Moonstone Project (Matt Filippini)
Intervista realizzata da Francesco Colombo.Neanche un anno fa ha realizzato il suo sogno: pubblicare su un disco i propri brani, suonati da lui, da un nugolo di amici fidati e da un gruppo di vere e proprie leggende dell’hard rock e del metal. Poi ha iniziato a suonare in giro per l’Italia e l’Europa, prima con Ian Paice (Deep Purple) alla batteria, poi con la sua band. E ora si appresta a rockeggiare in Italia con un’altra guest star porpora, Glenn “The Voice of Rock” Hughes. In attesa del secondo album (il primo è stato appena pubblicato anche in Russia!) e di nuovi tour addirittura oltreoceano, abbiamo fatto quattro chiacchiere con Matt Filippini. Sì, perché la mente di Moonstone Project è un giovane chitarrista autodidatta che abita a Cremona.
Visto che manca poco all’inizio del tour del Moonstone Project con Glenn Hughes, ti chiederei subito di parlarci un po’ di questi concerti. Come è nata l’idea di portare Glenn Hughes in tour in Italia con te? Cosa ci dobbiamo aspettare da queste date?
L’idea di fare degli show con Glenn Hughes mi girava in testa da un po’ di tempo; avevo già proposto la cosa a Glenn l’anno scorso, ma per il suo nuovo album e impegni vari abbiamo dovuto rimandare la cosa. A novembre del 2006 ci siamo rivisti, ne abbiamo parlato di nuovo e abbiamo iniziato a lavorare sui concerti. Gli show saranno incentrati su alcuni brani dal mio Moonstone Project, e in gran parte su vari classici di Deep Purple, Trapeze e Glenn Hughes. Non vedo l’ora! Mi aspetto molto da questi show!
Avrete tempo di provare insieme prima dell’inizio del tour?
Sì. Giovedì prossimo, dieci maggio, ci faremo una bella prova con Glenn. Lui è un musicista molto scrupoloso, ci tiene a fare bella figura!
A dicembre e a febbraio con voi c’era Ian Paice, adesso arriva Glenn Hughes. Cosa c’è nel futuro del Moonstone Project per quanto riguarda gli appuntamenti dal vivo?
Con Paice non si tratta mai di Moonstone Project, ma piuttosto di una sorta di jam band itinerante, per la quale il 90 percento del materiale è formato da brani dei Deep Purple. In ogni caso con Ian ci divertiamo sempre un casino!
Con Glenn Hughes faremo anche alcune delle mie canzoni, oltre che i suoi classici.
Il futuro? C’è la possibilità di fare dei concerti in Brasile e in Russia quest’estate. Vedremo che succederà!
Parliamo del nucleo della band. Dopo questa serie di concerti insieme (con Ian Paice e di supporto agli House Of Lords), voi del gruppo vi sentite più affiatati? Con l’uscita dell’album, il tuo era più un progetto da studio; con la nascita di questa live band ci aspetta qualche registrazione con questa formazione?
Adoro la mia live band. Non mi divertivo così dai tempi delle gite scolastiche! Per sto giro con Hughes non ci sarà Roberto Tiranti, impegnatissimo con il nuovo album dei Labyrinth. Alla voce, in alcuni dei brani che non canterà Hughes, ci sarà Marco Sivo (Time Machine, Planet Hard). Marco è un altro ottimo singer, con anche un’ottima attitudine… Sai, in questa band voglio solo persone con cui mi trovo a mio agio.
Oltre ad Alessandro del Vecchio e a Nik Mazzucconi, che suonano con me da anni, abbiamo anche un nuovo drummer, Ramon Rossi. Ramon è una macchina da guerra. Adoro suonare con lui! Per rispondere alla tua domanda, penso che registreremo tutti gli show; forse ne filmeremo pure uno… ho parecchio materiale live con Paice, magari un giorno pubblicherò un dvd!
So anche che alcuni pezzi per il secondo capitolo di Moonstone sono già scritti e in parte registrati. Ci sarà ancora la partecipazione di tanti ospiti, o sarà tutto più concentrato sulla band del tour?
Sì, ci sono cinque canzoni pronte per il nuovo album: sono proprio contento di come suonano. Sto scrivendo l’album a quattro mani con Del Vecchio e sta uscendo veramente una figata. Come genere siamo lì, classic rock intriso di blues, ma come dire… c’è un suono più “da band”! Ian Paice ha registrato un paio di pezzi (usando il cowbell di Burn!!!, Ndr) ma sicuramente ci sarà un solo cantante per tutto l’album! voglio dare più omogeneità al disco.
Parliamo un attimo di “Time to Take a Stand”. La gestazione dell’album è stata molto lunga, faticosa e travagliata, soprattutto nella fase tra la fine delle registrazioni e la vera e propria pubblicazione. Cosa è successo in quegli anni? Perché non riuscivi a pubblicare il tuo lavoro?
Sì, è stato veramente un lungo lavoro… Sai, per fare i dischi ci vogliono tempo, soldi e sacrifici! Inoltre era la mia prima esperienza come produttore… Non è facile fare scelte artistiche, soprattutto se le devi fare per te stesso! Ci ho messo molto pure a trovare una record company, e purtroppo, a conti fatti, Majestic Rock non si è rivelata all’altezza della situazione. Poca promozione e tanti altri problemi…
In ogni caso sono molto soddisfatto! In fondo è solo il mio primo album no? Di certo, cambierò casa discografica!
Facciamo ancora un passo indietro. Il tuo è sicuramente un progetto ambizioso; come ti è nata l’idea? E, concretamente, come sei riuscito a contattare tutti i tuoi ospiti?
Io sono un musicista assolutamente normale, non sono uno di quei chitarristi tecnici che fanno faville, ma ho sempre avuto un approccio molto serio nei confronti della musica. Per anni ho perso tempo in situazioni e band non all’altezza della situazione, ed un bel giorno, dopo l’ennesima perdita di tempo, ho deciso di farmi un mio progetto. E da qui nasce Moonstone Project!
Con Ian Paice ci conoscevamo da anni… gli ho proposto delle canzoni, gli sono piaciute e le abbiamo registrate. Da lì in poi, con Paice a bordo, è stato tutto molto più facile.
Chi ha registrato dal vivo con te, e chi ti ha mandato i pezzi?
Con Paice abbiamo registrato dal vivo in studio… tutti gli altri guest hanno registrato le session nei loro studio. Sai, oggi è molto più semplice poter fare delle session nel proprio salotto, e siamo diventati tutti un po’ più pigri ;-))
Raccontami un aneddoto divertente su qualcuno dei tuoi ospiti del tuo disco.
Sicuramente le session con Paice sono state molto divertenti… Ci prendeva in giro perché noi italiani siamo sempre indaffarati a mangiare!
Glenn Hughes invece all’inizio deve aver pensato che gli portassi una sfiga micidiale, visto che durante le registrazioni ha avuto un incidente in auto e gli è morto uno dei suoi gatti!
C’è stato qualcuno che ti ha fatto davvero arrabbiare?
Assolutamente nessuno dei guest sul mio album! Altri, non presenti sul disco, sì. Ma sono molto più professionale di loro, e non farò nomi.
Chi è stato il più costoso, e chi il più economico?
No comment ;-))
Che commenti hai ricevuto da loro quando l’album è uscito?
Devo dire che tutte le star del disco hanno apprezzato il lavoro, in particolar modo Glenn Hughes, che lo ha definito un “vero lavoro d’amore”.
Anche Eric Bloom, quando ha sentito il lavoro finito, mi ha scritto per farmi i complimenti! Eric è un solitario, ma ogni tanto si fa vivo ed è sempre molto gentile.
Sono stato molto colpito anche dalle decine e decine di review positive che “Time to Take a Stand” ha ricevuto. Che volere di più?
Puoi dirmi il nome di qualche star che non ha voluto essere coinvolta nel progetto? C’era qualche motivo particolare?
John Lawton (Uriah Heep) doveva cantare due brani, ma poi non se n’è combinato nulla. Avevo proposto un brano pure a Carl Palmer, ma non gli piaceva e mi ha detto di no. I soldi non bastano a fare gli album con ospiti prestigiosi… Devi proporre anche song all’altezza della situazione!
Ritroveremo qualcuno di loro nel secondo album?
Come ti dicevo prima, di sicuro Ian Paice. Poi… sorpresa!
Giochino da iena. Dimmi un aggettivo per ogni ospite del tuo primo album.
Ian Paice: paterno
Graham Bonnet: al limite
Eric Bloom: teatrale
Paul Shortino: bluesy
Steve Walsh: sorprendente
Glenn Hughes: soul man
Carmine Appice: tamarro
Tony Franklin: fretless
James Christian: preciso
Kelly Keeling: strepitoso
Come definiresti il tuo suono? Oppure non ti piacciono le etichette?
Mi ritengo un chitarrista che deriva da tutta la tradizione rock americana e inglese dei Seventies. Il mio suono non è sicuramente “unico”, e si ispira a maestri come Blackmore, Hendrix o Page. Mi ritengo un songwriter, più che un chitarrista. Diciamo che mi interessa più scrivere una song piuttosto che un solo! C’è chi lo fa meglio di me, non sono mai stato un grande studioso, non ho mai passato le ore a fare scale. Sono un istintivo fannullone musicale;-))
Cos’è per te “musica”? Esiste musica buona e musica cattiva? E soprattutto, la musica buona sta tutta in un genere, e lo schifo sta dall’altra parte?
La musica è la mia vita. Ma non esiste musica buona o cattiva. E nemmeno dovrebbero esistere etichette. Diciamo che da istintivo percepisco musica fatta col cuore e musica fatta in cinque minuti per vendere. E’ un po’ un discorso da hippy rincoglionito, ma la penso così. Mi può emozionare sia un brano degli Abba che uno dei Judas Priest!
Cosa ti piace ascoltare nel tempo libero?
Oggi ho ascoltato i Grand Funk Railroad e gli Abba. Tra le band recenti apprezzo molto gli Audioslave. Grande groove.
A proposito… Tra registrazioni, ospitate, date dal vivo, viaggi per l’europa eccetera eccetera… il tuo tempo è sempre molto stretto. La musica è la tua attività principale, oppure hai anche un lavoro “canonico”? Se sì, come fai a conciliare tutto questo?
No, ho anche un lavoro “canonico”, non vivo solo di musica. Come riesco a conciliare le due cose? Qualcuno lo dovrebbe spiegare pure a me! E’ veramente un casino, ma è tutto molto rock!
Chi ti è stato più vicino in questi anni, e ti senti di ringraziare?
Sicuramente i miei familiari e gli amici più cari… ma anche chi mi ha riservato cattiveria ed invidia. Se qualcuno perde tempo a dire cattiverie su di te, significa che qualcosa devi pur avere combinato no?
Salutiamo Matt e lo lasciamo ai preparativi per il suo tour con Glenn Hughes. Si tratta di otto date, dalla Lombardia alla Sicilia, alcune nei club, altre in teatri, altre ancora all’aperto. Il calendario completo è consultabile su questo sito.