Live Report: Tolminator @ Tolmino, Slovenia – 28/07/2023
Live Report: Tolminator @ Tolmino, Slovenia – 28/07/2023
a cura di Manuel Gregorin
Prima edizione del Tolminator, la nuova rassegna musicale che si svolge presso Tolmino, in Slovenia, già sede negli anni passati del glorioso MetalCamp, poi divenuto MetalDays. Proprio questa manifestazione, per motivi logistico/organizzativi ha dovuto trasferirsi a Velenje, nell’entroterra sloveno, venendo così sostituito da questo nuovo Tolminator; appuntamento che (anche a causa della riduzione della superficie a disposizione) si pone l’obiettivo di tornare a quelle che furono le origini del MetalCamp, quando era una manifestazione più underground.
Dopo le giornate iniziali che hanno visto sfilare Phil Campbell, 1349, Fintroll, Insomnium e molti altri, mi reco nella piccola località slovena per l’ultima giornata del Tolminator, con headliner i veterani del thrash Sodom. Prima di loro la scaletta vede l’alternarsi di Aura Noir, Bolzer, Holy Moses, Severe Torture, Guincapig e Damim. Il tempo di sbrigare alcune commissioni e partire, giungo a Tolmino per le sette e mezza circa perdendomi purtroppo le prime tre band.
Arrivato nei pressi del festival mi avvio al checkpoint dove, dopo la lettura del biglietto, mi viene dato il tradizionale braccialetto per accedere alla manifestazione. La zona dei concerti dista dal checkpoint una decina di minuti a piedi attraverso un piacevole paesaggio boschivo che solitamente è meta per amanti di passeggiate ed escursioni in mezzo alla natura.
Arrivato all’area concerti noto i cambiamenti avvenuti negli ultimi periodi. Nella zona una volta dedicata allo stage principale, è stata costruita una strada che passa proprio dove sorgeva il palco, per cui la zona concerti adesso è stata spostata dietro al casinò, dove prima si trovava il palco secondario riducendo di fatto la capienza disponibile. A queste condizioni, realizzare in loco un grosso evento come era diventato il MetalDays, non sarebbe più possibile, da qui la decisione di spostare il festival altrove e sostituirlo con una manifestazione di minor portata. Appena entrato noto un piccolo palco, che presumo essere quello dedicato alle band emergenti esibitesi nel primo pomeriggio (per la cronaca In Others Climes, Omophagia, Penitenziagite, Eruption, Hope Crodes e Locomuerte).
Holy Moses
Arrivo in prossimità del palco principale giusto per l’inizio degli Holy Moses. La formazione tedesca appare subito in buona forma con la vocalist Sabina che grazie al suo carisma si rende da subito protagonista dello stage. L’affluenza di spettatori, anche se ancora limitata, presenta già un buon colpo d’occhio, con un pubblico abbastanza attento. Dopo un paio di pezzi Sabina arringa i presenti invitandoli (o meglio ordinando) un crazy moshpit, che però viene appena accennato vista la poca partecipazione.
La band procede spedita come un treno alternando pezzi classici ad estratti dall’ultimo Invisible Queen, ed in men che non si dica arriva la fine del loro set. Sarebbe l’ora dei saluti ma la carismatica vocalist riesce a strappare all’organizzazione il tempo di un altro brano con cui sferrare la nerbata conclusiva. E così arriva il momento di congedarsi definitivamente per cedere il posto ai Bolzer.
Il tempo di un giro sulla caratteristica spiaggetta in riva all’Isonzo dove è stato allestito un chiosco per gli utenti del Tolminator (anche questo un po’ ridotto rispetto a quello del MetalDays) e ritorno alla zona concerti per lo show dei Bolzer.
Bolzer
Nonostante il palco non sia ancora pronto, curiosamente i due musicisti svizzeri sono già fuori per preparare la strumentazione assieme ai roadie. Anche il soundcheck degli strumenti viene fatto direttamente dai Bolzer e non dai tecnici addetti.
Alle 21 circa inizia l’esibizione del duo elvetico che avevo già avuto occasione di vedere durante il loro recente tour di supporto ai Watain. Sotto il palco si è radunata una buona folla a dimostrare come, pur avendo all’attivo un solo album e una manciata di ep, il black/death venato di epic dei Bolzer goda di un buon seguito. I suoni però risultano impastati, il che un po’ penalizza la prova della band. Comunque i due svizzeri dimostrano una buona capacità esecutiva, infatti essendo solamente in due (chitarra/voce e batteria) i suoni sono abbastanza riempitivi e riescono a compensare all’eventuale mancanza di altri strumenti. Ciò magari è dovuto dall’utilizzo da parte di Okoi Jones di una chitarra a dodici corde che infonde maggior corposità ai riff. Arriva anche per loro il momento dei saluti dopo di che si procede con il cambio palco.
Intanto faccio un altro giro della zona ad osservare fauna di spettatori presenti: come già molte altre manifestazioni, anche il Tolminator presenta una gamma di pubblico molto variegata. Ci sono vecchie guardie, nuove leve, chi si è portato i figli più o meno piccoli. C’è anche chi ha deciso di festeggiare il suo addio al nubilato proprio al Tolminator. Inoltre c’è una signora sull’ottantina che si aggira per il festival. Non so se sia la mamma, se non la nonna, di qualche organizzatore, oppure semplicemente la proprietaria di uno dei terreni concessi per la realizzazione di questa chermesse musicale. Fatto sta che non pare per niente titubante in mezzo a quella folla di metal-thrashers, tanto da prestarsi a posare per fare foto facendo anche l’iconico gesto delle corna (vedere per credere).
Aura Noir
Arriva il turno degli Aura Noir, formazione norvegese dedita ad un black metal prima maniera molto venato di thrash. Subito noto che uno dei due chitarristi, probabilmente per qualche acciacco fisico, passa tutto il concerto seduto su uno sgabello. Particolare che non influisce sulla prestazione del quartetto scandinavo, che riesce fin dalle prime note ad avere l’attenzione del pubblico presente.
La prestazione degli Aura Noir è di forte impatto sonoro e lo dimostra il pogo sotto il palco che si è intanto fatto più consistente. Le canzoni si susseguono con il bassista/cantante che ogni tanto lascia il microfono ad uno dei due chitarristi. La presenza scenica dei norvegesi, come la proposta musicale, è più di stampo Venom che non simile a quella della seconda ondata di black scandinava.
Gli Aura Noir riescono a fare presa sul pubblico presente suscitando l’approvazione dei presenti, anche di quelli che magari non conoscevano la band in questione. Finito il tempo a loro disposizione si procede con il cambio palco per il pezzo forte della serata.
Sodom
È quasi mezzanotte quando entrano in scena i Sodom. Il loro set però inizia con dei suoni che non sono proprio ottimali, ma si aggiungono un po’ già con il terzo brano Sodom & Gomorrah, tratto dall’ultimo album Genesis XIX.
Sul palco i Sodom ormai si sa, sono una garanzia. Con la nuova formazione a quattro inoltre il sound ha acquisito maggior spessore e la coppia di chitarre va a creare un vero muro sonoro. Un contesto in cui forse il basso di Tom Angelripper ne esce un po’ eclissato, ma lo zio Tom compensa questo con la sua voce ruvida e abrasiva divenuta ormai uno dei tratti distintivi dei Sodom. Arriva la volta del classico Outbreak Of Evil, terminata la quale Tom domanda al pubblico un parere sulla birra locale, la Lasko, ricevendo un boato di approvazione.
Intanto con il procedere del concerto i suoni sono migliorati, ma ancora non del tutto impeccabili. Ciò nonostante la prova dei tedeschi non ne risente, in fondo non stiamo assistendo ad un concerto prog, tanto che la grinta e la cattiveria sprigionata dal palco è sufficiente a tenere l’esibizione sui giusti binari. Il pubblico è partecipe creando immancabili zone di pogo e crowd surfing. Intanto si continua a percorrere la storia della band con lo scorrere dei brani come Sodomy And Lust, Agente Orange, Equinox e Blasphemer.
I Sodom inoltre si concedono pure uno spazio per omaggiare gli amici Venom con una cover di Leave Me In Hell. Blackfire, che nonostante le temperature fresche si è messo a petto nudo, in più occasioni si avvicina alle prime file con passeggiate sulla pedana per i fotografi situata davanti al palco. Come già constatato in altre occasioni la nuova formazione a quattro pare aver donato nuova linfa alla storica formazione teutonica: Toni Merkel è preciso nel picchiare come un fabbro, la coppia d’asce composta da Frank Blackfire e Yorck Sagatz crea un vero muro impressionante. E poi c’è lo zio Tom Angelripper che non ha bisogno di presentazioni. Da quarant’anni imperterrito per la sua strada ad affrontare il mondo a testa bassa, senza cedere a compromessi. Un’attitudine che gli ha permesso di diventare una delle figure più iconiche della scena thrash metal in generale.
Si giunge così alle ultime battute di questo show con l’accoppiata Ausgebombt e Bombenhagel. Arriva anche per il quartetto tedesco il momento dei saluti di rito, congedandosi fra gli applausi ed i cori del pubblico presente. Una buona prova per Angelripper e Company che paiono vivere veramente una seconda, se non addirittura terza giovinezza. Ed un buon esordio per questo nuovo Tolminator. Certo sarà difficile vedere nomi altisonanti come al MetalDays, ma d’altro canto offre la possibilità di veder ricoprire posizioni di maggior prestigio a delle band che, in altre manifestazioni, sarebbero state “sacrificate” nel pomeriggio in favore di artisti più noti.
La gente intanto comincia a defluire ed a dividersi fra chi continua la serata nell’ area del dj set, chi va a dormire in campeggio e chi (come il sottoscritto) torna alle rispettive macchine. Ormai si è fatto buio, e la piacevole passeggiata attraverso i boschi fatta poche ore prima si è tramutata in un vagare attraverso una selva oscura illuminandosi il percorso con le luci dei cellulari. E speriamo di non imbatterci in qualche orso, che da quelle parti non sono tanto una rarità.