Live Report: Tesseract + Unprocessed + The Callous Daoboys @ Alcatraz di Milano – 28/01/2024
Live Report: Tesseract + Unprocessed + The Callous Daoboys @ Alcatraz di Milano – 28/01/2024
a cura di Jennifer Carminati
Photo report completo: Photo Report: Tesseract – Unprocessed – The Callous Daoboys@Alcatraz 2024 – truemetal.it
Grande ritorno dal vivo per i Tesseract, una delle formazioni maggiormente rappresentative del progressive metal moderno.
Il tour a supporto della nuova fatica discografica War Of Being del colosso britannico grazie all’organizzazione di Vertigo passa anche dall’Italia, per un unico appuntamento all’’Alcatraz di Milano, oggi domenica 28 gennaio 2024.
Prima di loro sul palco saliranno The Callous Daoboys, totalmente fuori contesto, e Unprocessed, che, seppur proponendolo con sfumature diverse, partono dalla stessa ideologia di fondo degli attesissimi headliner.
Arrivo al locale di via Valtellina giusto in tempo per ritirare il pass stampa, prendere una birra al volo, e posizionarmi sul terrazzino laterale, da dove potrò vedere benissimo sia chi sta sul palco che chi sta sotto, non meno protagonista della serata.
The Callous Daoboys
In questo Alcatraz in configurazione ridotta, col palco piccolo posto alla destra del locale per intenderci, l’entusiasmo e l’attesa per gli headliner della serata sono ai massimi livelli sin dall’inizio, quando ad aprire lo show ci pensano gli americani The Callous Daoboys.
Il locale è praticamente già quasi pieno nonostante siano solo le 19.30 di domenica sera e oggi ci sia anche un altro concerto non molto distante da qui che avrà attirato molti altri metalheads, mi auguro per le band che saliranno sul palco del locale di viale Enrico Fermi. Come mai non ho ancora il dono dell’ubiquità mi chiedo, mannaggia.
Ma torniamo al qui ed ora.
Per la seconda volta in Italia, dopo la data ad agosto 2023 al Barrio’s Live di Milano, torna a farci visita la band che sta riportando i fasti del mathcore ai vertici della scena americana e che ha già aperto a moltissimi concerti di headliner blasonati nel genere.
Molta interazione col pubblico, pogo e moshpit non mancano già dai primi pezzi, e sul palco tutti i musicisti si muovono e saltano continuamente da una parte all’altra, trasmettendo un sacco di entusiasmo e di energia. Non so quanto siano effettivamente conosciuti qui da noi ma nonostante questo, con il loro scatenarsi in sede live senza limitarsi a suonare, sono riusciti a coinvolgere il giovane pubblico che riempie le prime file.
Nella setlist proposta danno spazio sia all’ultimo album Celebrity Therapist, che al loro esordio discografico, Die On Mars del 2019, introducendo le canzoni con siparietti e jingle ironici di intermezzo.
Il loro mathcore/metalcore è stato un modo alternativo, diciamo così, per iniziare la serata; che piacciano o meno sono talmente carichi, irriverenti e trascinanti nel modo di suonare i sette brani proposti oggi che è impossibile rimanere fermi e non essere coinvolti nella mezz’ora a loro disposizione che scorre via velocemente, ma non troppo per la sottoscritta che continuerà ad ignorare la loro esistenza.
Ancora mi sto chiedendo il senso della violinista sul palco, se non fosse per la bella presenza scenica, che la mia vicina di concerto mi dice che su disco hanno pure il sax; il sax, ma perchè? Son sconcertata e preferisco non commentare ulteriormente.
Andiamo avanti con la prossima band meglio.
Lineup
- Carson Pace – voce
- Maddie Caffrey – chitarra
- Daniel Hodsdon – chitarra
- Jackie Buckalew – basso, voce
- Amber Christman – violino
- Matthew “Marty” Hague – batteria
Setlist
- Star Baby
- Violent Astrology
- Pushing the Pink Envelope
- Waco Jesus
- What Is Delicious? Who Swarms?
- Blackberry DeLorean
- Fake Dinosaur Bones
Unprocessed
Giusto un attimo di pausa per il consueto cambio palco e tocca ora ai tedeschi Unprocessed continuare a scaldare gli animi.
Mea culpa, ammetto di non conoscere la discografia del gruppo teutonico, capitanato dal talentuoso frontman Manuel Gardner Fernandes, che ascolto in sede live questa sera per la seconda volta però, avendoli visti lo scorso anno con gli SpiritBox.
E come allora, sono rimasta piacevolmente stupita dalla loro proposta, che non è certo nelle mie corde, ma è fatta con bravura e passione, e questo mi basta per apprezzare un genere che proprio non riuscirò mai a digerire del tutto.
Il loro è un progressive metal strumentalmente dove il già citato frontman si cimenta, oltre che alla chitarra, in un clean che passa ad un potente growl come nulla fosse, ed è il basso del giovanissimo David Levy a tirare le fila di tutta la struttura sonora dei loro brani.
Lo scorso 1° dicembre hanno pubblicato il loro quinto album in studio … And Everything in Between da cui traggono giustamente la metà della scaletta proposta questa sera, piena di riff rabbiosi che si alternano a momenti più rallentati e introspettivi quasi, dove le divagazioni prog la fanno da padrona.
Aprono il concerto con l’opener dell’album Hell, un perfetto biglietto da visita per la band: un djent che si mischia al deathcore, con un ritornello sfacciatamente pop che rende il tutto molto groovy.
Se volete capire, come ho fatto io questa sera, chi sono e cosa fanno gli Unprocessed ascoltatevi Thrash e avrete la risposta: riff progressive all’ennesima potenza e ritornelli molto orecchiabili al limite di nuovo del pop che danno luogo a brani come questo che ti entrano subito in testa.
Non nella mia sia chiaro, ne usciranno a breve, subito dopo aver scritto il live report per la precisione, ma sicuramente a chi piace questo genere, sono davvero bravi nel creare sonorità accattivanti che raggiungono lo scopo di colpire l’ascoltatore.
Il quintetto di Wiesbaden è capace di unire una grande tecnica compositiva a melodie progressive e parti più pesanti, piazzate sempre nei punti giusti, dando vita a brani spesso articolati che forse dal vivo, soprattutto ad un primo ascolto, risultano un po’ ostici.
Ma certamente c’era parecchia gente qui stasera tra le mura del locale di via Valtellina che li conosceva eccome, visto i numerosi circle pit e crowd surfing venutisi a creare ed i cori che si sono alzati durante Glass, accompagnata dalle torce dei cellulari accese da parte di tutta la platea, e la conclusiva Haven.
Il tempo in compagnia dei giovani e talentuosi Unprocessed scorre via in fretta, segno che la loro proposta risulta comunque molto interessante e accattivante, anche alle mie di orecchie che preferiscono sonorità ben più brutali di queste.
Ci sono idee e ritmiche originali nella loro musica, nonostante gli evidenti rimandi a band come i Polyphia, bravi davvero e null’altro da aggiungere.
Lineup
- Manuel Gardner Fernandes – voce, chitarra
- Christoph Schultz – chitarra
- Christopher Talosi – chitarra
- David Levy – basso
- Leon Pfeifer – batteria
Setlist
- Hell
- Lore
- Fear
- Abandoned
- Thrash
- Deadrose
- Glass
- Haven
Tesseract
Dopo un veloce e meticoloso cambio palco, che mette subito in evidenza un’imponente batteria, arriva il momento tanto atteso degli headliner di questa sera.
Centinaia sono i fan adoranti, accorsi da ogni dove per assistere all’unica data italiana del colosso prog-metal britannico Tesseract, e lo so che li ho già definiti così all’inizio di questo live report, ma si tratta davvero di una grande band che in pochi anni ha avuto una fortissima ascesa, considerando il fatto che, per esempio, la loro ultima data da noi era passata dal Legend Club, con capienza ben più piccola di oggi.
Quando hanno annunciato l’uscita del nuovo album lo scorso settembre han pensato bene di accompagnarla con il video musicale (100.000 visualizzazioni su YouTube in meno di 24 ore) a tema samurai della title track War of Being: una gigantesca opera musicale che riproposta dal vivo ha scatenato il putiferio generale e rappresenta in pieno quello che sono i Tesseract oggi.
Un assalto all’arma bianca di caos progressive poliritmico cosparso di tutte le abilità tecniche della band che hanno contribuito a renderla celebre in tutto il mondo, con un Daniel Tompkins protagonista indiscusso della scena, che scende spesso nel pit a cantare e coinvolge molto i fan che rispondono dimostrando l’attaccamento alla band conoscendo praticamente tutte le canzoni.
Ascoltare un loro album e ancora di più vederli dal vivo ti permettere di avere una visione a 360 gradi dello sterminato mondo del progr moderno, che con loro diventa coinvolgente e non dispersivo, ma per la sottoscritta decisamente troppo melodico e orecchiabile, e con poco o nulla di metal ormai.
Iniziano come sull’album con Natural Disaster, pura e potente angoscia emotiva con cui si entra subito nel mood della serata, e cito quello che ho letto nel comunicato stampa di presentazione dell’album che rende benissimo l’idea: “un viaggio immersivo attraverso il conflitto, la confusione, l’illuminazione e la risoluzione”.
Difficile direte voi, e lo pensavo pure io. Apparentemente sì, lo è davvero, ma loro sanno rendere incredibilmente fruibile il calderone di composizioni stratificate di note a cui danno luogo con la loro musica complessa e variegata.
Grandi le doti compositive e tecniche dei nostri, capaci di emozionare oltre che stupire la platea; e bravi anche nel saper rendere i loro concerti esperienze coinvolgenti, cosa ancora più difficile per il genere che propongono, spesso limitato a una sterile e fredda esecuzione di un compitino.
I Tesseract dal vivo rendono eccome, molto più che su disco dove mi annoiano devo ammetterlo; sono davvero potenti, mai avrei pensato di assistere ad un muro sonoro di tale impatto.
Dalla posizione rialzata in cui mi trovo è quasi divertente vedere che l’headbanging che si viene a creare tra la folla è spesso scoordinato, fuori tempo totalmente, ma come potrebbe essere diversamente, visto le complicate ed elaborate strutture di brani come Echoes o The Grey, entrambe attinte sempre dall’ultimo album, dove i cori si alzano maestosi, cosa che peraltro succede praticamente per tutta la scaletta.
C’è spazio però anche per un breve salto nel resto della loro discografia con Dystopia e Of Mind – Nocturne, brani resi perfettamente da una prestazione tecnica e vocale di un Tompkins che sembra una fonte inesauribile di energia e carisma, oltre che un’elevata caratura dal punto di vista vocale, sia nello scream puro che nelle parti più acute e alte. Personalmente, lo preferivo ai tempi dell’album d’esordio One, uscito nel 2011, dove c’era più growl e cantato aggressivo, ma i Tesseract hanno ormai decisamente virato verso il commerciale ed il mainstream, che certamente ripaga, in tutti i sensi.
Prima della già citata War of Being, riproposta in tutti i suoi 11 minuti di pura carica progressive, tocca a King, uno dei loro brani credo più potenti che ho quindi apprezzato particolarmente.
Poco prima della chiusura della prima parte è il turno di quella che è la mia canzone preferita dell’ultima loro fatica in studio, Legion, altro singolo accompagnato da video, dove ritroviamo un’estensione vocale di Tompkins senza precedenti, con grida a squarciagola che fanno quasi rabbrividire.
Ultimo brano prima di una piccolissima pausa per i nostri, l’intricata Juno, rappresentativo secondo me dell’album Sonder uscito nel 2018. Ritmi sincopati e un basso a farla da padrona, con riff vorticosi che ti trascinano nuovamente in intricati viaggi mentali.
Un Encore davvero accorata e d’effetto, dedicata alle parti 1 e 2 di Concealing Fate: Acceptance e Deception, tratte da One e accolte con un ultimo boato di cori e applausi scroscianti che il combo inglese si merita ampiamente.
I Tesseract si confermano essere una tra le realtà più interessanti del panorama progressive odierno, e questa sera han dimostrato ancora una volta di essere dei professionisti, dando luogo ad un’esibizione ineccepibile sotto tutti i punti di vista.
Oltre alle già citate doti del frontman, non dimentichiamo la sezione ritmica impressionante di Williams e Postones, i chitarristi Kahney e Monteith che non sbagliano una nota che sia una, almeno al mio orecchio, con uno stile praticamente identico senza mai guardarsi in faccia.
Molta modestia e zero superbia, spesso queste band risultano altezzose e arroganti, ma loro no, sono molto umili nel fare la loro musica e trasmettono gratitudine e riconoscenza ai fan accorsi in maniera copiosa quest’oggi a riempire le mura del locale di via Valtellina spesso sede di eventi di tale portata.
Suoni all’altezza delle aspettative, luci a led che accompagnano lo show e zero sbavature da parte dei musicisti sul palco han contribuito ulteriormente alla resa spettacolare di questa serata che si conclude così, con tanta soddisfazione da parte di tutti, anche di chi come me fino a non molto tempo fa avrebbe ignorato la loro calata italica.
E che dire quindi alla fine di questo concerto? Che il genere progressive non fa per me già lo sapevo, ma quello che non mi sarei mai aspettata è che band come i Tesseract riescono a farmi quasi ricredere.
Sono talmente bravi nel costruire frattali (ogni tanto ho reminescenze degli studi matematici universitari) ritmici con un groove micidiale che li si ascolta volentieri, senza perdersi nei virtuosismi tipici di questo genere, difficile e complicato all’ascolto, a meno di esserne fanatici seguaci. Ti accompagnano tra un brano e l’altro, è come se ci fosse un filo che unisce tutta la setlist proposta in questi quasi novanta minuti in loro compagnia, che inspiegabilmente per me, come detto, scorrono più veloci di certo di una partita di calcio.
Resto comunque dell’idea che il progressive sia un genere fatto per chi ama complicarsi la vita, anche negli ascolti musicali, ma come dico spesso nei miei report de gustibus non disputandum est.
Lineup
- Daniel Tompkins – voce
- Acle Kahney – chitarra
- James Monteith – chitarra
- Amos Williams – basso
- Jay Postones – batteria
Setlist
- Natural Disaster
- Echoes
- Of Mind – Nocturne
- Dystopia
- King
- War of Being
- Smile
- The Arrow
- Legion
- The Grey
- Juno
Encore
- Concealing Fate, Part 1: Acceptance
- Concealing Fate, Part 2: Deception