Live Report: Paradise Lost @ Campus Industry Music – Parma – 14/10/2022
14 ottobre 2022
7 ore di viaggio e forse 3 ore di sonno scarse all’attivo, dopo una settimana di lavoro distruttiva; sta di fatto che il mio viaggio verso Parma dalla periferia Romana, è stato ampiamente ripagato dall’evento che mi attendeva la sera stessa.
Ho sempre avuto la sensazione che i Paradise Lost fossero una di quelle band fuggevoli, d’impatto ma senza fare troppo rumore, con una forte personalità ma forse un po’ velata, uno di quei gruppi che rincorri data dopo data perché non riesci mai a vederli, e poi, finalmente, puoi sentire il godimento che ti scalda il sangue nelle vene, la volta in cui riesci ad essere lì, per loro, ed ogni parola diventa superflua.
Del resto, chi non ha mai avuto qualcosa da inseguire?
Io inseguo cose come stile di vita.
Ma ritorniamo all’inizio.
Parto, decisamente in anticipo, per arrivare in tempo per l’apertura dei cancelli al Campus Industry Music di Parma, dove si è tenuto l’unico show Italiano in programma, ma non sono riuscita ad arrivare in tempo per vedere il gruppo spalla, gli Hangman’s Chair, di cui purtroppo non vi parlerò, a causa di un contrattempo con l’auto, che ha deciso di fermarsi in autostrada alimentando l’ansia che mi trascinavo già da un po’ per il timore di non riuscire a vedere i Paradise per l’ennesima volta.
E invece ho collezionato una serie di prime volte in meno di 12 ore, prima volta a Parma, prima volta al Campus, prima volta i Paradise Lost live!
Arrivata giusto in tempo per prendere da bere una mezz’ora prima della performance, trovo il locale già pieno e un’insolita accoglienza sorridente, un’atmosfera rilassata, lontana da quello a cui sono abituata in zona mia.
Il posto ha un aria così ordinata e pulita che è stata davvero una bella sorpresa, mi posiziono dietro al mixer, sono lontana ma la prospettiva è ottima, il palco è abbastanza alto, scorgo sullo sfondo la scenografia di “Obsidian“, l’ultimo album.
Si sa, gli inglesi in questione non hanno bisogno di grandi presentazioni, la loro fama li precede, con 16 album in studio e in attività da più 30 anni, questo è stato sicuramente un concerto dove l’evoluzione è stata assolutamente tangibile.
Sono le 21.45 e la sala si accende, le note introduttive di “Enchantment” regalano un brivido gelido sulla pelle, nonostante il calore fastidioso che ci avvolgeva. Entrano in scena con passo pesante e deciso, esecuzione impeccabile.
Salutano il pubblico, ci ringraziano di essere lì, ma senza perder tempo in chiacchiere parte “Forsaken”.
Ipnotica la prosecuzione dei brani, incalzante, senza pause.
Non credo di essere stata l’unica ad essere rapita da tanta epicità, l’estrema precisione nell’esecuzione, ha reso alcuni brani migliori in versione live che da disco, come “Faith Divides us-Death Unites us” e “No Hope in Sight” sopra tutti.
Non c’è stato un momento in cui sono riuscita a perdere la concentrazione nell’ascolto, godimento puro nel sali scendi dei riff.
Peccato per le luci verdi e blu proiettate sul pubblico con troppa intensità, ci hanno accecati fastidiosamente più volte.
Nella scaletta composta da 16 brani, c’è stato sicuramente un focus su quel che concerne i pezzi dei loro ultimi lavori, ma senza dimenticarsi di riproporre pezzi più datati come “As I Die” del 1992, “The last time” del 1995, “One Second” del 1997.
Con una band con un così grande trascorso alle spalle, è stato davvero incredibile poter ascoltare il frutto di una totale trasformazione avvenuta negli anni, una varietà di genere che vuole dimostrare quanto, non solo siano stati capaci di arricchirsi musicalmente ma anche di quanto, pur mantenendo la propria identità, possa variare la proposta, senza pesare all’ascolto dei fan, anzi, catturandone sempre di più l’interesse, soprattutto live.
Ho avuto spesso la sensazione di ascoltare due band distinte, per la diversità che caratterizza i generi su cui hanno improntato alcuni dischi, senza però elementi di disturbo così prepotenti da distogliere la mia attenzione sulle note di fondo che li caratterizzano.
Forse c’è un piccolo appunto da fare sulla voce di Nick Holmes, che sembrava essere più pulita e lineare rispetto alla forza e alla graffiatura che avrebbe dovuto mettere nel cantato di alcuni pezzi.
Ma nonostante questo, eravamo tutti lì, incantati, trascinati ad occhi chiusi in un mondo parallelo fatto di suoni potenti e profondi, un’esibizione coinvolgente e scorrevole, che è sembrata un battito di ciglia, un’emozione fugace ma intensa. Non un errore, se non purtroppo sull’intro di “Darker thoughs”, dove per qualche secondo un guasto tecnico ha interrotto l’enfasi del momento. Errore del tutto dimenticato una volta ripartita la tastiera.
Il concerto si è chiuso con “Ghosts”, dopo il quale si sono spente le luci e il silenzio ci ha riportati alla realtà.
Setlist:
-Enchantment
-Forsaken
-Blood and Chaos
-Faith Divides Us – Death Unites Us
-Eternal
-One Second
-Serenity
-The Enemy
-As I Die
-The Devil Embraced
-The Last Time
-No Hope in Sight
-Say Just Words
Encore:
-Darker Thoughts
-Embers Fire
-Ghosts