Heavy

Maestri di giornalismo HM: Sandro Buti

Di Stefano Ricetti - 22 Giugno 2009 - 14:57
Maestri di giornalismo HM: Sandro Buti

Intervista MONUMENTALE, per durata e contenuti, con Sandro Buti, ovvero una colonna portante del giornalismo HM italiano. Prendetevi il non poco tempo necessario e sciroppatevi questa maratona metallica fino in fondo, ne vale la pena.

Buona lettura.

Stefano “Steven Rich” Ricetti

Sandro Buti: innanzitutto grazie a te Steven per questa opportunità e soprattutto per la pazienza. Non è facile portare avanti tutto insieme, tra lavoro, musica, famiglia e mille cose ancora… Diciamo che faccio del mio meglio ma non è mai abbastanza..

Nella foto: Sandro Buti al Play It Loud III 2009

Domanda iniziale di default: come e quando sei divenuto un metallaro.

Ah, si parte da lontano! Diciamo attorno ai quindici, sedici anni. Ero sempre stato appassionato di musica, fin da piccolo, complice mio padre che ha una collezione incredibile di dischi di musica classica. Classica vacanza studio in inghilterra, ho conosciuto dei ragazzi più grandi di me di qualche anno che, ricordo, mi hanno parlato di band per me sconosciute come Rush, Queen e Judas Priest. E’ nata la curiosità, poco dopo sono tornati di Deep Purple con ‘Perfect Strangers’ e se ne è parlato molto in giro… Quello è stato il mio primo disco, da lì in un modo o nell’altro non ho più smesso…

In quale occasione e perché hai iniziato a scrivere.

Praticamente subito. Ho iniziato subito a divorare giornali e fanzine ed a cercare informazioni che arrivassero “da sotto”, dall’underground. Sono entrato in contatto con un ragazzo di Chioggia, che faceva una fanzine chiamata Metal Underground. Una cosa molto semplice, ma fatta col cuore, e lì ho scritto le mie prime cose metalliche. Pura passione, ma un ricordo molto piacevole. Lui si chiamava Luigi Bozzato, approfitto di quest’occasione per salutarlo, se è in qualche modo rimasto nel mondo del metal. Perché ho cominciato? Perché fin da piccolo ho avuto la passione di scrivere. Ricordo che alle elementari creavo il mio quotidiano, scritto e impaginato da me, in una copia sola ovviamente e fatta a mano, e obbligavo i miei a comprarlo. I segni della follia sono precoci, ehehe…

Ti mancano, oggi, le fanzine?

Molto. Tanto che io ne compro ancora. In Italia c’è poco, o almeno io purtroppo non ne conosco più, ed è il motivo per cui ho fatto il Play It Loud Magazine di cui magari parliamo più tardi. Ma in altri paesi ce ne sono, soprattutto in Germania. Io ne compro regolarmente (regolarmente per una fanzine, magari un numero all’anno) diverse. Le fanzine di allora, come quelle di oggi, avevano uno spirito che i magazine non hanno e non hanno mai avuto. Scoprire nuove band, approfondire certi temi e certe scene, soprattutto navigare nel fantastico mondo dell’underground che è quello che tiene vivo il metal. Ed allora c’era il brivido del nuovo, c’era un genere che continuava ad evolversi. Ora la scena è molto più standardizzata, anche se le nuove band non mancano. Io ho sempre avuto la fissa dell’underground, e sempre l’avrò. Non ha senso leggere sempre degli stessi gruppi, almeno secondo me. Io cerco qualcosa di nuovo, info su band che da altre parti non ci sono. Ma sono andato fuori tema, mi sa… Tornando alle fanzine, in Italia abbiamo avuto uno splendido esempio con Metal Caos, secondo me una delle fanzine più belle di tutti i tempi, ma ce ne sono state altre davvero molto valide.

Quali sono stati i giornalisti tuoi mentori?

Ah, domandona da un miliardo di dollari. Dipende da come si intende la domanda. Se parliamo di influenza sul mio percorso musicale, il primo è stato sicuramente Marco Garavelli, che ai tempi faceva un programma metal ‘Linea Rock’ su Radio Peter Flowers. Tutte le sere un’ora di heavy metal, un appuntamento imperdibile per tutti i metallarini di Milano e dintorni. Si ascoltava, si registrava, ci si scambiavano cassette e impressioni. Quella era la Bibbia del metallo per noi. A livello di carta stampata potrei dirti senza essere troppo originale Beppe Riva e Gianni Della Cioppa, che sono stati i primi a scrivere di un certo tipo di musica in modo professionale, proprio nell’ottica di scoprire band e sonorità all’epoca nuove. Poi tanti altri, in Italia e all’estero… Con Klaus Byron di Flash ho avuto per anni un ottimo rapporto…

Dal 1993 al 1997 scrivi su Flash. Come è iniziata la tua avventura in quel giornale? Quali sono i ricordi che ti porti dietro da quell’esperienza?

E’ nata per caso. Leggevo Flash e lo trovavo molto interessante. A un certo punto ho iniziato a mandare delle recensioni (ai tempi significava scrivere a macchina, infilare in una busta e spedire col francobollo… pare preistoria!) e man mano ho visto che venivano pubblicate. Grande emozione, soprattutto all’inizio. Nel 1994 è successa poi una cosa extra-musicale che ha avuto una grande influenza sulla mia attività in questo mondo. Mi sono trasferito in Germania dove sono rimasto un paio d’anni, e questo ha sicuramente stretto il mio rapporto con la carta stampata. Sono diventato una sorta di corrispondente dall’estero, tra interviste e live report di band che non per forza passavano dall’Italia. Diciamo che proponevo cose un po’ originali, e questo faceva sì che Klaus mi desse man mano più spazio. Legati a Flash ho ottimi ricordi anche se il modo di lavorare era molto artigianale, più per i tempi che stavamo vivendo che per altro. Alla fine mi ero attrezzato e mandavo i pezzi via fax (!), ma di là c’era sempre Klaus che ribatteva tutto (!!) per metterlo sul giornale… La Germania è importante perché erà un altro mondo – a livello di opportunità e ambiente – mi ha permesso di stringere una serie di contatti personali e musicali che coltivo tuttora…

Metal Hammer ti coinvolge dal ’97 al 2005. Spiega i motivi del tuo passaggio da Flash al Martello Metallico.

Molto semplice… Il tempo passa ed anche le cose migliori cambiano. Il rapporto con Klaus era arrivato a una fase un po’ di stanca… Ad un festival in Germania ho conosciuto Stefano Pera che ai tempi era caporedattore di Metal Hammer, che mi ha proposto di andare a scrivere da loro. Le condizioni erano molto più professionali, ed accettai. Senza entrare troppo nel dettaglio, ai tempi Metal Hammer aveva un’organizzazione abbastanza ben strutturata, dove erano ben chiari i ruoli ed i compiti delle persone. La cosa divertente è che io Metal Hammer non l’avevo mai letto, ricordo che Stefano mi diede un numero proprio quando ci incontrammo. Confermo quello che ti ho detto prima, di Klaus e Flash serbo ottimi ricordi, perché mi hanno dato la possibilità di scrivere a livello quasi professionale e perché ai tempi il magazine aveva lo spirito per me giusto, quello della scoperta di nuove band e nuovi approcci… E’ stata una grande esperienza insomma, e non mi stanco di ripeterlo…

Nella foto: la rivista Metal Hammer

Quattro anni fa lasci Metal Hammer ed inizi con Alex Ventriglia quel nuovo avvenimento sotto forma di rivista che è Metal Maniac, che dura fino a oggi. Presupposti, speranze, aneddoti: vai Sandro…

Uh, questa è una storia lunga e delicata. Il passaggio è stato abbastanza traumatico, nel senso che si sono verificati alcuni problemi tra redattori ed editore che hanno reso impossibile una collaborazione ulteriore. Alex Ventriglia e Tiziano Vignali, rispettivamente caporedattore e grafico di Metal Hammer, hanno fondato una nuova casa editrice ed un nuovo giornale ed io sono stato lieto di far parte di questa nuova avventura. Non è facile, non lo è mai stato. Ed andare avanti diventa sempre più diffucile tra un mercato che si riduce man mano e una concorrenza più aggressiva di quello che sembri, ma ci siamo e continuiamo a dire la nostra. La sperenza è quella di farlo ancora per molto… Le difficoltà sono quelle di una struttura piccolissima e distribuita. Siamo pochi redattori sparsi per tutta l’Italia o quasi, e non è facile mettere questa struttura in grado di realizzare un giornale regolarmente tutti i mesi. Ma finora ce l’abbiamo fatta e conto che si possa andare avanti ancora per molto…

In mezzo vanti collaborazioni sporadiche per varie fanzine e magazine di lingua inglese e tedesca: Dying Illusion, Trobadix, From The Underground.

Beh, diciamo che la mia permanenza in Germania mi ha permesso, come ti dicevo, di stringere tanti contatti utili, oltre che di imparare bene il tedesco. Allora per Flash ero una specie di corrispondente dall’estero, ma per vari fanzinari tedeschi che ho conosciuto ero il ponte verso una scena italiana che stava iniziando a farsi conoscere. Parliamo di metà anni Novanta, stava esplodendo la scena prog metal con band come Asgard e Black Jester, che incidevano per un’etichetta tedesca ed in Germania piacevano molto. Così si apriva qualche opportunità in più. Ricordo che per Dying Illusion, fanzine opera di un ragazzo tedesco – Boris Kaiser – che ora è redattore di Rock Hard, scrissi un intero speciale sul prog metal italiano di quell’epoca. Ho fatto anche altre cose nel corso degli anni, specie negli ultimi anni per una fanzine che si chiama From The Underground – e già il nome dovrebbe dire qualcosa! La cosa bella in generale è che c’è – soprattutto all’estero, purtroppo – una forte collaborazione. Ci si scambiano contatti, foto, informazioni, a volte anche interviste quando si trova qualcosa di particolarmente interessante…

Nel corso della tua carriera hai contribuito in vario modo a dischi di Blind Guardian,
Thunderstorm, Adramelch, Skanners etc. Ricordi e aneddoti.

Sì, sono cose molto diverse tra loro… Per i Blind Guardian ho avuto modo di scrivere il testo italiano di ‘Harvest Of Sorrow’, uscito come bonus track sul loro ‘A Night At The Opera’. Ho tradotto il testo originale, cercando di renderlo sensato e musicale anche nella nostra lingua. E’ diventato ‘Friutto del Buio’ e so che a molti non è piaciuto. Io credo sia venuta fuori una cosa comunque dignitosa ed ascoltabile. Non è facile far cantare in italiano un madrelingua tedesco: ricordo le telefonate con Hansi per spiegargli la pronuncia delle singole parole… Bella esperienza ovviamente, anche se scrivere in italiano non è esattamente semplice… Per i Thunderstorm del mio amico Fabio ‘Thunder’ ho scritto un testo – in inglese – per ‘Faithless Soul’. Non c’è scritto da nessuna parte sul disco ma il testo dell’intro è mio… Per Skanners e Adramelch invece ho fatto il giornalista, scrivendo la presentazione di vari loro dischi. Per gli Skanners le ristampe dei primi due dischi ripubblicati da My Graveyard, per gli Adramelch la ristampa del demo, in uscita per Undergroud Symphony. Il ricordo positivo legato a queste piccole – perché sono piccole – collaborazioni è quello dell’amicizia. Si tratta di band a cui sono legato a un ottimo rapporto, e fare un favore a un amico è come farlo a se stessi in fondo. Se poi quello che ho fatto è stato apprezzato, tanto meglio…

Fra le tue esperienze vi è anche un programma in radio, dal 1990 al 1993, presso Italia Radio. Spiega i motivi del tuo approdo all’etere, poi ricordi vari e come mai è finita.

Sai che non mi ricordo tanto bene come è nata? Probabilmente il contatto è arrivato dal ragazzo che faceva il programma con me, che conosceva gente nel giro del partito. Italia Radio ai tempi era la radio del PDS, poi dei DS, ma aveva un bellissimo palinsesto musicale dedicato a musica non per forza commerciale. C’era il rock degli anni Settanta, c’era il prog, c’erano il blues e la classica, e per quattro anni c’è stato anche l’heavy metal. C’è stato un periodo in cui trasmettevamo su tutto il territorio nazionale! E’ stata una bella esperienza, che francamente mi manca e mi piacerebbe ripetere, tempo permettendo. La radio è molto più immediata rispetto alla carta, parli di una band e la fai ascoltare… L’esperienza è finita quando mi sono trasferito in Germania, ed ovviamente non potevo continuare…

Quali sono secondo te i venti – dieci sono troppo pochi – dischi imprescindibili della nostra musica preferita.

Ah! Non è per nulla facile rispondere, proviamo con un po’ di nomi sparsi e vediamo come va a finire, mescolando nomi – e dischi – noti e meno noti… Cerco di limitarmi all’heavy metal, ovvero dagli anni Ottanta in avanti, ma dopo faccio alcune considerazioni aggiuntive… Ah, i dischi NON sono in ordine di importanza, ok?

Iron Maiden – Killers
Iron Maiden – The Number Of The Beast
Candlemass –Nightfall
Candlemass – Epicus Doomicus Metallicus
Metallica – Ride The Lightning
Helloween – Walls Of Jericho
Fates Warning – Awaken The Guardian
Fates Warning – The Spectre Within
Armored Saint – March Of The Saint
Exxplorer – Symphonies Of Steel
Rage– The Missing Link
Slayer – Reign In Blood
Blind Guardian – Imaginations From The Other Side
Jag Panzer – Ample Destruction
Saviour Machine – Saviour Machine
Adramelch – Irae Melanox
Steel Prophet – Dark Hallucinations
Virgin Steele – Noble Savage
Heathen – Breaking The Silence
Mago De Oz – Gaia
Mi sa che sono 21, può andare lo stesso?…

Nella foto: Sandro Buti e Gerre dei Tankard

A questi però devo aggiungere alcune band storiche con qualche considerazione, perdonami…

Black Sabbath – quasi tutto, almeno fino a ‘Tyr’. I Black Sabbath SONO gli inventori dell’heavy metal, hanno cambiato pelle diverse volte, ogni volta che hanno cambiato cantante, ma i vecchi dischi con Ozzy, i vecchi con Dio, ed i tre con Tony Martin sono la Bibbia del metal;

Thin Lizzy – praticamente tutto. Da noi sono straordinariamente sottovalutati, ma sono stati una delle più grandi hard rock band di tutti i tempi, a livello di Deep Purple e Led Zeppelin. Phil Lynott era il prototipo della rockstar di allora e dai Thin Lizzy gli Iron Maiden hanno preso molto, soprattutto a livello di chitarre;

Rush – anche qui, praticamente tutto. Non credo che ci sia una band che ha tenuto nel corso degli anni la qualità che hanno avuto loro. Calcolatori quanto vuoi, ma musicisti incredibili e soprattutto capaci di “scrivere” canzoni. Sono metal? Non credo, ma non puoi non considerarli…

Triumph – quasi tutto. Avevano un gusto per le melodie che nessuno ha mai avuto, oltre a un modo divino di intregrare due voci melodiche e relativamente simili.

Di queste quattro band tutti quelli che si definiscono metallari dovrebbero conoscere almeno sommariamente la discografia…

Musica underground: pensieri e parole…

E’ la base di tutto. Se non ci fosse l’underground non ci sarebbe l’heavy metal. Tutti sono partiti dall’underground, almeno ai tempi, e credo che la gente se ne dovrebbe ricordare. Senza contare che è da lì che escono idee e stimoli nuovi. Non puoi pretendere che chi ha successo e vive di musica continui a proporre cose nuove. C’è chi riesce e farlo ma è un’eccezione, il grosso delle idee arriva da chi ha fame e vuole mettersi in mostra. Sono stato da sempre molto legato a questa scena, credo che il riconoscimento più grande per un giornalista – o simile – sia quello di portare al suo pubblico qualcosa di nuovo e di dare visibilità a band che altriumenti resterebbero nell’anonimato. Anche come lettore, a me non interessa nulla di leggere sempre delle stesse band: quando prendo un giornale o vado su internet, cerco formazioni che non conosco ancora e che credo mi possano dare qualcosa. Non succede spesso, ma succede…

So che sei un collezionista di demo in cassetta. Quali sono quelli che custodisci più gelosamente?

Ne ho una marea. Quattrocento o cinquecento, non so nemmeno quanti… E a un certo punto ho smesso di cercarli perché non sapevo più dove metterli… I titoli più interessanti? A livelo collezionistico probabilmente i due degli Hellhammer pre-Celtic Frost, i Coroner o i Legacy pre-Testament… A livello personale senza dubbio i demo di Adramelch e DoomSword, per restare in casa nostra, oltre ai torinesi NIB, che non hanno purtroppo mai fatto nulla ma erano una band eccezionale. Tra le band estere ho anche demo – su cassetta! – di Jag Panzer e Grave Digger, roba anni Novanta, quando band del genere erano senza contratto. Tra le band meno note, potrei ricordarti band ameericane come False Witness, Opposite Earth, Syris e Mystic Force. Mi piacciono in generale i demo, hanno un che di sincero ed antico al tempo stesso…

A che numero totale di titoli sei arrivato? Specifica differenziando fra Lp, Mc e Cd e con l’occasione scrivi cosa pensi del download e del fatto che tu continui a comprare tanto.

Non mi ci far pensare… Ai demo devi aggiungere altri cinque o seicento vinili e probabilmente cinquemila Cd abbondanti. Tanta roba, vero? Infatti non so più dove metterli… Se vieni qui a casa mia trovi Cd letteralmente dappertutto, in ogni stanza ed in ogni angolo. Mia moglie è una santa, non mi stancherò mai di ripeterlo al mondo… Il download? Mmm, quello illegale è la morte della musica, quando la gente scaricherà solo e non comprerà più, non ci saranno più etichette e si tornerà all’autoproduzione totale, i gruppi metteranno direttamente i loro brani online e stop. Ovviamente, non ci saranno più soldi per nessuno, e non credo che sarà una bella situazione in generale. Ma si può anche rendere legale il download, e ci sono mille modi per farlo, anche risparmiando qualcosa rispetto al Cd fisico. Personalmente io preferisco avere il Cd con la copertina, sono molto legato al fatto di avere qualcosa “di bello” tra le mani. Ed è il motivo perché continuo a comprare, anche se molte cose mi arrivano dalle etichette e dalle band come promozione. Ma io continuo a comprare, e internet in questo caso è un canale formidabile perché ci sono web shop soprattutto all’estero che hanno offerte molto valide, sia per la varietà che per i prezzi. Ah, una precisazione: ho tanti dischi nel vari formati ma non mi considero un collezionista, non ho la necessità di avere tutto di un gruppo o di un altro, cerco di avere solo quello che mi piace o che penso che mi possa piacere. Ogni mio disco – o Cd o cassetta – per me significa qualcosa, e non mi faccio problemi a regalare, scambiare o vendere quello che invece non mi piace, anche se di quel gruppo ho già altre cose…

Come e quanto è cambiato il mondo dell’HM dagli anni Ottanta a oggi?

Miii, qui potremmo parlare mesi e mesi…che ti dico? Negli anni Ottanta c’era la curiosità, c’era la voglia di scoprire cose nuove e di guardare avanti. C’era una scena amatoriale ma sincera, che si muoveva sulla spinta della passione, delle band e delle etichette. Pian piano questo è cambiato, il metal è diventato un mercato come gli altri o quasi. Ora secondo me siamo in una situazione un po’ ibrida, per le grandi band ed etichette si parla di mercato, di domanda ed offerta e di consumo; nelle piccole sta tornando fuori lo spirito di allora, la ricerca del nuovo o comunque del personale, il desiderio di andare un po’ fuori dagli schemi. Il problema è che il pubblico, la massa del pubblico intendo, segue in blocco il primo approccio, e allora tutti in fila a vedere Maiden e Metallica alla loro ennesima data italiana, mentre i concerti underground rimangono semideserti. Secondo me non è una bella situazione perché, se c’è qualcuno che ha bisogno dei fan è la band underground non sicuramente chi ha un successo planetario, per quanto meritato possa essere.

Fino a ora le posizioni di headliner nei vari festival, soprattutto qui da noi, sono occupate da colossi che a livello anagrafico non attendono più gli ‘anta da un po’ (Iron Maiden, Judas Priest, Aerosmith, Whitesnake, Ac/Dc, Heaven And Hell, Kiss, Manowar etc). In pratica non vi è stato il passaggio di testimone fra i gruppi degli Eighties e quelli delle due decadi successive. Come ti spieghi questa situazione e come ti immagini le stesse Kermesse fra dieci anni?

Sono d’accordo fino a un certo punto. Quello che tu dici vale soprattutto per l’Italia, dove storicamente la voglia di sperimentare e prendersi dei rischi è abbastanza bassa, anche perché alla gran parte del pubblico il fatto di vedere come headliner un gruppo relativamente nuovo – purtroppo! – non frega nulla. Al Bang Your Head hanno già suonato gli Edguy come headliner, quest’anno ci sono i Blind Guardian. Ma in generale è diverso l’approccio, qui da noi si vanno a vedere determinato gruppi che suonano a un festival, all’estero si va a vedere il festival punto. Poi, se ci sono questi o quei gruppi, tanto meglio. Bang Your Head e Wacken iniziando a vendere i biglietti con bill ancora con definitivi e la gente si prenota da un anno all’altro indipendentemente da chi suona. Questo è lo spirito del festival secondo me: da noi un festival è spesso una sequenza di concerti, in Germania – ma anche in Svezia ed in tanti altri posti – è soprattutto un weekend da passare con gli amici all’insegna dello stare insieme e della buona musica. Questo comporta anche un’organzzazione differente: spazi molto più grandi a disposizione della gente, aree camping adeguate e vicine, molti più punti di interesse dentro e fuori l’arena (stand, merchandising, cibo e bevande…), ed il famoso braccialetto per entrare e uscire quanto si vuole. Al Bang Your Head – li ho fatti praticamente tutti – c’è gente che si vede due gruppi in due giorni, ma viene lo stesso per l’atmosfera, che è quella di una grande festa da vivere insieme. Non sto dicendo che sia colpa degli organizzatori, ma qui siamo ben lontani da qualcosa del genere… Sono andato fuori tema di nuovo? Scusami, ma quando parto… Come vedo questi festival tra dieci anni? In Italia come ora, con un’alternanza dei soliti quattro/cinque nomi fino a quando reggeranno. All’estero ci sarà un certo ricambio, come già accade soprattutto per le posizioni intermedie, con band che variano completamente da un anno all’altro e da un festival all’altro. Poi c’è il discorso della tolleranza verso chi fa una musica diversa da quella che ci piace, ma questo è un altro discorso infinito su cui purtroppo abbiamo tanto da imparare…

Sei noto, all’interno del mondo HM, oltre al resto, per la tua conoscenza approfondita della lingua tedesca. Per un paio d’anni hai vissuto in Germania, vero? Vai avanti tu, Sandro.

Sì, come ti dicevo è stato un periodo che mi ha lasciato molto. A livello personale innanzitutto, perché il fatto di vivere all’estero ti fa capire molte cose, ti fa ragionare in un modo diverso, ti fa confrontare con esperienze differenti. A livello musicale mi ha permesso di vedere tanti concerti interessanti, di intensificare la mia attività di scrittura e di conoscere molte persone dell’ambiene, più o meno note, con cui sono in contatto ancora oggi… Ti faccio due esempi di concerti, di cui sono particolarmente orgoglioso, anche se esulano un po’ dal metal più classico. Ho visto la prima data europea dei Saviour Machine, che non scorderò mai per l’atmosfera realmente unica, e l’ultimo tour – credo in assoluto – degli Eloy, band definita per anni, non a torto, i “Pink Floyd tedeschi”. Ma l’atmosfera generale era diversa, ad Hannover dove vivevo potevi incontrare gli Scorpions al bar senza che nessuno li rincorresse per un autografo. C’è molto più rispetto per la persona là…

Quali sono le differenze principali fra le riviste italiane e quelle teutoniche?

Difficile generalizzare, ci sono molte differenze tra le riviste in sé, sia in Italia che in Germania, e nel resto del mondo allo stesso modo. Ho apprezzato molto l’apertura mentale della stampa tedesca, fin dagli ani Ottanta. mentre gli inglesi stroncavano regolarmente tutto quello che non era inglese o americano, i tedeschi sono smpre stati più aperti e attenti alla qualità, indipendentente dalla provenienza. Per questo sono stato e rimango più legato alla stampa made in Germany. Ancora oggi, sui giornali tedeschi di solito c’è più roba, ci sono più interviste e più recensioni, e trovi più cose che non conosci. C’è più spazio anche per la scena underground, per band che non per forza sono quelle più note o quelle più spinte dalle case discografiche. E c’è più attenzione al passato, ci sono regolarmente retrospettive su band e dischi di anni Settanta e Ottanta. C’è un atteggiamento, se mi passi il termine, più educativo, teso a spiegate da dove arriviamo e dove andiamo… Certo, i giornali tedeschi hanno budget e strutture rifferenti rispetto alle nostre. Ai tempi d’oro, Rock Hard e Metal Hammer in Germania hanno superato le 100.000 copie di tiratura ognuna, ed avevano redazioni di dieci, quindici persone. Altro livello organizzativo, ma lì c’è un mercato differente davvero…

Stessa domanda riguardante il pubblico e l’atteggiamento mentale.

E’ quello che ti stavo dicendo. Il mercato è molto più ampio e c’è tendenzialmente spazio per tutti. Ami il metal classico? Trovi spazio sulle riviste, spazio nei festival e fanzine dedicate a questo genere. Preferisici il thrash? Uguale. E stessa cosa per l’hard rock, il black metal e per tutti i sottogeneri del metal…E quando i pubblici si mescolano, come succede per i grossi festival, c’è più tolleranza. Non ti piace un gruppo? Te ne vai a berti le tue birre e torni per quello dopo. Non stai in prima fila insultandolo o – peggio – tirando roba sul palco… Questa è una cosa che purtroppo succede solo da noi e su cui avremmo molto da imparare, non solo dai tedeschi ma da quasi tutti…

Un tuo pensiero – singolo – su: GEOFF BARTON, DANTE BONUTTO, MALCOLM DOME

Non voglio deluderti, Steven, ma non ho mai avuto tanto la passione per il giornalismo inglese, per me fin dall’inizio un po’ troppo scandalistico e superficiale. Hanno avuto la fortuna di avere la scena più interessante del mondo che si svolgeva sotto i loro occhi e l’hanno raccontata, tutto qui. I nomi che citi sono pezzi di storia del giornalismo metal, indubbiamente, ma per me – personalmente – non rappresentano poi così tanto, a parte forse Malcolm Dome, che è ancora in giro con Classic Rock. Da subito io ho iniziato – sempre nella mia ricerca spasmodica di underground – a leggere Metal Forces, che era molto più vicino al mio ideale di heavy metal, e lì ci sono persone che mi hanno plasmato e influenzato in modo sicuramente superiore. Nomi come Dave Reynolds, Bernard Doe e Borivoj Krgin, con questi sono nato, se parli di giornalismo anglosassone… Di Reynolds ricordo che ai tempi del ‘Black Album’ dei Metallica si chiedeva se lui era l’unico a cui quel disco non piacesse. E io, giovane e inesperto davanti alla pagina stampata, avrei pagato per dirgli che c’ero anch’io a pensarla come lui… Se poi ripassiamo per l’Europa, anche qui ho io qualche nome con cui rilanciare, se mi consenti l’iniziativa… Gotz Kuhnemund, da sempre caporedattore di Rock Hard tedesco, uno dei personaggi più influenti – e pittoreschi – del metal europeo, oltre che metallaro fino al midollo, anche oggi, trent’anni dopo; Andreas Schoewe, per anni baluardo del metal classico in Metal Hammer, anche quando questo giornale andava verso altri lidi tra cambi di nome e copertine opinabili (ci hanno messo anche i No Doubt!); ed infine Stefan Glas, quello che per me è “il” modello di giornalista metal. Uno che ha fatto per anni una sua fanzine – Underground Empire – completamente dedicata alla scena underground, che è arrivata a vendere anche tremila copie, e che ancora oggi è attivo, come giornalista e fotografo. Una persona che ha fatto davvero tanto per la scena metal, più di molti altri più ricchi e famosi… In generale ho sempre apprezzato di più i giornalisti tedeschi rispetto a quelli inglesi anche perché molto più aperti alla musica che arrivava da altri paesi, Italia compresa…

BEPPE RIVA
Per me è stato lui a inventare il giornalismo metal. Prima c’era gente che scriveva e basta, lui aveva una classe che gli altri semplicemente non avevano. Parlo di stile, ma anche di ampiezza della conoscenza e di volontà di scoprire cose nuove – e ci risiamo. Ho avuto modo di conoscerlo di persona quando ho fatto la mia tesi di laurea – sui testi nel mondo dell’heavy metal, ovviamente! – e si è rivelato persona di grande disponibilità.

GIANCARLO TROMBETTI
Non lo conosco direttamente, ma è un altro personaggio che ha fatto la storia del metal in Italia. Massimo rispetto per lui e quelli come lui.

PIERGIORGIO BRUNELLI
Ha ricominciato da poco a scrivere attivamente e lo fa sulle nostre pagine, cosa che per noi è una fonte indubbia di orgoglio. Persona competente, dai mille contatti e dalle mille conoscenze…

GIANNI DELLA CIOPPA
Anche lui ho avuto modo di conoscerlo di persona, prima per la mia tesi poi perché ci siamo frequentanti un po’. Persona dalla grande apertura mentale, che sa cogliere lo spiruto della musica, indipendentemente da quanto “heavy” questa sia. Più ancora degli altri, posso definirlo uno dei miei modelli. Spero che non si offenda… ah,ah,ah!

Nella foto: Sandro Buti

Hai mai pubblicato un’intervista inventata?

Inventata completamente no. E’ capitato però in passato, devo dire prima che partisse l’avventura Metal Maniac, di cercare informazioni sparse, in rete o su altre riviste, a creare una sorta di intervista con l’artista di turno, magari perché questo non era disponibile in tempi brevi. E’ successo poche volte per fortuna, l’ho fatto malvolentieri, ma mi è stato chiesto ed ho cercato di essere il più fedele possibile alle idee ed impressioni del misicista. Quello che succede ora, quando le interviste si fanno spesso via mail, è di trovarsi di fronte a risposte brevissime, a volte inutilizzabili per un’intervista vera e propria. Allora, di solito si cerca una soluzione insieme al promoter che va dalle domande aggiuntive via mail alla rielaborazione di info già disponibili in rete. Motivo per cui odio le interviste via mail, personalmente…

Hai avuto la possibilità di conoscere centinaia di artisti. Quali sono quelli che ti hanno deluso e quali quelli che invece ti hanno sorpreso positivamente?

Ah, altra domanda su cui si potrebbe parlare per anni… Ci sono tanti personaggi interessanti in questa scena, e non sempre l’impressione che se ne riceve direttamente è quella che ci si aspetta. Dave Mustaine ad esempio ha una pessima fama, ma una volta siamo stati assieme mezza giornata a Colonia ed è stato gentile, disponibile ed estremamente simpatico. Andy Parker degli UFO che ho intervistato da poco è una persona straordinariamente alla mano, con cui è stato possibile parlare di tutto. Il mio personale incubo, in positivo, è Jorn Lande. Ricordo una volta in cui mi ha tenuto al telefono un’ora e mezzo, parlando del più e del meno. L’ultima volta ce la siamo cavata in “soli” cinquanta minuti! La gran parte delle persone che ho incontrato si è rivelata molto disponibile, e potrei citarti gente come Gerre dei Tankard, Messiah Marcolin, Hansi Kursch, Kai Hansen e Dan Zimmerman dei Gamma Ray,Tobias Sammet… Tutte persone molto disponibili ed aperte, oltre che davvero simpatiche… Ci sono ovviamente anche dei “musoni” nella scena, o gente che fa fatica ad aprirsi. Due con cui è difficile risucire ad avere un dialogo che vada oltre “disco nuovo eccetera” sono Jon Schaffer e Michael Weikath, ma questo – ci tengo a sottolinearlo – vale per la mia esperienza personale. Magari non sono stato capace io di trovare la chiave giusta per entrare in sintonia con loro…

Cosa ti si scatena se ti cito, nell’ordine:

CLOVEN HOOF
Gruppo storico della NWOBHM. Hanno fama di culto, del tutto meritata, mi fa piacere che siano ancora in giro e che anzi si stano facendo vedere anche più spesso on stage. Russ North è un personaggio, sembra un attore da telenovelas brasiliane, ma ha voce e carisma da vendere…

SACRED STEEL
Band sottovalutata e straordinariamente coerente. La dimostrazione che lo US Metal può anche arrivare dalla Germania. Voce che può piacere o meno, ma chi li definisce come metal teutonico o cose del genere non ha davvero capito nulla, visto che i loro suoni sono assolutamente americani…

EXCITER
Storia, con la S maiuscola. Mi piace – quasi – tutto quello che hanno fatto. Non mi ha convinto l’ultimo disco, ma on stage sono una macchina da guerra, anche se mi manca un po’ Jacques Belanger, cantante eccezionale e carismatico. La scorsa estate ho visto i Beehler, con Dan Beehler e Allan Johnson: è stata un’emozione fortissima, erano quasi più Exciter degli Exciter. Mi piacerebbe vedere una reunion a tre, ma non credo succederà mai…

ANVIL
Il gruppo più sfigato della storia del metal! Esagero, ma non troppo. Lips è fantastico, una persona di una simpatia e semplicità uniche. Lontani anni luce dal successo, ora e sempre, ma un modello di coerenza e passione per tutti.

THOR
Assieme a Lizzy Borden il prototipo dell’heavy metal più di immagine degli anni Ottanta, quello pacchiano in senso positivo. Puro show, canzoni che erano ok e nulla più, una voce nella media, ma una presenza scenica davvero unica. Sono curioso di vederlo dal vivo al prossimo Keep It True!

Hai vissuto la NWOBHM, poi la nascita dello Speed, del Thrash, del Glam etc. ma se non erro i tuoi gusti sono rimasti fedeli alle true metal band classiche (Saxon, Virgin Steele, Running Wild e così via). Fra le nuove leve individui qualche band che possa portare avanti il testimone dei grandi gruppi sopraccitati?

Diciamo che la NWOBHM l’ho vissuta un po’ di riflesso perché sono arrivato che si stava già trasformando in qualcos’altro. Ho fatto in tempo ad apprezzarne molte band, ma quando ho iniziato ad immergermi in questa scena, il cuore pulsante del metal era già passato da un lato in Germania e dall’altro negli States. Che sono senza dubbio le due scene a cui io personalmente sono più legato. Ho un particolare legame verso chi è stato coerente nel corso degli anni, perché credo che anche lo spirito sia fondamentale e si debba innanzitutto essere sinceri e coerenti verso se stessi. Mi spiego, e so di rendeerti felice: i Saxon secondo me sono un modello di coerenza per tutti. Sono sempre andati avanti per la loro strada, con dischi più belli e meno belli, e vendite più o meno soddisfacenti, ma ci sono sempre stati, non hanno mai provato a cambiare drasticamente. Infatti, il successo dei Maiden ora se lo sognano, ma io personalmente li vedo con uno spessore morale molto alto, per quanto il mio pensiero possa contare. Esempio opposto, Rob Halford e i Judas Priest: Halford mi ha detto in persona, nel periodo del suo progetto Two, che il metal era morto e che non aveva senso continuare a “vivere nel passato”. Ora, io posso anche apprezzare quello che fa dal punto di vista musicale, ma non potrò mai credere che dietro la sua musica ci sia una qualsiasi convinzione personale, o sbaglio? Sono andato fuori tema di nuovo, lo so… Band nuove che hanno lo spirito dei grandi del passato? Ce ne sono, più di quanto non si creda, e di solito sono le meno pubblicizzate… Alcuni nomi sparsi, Sacred Steel, Metal Inquisitor, Slough Feg, Lions Share, Astral Doors…

Nella foto: Sandro Buti

Nwoihm. Qui vai a ruota libera, Sandro.

Hai tempo? Facciamo che cerco di essere sintetico anche se non sarà per nulla facile… Da subito ho iniziato ad ascoltare anche, se non soprattutto, le band italiane. Proprio perché cercavo il nuovo e l’underground. Ne ho viste tante dal vivo, negli anni Ottanta. Ho visto i Vanadium, ho visto la Strana con i fratelli Cappanera, ho visto i Sabotage, ho visto i Crying Steel con Luca Bonzagni e con tutti i cantanti che avevano avuto prima di sciogliersi… Non ho mai visto gli Steel Crown con Yako De Bonis, e questo è uno dei miei grandi rimpianti musicali… Ho sempre seguito la nostra scena cercando di supportarla nel miglior modo possibile, sfruttando anche i miei contatti con l’estero per aiutare – nel mio piccolo – band ed etichette. Credo di aver fatto qualcosa di buono ogni tanto, anche se alla fine non siamo andati così avanti come mercato e possibilità commerciali. A livello artistico la nostra scena sta vivendo un momento d’oro secondo me, ci sono band davvero valide in tutti gli amibiti metal, dal classico al prog, fino al thrash ed al death, il problema è farsi apprezzare, dal pubblico italiano innanzitutto (che è forse il più esterofilo del mondo!) e da quello internazionale poi. Ora abbiamo alcune band davvero uniche, come DoomSword e Thunderstorm, ma ce ne sono talmente tante ancora… Ci sono tante cose ancora da imparare però: le band devono guardare sempre più fuori, perché il pubblico internazionale è pronto ad accettare band italiane, ora più che mai; il pubblico italiano deve imparare a supportare le sue band, andando ai concerti innanzitutto e comprando i loro dischi. Meglio spendere 10 euro per il Cd di una band italiana, magari al loro concerto, che 25 euro per l’edizione limitata di una ristampa giapponese dei Maiden, no? Infine, noi giornalisti dobbiamo imparare a essere più oggettivi: le band non sono valide perché sono italiane, e dobbiamo scriverlo; ce ne sono di buone e meno buone, come dappertutto, ma quelle valide devono avere il loro spazio, come quelle di tutti gli altri paesi – non di più e non di meno.

Secondo te l’HM ha già detto tutto quello che doveva e poteva dire? Insomma non c’è più niente da inventare in questo tipo di musica?

Dal punto di vista artistico? Dipende dai punti di riferimento che si prendono… Il modo metal è molto vasto, ci sono stati tantissimi incroci di suoni e tanti ce ne saranno ancora. Qui credo che siamo ben lontani dall’aver esaurito le possibilità di evoluzione del sound, anche se molte di queste escono decisamente dal mio personale raggio d’azione e di gradimento. Se invece parliamo di “heavy” metal, ovvero dei suoni più classici e tradizionali, è chiaro che gli spazi sono più ristretti, anche se la creatività umana non ha limiti. Non c’è forse più nulla da inventare, ma c’è ancora molto da scoprire. Mi spiego, o almeno ci provo: prendi gli Slough Feg, per me una delle band più personali e interessanti che ci siano in circolazioone. Inventano qualcosa? Probabilmente no, visto che mescolano heavy classico, epic metal e suoni hard rock. Però sono personali, ogni loro disco è diverso e bastano quattro note per riconoscerli e capire che sono loro e non un’altra band. In questo senso c’è e ci sarà sempre spazio per andare avanti.

Se avessi la bacchetta magica e a disposizione la macchina del tempo per quali band vorresti che il tempo si fosse fermato?

Anche qui, quanto tempo abbiamo? Ci sono tante band che hanno abbondantemente superato il loro momento migliore, ed in fondo credo sia una cosa fisiologica… Sono profondamente convinto che una band dia il meglio di sé solamente quando è affamata, di gloria e di successo. Sono abbastanza poche le band note che hanno continuato a mantenersi su livelli qualitativi elevati e continui lungo tutta la loro storia. Potrei dirti Saxon, Rush, Rage… Ce ne sono altre che hanno avuto passaggi a vuoto e poi si sono riprese, come Kreator e Destruction, o gli stessi Candlemass… Ma ce ne sono altre che secondo me oggi sono ben lontane dai loro momenti migliori, anche tra chi ha fatto dischi fondamentali per l’heavy metal. Parlo di Virgin Steele e di Running Wild, a parte il recente annuncio di Rolf che ha di fatto decretato la fine della band, ma anche di Iron Maiden e Metallica tra i grandi, o degli stessi Judas Priest. ‘Nostradamus’ è stato esaltato dappertutto, ma per me è un disco davvero noioso e povero di sostanza… Diciamo che se si fossero fermati rispettivamente – risalgo fino ai Virgin Steele – a ‘Noble Savage’, ‘Gates To Purgatory’, ‘The Number Of The Beast’, ‘Master Of Puppets’ e ‘Defenders Of The Faith’ ci saremmo risparmiati qualche incazzatura e qualche delusione. Ma fammi fare un inciso su questo tema… Io sono profondamente convinto che un musicista debba avere il diritto di seguire la sua strada senza costrizioni esterne, ma anche che giornalsiti e pubblico abbiano lo stesso diritto di criticarlo. Mi spiego: capisco perfettamente Kiske quando dice che non farà mai più metal perché questa musica non gli dà più niente. Preferisco uno come lui che lo dice apertamente a qualcun altro che magari lo fa perché vende ma in fondo non gliene frega nulla. Ma è giusto poter dire senza problemi che un determinato disco è buono oppure no, possibilmente senza preconcetti. Questo è un po’ un problema nostro come pubblico italiano (soprattutto ma non solo), ed esco ancora una volta dal tema. Se Kiske ha fatto i due ‘Keeper’ non è obbligato a fare sempre la stessa musica, e non possiamo misurarlo sempre e solo su quei due dischi. E’ una cosa molto limitativa. Kiske ora è un musisicta differente che fa musica differente e deve essere giudicato su quello che fa, non su quello che ha fatto venti anni fa. La sua musica non c’entra più nulla con gli Helloween, ok, ma è buona lo stesso oppure no? E’ questa la domanda a cui ognuno di noi deve rispondere, senza fermarsi su inutili confronti col passato. Scusa se divago, ma questo è un tema a cui tengo molto.

La tua band underground preferita che è poi sparita nel nulla (come tantissime), qual è stata?

Ce ne sono un miliardo… Partiamo dall’Italia stavolta. Ti ho già parlato dei NIB, che erano di Torino ed erano eccezionali. C’era un gruppo di Bergamo, i Touch Of Devil, autori di un demo straordinario, uno dei più belli che io abbia mai sentito in assoluto. Non hanno mai fatto un disco, purtroppo… All’estero, tante band da demo, dai Mercenary (usciti con i Legacy e spariti nel nulla) ai False Witness, fino ai Crusader tedeschi… Tra gente che è comunque arrivata al disco, fammi ricordare i Soul Cages ed il loro primo disco, uno splendido esempio di melodic metal progressivo. Tra quelle più note ce n’è una vagonata dagli States, Savage Grace ed Heathen, Exxplorer ed Heir Apparent, Holy Terror… Ma anche in Europa, Gravestone e Stormwitch erano band eccezionali, gli svedesi Gotham City… Anche qui, potrei andare avanti per ore…

Gruppi che invece ti hanno deluso…

Come sopra… Tra le band che mi hanno dato qualcosa di importante in positivo, sicuramente Virgin Steele e Running Wild non sono state in grado nella seconda parte della loro carriera di mantenere quello che avevano fatto prima. Parlare di Metallica è quasi ovvio, ma anche l’ultimo Judas Priest è piuttosto noioso. Che altro? Ti ho detto, mi viene difficile in questo ambito fare nomi anche perché come ti ho detto, secondo me il meglio di una band arriva sempre nei primi due o tre dischi, con poche, pochissime eccezioni. Tra le eccezioni, una sono i Saxon, un’altra sono i Candlemass, che riescono sempre a stupirmi in bene… Poi i Rage, che comunque continuano a fare cose interessanti anche cambiando continuamente qualcosa…

Ritengo tu sia il più profondo conoscitore italiano di HM cantato in spagnolo (Spagna e Sudamerica). Da dove nasce questo interesse?

Non c’è un motivo particolare. Ti ho spiegato, io sono sempre alla ricerca di band nuove e interessanti, almeno alle mie orecchie, e quando trovo un mondo nuovo cerco di esplorarlo fino in fondo. E’ successo così con il metal cantato in spagnolo, che proprio per questa sua caratteristica, è in fondo un modo a parte rispetto al classico mercato internazionale. Ma è un mondo significativo, visto che oltre alla Spagna copre anche il Sudamerica, dove l’interesse per il metal è molto forte. La gran parte delle band qui storicamente canta in lingua madre, perché una volta era forte l’impegno sociale – e quindi l’importanza dei testi – e perché oggettivamente la conoscenza dell’inglese è ancora abbastanza ridotta. Il tutto si traduce in un elemento di personalità, che rende le band di queste parti un po’ differenti rispetto a quelle più standardizzate del resto del mondo. Non meglio o peggio, sia chiaro, solo differenti, particolari. Tra queste ci sono band che hanno avuto un ruolo realmente importante sulla loro scena, come Baron Rojo, Medina Azahara o Angeles Del Infierno in Spagna, V8 e Horcas in Argentina, Luzbel e Transmetal in Messico, ma in genere si tratta di scene molto vive e vivaci, dove anche le band nuove non mancano…

Rimanendo in tema, cosa pensi di:

BARON ROJO
Hanno fatto la storia del metal spagnolo. Vederli dal vivo in Spagna è come vedere gli Iron Maiden. Li ho visti due volte, in entrambi i casi ho visto diecimila persone che cantavano ogni singola strofa delle loro canzoni. Davvero emozionante. Senza contare che alcune delle loro cose vecchie sono davvero al livello di Maiden e Saxon. Pensate che esistono dal 1981!

MURO
Grande gruppo del passato, guidato da un cantante ostinato come Silver, un vero monumento al metal spagnolo. Ora lui guida i Silver Fist, ma i Muro spesso appaiono nei vari festival estivi nel loro paese. Erano un gruppo grezzo, una sorta di Accept alla carta vetrata, con pochi fronzoli e tanta energia.

TIERRA SANTA
Hanno il merito di aver portato l’attenzione dell’Europa sul metal di casa loro, grazie a un paio di album molto validi, ma poi si sono un po’ fermati. Li ho visti dal vivo varie volte, sono molto precisi ma non sono mai riusciti a creare un vero legame col pubblico, nemmeno a casa loro…

Anche qui, posso aggiungere un paio di nomi io?

MAGO DE OZ
Secondo me una delle band più importanti della scena mondiale degli ultimi anni. Non hanno inventato nulla da zero, ma hanno creato un suono unico e davvero personale, grazie agli innesti di violino e flauto e ad un uso davvero spettacolare di melodie folk. In Spagna sono delle superstar, suonano negli stadi davanti a ventimila persone, ed i loro comcerti sono incredibili anche come spettacolo. L’anno scorso all’Idroscalo hanno fatto uno show un po’ sottotono rispetto al solito forse, ma sono stati comunque spettacolari – il tutto continuando a cantare e parlare in spagnolo!

MEDINA AZAHARA
Gruppo che a me sta molto a cuore, e che può essere considerato come popolarità la versione spagnola degli Scorpions. Anche loro hanno un suono molto particolare, chiamato “rock andaluso” (sono di Cordoba), che mescola hard rock, progressive e suoni arabeggianti. Esistono dalla fine degli anni Settanta e sicuramente hanno passato la loro fase migliore, ma meritano di essere ascoltati almeno una volta da tutti…

Nella foto: la rivista Metal Maniac

Hai presenziato un paio di volte al Leyendas del Rock. Ricordi, aneddoti e differenze rispetto alle Nostre kermesse.

Beh, immaginati una due giorni di gruppi al novanta per cento italiani con diecimila persone a sera. Non ce la fai vero? Eppure è così. Gli spagnoli supportano i loro gruppi con una dedizione che noi purtroppo ci sognamo. Dei Baron Rojo ti ho detto, ma band come Saratoga, Warcry, Avalanch, Lujuria e Silver Fist sono seguitissime e la gente le segue con passione ed attenzione. Paradossalmente, le band straniere che partecipano a questo festival devono faticare molto di più per farsi seguire in maniera adeguata – banalmente, perché fanno fatica a comunicare con il pubblico… Tieni presente che il Leyendas è un festival molto incentrato sul metal classico e sulla scena spagnola, e che sicuramente altre manifestaizoni avranno altre peculiarità, ma qui hai davvero l’impressione della grande famiglia che si riunisce per una festa. Ed ancora una volta c’è grande tolleranza: mai sentito un fischio, mai vista volare una bottiglia. Come organizzazione, possiamo definirla spartana, anche se non mancano i posti per bere e mangiare, con una varietà che comunque ci sogniamo. Prezzi molto bassi rispetto all’Italia, ma orari impegnativi. All’ultima edizione le band suonavano senza sosta – due palchi, quindi niente pause – da mezzogiorno alle cinque del mattino. Diciamo che ci vuole una certa resistenza!!

Primo concerto visto e concerti persi per vari motivi per i quali ti sei poi mangiato le mani…

Il primo concerto serio è stato Metallica e Metal Church nel gennaio 1987 a Milano. Abitavo fuori Milano e finchè non ho avuto la patente, o qualcuno poco più grande di me che mi portasse in giro, andare ai concerti è stato un problema… Prima avevo già visto diverse band italiane, in giro per vari locali e feste della birra… Concerti persi? Il terzo Keep It True, con gli Helstar headliner, che ho dovuto saltare perché malato. E prima ancora tante altre cosette che si facevano all’estero quando ancora non avevo le possibilità, i soldi o le informazioni che servivano. Mentre ero su in Germania sarei dovuto andare a vedere i Soul Cages ma non l’ho fatto, quello è un piccolo rimpianto… Mi ritengo fortunato perché ho avuto modo di vedere molte delle band che mi interessavano, lo scorso aprile con gli Exxplorer al Keep It True ho messo un’altra casellina importante nella mia personale want list. Ma sono orgoglioso di tante altre band che ho potuto vedere dal vivo: i Crimson Glory, i Vicious Rumors con Carl Albert, i Metal Church con Mike Howe, i Paradox con i fratelli Holzwarth, i Demon con le maschere, e più di recente Rik Emmett dei Triumph e come ti ho detto gli Exxplorer. Cosa mi manca ancora? I Savage Grace che vedrò al prossimo Keep It True, John Arch che probabilmente non vedrò mai… E poi, si vedrà…

Sei da sempre un assiduo frequentatore dei Festival tedeschi: Bang Your Head, Wacken, Keep It True, Headbangers Open Air. Continua tu, Sandro, specificando perché non andrai più al Wacken.

L’ho già accennato prima, il festival in Germania è una cosa un po’ diversa da come lo intendiamo noi. E’ una festa innanzitutto, oltre ad essere una sequenza di concerti. E’ l’occasione per passare del tempo insieme agli amici, in totale relax, ed è anche l’occasione per vedere band un po’ diverse da quelle che passano di solito da noi. Per questo vado così spesso in Germania, per questo vado volentieri a questi festival. Non mi interessa vedere per l’ennesima volta i Maiden o i Manowar. O meglio non ho bisogno di vederli a un festival, se proprio devo vederli, meglio farlo quando suonano da soli. Il bello di un festival sono proprio, per me sia chiaro, le band meno note che suonano nel pomeriggio. Al Bang Your Head di quest’anno ci sono Sacred Reich, Laaz Rockit, Warrior e Driver, che non sono band che passano esattamente spesso dalle nostre parti. Keep It True ed Headbangers Open Air – con le loro differenze – rispecchiano esattamente il mio concetto di heavy metal, come del resto il Play It Loud qui da noi. Al di là dei miei gusti personali, ad un festival io voglio vedere band che non conosco ancora o che non ho mai visto dal vivo, questo per me è un plus non indifferente. Il Bang Your Head è più grande, ma ha un’atmosfera davvero rilassata, con mille spazi per passare il tempo tra una band e l’altra e soprattutto la possibilità di entrare e uscire quanto si vuole. Wacken è stato un grande festival, cui ho partecipato tre volte, ma per me ha perso completamente la dimensione di evento piacevole e rilassato. Il primo motivo per andare a un festival è divertirsi, rilassarsi e stare bene. Credo che quando si hanno attorno cinquantamila persone, la cosa non sia più possibile. Molto meglio eventi più piccoli, con una dimensione più umana, dove magari le band sono tranquillamente disponibili per una chiacchierata prima o dopo il loro show, senza problemi di sorta.

In occasione delle ultime due edizioni del Festival Play It Loud ti sei preso la briga di pubblicare, in perdita secca, il magazine PLAY IT LOUD…

E’ stata una follia, ma sono contento di averla fatta. Da tempo volevo creare qualcosa di mio, che fosse lo specchio della mia personale visione dell’heavy metal. Metal Maniac, come le altre collaboraizoni che ho avuto, lo è, ma fino a un certo punto perché i compromessi sono inevitabili, anche solo per le differenze di gusti che ci sono all’interno della redazione. E doveva essere su carta, perché io sono legato a questo tipo di supporto – ah, l’età! Quindi mi sono deciso a questo passo, a creare un magazine completamente fatto (e finanziato) in casa. Ovviamente, di coprire le spese non se ne parla neanche, ma credo che sia venuto fuori qualcosa di interessante, ed i commenti che ho ricevuto sono stati abbastanza lusinghieri. Ora vediamo se riesco a rifarlo anche per il Play It Loud di settembre, perché anche il tempo è una risorsa davvero scarsa. Intanto, se permetti, mi faccio un po’ di pubblicità: chi fosse interessato ai primi due numeri del magazine può ordinarli direttamente da me scrivendo a sandro.buti@metalmaniac.it.

All’interno del tuo articolo sul numero di aprile di Metal Maniac relativo al report della terza edizione del Play It Loud Festival svoltosi ad Argelato hai scritto: “probabilmente è più facile lamentarsi del fatto che non ci siano concerti interessanti che alzarsi ed andarli a vedere, quando davvero ci sono. Forse ci sarebbe bisogno di meno metallari da forum su internet e di più persone disposte a passare le serate sotto a un palco. L’heavy metal si vive di più andando ai concerti che non pontificando di old school sul web…”

E’ una cosa che mi è uscita spontanea dopo una lunga chiacchierata con Giuliano Mazzardi, organizzatore del Play It Loud, qualche giorno dopo il festival. Insieme si diceva di come in molti che sui vari forum avevano preannunciato la propria presenza con frasi tipo “imperdibile”, “finalmente un festival del genere” e così via, alla fine non si siano fatti vedere. Se tu leggi certi forum pare che ogni concerto in Italia debba essere pieno di gente, invece questo non succede. Qualche settimana fa ho visto gli Helstar a Bologna ed eravamo in quaranta. Quaranta! Per gli Helstar, che sono una delle band più importanti nella storia – e nel presente – del metal. Per le band italiane succede la stessa cosa purtroppo. A parole sono tutti dappertutto, supportano la scena eccetera eccetera, ma nella realtà il concerto è sempre troppo lontano, troppo caro o troppo qualcos’altro. Credo che il modo migliore per supportare una scena sia quello di viverla, ed andare ai concerti in ambito heavy metal è un elemento fondamentale di questo supporto, almeno secondo me. Purtroppo non tutti la pensano così, ed alla fine pagheremo tutti per questo…

Cosa è cambiato nell’editoria cartacea da quando scrivi tu a oggi?

In Italia poco. Ci sono meno giornali, il pubblico si è ristretto e mi pare che anche l’offerta qualitativa l’abbia fatto. Si parla sempre delle stesse band, ed è difficile trovare la voglia o il coraggio di uscire dal quotidiano e di parlare di band che non siano l’onda del momento. In Italia il tutto è amplificato dalle ridotte dimensioni del mercato, i giornali vivono solo di pubblicità e mantenere i rapporti con etichette e distributori e fondamentale, mentre in altri paesi c’è forse più libertà ed autonomia. Detto questo, io l’ho sempre fatto per hobby, e per questo ho sempre scelto fin dall’inizio di fare solo quello che volevo, occupandomi di cose che mi interessavano davvero e di poco altro. Questo comunque nel modo più professionale possibile ovviamente. E sono contento di come vanno le cose in Metal Maniac, per l’atmosfera che c’è in redazione e per il profilo che siamo riusciti a crearci all’interno nella scena italiana. Credo che il nostro magazine sia abbastanza rispettato, e questo per me è la cosa più importante, al di là di vendite e conti economici.

Come ti prefiguri l’evoluzione del mondo dell’editoria heavy metal nei prossimi anni tenendo conto che pare che inesorabilmente il futuro non sia più nella carta, ma nel web?

Non sono sicuro che questa tendenza sia per forza inesorabile. Mi spiego: le news su carta non hanno più senso perché ci sono mille webzine che le pubblicano prima, con la possibilità di approfondire tramite link eccetera. Ma la carta, almeno per me, ha ancora un altro fascino. Secondo me un giornale cartaceo può “battere” il web (uso questo termine per farmi capire, anche se credo che i due canali non siano per forza in competizione, anzi possano coesistere tra loro se sfruttati in modo intelligente) puntando su contenuti diversi, meno legati all’attualità e più all’approfondimento, tra presentazioni di band, monografie ed interviste dettagliate. Anche le recensioni io le leggo volentieri sul web perché arrivano prima, ma le rileggo volentieri su carta, in maniera più meditata.

In che rapporto di forza vedi le webzine e le riviste cartacee?

Io credo che le due cose possano coesistere, perché vedo i due canali adatti a contenuti lievemente diversi tra loro. Alcune cose sono più naturali sul web, altre sono più naturali su carta. Certo, il web ha l’incalcolabile vantaggio di essere gratis per chi lo legge, mentre la carta ha un prezzo, perché deve coprire costi di stampa e distribizione che Internet annulla. Credo che parlando di heavy metal, soprattutto di quello tradizionale, la carta abbia comunque ancora un senso. Pensa al vinile, pareva morto ed ora sta tornando di moda. In tirature limitate ed edizioni speciali, ma credo che l’esempio possa reggere.

Quali sono state le maggiori soddisfazioni e le maggiori le delusioni del tuo percorso giornalistico fino a oggi?

Soddisfazioni me ne sono tolte tante, soprattutto in ambito musicale. Il fatto di aver potuto intervistare certi musicisti o di aver visto determinati concerti è una cosa che ti rimane nel cuore. La mia soddisfazione più grande a livello personale è quella di essere riconosciuto da molti – spero – come una persona credibile ed affidabile. Ho conosciuto molti musicisti e addetti ai lavori, italiani e stranieri, e devo dire di essere riuscito a creare un buon rapporto con tutti o quasi. Non voglio essere banale, ma il fatto di conoscere persone di tipo così diverso come possono essere quelle che formano le varie band, e di creare con loro un rapporto piacevole e positivo è una grande soddisfazione, che si rinnova ogni volta. Delusioni? Boh, non ne ho avuto tante sinceramente… Delusioni musicali tante nel tempo, ma personali o professionali non tante. Certo, ci sono state persone che mi hanno deluso in passato ma fa parte della vita, e la musica non fa eccezione. Forse la delusione maggiore è il fatto che in Italia non si sia mai creato di fatto una vera scena musicale come la intendo io, fatta di collaborazione tra le band e tra i fan (e non di ripicche e polemiche varie, ad esempio sui vari forum), di interesse per le novità e per l’underground (e non solo per i grossi nomi). Voglio dire, non siamo mai stati una comunità, checchè se ne dica, cosa che invece in altri paesi – un po’ in Germania, molto nei paesi latini – succede un po’ di più. E’ una delusione? Forse sì, almeno un rimpianto…

Sandro: capitolo sassolini nelle scarpe. Toglitene qualcuno.

Mah, non ho cose personali da dire a questo punto. Le volte che ho avuto bisogno di dire qualcosa a qualcuno l’ho fatto senza problemi, e non mi piace chi mette in piazza le proprie simpatie o antipatie. Del pubblico italiano e dei suoi limiti (ci sono delle eccezioni ovviamente, è un discorso che intendo in generale) ho già parlato, della scarsa collaborazione che spesso esiste tra le band, e anche tra le etichette, pure. Non è cambiato nulla in trent’anni, non cambierà nei prossimi trenta…

Fino a quando esisterà Sandro Buti giornalista?

Ah! Chi può dirlo? Negli anni Ottanta mia madre mi chiedeva quando sarei “tornato normale”. Fino ad oggi non è successo, e sono contento così. Ho la fortuna di avere un lavoro – extramusicale – che mi dà soddifazioni e mi lascia un po’ di tempo libero da dedicare a un hobby impegnativo come la musica, e ho la fortuna di avere una moglie dotata di una pazienza davvero infinita, quindi perché mollare? Ci sono momenti in cui la fatica si fa davvero sentire, quando magari si è in chiusura di giornale e ci si ritrova a fare le due di notte al computer per una settimana intera, ma alla fine il gioco vale la candela. Finchè mi diverto vado avanti, ed anche se ogni tanto lo stress è pesante, ogni festival come il Keep It True o l’Headbangers Open Air mi dà la carica per ricominciare, manco fosse un Pocket Coffee metallico! Mi sa che mi dovrete sopportare ancora per molto, purtroppo per voi…

Chiudi come vuoi, grazie.

Uh, che dire? Grazie a te per l’opportunità che mi hai concesso e che mi ha fatto molto piacere ovviamente: ogni giornalista è egocentrico, e parla

Stefano “Steven Rich” Ricetti