalm Death e potervelo raccontare in questo report ancora di più. Spero solo ci sia occasione magari in qualche festival estivo oltralpe di poterli rivedere con Shane Embury al basso e Mark Greenway in piedi al pieno della forma fisica.
I Napalm Death a distanza di anni non hanno mai perso la voglia di urlare, di far riflettere, di ribellarsi contro un sistema di politiche e ingiustizie che affliggono la società moderna e soprattutto di far tutto ciò con la loro incredibile musica. Thank you ha detto spesso questa sera un Mark quasi commosso dall’affetto ricevuto dal pubblico italiano questa sera e Thank You è l’ultima cosa che vorrei dire io ai Napalm Death oggi a nome di tutti noi.
Setlist:
- Narcissus
- Backlash Just Because
- Fuck the Factoid
- Contagion
- Lucid Fairytale
- Everyday Pox
- Invigorating Clutch
- Unchallenged Hate
- Scum
- Throes of Joy in the Jaws of Defeatism
- Amoral
- The Kill
- Suffer the Children
- Mass Appeal Madness
- Don’t Need It (Bad Brains cover)
- Breed to Breathe
- The Infiltraitor
- You Suffer
- Smash a Single Digit
- Deceiver
- Dead
- Nazi Punks Fuck Off (Dead Kennedys cover)
- Siege of Power