Lunocode (Perseo)
Da qualche mese in circolazione con “Celestial Harmonies”, primo full length in carriera, gli umbri Lunocode sono una band in via di maturazione in cui riconoscere un valore artistico sicuro ed una profondità di concetto fuori dal comune.
Il loro nuovo album potrà risultare gradito o meno, resta il fatto che reperire musicisti preparati, in grado di fornire un’analisi lucida ed attenta della situazione e con qualcosa di realmente significativo da dire al pubblico, è sempre un vero e genuino piacere.
Ingredienti utili nel rendere piacevole questa intervista con il batterista e fondatore Perseo Mazzoni: poca banalità, risposte monosillabiche bandite e parecchie cose interessanti.
Buona lettura!
Intervista a cura di Fabio Vellata
Ciao Perseo, qui Fabio Vellata di Truemetal.it
È un piacere poterti intervistare: grazie del tuo tempo e disponibilità!
Grazie a te, per noi è un onore essere intervistati da Truemetal.it, siamo molto contenti!
Per iniziare, a te la parola per fornire qualche coordinata relativa alla biografia dei Lunocode. Da cosa deriva ad esempio, il vostro moniker? Mi raccomando, non essere timido e parco nei dettagli!
Il nostro monicker proviene dalla parola russa Lunokhod (che si pronuncia in maniera simile a come leggereste in italiano “lunohod”, con l’H aspirata) e che è il nome di una sonda radiocomandata che i russi hanno spedito ad esplorare la Luna nel 1970. E’ stato il primo rover radiocomandato ad esplorare un altro corpo celeste. Abbiamo fuso la parola russa Lunokhod con l’inglese Code ed è venuto fuori “Lunocode”. Lunocode non ha una traduzione precisa, quindi, anche se possiamo azzardare qualcosa tipo “codice lunare” o simile. Ci piaceva perchè è un rimando agli anni 70, ai primi anni dell’esplorazione spaziale, fa pensare alle stelle, all’universo, alle galassie e un pò anche alla fantascienza di matrice filosofica, come quella di Stanislaw Lem o Philip K. Dick. Per tornare alla biografia o, meglio, sulla discografia, abbiamo alle spalle due dischi: il primo è l’EP “Last Day of the Earth”, uscito a gennaio 2011 ed il secondo è “Celestial Harmonies”, il debut album, che è uscito invece a gennaio 2012. Entrambi sono recensiti qua su truemetal e sono disponibili per l’acquisto direttamente dal nostro sito, www.lunocode.com, in formato CD fisico, oppure in digitale su iTunes.
Se dovessi descrivere la vostra proposta a qualcuno che non ha idea di cosa suoniate, che parole useresti?
Ti rispondo in tutta sincerità, non saprei esattamente come catalogare quello che facciamo perchè la musica lascia impressioni anche nettamente diverse su persone diverse. Io personalmente direi che facciamo un rock/metal melodico con influenze progressive e alternative, almeno in Celestial Harmonies, uscito proprio a gennaio per Spider Rock. Poi dobbiamo aggiungere al mix le tematiche che ci piace trattare, che affrontano temi cari alla filosofia, alla scienza ed alla fantascienza e quindi la definizione mi parrebbe funzionare. Immagino già, però, che tanti potrebbero non essere d’accordo per svariati motivi. In effetti sui vari portali ora ci etichettano come rock (forse a causa della scelta dei suoni, più “naturali” e “live” rispetto alle produzioni metal odierne), ora come power metal (forse perchè il nostro EP “Last Day of the Earth” lo era), ora come progressive metal (forse per certe soluzioni particolari) ed addirittura come gothic (come se ogni band che abbia una cantante debba fare per forza gothic). Alla fine, quindi, la risposta più ovvia è che abbiamo un sito internet (www.lunocode.com) a partire dal quale si può trovare tanto materiale su di noi e nel quale potete anche acquistare i nostri album in formato CD fisico con un paio di semplici click, abbiamo un canale youtube, un blog…non siate pigri e regalateci 5 minuti del vostro tempo, giudicate con la vostra testa e le vostre orecchie!
Com’è nata la collaborazione con la Spider Rock e come siete entrati in contatto con la vostra attuale singer Daphne Romano?
A fine 2009 avevamo l’EP “Last Day of the Earth” pronto per la pubblicazione ed eravamo in cerca di una etichetta, di qualcuno che potesse fornirci dei servizi di promozione solidi ed efficaci (che per un gruppo sono fondamentali) stando attenti a non cadere nei tranelli dell’attuale mercato discografico, ricco di insidie. Spider Rock, dopo un primo colloquio, si è rivelata una realtà dinamica ed efficiente. Il nostro prodotto a loro è piaciuto e si sono dimostrati entusiasti nell’iniziare questa, devo dire, proficua collaborazione.
Per quanto riguarda Daphne, invece, l’abbiamo contattata perchè stavamo cercando una voce adatta al nostro nuovo stile musicale che, come chi ha ascoltato l’album Celestial Harmonies avrà di certo notato, si è molto distanziato e distaccato dal classico power metal, integrando tante influenze anche distanti dal metal stesso, se vogliamo. Questo cambiamento di rotta è stato fortemente voluto da tutti noi, è una scelta artistica conscia e per questo volevamo una voce che andasse ad incastonarsi perfettamente nella cornice che stavamo sviluppando. Daphne, poi, vive vicino a noi (lei è di Arezzo, noi di San Giustino umbro) quindi abbiamo pure scoperto di avere amicizie comuni ed il tutto sta funzionando alla meraviglia.
Mi Identifichi le vostre maggiori influenze? Cosa rappresentano per voi le band cui fate riferimento?
Le influenze di tutti noi sono molto diverse. A me personalmente piacciono molto Anathema, Queensryche, i Pain of Salvation di Remedy Lane e Be, ad esempio, ma mi piacciono molto anche gli Stratovarius. Con questi gruppi penso di mettere d’accordo un pò tutti all’interno della band, anche se, come dicevo prima, ascoltiamo tutti tanti artisti di molti generi diversi. Gli Anathema mi piacciono molto per le loro atmosfere dilatate e malinconiche e per le linee vocali ed i testi che vanno sempre a braccetto con le emozioni; i Queensryche per la loro raffinatezza negli arrangiamenti e negli spunti compositivi; i Pain of Salvation, soprattutto nei due album citati, per la componente concettuale che sta dietro alla loro musica ed ai loro testi. Gli Stratovarius, infine, per la malinconia espressa in alcuni testi ed il canto di grandi ideali, commoventi, di altri.
Il vostro debutto “Celestian Harmonies” è disponibile già da qualche mese. Quali sono state le reazioni e come è stato accolto da riviste e web magazine?
In maniera controversa devo dire. A molti è piaciuto parecchio, a molti non è piaciuto per nulla. Parlando non di recensori ma di gente comune invece è piaciuto parecchio praticamente a tutti, devo riconoscere. Posso dire che ci aspettavamo una cosa simile, perchè abbiamo effettuato molte scelte in controtendenza rispetto a quello che “va oggi” e questo spesso non viene digerito molto bene dagli addetti ai lavori mentre la gente comune di solito reagisce in maniera più naturale e spontanea, valutando secondo canoni diversi e più pragmatici ciò che gli viene proposto. Volevamo fare qualcosa di nostro al 100%, non ci andava di scrivere un disco che suonasse poi con i suoni di qualcun altro o in maniera stereotipata, non ci andava di avere un sound prettamente metal e non ci andava di usare strumenti “finti”: tutto ciò che sentite nel disco, infatti, sono i nostri strumenti, i nostri amplificatori, i nostri tamburi, le nostre chitarre, è tutto genuino, non c’è nulla di finto (a parte l’orchestra, per ovvi motivi di budget) ed è stato lasciato un suono più possibile naturale, quasi live, senza artefatti. Questo ha fatto storcere il naso a parecchi ed ha invece fatto esaltare molti altri (uno tra tutti è Ronan Chris Murphy, che ha curato il mastering ed è stato letteralmente entusiasta del lavoro che abbiamo svolto). Si, magari ascoltare un album con queste canzoni, con questi suoni, non è una cosa da tutti i giorni e sicuramente serve un pò di buona volontà sulle prime, ma ho notato che, soprattutto dopo qualche tempo, parecchi hanno superato lo scoglio ed hanno iniziato a vedere il valore ed il senso del lavoro che abbiamo cercato di fare, rimanendone piacevolmente colpiti.
Cosa vi ha portato a cambiare quasi completamente genere, passando dall’heavy power del primo EP, alle strutture molto più progressive di Celestial?
La voglia di fare qualcosa che ci rappresentasse in toto, di comporre e suonare qualcosa che avesse una sua anima ed un suo stile ma che soprattutto ci venisse spontaneo e naturale. Le canzoni di Celestial Harmonies sono venute fuori così in maniera naturale ed in brevissimo tempo. Abbiamo iniziato a scrivere la prima nota e 6 mesi dopo avevamo il disco stampato in casa, dentro gli scatoloni, pronto per la distribuzione. Non è stato un processo faticoso cambiare genere o inserire certi elementi, sarebbe stato faticoso continuare a suonare ciò che facevamo prima. In Celestial Harmonies è presente un frammento della personalità di ognuno di noi in ogni brano ed in ogni nota, è stato un grande lavoro di squadra.
Nei vostri testi si nota una certa profondità di contenuti con risvolti talora quasi filosofici. Impossibile ad esempio, non rimanere affascinati da una coppia di brani come “Indifference” e la lunga ed articolata “The Origins Of Matters And Life”. Chi ne è il responsabile? Sarebbe molto bello se potessi approfondirne i significati, dando una descrizione con parole tue di ciò che rappresentano per voi…
Il testo di Indifference l’ha scritto Daphne, io di mio ho solo dato l’idea di ispirarsi, per certe parti, al commento di Sagan alla famosa foto soprannominata “Pale Blue Dot” (che tra l’altro è riproposta, dipinta, sullo sfondo dell’opera associata alla canzone, nel booklet). Indifference tratta della follia dell’uomo, accecato dalle sue smanie di potere. Parte con una vista a volo d’uccello sui luoghi delle guerre, in medio oriente, ad esempio, per poi fare, concettualmente, uno zoom-out fino ad arrivare ad osservare la terra da lontano, inserita nel contesto del sistema solare e dell’universo, dove non è altro che un pallido puntino blu per il dominio di una frazione del quale grandi spargimenti di sangue sono all’ordine del giorno tra gli uomini. Un puntino verso il quale l’Universo intero è semplicemente indifferente, essendo tanto più vasto ed importante. Il messaggio finale è che ci manca la visione d’insieme per poter riconoscere veramente l’assurdità di certi comportamenti umani e per capire che questo piccolo granello di polvere sospeso in un raggio di sole alla deriva nel cosmo è la nostra casa, la casa di noi tutti e che dobbiamo cercare di rispettarla e di fare del nostro meglio per conviverci pacificamente nel rispetto del prossimo e di tutte le culture e idee che contraddistinguono e danno spessore e forma all’essere umano. Di The Origins of Matter and Life, invece, mi sono occupato completamente io, ideandone la storia e scrivendone i testi. Era da un pò che mi giravano delle idee in testa ed ho voluto usarle per il disco. Inoltre lo spunto per il colpo di scena finale mi ha permesso di esprimere un sentimento di rispetto per gli animali e per tutte le forme di vita, cosa che mi sta molto a cuore. Tengo anche un blog (l’indirizzo è http://lunocode.blogspot.it) all’interno del quale pubblico di tanto in tanto dei post proprio in approfondimento delle canzoni del disco, per chi fosse curioso.
Possiamo identificare l”Architetto Cosmico” come una sorta di rappresentazione divina. Pura fiction o ciò rispecchia un qualcosa di più profondo ed un vostro personale modo di intendere qualche tipo di fede?
Se intendi fede religiosa assolutamente no. Se intendi fede nel senso più allargato di fiducia che ci sia comunque qualcosa che sfugge alla nostra comprensione, allora si. E quando dico “qualcosa” non intendo il vecchio con la barba lunga o una qualche altra entità superiore. L’Architetto Cosmico, nel disco, è un essere che, nel momento in cui oltrepassa la linea che demarca il risveglio dell’autocoscienza dal dominio dell’istinto puro ed inizia a pensare, crea, inevitabilmente ed a sua insaputa, universi. Una idea che mi ha sempre affascinato è quella della possibile relazione tra l’atto del pensare e l’atto del creare qualcosa. In fondo il concetto di realtà, pure se ci appare “solido” e sicuro nella vita di tutti i giorni, sotto la superficie nasconde tanti paradossi. Per la fisica moderna il mondo, il monitor che hai davanti o la tastiera dove sto battendo il testo che stai leggendo, pure apparendoci così solido e sicuro è fatto in larga parte di spazio vuoto. Questi temi si ritrovano spesso anche se in termini diversi, nella fantascienza, ad esempio, di un autore come Philip K. Dick ed in tanti altri che amo. Ho voluto quindi mettere insieme tutte le mie riflessioni e gli spunti che nei mesi precedenti alla scrittura dell’album stavo raccogliendo e creare una storia di pura fiction ma che lasciasse comunque qualcosa sul quale riflettere. L’Architetto Cosmico, nel disco, è Albert II, che altro non è che una umile scimmietta mandata dentro una capsula nello spazio dagli americani durante la “preistoria” del volo spaziale per testare la risposta biologica di un essere vivente alla permanenza nello spazio in assenza di gravità. Come vedi non è niente di barbuto o svolazzante! Ho ipotizzato che in questa scimmietta, per qualche motivo, durante il volo, si risvegliasse ad un certo punto la scintilla dell’autocoscienza e che iniziasse a farsi domande sul mondo che lo circonda e sulla sua attuale situazione di “prigioniero” dentro la capsula spaziale (che diventerà la sua tomba). In questo modo la storia inizia e la musica ci porta “a spasso” durante la creazione di un universo che nasce dalla mente di Albert. Albert non capisce, sulle prime, che è lui che sta creando questo nuovo mondo, anche perchè, cosa rara per un Architetto Cosmico, ci si ritrova inspiegabilmente dentro e diventa quindi creatore e anche spettatore di questo processo che avviene senza che lui ne sia consapevole (come quando schiacciate i tasti della vostra tastiera, voi non ne siete consapevoli, ma dentro il vostro computer si creano e si distruggono tanti bit che potremmo, per analogia, pensare come tanti atomi che interagendo tra loro formano tanti mondi. Mondi che voi, inconsapevolmente, create e distruggete mentre state “facendo altro”). Qualunque essere autocosciente e pensante, comunque, può essere un Architetto Cosmico. La scelta della scimmia (che è realmente esistita e si è realmente chiamata Albert II) è stata fatta perchè era mio interesse anche far notare che conosciamo molto poco della mente degli animali, ciononostante ci arroghiamo il diritto di poter essere in grado di decidere cosa essi pensino e come essi ragionino. Affermiamo che vivono solo in base ai loro istinti, che non ci sia nulla di paragonabile alla nostra mente nei loro cervelli. Chi ha sempre avuto animali vicino, invece, sa che non è così ed oggi si parla spesso di mente animale in termini impensabili fino anche solo a 10/15 anni fa. Dopo tutto ciò, comunque, gli animali continuano ad essere sfruttati e le crudeltà verso di loro continuano ad essere eseguite con scientifica precisione, tutti i giorni. Ho voluto lanciare un messaggio: e se gli animali fossero molto più unici di quanto non vogliamo ammettere? E se nella profondità degli occhi di una semplice scimmia da laboratorio si agitassero pensieri molto umani, troppo umani…o addirittura si nascondesse un Architetto Cosmico? E’ pura fiction, ma spero che sia della miglior specie, quella che ti fa riflettere.
Avete già testato le vostre nuove composizioni dal vivo? Immagino che le difficoltà nel proporre alcune situazioni piuttosto elaborate non mancheranno. Come vi comporterete ad esempio, proprio con “The Origins Of Matters And Life”? Proponendone solo una parte, tutta per intero o lasciandola direttamente perdere a vantaggio di pezzi più diretti?
La domanda capita a fagiolo perchè proprio la scorsa settimana abbiamo avuto ben due concerti, uno a Perugia, all’Urban Club (approfitto per ringraziare tutti i ragazzi dell’organizzazione) ed uno al Cavern di Livorno. Le canzoni possono essere tutte riproposte senza grossi problemi dal vivo, basta riarrangiare alcuni dettagli (ad esempio nei punti dove sono presenti tre chitarre sovraincise). Dobbiamo riconoscere che dal vivo rendono proprio bene. Per quanto riguarda “The Origins of Matter and Life” non ci sono particolari problemi a riproporla per intero ma per ora stiamo eseguendo solo certi movimenti, in particolare “The Cosmic Architect” e “Tree of Life”.
Immagino allora, avrete già qualche aneddoto simpatico da raccontare, successo sul palco o dietro le quinte…
Di divertente ultimamente c’è stata Daphne che si è messa, prima del concerto, a mimare Albert II su una vecchia sedia da barbiere messa ad abbellire un angolo del locale dove eravamo a suonare…le mancavano le banane da lanciare e poi era perfetta come scimmia!
Questa è una domanda molto diretta che va ai gruppi all’esordio come il vostro. Per quale motivo, alla luce della crisi economica e della sempre minore “capacità” delle tasche dei fruitori di musica, un giovane appassionato dovrebbe investire nell’acquisto del vostro disco? Cosa pensate di avere più degli altri?
Più degli altri non saprei, forse dovrebbe essere la gente che ci ascolta a dircelo, non mi piace “suonarmela e cantarmela da me”. Potrei però dire, scendendo nel particolare del disco che il disco stesso, in versione fisica, è una piccola chicca secondo me, che prescinde dalla sola componente musicale ma fonde pittura, poesia e musica in un unica opera. Nel libretto infatti oltre ai testi ci sono tante illustrazioni, una per ogni canzone, ed ogni illustrazione è stata fatta ad-hoc con tela e pennello dagli artisti che abbiamo coinvolto nello sviluppo delle nostre idee (Gaia Giovacchini ed Andrea Brizi) in modo che rappresenti con l’inchiosto la nostra visione della canzone stessa e che sia un complemento ad essa e non solo un abbellimento. Un pò come nei vecchi libri di favole, dove il testo scorreva attorno alle illustrazioni. Io penso che il nostro disco abbia una carattere artistico molto marcato e raffinato e che quindi valga la pena acquistarlo, pagandolo tra l’altro pochi euro, e supportare una band che cerca in tutti i modi di presentare un qualcosa di diverso dalla massa. Forse sta qui il nostro tratto distintivo: cercare, nel bene e nel male, di proporre qualcosa di de-massificato e di completamente onesto artisticamente. Come un oggetto di produzione artigianale: c’è molta arte in esso, quell’arte che sta sia nei pregi sia nelle imperfezioni date dalla lavorazione a mano. Difetti che, però, accrescono di valore il complesso, sommandosi ai pregi. Noi ci sbattiamo tanto per fare ciò in cui crediamo: voi, se pensate che quello che stiamo facendo meriti rispetto e supporto, acquistate il nostro cd e venite ai nostri concerti…o semplicemente scriveteci un commento via email o sui nostri social network, anche una così piccola cosa ha una grande importanza per noi.
E più in generale, che opinione vi siete fatti di tutto quanto sta accadendo ed accaduto nel nostro paese in questi ultimi mesi? Vedete qualche speranza di rinascita e siete ottimisti per il futuro?
Se la speranza ci sarà dipenderà unicamente da quanto le persone sapranno rimboccarsi le maniche e lavorare per un futuro migliore. Io personalmente, pure essendo pessimista di natura, sono anche una persona alla quale non piace piangersi addosso e quindi tendo sempre a pensare che, pure se molto difficile, molte cose siano in effetti possibili, anche se le persone si autoconvincono di non essere in grado di poter fare questo o quello.
Quali le vostre prossime mosse?
A metà aprile saremo in tour con i Theatres Des Vampires e gireremo tutta l’europa dell’est insieme a loro arrivando fino in Turchia. La prima data sarà a Maribor, in Slovenia, il 13 aprile, poi a seguire Zagabria (Croazia), Sofia (Bulgaria), Ankara ed Istambul (Turchia), Bucarest e Cluj Napoca (Romania) ed infine Budapest (Ungheria). Sarà una bella faticaccia, ma emozionante! Dopo di ciò arriverà l’estate e ci stiamo muovendo per trovare qualche bella data anche per quel periodo ed infine, credo, ci chiuderemo di nuovo in studio!
Come classico, a te chiudere l’intervista come meglio desideri!
Ragazzi, venite a visitare il nostro sito (www.lunocode.com) e da li raggiungete anche il nostro canale youtube, il nostro profilo facebook ed il nostro blog (http://lunocode.blogspot.it) e scriveteci! Diteci quello che pensate, sia esso positivo o negativo, ci darete la spinta per fare di meglio in futuro e per rimetterci sempre in gioco! Ci conto! Un grazie a Truemetal per avermi ospitato sulle sue pagine, è stato un onore per me e per tutti noi!
Grazie e in bocca al lupo a te ed ai Lunocode!
Crepi!
Fabio Vellata
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