Masterplan (Roland Grapow)
A tre anni di distanza dalla pubblicazione di MK II, terzo full
length del gruppo dato alle stampe nel 2007, tornano ora sulla scena i tedeschi
Masterplan con un nuovo disco, il quarto della carriera, intitolato
Time to
be King. Abbiamo approfittato dell’occasione per raggiungere il
chitarrista e compositore Roland Grapow per fare due chiacchiere a
proposito di questo nuovo lavoro, del ritorno del carismatico frontman Jorn
Lande e di cosa bolle in pentola per il futuro. Buona lettura!
Intervista a cura di Lorenzo Bacega
Traduzione a cura di Nicola Furlan e Lorenzo Bacega
Ciao Roland, benvenuto su TrueMetal. Vuoi presentare il vostro ultimo disco
ai fan che ti stanno leggendo?
Grazie. Devo dire che il nuovo disco ha proprio un suono alla Masterplan. Quando
abbiamo iniziato a lavorare sul nuovo album non volevamo alcuna pressione
esterna, volevamo che fosse “fresco”, e che potessimo fare tabula rasa rispetto
al passato, iniziare da zero. Abbiamo voluto concentrarci tutto noi stessi,
pescando quanto prodotto alle origini della carriera e rendendolo attuale.
Abbiamo discusso tanto circa l’aspetto compositivo da intraprendere senza porci
alcun limite. Ognuno di noi ha vissuto in questo gruppo per anni e ha sempre
portato il proprio contributo a seconda del modo di vedere la musica. Questo non
ha mai portato ad incomprensioni. Abbiamo lavorato sempre nella stessa
direzione. Credo che si tratti di un vero lavoro di squadra, di una squadra di
compositori da sogno.
Tre anni fa, nel 2007, ci dicesti che Jorn aveva preso la decisione di lasciare
la band in quanto le canzoni dei Masterplan risultavano un po’ troppo pesanti
per la sua voce, e che lui stesso si era reso conto che, di lì a poco tempo,
avrebbe fatto davvero molta fatica a proporle dal vivo; per questo motivo Jorn
aveva quindi deciso di concentrarsi unicamente sul suo progetto solista. Che
cosa è cambiato in questi tre anni? Come l’hai convinto a ritornare nel gruppo?
Sembra che ora non ci siano più quei limiti. Vogliamo essere in grado di salire
sul palco anche a 50 o 60 anni con la stessa abilità di cantare. Il rapporto tra
chitarra e voce è davvero migliorato grazie al lavoro congiunto di entrambi, a
stretto contatto fin dall’inizio e con grande rispetto l’uno per l’altro. Per
convincere Jorn è stato sufficiente parlargli apertamente, una cosa che – anche
per colpa mia, lo ammetto – non avevamo mai pensato di fare in precedenza. Il
rapporto tra me e Jorn è sempre stato ottimo, per questo motivo immagino che sia
bastato confrontarci serenamente sul sentiero da intraprendere con il gruppo per
invogliarlo a tornare con noi. La scelta d’andarsene credo fosse dettata più che
altro dalla stanchezza di Jorn.
La musica contenuta all’interno di Time to be King sembra molto più hard rock
oriented rispetto ai dischi precedenti (Masterplan, Aeronautics, MK II), e
questo specialmente per quanto riguarda le linee vocali. E’ stata questa una
scelta ben precisa della band? Ha per caso qualcosa a che vedere con il ritorno
di Jorn?
I Masterplan del 2010 coincidono col ritorno di Jorn, e noi siamo davvero felici
di questo, ma non parliamo di canzoni rock o metal, parliamo di belle canzoni.
Molti fan della band sostengono che le linee vocali di Time to be King siano
molto meno catchy rispetto ai dischi passati. Qual è il tuo parere a riguardo?
C’è stato molto entusiasmo ed energia nel periodo di composizione del disco. Se
a questi cinque ragazzi dei Masterplan piacciono le canzoni del disco, allora
vuol dire che possono piacere a tutti. Questo comunque è vero. Il disco è
decisamente meno melodico del precedente.
Quando avete iniziato a lavorare su questo Time to be King e quanto tempo vi ha
preso nel complesso?
Abbiamo iniziato a lavorare sulla batteria, poi le chitarre e infine la voce.
Abbiamo iniziato a lavorarci in ottobre ed abbiamo concluso il tutto a fine
novembre.
Qual è la tua canzone preferita di Time to be King?
Ti dirò, la mia preferita è proprio la title track Time to Be King. È
divertente, spinge veloce sull’acceleratore e ha testi dal significato profondo.
A cosa è dovuta la scelta di utilizzare Far From the End of the World come
singolo d’apertura? Voglio dire, la canzone a mio parere è ottima, però nei
dischi precedenti i singoli erano Lost and Gone, Back for my Life e Enlighten
Me, cioè dei brani piuttosto immediati e dalla spiccata componente melodica. Far
From the End of the world invece è sicuramente più complessa e meno melodica…
Certo, non è una canzone commerciale, anche se assieme a Far From the End of the
World trovi comunque un brano come Lonely Winds of War, vale a dire l’episodio
più melodico di tutto il disco. A dire il vero la mia intenzione era di
pubblicare come singolo la title track Time to Be King, ma i ragazzi della AFM
Records mi hanno detto “se già l’album si chiama Time to be King, il singolo
come pensi di chiamarlo?”; quindi abbiamo pensato di optare per Far From the End
of the World.
E per la prima volta, non avete filmato il videoclip del singolo!
No, o meglio, non ancora, in quanto filmeremo il video a breve. Probabilmente
non filmeremo il video del singolo, ma della title track.
Parliamo un momento di Lonely Winds of War. Le linee vocali di questo brano
ricordano molto ‘Polovtsian Dances’, un’aria tratta dall’opera “Prince Igor” di
Alexander Borodin. È solo una coincidenza o si tratta di un vero e proprio
tributo?
Niente di tutto questo, ad essere onesti non conosco nemmeno l’opera di cui mi
parli. La melodia di questo brano ce l’ha proposta Jorn in studio, per cui
eventualmente dovresti chiedere a lui se si tratti di un tributo o meno. Io e
Axel ci siamo semplicemente adoperati nel riarrangiamento e nella rifinitura del
pezzo.
Qualche anno fa si era parlato di un eventuale side-project che vedeva come
protagonisti Kai Hansen, te e Michael Kiske. Sia te che Kai avevate confermato
l’effettiva volontà di mettere in piedi questo progetto, ma Kai al tempo stesso
aveva aggiunto che ci avrebbe lavorato solamente nel tempo libero. Ci sono delle
novità a questo proposito?
Avevamo delle grandi aspettative a questo riguardo, era un’idea che mi frullava
in testa sin dal momento in cui é terminata la mia esperienza in seno agli
Helloween. Voleva essere un progetto ambizioso, con la presenza anche di Uli (Kusch,
ndr) alla batteria, e potenzialmente c’erano tutte le possibilità per dare alla
luce un lavoro stratosferico: con una line up formata da Uli, Kai Hansen, me e
Michael Kiske, più un eventuale bassista, c’erano tutte le condizioni per
pubblicare un disco più Helloween degli Helloween stessi! Qualche anno fa
abbiamo organizzato alcuni meeting con l’entourage di Kai e di Michael per
riuscire a trovare un accordo a proposito di questo progetto, ancora non avevamo
scritto nulla in termini di brani ma eravamo tutti molto eccitati. La doccia
fredda ci è però arrivata dallo stesso Kai, il quale, di ritorno da un tour di
un paio anni fa con i Gamma Ray, ci disse di aver perso interesse in questa
cosa. Dal canto mio, ho deciso di conseguenza di accantonare questo progetto dal
momento che nessuno sembrava realmente intenzionato a lavorarci sopra. E’
sicuramente un peccato, perché le possibilità di fare bene c’erano tutte.
Cosa ci dici invece del tuo progetto solista? Vedremo mai il seguito di “Kaleidoscope”?
Sai, a dire il vero mi piacerebbe pubblicare un nuovo disco solista. Non un
lavoro neoclassico come i precedenti, mi sono stancato di quella roba alla
Yngwie Malmsteen e simili, intendo un album più orientato al metal classico, con
una formazione stabile e con un cantante di ruolo, anche se in questo senso
potrei anche cantare io. Però alla fine mi rendo conto che per proporre questo
tipo di musica mi bastano e avanzano già i Masterplan, considerato soprattutto
che le cose in questo periodo stanno andando assolutamente alla grande e che
questi mi occupano davvero tanto tempo.
Cosa pensi dell’attuale scena power metal internazionale?
Penso che sia estremamente ripetitiva, nel complesso poco interessante, e che
per la maggiore si basi esclusivamente sulla ripetizione di stilemi in voga
dieci/quindici anni fa. Ho provato tramite MySpace a dare un ascolto a qualche
gruppo nuovo, ma fatico a trovare qualcosa di interessante. Questa scena power
odierna, specialmente quella che continua a proporre un cantato particolarmente
acuto, ha finito ormai per stancarmi, la trovo davvero troppo banale. Restando
su territori prettamente melodici, ti confesso invece che in questo periodo
apprezzo molto il metal classico, l’hard rock a cavallo tra anni settanta e
ottanta, e così via. Oppure un gruppo come i Rammstein, che di melodico non
hanno proprio niente, ma che sprigionano una potenza incredibile.
Avete intenzione di programmare date a supporto del nuovo disco?
Sì, abbiamo intenzione di partire in tour verso novembre, al massimo a fine
ottobre. Stiamo programmando le date, ma ancora non c’è nulla di certo; in
Europa suoneremo almeno venticinque date. Poi andremo in Sud America e, di
ritorno da là, ci sposteremo in Giappone. Parteciperemo anche ad alcuni festival
la prossima estate.
Verrete anche in Italia?
Non ricordo bene, ma credo ci sarà una data a Milano. Ci saremo di sicuro.
Dopo quattro dischi, che ne pensate di registrare un live album?
Penso che registreremo un live DVD nel corso del prossimo tour. Abbiamo
voglia di farlo fin dal primo tour che abbiamo intrapreso. Abbiamo un sacco di
live registrati su cui non abbiamo ancora messo mano. Poi nel 2011 faremo un
tour speciale a commemorazione dei dieci anni di esistenza del gruppo e ,per
l’occasione, pubblicheremo un DVD speciale.
Altri progetti per il futuro?
Abbiamo intenzione di fare date live, filmare video, di registrare un DVD ed
entro tre anni pubblicare un nuovo full-length. Il prossimo anno mi paicerebbe
dare ai fan un DVD che racconti la storia dei Masterplan fin dalle origini.
Questi sono i miei obiettivi.
Ok, questa era la mia ultima domanda. Grazie per il tuo tempo Roland, vuoi
salutare i fan italiani?
Sono molto felice di questo disco e spero vi piaccia. Spero di vedervi live
durante il nostro prossimo tour.