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Meshuggah (Tomas Haake)

Di Alberto Fittarelli - 23 Maggio 2005 - 0:00
Meshuggah (Tomas Haake)

Un album come Catch 33 è capace di generare infiniti spunti di
discussione, visto che traccia la via per tutta una serie di possibilità
musicali in ambito metal: era quindi grande, da parte mia, l’aspettativa per la
chiacchierata col batterista Tomas Haake, responsabile insieme a Fredrik Thordendal
ed alla sua chitarra della genialità del sound dei Meshuggah. Purtroppo
devo aver colto il drummer in una giornata sbagliata, dato che la loquacità si
è attestata ai minimi storici… peccato, di carne al fuoco ce n’era davvero
tanta. Il che non toglie che Tomas abbia saputo darmi spiegazioni e qualche
anticipazione di sicuro interesse per tutti i fans della band svedese…

Ciao Tomas, tutto ok?

Yeah, grazie, ma sento un po’ di confusione dalla tua parte…

Guarda, hai chiamato nel preciso istante in cui hanno annunciato il nuovo
Papa… sai, avendo una chiesa dietro casa la cosa si risente, volenti o
nolenti… stanno facendo suonare le campane da dieci minuti!

Hahahaha ti capisco e non ti invidio!

Bene, lasciamo da parte i particolari folcloristici e parliamo subito del
vostro (splendido) nuovo album, magari partendo dal titolo e da ciò che nasconde.
So che catch 22 è un termine particolare del gergo militare: significa
infatti che ad ogni regola, non importa quale, c’è sempre un’eccezione. Catch
33
vuole essere un “aggiornamento” a questo principio?

Beh sicuramente quello è il significato di catch 22, che è una sorta di
paradosso… e questo vuole essere il punto di partenza dei testi dell’album.
Abbiamo semplicemente cambiato il “22” in “33”, a
significare ovviamente una nostra personale visione della cosa.

Passiamo allora al concetto di unica composizione divisa in tredici parti:
puoi spiegarmi da dove nasce l’idea?

Beh intanto devo dire che la divisione nasce dal fatto che volevamo avere
dei punti raggiungibili per chi ne sentisse il bisogno: così uno che ama
particolarmente un passaggio può “skippare” tranquillamente sino al
punto che gli interessa senza una ricerca troppo laboriosa. Poi bisogna vedere
Catch 33 come un unico blocco musicale, i cui singoli titoli vanno percepiti un
po’ come dei capitoli…

Quindi si può dire che l’EP I fosse una specie di “esercizio”,
nell’ottica della composizione dell’album?

Ah no, davvero! In realtà abbiamo iniziato a comporre Catch 33 prima di
metterci a lavorare sul materiale di I, perchè eravamo più concentrati sulla
realizzazione dell’album completo…

Avete per caso incontrato qualche problema nel proporre alla vostra label
un album così particolare e, se vogliamo, ostico?

Mmm no, sinceramente io non lo vedo nemmeno come un album particolarmente
“difficile”, e sicuramente non abbiamo avuto nessuna difficoltà da
quel punto di vista, non importava che cosa sentissimo di fare per il disco.
Direi piuttosto che questo album presenterà problemi nella riproposizione dal
vivo, non è stato sicuramente scritto per quello; specialmente il lavoro di
chitarre su Catch 33 è molto difficile da riprodurre live, per la prima volta
possiamo dire di non aver scritto un disco con l’idea di eseguirne i pezzi dal
vivo, non era proprio la nostra intenzione.

Catch 33 d’altra parte è anche un album abbastanza lento per il vostro
standard, con lunghe parti strumentali… che cosa vi ha portato a comporre in
questo stile dopo un disco sicuramente diverso come Nothing?

Questo non è esattamente un nuovo stile… vedi, non si tratta di un
nuovo modo di comporre: era solo un progetto su cui abbiamo meditato per diversi
anni e che abbiamo voluto realizzare, senza analizzarlo in prospettiva. Ci siamo
concentrati solo su questo singolo progetto, appunto, perchè volevamo creare
qualcosa di unico ed irripetibile, e credo che questa fosse l’unica necessità a
motivare la realizzazione di Catch 33.

Sono rimasto molto colpito dalla parte centrale, atmosferica, dell’album:
specialmente la traccia In Death – is Death, con la lunga parentesi strumentale,
una cosa abbastanza insolita per voi. Avete magari intenzione di licenziare il
vostro cantante, Jens, in previsione della diminuzione delle sue parti?

Hehehe, no, più che di assenza di parti vocali parlerei della presenza di
parti parlate, cosa che fra l’altro non è nemmeno del tutto nuova per noi: le
abbiamo già usate su Chaosphere, un album decisamente pesante; ma questo lo è
anche di più secondo me, e poi non l’abbiamo scritto per eseguirlo live
(uhm,
mi pare di averla già sentita questa frase, nda) e la cosa ci ha convinti ad
usare un bel po’ di “spoken vocals”…

Per cui la lunga parentesi strumentale è qualcosa che avete inserito
premeditatamente…

Beh è come la musica è venuta da sola, diciamo, e anche la presenza
delle vocals doveva adattarsi….

Per la prima volta, su questo album, avete utilizzato per intero una drum
machine: puoi spiegarmi le ragioni di questa scelta?

E’ abbastanza semplice in realtà, il modo in cui abbiamo registrato
questo album non permetteva l’utilizzo, all’inizio di una vera batteria. Man
mano che un pezzo veniva scritto registravamo le tracce di chitarre e basso
sulla drum machine, immediatamente… si è trattato di un processo molto
casuale, cercavamo di ricordare che cosa stavamo facendo e di fissarlo il prima
possibile; il modo in cui abbiamo progettato questo album non rendeva possibile
l’uso di una vera e propria batteria.

Sono curioso di sapere da dove inizia tutto il processo compositivo,
allora… dalle chitarre, dalla batteria…

Di solito partiamo dalle chitarre, anche se qualche volta è stata la
batteria il punto d’inizio, in passato. Ma normalmente sono le chitarre, a cui
aggiungiamo man mano tutto il resto.

E cosa mi puoi dire delle chitarre a 8 corde che avete utilizzato su
Nothing? Le state ancora usando?

Oh, assolutamente! Credo anche che si senta subito su quest’album, ha dei
riff davvero bassi in generale.

Bene, parliamo invece del tuo drumming: sei uno dei batteristi più
apprezzati dell’intera scena metal estrema, quali sono state (e quali sono,
eventualmente) le tue influenze?

E’ abbastanza difficile dirlo… crescendo come musicista ho cercato di
non essere realmente influenzato da altri batteristi: qualche volta potrei dirti
di esserne stato ispirato, piuttosto. Da ragazzo i batteristi della scena heavy
e thrash hanno avuto una certa importanza: gente come Charlie Benante ed anche
Lars Ulrich, ma solo in quegli anni; poi appunto passando gli anni sono stato
ispirati dai migliori batteristi tra quelli dei gruppi che ascoltavo di volta in
volta… ed ora come ora sono soprattutto svedesi quelli che mi ispirano: Peter
Wildoer dei Darkane su tutti. Ma anche Chris Pennie dei Dillinger Escape Plan,
Jon Theodore dei The Mars Volta, Sebastian Thomson dei Trans Am… ecco, guarda,
forse quello che in generale mi ha più ispirato è stato il grande Gene Hoglan,
ma non direi che ha influenzato il mio modo di suonare, in realtà.

Mentre ora sono i Meshuggah ad influenzare o quantomeno ispirare altre
bands: sentite una particolare pressione, quando scrivete, pensando magari alle
aspettative che suscitate?

No, in realtà noi scriviamo musica soprattutto per noi stessi, e siamo il
pubblico più critico nei nostri riguardi che si possa trovare. Poi non stiamo a
guardare se guidiamo o meno qualcuno, si tratta di un processo davvero rivolto a
noi stessi, anche se è ovvio che allo stesso tempo è importante per noi
chiederci se al pubblico la nostra musica potrà piacere o meno.

Credi che abbiate trovato, dopo anni di esperimenti, un definitivo
“suono Meshuggah” o proverete qualcosa di ancora diverso in futuro?

Non lo so, forse col passare del tempo proveremo nuove soluzioni, ed anche
nuovi strumenti… ma adesso credo che abbiamo ancora molto da guadagnare ed
imparare dall’uso delle chitarre ad 8 corde, per cui tenteremo sempre nuovi
approcci alla composizione sfruttandole il più possibile.

Avete in programma di realizzare un live album, o magari un DVD, per
mostrare al pubblico anche il vostro aspetto live?

Sì, dovremmo pubblicare l’anno prossimo qualcosa: probabilmente si
tratterà di un DVD live.

Pur essendo i Meshuggah una delle band leader della scena, solo raramente
dei gruppi più giovani hanno provato ad imitarvi: quale credi che sia il
motivo?

Ah, beh, magari qualcuno si è fatto influenzare da noi o meno… ma non
importa, sinceramente. Certo, siamo in giro da un bel po’ di tempo e magari
qualcuno si è ispirato a noi, è naturale, ma che poi ci imitino o meno… beh,
non ci interessa. Di sicuro fino ad adesso non abbiamo trovato nessuno che
suonasse come noi, questo è vero.

Parliamo un po’ del nuovo videoclip di “Shed”, ti va?

Guarda, abbiamo effettuato le prime riprese solo ieri, per cui non è
stato ancora completato: sta venendo bene comunque, direi che si adatta molto
bene al feeling trasmesso dal disco, sono soddisfatto insomma.
(ok, ma che
cosa rappresenta?! nda)

Lo renderete magari disponibile sul vostro sito web?

Non ne abbiamo ancora discusso per il momento, è probabile comunque.

Concludiamo con una domanda un po’ spinosa: c’è uno dei vostri album che
a posteriori cambieresti, perché insoddifatto dalla sua realizzazione?

Ogni band tenta di raggiungere di volta in volta il suo album
definitivo,c’è sempre qualcosa che cambieresti nei tuoi album, sai… è
difficile dirlo, non saprei scegliere un album passato da cambiare in qualche
suo punto né saprei dirti quanto perfetti saranno quelli che verranno in
futuro.

Ok Tomas, ci vediamo il 29 maggio a Milano, allora!

Yeah, e speriamo ci sia un bel po’ di gente a farti compagnia, hehehe…

Alberto ‘Hellbound’ Fittarelli