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Maestri di giornalismo HM (Geoff Barton)

Di Stefano Ricetti - 29 Dicembre 2005 - 12:28
Maestri di giornalismo HM (Geoff Barton)

A volte capita, facendo il cronista HM per diletto e per passione, di prendersi delle cocenti delusioni. Ovviamente, passato l’attimo di scoramento iniziale, si riprende con l’entusiasmo di sempre, anche perché in caso contrario avrei già smesso da più di cinque lustri di sporcare di inchiostro la carta stampata prima e il web oggi. Ero in contatto personale con l’inglese Geoff Barton, probabilmente il numero uno dei giornalisti HM di sempre e stabilimmo, su mia richiesta, i programmi per un’intervista via e-mail mesi fa. Come da mia etica professionale, nonostante si tratti (con il sorriso sulle labbra) comunque e sempre di musica e non di politica mondiale, ho comunque confezionato con cura le domande documentandomi a dovere.

Mi sono riletto parecchi dei miei primi numeri di Kerrang!, ho acquistato Classic Rock, sono andato sul web etc. etc. sacrificando parecchio del mio tempo libero per la “causa”. Sia chiaro: non la voglio mettere assolutamente “giù dura”, ma è giusto che voi lettori sappiate tutto su questa vicenda per completezza d’informazione! A quel punto ho spedito a Geoff le domande pronte e, come sempre accade in questi casi, non metto mai pressione al mio interlocutore sui tempi per evitare risposte frettolose “tanto per voltar via la pratica” e quindi mortificare il lavoro di settimane e la completezza dell’intervista. Ebbene, passano i mesi e niente si muove… provo a scrivergli in toni pacati e niente… finché perdo un poco la pazienza e gli faccio capire che anche solo per rispetto e per educazione una risposta va comunque data. Beh… penso che neanche un italiano scafatissimo mi avrebbe potuto liquidare con delle scuse tanto meschine…

Butto le mie domande e l’idea nel cestino ma non mi perdo d’animo. Grazie all’illustre collega Steven Ward di Rockcritics (che ringrazio di cuore) ottengo il benestare a pubblicare la Sua intervista a Geoff Barton proprio perché da me ritenuta molto interessante e imprescindibile per i lettori di TrueMetal. Risale a qualche tempo fa, quindi per forza di cose non può necessariamente essere aggiornata sulle ultime vicende dello storico giornalista che è ritornato al vecchio amore (la carta stampata HM) e attualmente scrive per Classic Rock. Ho volutamente stralciato le domande e risposte che non interessano la sfera hard rock/heavy metal in quanto da me ritenute poco significative. Per esempio vi erano delle parti dove parlava della sua esperienza giornalistica presso una rivista di auto inglese che ho bellamente tagliato!

Tengo a precisare che la mia stima a livello professionale nei confronti di Barton rimane immutata, così come è rimasta immutata, sempre in questo senso, la mia venerazione a livello prettamente tecnico nei confronti di un affermato cantante HM italiano che va per la maggiore che con il sottoscritto si è comportato da rockstar arrogante e maleducata.

Ovviamente, entrambi i personaggi si sono qualificati per quello che sono a livello umano… ma questa è un’altra storia!

Buona lettura.
Steven Rich

Nella foto: un vecchio numero di Kerrang! con dedica di Biff allo scrivente

 

Geoff Barton interview, by Steven Ward.

Traduzione di Steven Rich.

Alla fine degli anni settanta e all’inizio degli anni ottanta il nome di Geoff Barton è diventato il sinonimo delle band della NWOBHM. I gruppi della New Wave of British Heavy Metal del periodo (Saxon, Diamond Head, Iron Maiden, Angel Witch e dozzine di altri) avevano costruito un nuovo genere musicale mixando perfettamente l’attitudine “do it yourself”, l’energia e l’estetica del punk con i dettami dei pionieri del metal rock inglese dei seventies (Deep Purple e Judas Priest su tutti). Geoff Barton non fu la persona, contrariamente a quanto si crede, che coniò il termine “NWOBHM”: fu però il primo giornalista a usarlo nei propri articoli sulla carta stampata.

Dopo aver seguito e raccontato l’esplosione delle NWOBHM band attraverso le colonne del magazine settimanale Sounds, Barton fondò Kerrang! nel 1981 che, ancora oggi, è la rivista HM settimanale più popolare al mondo e anche la più venduta.

Dopo anni passati a fare il giornalista rock, un bel giorno scomparve dalle scene. Nella seguente intervista ci spiega il perché e molto altro!

Allora Geoff, prima di tutto: in quale anno finisti di fare il giornalista rock e perché prendesti una decisione del genere?

Mollai Kerrang! alla fine del 1995. Ammetto che non fu assolutamente una decisione arbitraria ma una forzatura bella e buona. In quell’epoca avevo la sconcertante qualifica di “Managing Editor and Marketing and Circulation Manager of EMAP’s”. EMAP era la casa editrice che deteneva la proprietà di Kerrang! e la mia qualifica solo un modo altisonante per nascondere il nulla… Il fatto di essere caduto in una situazione così ridicola ha molte analogie con delle situazioni kafkiane e in quel periodo non me la passavo di certo bene. I dati di vendita della rivista non erano certo incoraggianti: si era nella fase di ammodernamento, per adattare la linea editoriale alle nuove tendenze del metal tentando di tagliare il cordone ombelicale con l’ ”old metal era” RAW, una “giovane costola” di Kerrang! aveva addirittura chiuso i battenti! All’epoca morirono anche le edizioni di Kerrang! in lingua tedesca e spagnola a causa delle loro troppo altalenanti vendite. Non ultimo, anche la nostra pubblicazione legata al metal estremo (Ultrakill!) finì dopo pochissimi numeri.

 

Geoff Barton

 

Permettimi un inciso sulla rivista RAW: per cercare di salvarla la casa editrice decise di modificarne il titolo in “raw” (a caratteri minuscoli) e, invece di trattare band HM come Iron Maiden, Metallica e Bon Jovi sterzò su Oasis, Blur e Supergrass. Pensa che la rivista, originariamente, cioè prima che EMAP ne diventasse la padrona, fu fondata dai transfughi di Kerrang! Dante Bonutto, Malcolm Dome, Mark Putterford e altri come contrapposizione a Kerrang! Tornando a raw, ovviamente, dopo questo voltafaccia editoriale, il mio impegno si limitò alle pagine del vecchio Kerrang! In quel periodo il direttore del magazine era l’ “eccellente” Phil Alexander: il risultato su di me fu un vorticoso “girar di pollici” alternato a degli sguardi persi nel vuoto guardando fuori dalla finestra dell’ufficio. In realtà l’idea di Phil era quella di attualizzare Kerrang! ai tempi che stavano velocemente mutando: furono abolite le espressioni che avevano fatto grande la rivista come “torsione di budella”, “provoca emicrania”, “scricchiola cranio” etc. etc., con grande rincrescimento del mio collega Xavier Russel. La prima edizione del nuovo Kerrang! aveva i Reef in copertina: prova a pensare! Invece di Celtic Frost, Death Angel e compagnia bella… fu per me uno shock! Di lì a poco una mattina arrivò un incaricato da parte di EMAP che mi disse, sventolandomi un assegno di buonuscita davanti al naso, di lasciare vacante il mio posto.

Sei conosciuto universalmente come giornalista di Sounds e di Kerrang! Come lo sei diventato? Prima di Sounds hai avuto altre esperienze editoriali?

Entrai nella redazione di Sounds a diciannove anni dopo aver completato un corso di giornalismo al London College of Printing. Fino ad allora mi ero limitato a delle piccole collaborazioni all’interno della rivista Spider Man. Scrissi una lettera all’allora direttore di Sounds Billy Walker chiedendo se avesse avuto un posto libero come giornalista. Poco dopo accadde l’imprevisto: si liberò un posto per coprire la Mike Flood page della rivista e decise di affidarla a uno sconosciuto… io! Billy era un gentleman vecchio stampo, dotato di una folta barba nera: non gli ho mai chiesto perché avesse preso quella decisione ma gli fui grato per sempre.

Ricordo come se fosse ieri la soddisfazione che provai quando mi comunicarono della mia assunzione a Sounds: le scale sporche e in penombra della metropolitana londinese e i loro scricchiolii mi sembravano quelle del Berkeley musical dal tanto ero eccitato! In quel periodo, (si parla del 1974) in redazione era Pete Makowski che si occupava di band come Deep Purple, Elp e Uriah Heep. Il fatto strano è che Pete era considerato dagli altri redattori quasi un alieno, nonostante trattasse gruppi che andavano per la maggiore come quelli sopramenzionati. Il resto dei giornalisti infatti era fanatico di jazz e folk. Nonostante questo Billy Walker sapeva quanto fosse popolare Pete e il rock fra i lettori tanto che, durante il mio colloquio, quando menzionai Montrose fra le mie band favorite, penso proprio che fu il momento decisivo della mia assunzione. Quando misi piede a Sounds realizzai da subito di essere capitato nel posto giusto al momento giusto!

Quali furono le tue fonti giornalistiche di ispirazione e quali magazine leggevi prima di diventare tu stesso un professionista del settore?

A quei tempi in Inghilterra esistevano tre fiorenti riviste musicali settimanali: Musical Express, Melody Maker e Sounds e io ero un avidissimo lettore di tutte e tre. Ho comunque sempre considerato Sounds una spanna sopra gli altri due: mi facevano impazzire i pezzi di Pete Erskine e Pete Makowski. Ricordo particolarmente un articolo leggendario di quest’ultimo durante il suo tour di accompagnamento ai Lynyrd Skynyrd negli Stati Uniti: tra le varie cose buffe fu anche minacciato di morte con una pistola (vera) puntata alla testa!

Altre fonti ispirazione non me ne vengono in mente. Tornando a Sounds, è per me stato veramente un privilegio poter trattare da pari con degli scrittori eccezionali come Giovanni Dadomo, John Ingham, Jon Savage e Sylvie Simmons (in particolare quando faceva la nostra corrispondente da Los Angeles). Un particolare ricordo va a anche a Jane Suck, un vero talento esplosivo retaggio dell’era punk: spesso pungente e brutale! A livello di singoli giornalisti, il mio ideale è sempre stato poter discettare di rock sullo stile di Stan Lee della Marvel: quando scrivevo a Kerrang! mi sforzavo di figurarmelo alle mie spalle, come una specie di angelo custode!

Nella foto: un numero di Sounds d’epoca

 

Raccontami adesso come nacque Kerrang! Presumo che ti abbiano reclutato in virtù dell’esperienza che avevi maturato a Sounds in ambito hard rock/heavy metal…

L’idea progenitrice di Kerrang! fu di Alan “Big Al” Lewis, che succedette a Billy Walker all’incirca nel 1975 in qualità di direttore di Sounds. All’epoca indubbiamente i miei scritti riguardo la scena heavy metal, insieme a quelli di altri colleghi come Garry “Cockney Rejects” Bushell e Dave “Pink Military Stand Alone” McCullough, avevano già lasciato un segno tangibile all’interno della rivista, costituendo piano piano una delle fonti di maggior richiamo sul pubblico. Il formato a tabloid di Sounds ci impediva di poter godere di una copertina lucente, a colori, che richiamasse l’attenzione della gente.

Ricordo che Big Al dovette combattere parecchio con il management per poter ottenere il via libera riguardo una nuova rivista. Era il 1979 o il 1980… ora non ricordo bene. Mi commissionò il numero zero della rivista, che io iniziai febbrilmente a impostare, direttamente da una piccola e umida scrivania adiacente la sua. Tornando a breve sulle proprie decisioni, il management optò per la costituzione di un inserto da allegare a Sounds che chiamammo Kerrrrr-annnggg!!!! Nel 1981 uscì finalmente il primo numero autonomo della rivista che ribattezzammo Kerrang!, di formato A4, con Angus Young in copertina e che, grazie al successo immediato delle vendite, divenne subito un mensile. Più avanti divenne quindicinale fino all’uscita settimanale attuale.

E’ vero che hai coniato il termine “NWOBHM” (New Wave of British Heavy Metal)?

Mi piacerebbe davvero essere stato l’inventore del termine ma onestamente non fu così: penso che fu un’uscita di Big Al Lewis dopo uno dei suoi proverbiali attacchi di pazzia. Ovviamente feci mia la cosa e per primo ne parlai sui giornali specializzati.

In quegli anni ti va dato atto che capisti subito la nuova linfa portata all’interno della scena rock dai nuovi gruppi emergenti: Saxon e Iron Maiden su tutti. Avresti pensato che di lì a poco la NWOBHM sarebbe divenuta un fenomeno mondiale?

Non ho mai avuto dubbi sul fatto che la NWOBHM nacque dall’etica “do it yourself” ereditata dal punk. Le giovani band HM utilizzarono gli stessi canali dei loro contemporanei punk per farsi strada: cercare in autonomia di fare dei concerti senza intermediari, autoprodursi i dischi, autopromuoversi, e spesso vendere i propri dischi personalmente. In realtà la NWOBHM era un grande calderone contenente al proprio interno una varietà immensa di stili musicali, così come lo era stata la scena punk. Basti pensare ai Sex Pistols, The Clash, Jam e ai The Damned. Quindi, più che una questione meramente musicale, tutto quello che legava queste band era l’attitudine e soprattutto il fatto di godere delle luci della ribalta nello stesso periodo. Quando qualcuno scrive che la nascita della NWOBHM e soprattutto la sua consacrazione fu un trucco escogitato dai noi di Sounds per definire il fenomeno mi viene da sorridere: la resurrezione dell’heavy rock fu una rivoluzione musicale e culturale assolutamente naturale e genuina, iniziata alla fine degli anni settanta.

Certo, pensare ai Saxon e agli Sledgehammer come degli sbarbatelli agli inizi è un po’ una forzatura – ricordo che Biff già all’epoca sfoggiava una dentatura “poco naturale”… – in quanto già vantavano una certa età media (se paragonata agli altri). Nel calderone ricordo comunque band distanti anni luce musicalmente che comunque condivisero e spinsero verso l’alto lo spirito della NWOBHM: Satan, Venom, Jaguar, Shiva, Mythra, White Spirit, Angel Witch, L.A. Hooker e parecchi altri. Durante quegli anni era comunque per me molto difficile tirare le file della NWOBHM e valutarne oggettivamente la forza, in quanto ero troppo coinvolto personalmente nella cosa: ti basti sapere che rimasi stupefatto quando seppi che tale Lars Urlich, allora semplice fan danese, si recò fino a Portsmouth con dei mezzi di fortuna per assistere a un concerto dei Diamond Head! Solo successivamente realizzai quanto la NWOBHM fosse stata rivoluzionaria e quanto segnò nel profondo l’esistenza musicale di migliaia di appassionati in tutto il globo.

Leggi le altre riviste musicali? Ci sono dei giornalisti inglesi e/o americani che godono della tua stima?

Ahia Steve, devo per onestà risponderti di no per entrambe le domande! Sono fermamente convinto che l’era digitale abbia letteralmente ammazzato la figura del giornalista rock. Molti a questo punto godranno della cosa… ah,ah,ah! (scherzo… ovviamente!). Prima di entrare a Sounds mi immaginavo i giornalisti come degli semidei: sognavo ed ero morbosamente attratto dalle loro mini-foto che comparivano in fianco agli articoli. In particolare ricordo quasi con ossessione la figura di Pete Erskine: un personaggio incredibile, inquietante, dai capelli lunghi e lisci, con le guance infossate e gli occhi incavati. A un certo punto ero addirittura più interessato al giornalista in sé che alla band che intervistava… Pete ha cercato di entrare in simbiosi con le rockstar dell’epoca: tentò (ahimè) di emulare Keith Richards e alla lunga ha pagato un carissimo prezzo per questo. Cosa impossibile anche solo da pensare al giorno d’oggi!

Ti è mancata l’editoria musicale nei tuoi periodi di distacco?

Certo che si! Quando lavoravo a Sounds e Kerrang! venivo “addirittura” pagato per un lavoro che mi divertiva, che costituiva la vera essenza della mia vita! Vivevo in una sorta di sogno che si alimentava di volta in volta dall’uscita di nuove band e tendenze. Ricordo per esempio la filosofia di Frank Ferrana dei Motley Crue

C’è oggi una band o un genere che ricrea in te gli stessi brividi che ti procurarono un tempo gruppi come i Rush o gli Iron Maiden?

Ancora adesso, il tocco magico di Neil Peart (Rush) mi fa venire i brividi…

Quali sono a tuo avviso le principali differenze fra i magazine musicali inglesi e quelli americani tipo Rolling Stone? Inoltre, come classificavi la concorrenza Usa (Circus e Hit Parader) ai tempi di Kerrang! ?

La stampa musicale inglese è sempre stata più realistica, approfondita e genuina. Rolling Stone l’ho sempre considerato un gradino più in basso, se comparato alle riviste del settore inglesi dell’epoca. Era troppo reverenziale, così come lo sono oggi nel Regno Unito pubblicazioni come Q e Mojo. Per carità, sono ben scritte, ben confezionate e tutto quanto ma in un certo qual modo superficiali. All’opposto ho sempre amato Circus e Hit Parader, soprattutto durante gli anni delle hair band losangeline. Non avevano paura di nessuno e uscivano senza timori riverenziali: incarnavano appieno lo spirito e l’eccitazione glamour di Los Angeles e del suo Strip. Avevano il coraggio di dare ai fan quello che volevano in maniera esagerata e subito: trenta pagine sui Ratt, un poster gigante dei Dokken e un editoriale ogni numero con i suggerimenti riguardo il make up da parte di Vince Neil. Molti criticavano queste due riviste dicendo che erano le portavoci delle major, io invece, la penso esattamente al contrario!

 

Geoff Barton

 

Pensi che tu e Kerrang! abbiate spianato in un certo qual modo la strada a talenti giornalistici come Mick Wall, Malcolm Dome e Dante Bonutto?

Mick Wall.

Ho lavorato con Mick ai tempi di Sounds e penso che il suo massimo l’abbia raggiunto in quel periodo grazie ai suoi lunghi scritti: epici, atmosferici, profondi e per qualche verso sconnessi. Incarnava il classico freelancer assetato di denaro e, spero non se la prenda a male, durante un certo momento nella redazione di Kerrang! il suo cervello andò in corto circuito a causa degli innumerevoli impegni editoriali presso di noi e la sua scrittura di un libro sui Marillion. Quello che ne usciva comunque non era affatto male, anche se un po’ strano e frenetico… Curò inoltre le colonne di gossip all’interno di Kerrang! chiamate View from the Bar: due pagine da riempire ogni edizione. Agli inizi gli input da parte dell’ambiente musicale non mancarono di certo ma poi, nel lungo termine, non si poteva riproporre all’infinito la parodia dei soliti party organizzati dai Wrathchild dopo i loro gig alla Royal Standard di Walthamstow, quindi si esaurì un po’ il filone. In assenza di veri pettegolezzi Mick orientò la sua selvaggia fantasia direttamente all’interno della redazione del giornale, dipingendoci come maniacali, bizzarri e dalla personalità esplosiva. In realtà non era così ma gli scritti di Wall ce lo fecero credere: in ufficio si respirava un’aria decisamente frizzante e spesso ognuno di noi esagerava in certi comportamenti, proprio per alimentare il proprio “personaggio” descritto in View from the Bar.

Tanto per spiegare la magia di quegli anni ti racconto un paio di aneddoti. La sede del magazine a Camden Town ed era costituita da una stanza molto lunga e stretta: per ravvivare di tanto in tanto l’atmosfera, il nostro designer ‘Krusher’ Joule si metteva sopra una vecchia seggiola priva di schienale e particolarmente cigolante in posizione di Superman – con le mani giunte in avanti – e percorreva ad altissima velocità l’intero corridoio sollevando i fogli sopra le nostre scrivanie con tanto di ‘whooshing’ a mo’ di fumetto. Questo esercizio finì quando un bel giorno incocciò con la testa in una scrivania… ah,ah,ah! Sempre in quel periodo non era così improbabile vedere volare sopra le nostre teste lo stereo dell’ufficio finché finalmente non atterrò direttamente nel parcheggio al di sotto della redazione. Un modo come un altro per convincere il nostro editore Bob ‘Bomber’ Thrussell a comprarne un altro nuovo!

A proposito di ‘Bomber’, permettimi un inciso: era veramente una persona meravigliosa, nonostante fosse vicino alla pensione si dedicava anima e corpo a Kerrang! e credeva fermamente nel progetto. Possedeva una balbuzie che gli impediva di pronunciare appropriatamente i nomi degli eroi del metallo dell’epoca: Lemmy dei Motorhead divenne quindi L-l-lenny, Ronnie Dio R-r-roddy D-d-dio e Lita Ford L-l-linda F-f-ord. Ricordo che a un Kerrang! party sotto Natale festeggiato presso un ristorante greco bevemmo così tanto che la sua carta di credito ‘esplose’: il vecchio Bob dovette quindi continuare a pagare il conto a rate durante i primi mesi dell’anno successivo!

Dante Bonutto.

Dopo due o tre anni di Sounds arrivai a Kerrang! nel 1984 e agli inizi ebbi un rapporto con Dante abbastanza teso. Bonutto era considerato ufficiosamente il responsabile della rivista, fino a che l’editore non decise di investire seriamente nel progetto. Per queste ragioni, inevitabilmente, le nostre personalità si scontrarono, anche se ho sempre ammirato in lui la meticolosità, l’attenzione ai dettagli e il suo inguaribile entusiasmo. E poi, non ultimo, entrambi eravamo fan sfegatati dei Kiss! Una delle prime cose che confezionammo insieme fu il numero di Kerrang! con Blackie Lawless in copertina. Il leader degli WASP era raffigurato coperto di sangue con un teschio in mano! Questa trovata scosse l’opinione pubblica e mise al bando la rivista dagli scaffali di W.H. Smith (la più grande catena di distribuzione di giornali dell’intero Regno Unito, responsabile della maggior parte delle nostre vendite). Un bell’inizio vero? Ah,ah,ah! Pochi numeri dopo osammo addirittura mettere Prince in copertina, ma questa è un’altra storia…

Non ne abbiamo mai parlato direttamente ma penso che Dante fosse in completo disaccordo con la casa editrice quando decise di trasformare Kerrang! da quindicinale a settimanale alla fine del 1987. Per lui costituiva una perdita netta di qualità della rivista. Di lì a poco infatti, seguito da altri giornalisti, migrò a Metal Hammer. Coraggiosamente poi fondò RAW, una pubblicazione completamente indipendente, cosa che con il senno di poi avremmo dovuto fare tutti noi con Kerrang! fin dagli inizi!

Malcolm Dome.

Su Malcolm ci sarebbe moltissimo da dire: uomo di cultura enciclopedica, una passione fortissima per la Vodka e il pompelmo insieme, persona capace di resistere ore e ore senza dormire, un po’ vampiro e un po’ Robocop, dotato di un metabolismo fuori dal comune che lo rendeva praticamente indistruttibile! Pensa che quando io arrivavo in ufficio lui aveva già scritto le sei pagine di Kerrang! relative alle news, intervistato Robbin Crosby dei Ratt, risposto a dozzine di domande dei lettori, aperto e smistato la posta, chiamato Sylvie Simmons, fatto la recensione di quattro album, riorganizzato l’archivio delle foto e preparato delle tazze di tè per ognuno di noi! In vita mia non ho mai più incontrato uno come lui! E’ stato uno dei migliori ambasciatori di Kerrang! nel mondo nonché indiscutibilmente uno dei principali artefici del successo della rivista.

Pensi che ci sia ancora spazio oggi come oggi in Inghilterra per un altro magazine HM? Intendo un qualcosa di meglio del Kerrang! attuale, di Metal Hammer o di Terrorizer oppure pensi che il mercato sia saturo?

Mah, il portenziale per far qualcosa di meglio ci sarebbe sempre! Anche se penso che ormai il marchio di Kerrang! sia così forte e popolare che sarebbe veramente un azzardo pensare di superarlo con qualcosa d’altro. L’audience HM dei giorni nostri è fin troppo servita a livello di informazioni musicali: esistono le webzine, enne riviste, la radio e la televisione via satellite. Se ipoteticamente un kid avesse la possibilità di attaccare al proprio cervello più elettrodi possibili – sullo stile di Matrix – dieci secondi dopo potrebbe sapere vita, morte e miracoli di una recondita “brutal German Thrash Metal band proveniente da Bochum”, per esempio! Come sono lontani i tempi dove per poter leggere le tour dates su Kerrang! – scritte con grandezza carattere=6 – bisognava strabuzzarsi gli occhi…

Ultima domanda Geoff: qual è stato il tuo highlight della carriera?

Più che highlight ricordo un episodio in particolare. Fu quando incontrai per la prima volta Gene Simmons di persona mentre stava per iniziare uno show dei Kiss: era agghindato da concerto, pronto per salire sul palco. Rimasi come pietrificato per qualche secondo… poi mi ripresi e timidamente gli chiesi se potevo toccare la sua armatura di scena. Lui acconsentì e subito dopo andai in estasi…

Intervista a cura di Steven Ward, Rockcritics.

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti