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Misantropus (Alessio e Vincenzo Sanniti)

Di Damiano Fiamin - 26 Gennaio 2012 - 0:30
Misantropus (Alessio e Vincenzo Sanniti)

In occasione del release party del loro ultimo disco, TrueMetal ha intervistato i membri fondatori dei Misantropus, Alessio e Vincenzo Sanniti. I due fratelli si sono dimostrati disponibilissimi e hanno acconsentito a rispondere ad una serie di domande a tutto tondo che hanno spaziato dalle origini del gruppo ai progetti futuri, in una serie di interessanti rivelazioni che ci hanno aiutato a comprendere meglio la loro proposta musicale.     
Intervista a cura di Damiano Fiamin


Ciao ragazzi! Innanzitutto, vi ringrazio per la vostra disponibilità. Vogliamo cominciare a parlare dell’origine della band? Quali sono le vostre influenze?
Vincenzo: Ciao! La nascita ufficiale del gruppo è il 1998. La cosa è partita a tavolino; praticamente da subito, io e mio fratello Alessio abbiamo deciso di creare un progetto prevalentemente strumentale in cui si concentrassero tutte le nostre influenze più grandi: con questo intendo innanzitutto il dark sound italiano, e voglio sottolineare italiano perché i nostri musicisti preferiti erano e sono tuttora italiani. Penso a Paolo Catena, meglio conosciuto come Paul Chain, che è stato il musicista che più ci ha influenzato, vuoi per un fatto di musica in sé, vuoi per un fatto di evoluzione personale dell’individuo, perché chi è dentro questo genere di musica sa che lui è stato un eclettico, ossia ha sperimentato senza timore una vasta scala di sonorità. Secondo noi, è uno dei più grandi musicisti rock a livello mondiale, purtroppo poco valutato in Italia. Assieme a lui, apprezziamo i lavori di Mario Di Donato, conosciuto come “The Black“; in particolare, ci avevano appassionato i suoi lavori con la Minotauro Records, piccola etichetta italiana dell’epoca. Vorrei citare anche un gruppo di Fiumicino molto interessante, tuttora in attività, gli Arpia, che hanno caratteristiche molto particolari che fanno di loro uno dei migliori al mondo. Purtroppo, queste realtà sono poco conosciute a livello nazionale e a livello internazionale non vengono valutate come dovrebbero. Abbiamo sviluppato questo gruppo partendo da queste sonorità, oltre ad altre influenze che, all’epoca, potevano essere i Saint Vitus o i Manilla Road, e dandogli un input personale che è stato quello di creare un miscuglio tra dark sound e strumentale, cosa che, credo, siamo stati i primi al mondo a proporre. Parlo di dark doom metal puro strumentale, all’epoca non c’era nessuno che proponeva una soluzione del genere.
Nel frattempo, dal ’98 ad oggi, non siamo stati mai fermi, abbiamo avuto problemi con i ragazzi che suonavano la batteria con noi, ci sono stati tre o quattro rimpiazzi, ma io e mio fratello abbiamo continuato a suonare e comporre pezzi fino ad oggi. Come ti dicevo, sono circa quindici anni che esiste il progetto. Grazie ad Alessio, sono usciti due dischi in vinile, un LP e un EP nel 2003, a cui sono seguiti due CD nel 2007, che sono la ristampa del primo vinile, esaurito. La cosa particolare delle ristampe è che, dopo una serie di approfondimenti su quello che facevamo, abbiamo deciso di dare una svolta al gruppo, facendo un dark sound legato all’ecologia e alle tematiche della natura e a quella serie di legami che ci portano verso un certo tipo di spiritualità. In questo modo, ci siamo distaccati dai clichè del dark doom tradizionale per cercare una via nostra, più personale.

Approfitto di quanto hai appena detto per un piccolo approfondimento. Potresti spiegarci bene quali sono le tematiche trattate nei vostri pezzi e in che modo le esprimete?
Vincenzo: Sarò lapidario, noi non abbiamo nulla da dire perché quello che vogliamo esprimere è il nostro amore per la Natura. Puntiamo al focus della vita; senza il rapporto con la Natura, non avrebbe senso nulla. Siamo regrediti per essere più diretti possibili: il testo del pezzo è il titolo che diamo al pezzo stesso, poi ognuno ci vede un’infinità di cose. E’ una ricerca strumentale, ma l’essenza è sempre la stessa: la situazione in cui viviamo è drammatica, l’uomo deve prendere coscienza del problema che crea al pianeta, o siamo destinati all’estinzione.

Qual è il processo creativo che si nasconde dietro le opere dei Misantropus?
Vincenzo: La mente dietro il trio è mio fratello Alessio, che è il compositore della maggior parte dei pezzi. Io do un contributo, ma il suo apporto è senza dubbio maggiore. Essendo fratelli, inoltre, abbiamo il vantaggio di poter provare spesso insieme; poi, ci vediamo con Andrea e sviluppiamo gli arrangiamenti della batteria in sala prove.
Alessio: E’ sicuramente un processo istintivo. Certo, poi c’è un minimo di ragionamento sopra, i pezzi più scadenti vengono scartati e teniamo solo i migliori. Paul Chain si riteneva un artigiano della musica, anche noi siamo degli artigiani, non suoniamo per la fama, la gloria o per far colpo sulle ragazze; forse userò una parola un po’ grossa, ma suoniamo per una missione, oltre al suono, ci deve essere la spiritualità, noi cerchiamo di abbinare musica e spiritualità. Ci siamo allontanati dall’immagine stereotipata del dark criptico che si aggira per i cimiteri…certo, possono avere fascino, ma volevamo andare oltre. I nostri lavori sono dedicati al pianeta Terra, agli elementi e alla Natura.


Essendo in giro da oltre quindici anni, avrete avuto molte occasioni per esibirvi dal vivo. Qual è il contesto che vi è più congeniale? La sala prove o il palcoscenico?
Vincenzo: Sono due situazioni abbastanza diverse: il live è la situazione in cui ci si esprime in maniera istintiva, c’è contatto diretto con chi ci viene ad ascoltare. Se riesci a connetterti con gli altri, si crea un amalgama di energia che scorre tra loro e noi, un insieme di forza. E’ un dare e avere che in studio non avviene, lì la situazione è più intimista, sei solo con te stesso o sei solo assieme agli altri musicisti; è più raccolto. La differenza è questa: la trasmissione di energia a livello live e l’intimismo da soli.

Adesso che avete la sicurezza di un’etichetta alle vostre spalle, cambierete la vostra strategia? Quali sono i vostri progetti futuri?
Alessio: Beh, Pio della Doomymood ha prodotto il lavoro che abbiamo presentato questa sera. Il disco contiene la ristampa dell’EP che avevamo auto-prodotto nel 2003. Allora, avevamo registrato solo due tracce, in cui c’erano dei vocalizzi di Francesca Luce, un’ospite su quella prova discografica. Pio ci contattò un annetto fa e ci propose questa collaborazione; noi abbiamo proposto di ristampare quei due prezzi più degli inediti che registrammo nel 2003, ma non riuscimmo a portare su vinile. Per quanto riguarda i progetti futuri, ci auguriamo che la collaborazione vada avanti, vorremmo fare un terzo lavoro in vinile e, magari, in CD.

Lo citate spesso, siete dei patiti del vinile? Preferite lavorare in digitale o analogico?
Alessio: Guarda, a volte, negli studi, ci sono sia macchine analogiche sia digitali. Purtroppo, trovare un set interamente analogico è difficile e diventa necessario abbinare le diverse tipologie di macchine; a volte, ad esempio, abbini un mixer anni ’70 o ’80 a macchine moderne. Il formato vinile ci ha sempre appassionato, forse in passato di più, siamo stati dei cultori, avevamo migliaia di dischi e ascoltavamo di tutto. Non siamo i classici collezionisti, ultimamente abbiamo venduto cinquemila, seimila pezzi e tenuto solo le cose più importanti. Inoltre, non compriamo più come una volta, non siamo dei feticisti. Comunque, è il formato più bello e affascinante, lo preferiamo senz’altro al CD.

Passiamo ad altro…Cosa ne pensate del panorama musicale italiano e di quello internazionale? Cosa vi piace sentire?
Alessio: Come ti ho detto in precedenza, abbiamo ascoltato e ascoltiamo veramente di tutto, dall’heavy metal al punk, dall’hardcore alla musica classica, passando per il prog italiano, la psichedelia e il jazz. Consiglio a tutti la musica classica, è quella che preferisco, è veramente immortale. Potrei consigliare Arvo Pärt, è un grande compositore estone di musica sacra; adesso opera in Germania. Mi piace anche tanto Angelo Branduardi.

In questi quindici anni di carriera avrete avuto vari alti e bassi. Qual è stato il momento più felice e quello che, invece, vorreste cancellare dalla vostra memoria?
Vincenzo: Non cancellerei niente. Fortunatamente, prima di arrivare ai Misantropus, avevamo tutti almeno un decennio di musica alle spalle; abbiamo avuto vari gruppi minori. La gavetta ci ha permesso, dopo vari errori, di partire sapendo già cosa volevamo fare. Ho la presunzione di dire che di errori, almeno plateali, con Misantropus non ne abbiamo fatti. Il momento più bello è stato, paradossalmente, quando abbiamo avuto una crisi come gruppo, quando siamo passati dalle tematiche classiche del doom metal e ci siamo avvicinati alle tematiche dell’amore verso la Natura e della vita dell’uomo sulla terra. Quella crisi, anche personale, è stata il momento topico del gruppo. Ci ho pensato varie volte e posso dirti che, piuttosto che episodi come ‘ho suonato insieme a tizio’, magari proprio Paul Chain o Mario Di Donato, con cui, in effetti, ci siamo esibiti, questa è stata la cosa più interessante, il cambiamento.

Avete nulla da aggiungere? Siete liberi di parlare di quello che volete?
Alessio: Innanzitutto, ringraziamo TrueMetal per l’opportunità che ci avete dato…
Vincenzo: Io spero che un gruppo come il nostro possa essere di esempio anche per persone più giovani, ragazzi che hanno intenzione di mettere su un gruppo affinché nel nostro ambito, rock e heavy metal, cambi qualcosa. Non tanto nella musica, proponiamo sonorità anche aggressive perché è quello che ci piace quanto, piuttosto, nell’atteggiamento delle persone e nelle tematiche, anche uscendo dagli standard di sesso, droga e satanismo. Lo dico comunque con rispetto per chi ne parla, non mi ritengo migliore di loro, ma spero che i giovani portino la musica ce ci piace ad un livello più alto.