Masters of Ceremony (Sascha Paeth e Adrienne Cowan)
Intervista a cura di Carlo Passa
Segnatevi sull’agenda la data: il 13 settembre la Frontiers pubblicherà Signs of Wings dei Masters of Ceremony, la band di Sacha Paeth, chitarrista dei mai troppo compianti Heaven’s Gate e soprattutto produttore e musicista di un’infinita teoria di dischi e progetti che certamente hanno cittadinanza nelle vostre collezioni.
Per l’occasione, che in vero non sembra effimera, Sascha ha raccolto attorno a sé un gruppo di musicisti con i quali collabora da anni: Felix Bohnke (Avantasia ed Edguy) alla batteria, André Neygenfind (Avantasia) al basso e Corvin Bahn (Uli John Roth) alle tastiere. Alla voce è stata reclutata Adrienne Cowan, cantante dei Seven Spires e della band milanese Light & Shade, oltre che corista e lead vocalist degli ultimi Avantasia.
Proprio in occasione della data milanese del tour del carrozzone metal guidato da Tobias Sammet, abbiamo avuto la possibilità di fare una piacevole chiacchierata con un ben collaborativo Sascha e una Adrienne timida e silenziosa, a contrasto della scatenata front woman che abbiamo visto sul palco degli Avantasia.
Ciao, Sascha. Ti chiedo subito il motivo per cui hai sentito la necessità di questo nuovo progetto in cui torni a suonare, dopo aver prodotto così tante band?
Innanzitutto perché posso farlo da solo; e posso decidere come farlo. La Frontiers mi ha contattato circa 5 anni fa e io mi sono subito chiesto cosa avrei potuto fare. E adesso sono ormai un paio di anni che lavoro a questo progetto. Il risultato è qualcosa che non avevo per niente pianificato: è semplicmente successo. Inizi con lo scegliere il cantante (in questo caso la cantante), e poi le varie componenti si accordano in un modo che non puoi prevedere e ti spingono verso una certa direzione: e alla fine ci arrivi. Questa volta, tutto è funzionato alla grande.
Da dove viene il nome Masters of Ceremony?
Penso che sia un nome divertente, soprattutto perché la maggior parte delle persone probabilmente ignora la sua origine. Il nome viene da due mondi diversi: nel mondo metal puoi immaginare che sia un personaggio potente (ride ndr), ma un Master of Ceremony è anche un deejay, che non corrisponde esattamente a ciò che ci si aspetta dall’heavy metal. Lo trovo un nome adatto, perché ha anche un certo sense of humor, pur suonando molto heavy metal.
La musica dei Masters of Ceremony è piuttosto variegata. Ci sono aspetti di symphonic e gothic metal, accanto a tratti più power.
Sì. Ci sono parti più e meno aggressive. Alla fine, si tratta di musica sincera e schietta (“raw music”), molto diretta anche nelle ballad, dove è più emozionale grazie alla voce di Adrienne. Scegliere Adrienne come cantante mi ha permesso di aprire nuove possibilità. Fondamentalmente, le ho potuto chiedere di fare quello che volevo.
Hai avuto molte influenze provenienti da tutte le band e i progetti con cui hai avuto a che fare in questi anni?
Come dicevo, tutto è venuto davvero naturalmente. Ovviamente le influenze ci sono, ma innanzitutto mi sono detto: “voglio fare un album di heavy metal”: tutto è partito da questo.
Pensi che questo sia un episodio isolato? Prevedete di fare un tour?
No. Spero proprio di no. Questa è una band, non è un progetto. E andremo in tour.
Come hai scelto i membri della band?
Lavoravamo già insieme da tempo e mi sono detto “perché no?”. Innanzitutto siamo amici e, dal momento che prevediamo di andare in tour, volevo persone che mi piacciono: non voglio avere personaggi strani intorno. Sono tutti eccellenti musicisti e ho già fatto tour con loro. Il tastierista (Corvin Bahn) suona con Uli John Roth: è una persona splendida e ho lavorato molto con lui negli scorsi due anni. Non è stato parte della band fino all’ultimo momento, ma è arrivato con grande entusiasmo: pensavo che avrebbe solo suonato le tastiere dal vivo e, invece, ha partecipato anche alle registrazioni dell’album, contribuendo con idee e suoni.
Cosa ci dici del processo di composizione? Sei il solo autore delle canzoni?
No. Ho composto io la maggior parte delle parti su questo album, ma abbiamo lavorato insieme su alcune cose. Non abbiamo cercato un suono particolare a priori, ma abbiamo lasciato che la musica stessa indicasse la direzione della produzione. Ho usato una sola chitarra per tutto l’album. La registrazione è stata del tutto digitale: non uso più l’analogico da tempo.
Il video di The Time Has Come, primo singolo tratto da Signs of Wings è disponibile da qualche giorno: