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Mystical Fullmoon (Gnosis)

Di Angelo D'Acunto - 19 Maggio 2010 - 17:18
Mystical Fullmoon (Gnosis)

I Mystical Fullmoon sono un’interessantissima realtà avantgarde black metal italiana, da poco tornata in pista con l’ottimo Scoring A Liminal Phase, album che è stato subito capace di distinguersi per il suo stile originale e complesso. Abbiamo rivolto qualche domanda a Gnosis (voce, basso, programmazioni elettroniche), il quale ha risposto ai nostri quesiti in modo molto approfondito e dettagliato. Buona lettura.


Intervista a cura di Giuseppe Abazia

Scoring A Liminal Phase è il vostro nuovo album dopo ben dodici anni dal precedente Beyond Somber Passages; come mai un’assenza così lunga? Cosa vi ha tenuto lontani dalle scene? Puoi farci una breve panoramica sulla storia dei Mystical Fullmoon dalla loro nascita, sedici anni fa, fino ad oggi?

Una assenza così lunga è stata principalmente motivata dall’instabilità della line-up, fra 1999 e 2001, a causa dell’abbandono contemporaneo di entrambi i chitarristi; successivamente, ci siamo presi il nostro tempo per ricostruire l’identità della band, i suoi obiettivi artistici, e conseguentemente comporre il nuovo repertorio che è stato infine pubblicato su “Scoring a Liminal Phase”. Se, da un lato, ci avrebbe fatto piacere riuscire a tornare sulle scene precedentemente, di contro siamo contenti di non aver affrettato inutilmente le tempistiche del nostro lavoro, e di essere ritornati all’attenzione del pubblico con un prodotto maturo di cui siamo del tutto soddisfatti. Del resto, per noi l’attività musicale non è un passatempo frivolo, magari con una “data di scadenza” dettata prima o poi da motivi anagrafici, è una vocazione nonché una missione che trascende tutte le altre triviali incombenze della vita quotidiana, per cui non ci sentiamo né vecchi né stanchi, malgrado una gavetta così lunga.
La storia della band è lunga, piena di cambi di line-up e quindi mediamente tediosa: i MF nascono a fine 1994 per volontà del batterista Equinoxe e del cantante/chitarrista Thaumiel, negli anni successivi la formazione viene ampliata e si giunge al primo demotape autoprodotto, “Through Somber Passages”, del 1997 (con Rob Klister dei Bulldozer come fonico!), demo che riceve consensi unanimi e ci porta rapidamente a firmare con la neonata Alkaid Records, che all’epoca produceva anche Theatre des Vampires e Maldoror. Per l’Alkaid esce “Beyond Somber Passages”, ristampa del demo rimasterizzato con due brani inediti in aggiunta, limitata a 1000 copie in digipack, di cui le prime 300 numerate a mano. Ma l’etichetta fallisce poco dopo, il disco patisce quindi una quasi totale assenza di promozione e una distribuzione lacunosa; noi ci autofinanziamo un promo cd nel 2000 con due brani inediti, e l’anno successivo registriamo (più come divertissment che come release ufficiale) un live, durante un concerto con i Mortuary Drape.
Dal 2001 in avanti ricominciamo a riordinare le idee e a ricompattare la line-up, con il fine ultimo di registrare un nuovo disco… il resto della storia sarebbe solo un elenco di dati inutili, e di persone che non meritano di essere menzionate. Di certo sentiamo di dover recuperare la visibilità (seppur relativa) che avevamo dieci anni fa, in ogni caso il passato è passato, ora abbiamo per le mani un grande disco e siamo molto motivati ed eccitati per gli obiettivi che vediamo all’orizzonte, per cui ai problemi del passato guardo con distacco epicureo, è il futuro quello che mi interessa di più.

Beyond Somber Passages era un album di black metal melodico più classico, mentre Scoring A Liminal Phase traghetta il vostro stile verso lidi molto più ambiziosi e ricercati, e mette in luce una gamma d’influenze molto vasta. Come siete approdati a questo tipo di evoluzione? Ci sono gruppi o generi musicali specifici a cui vi rifate per incorporare tanti elementi nel vostro sound?

La nostra è stata un’evoluzione spontanea e progressiva che, nel bene e nel male, ha potuto giovare dei suddetti dodici anni di maturazione per arrivare a pieno compimento. La differenza stilistica fra le due release nasce dai diversi obiettivi artistici ad esse sottese: “Beyond…” era un prodotto a suo modo ancora adolescenziale, realizzato con un budget modesto e con uno stile ancora canonico e manieristico, perché all’epoca ci andava bene suonare in questo modo e non ci ponevamo degli obiettivi artistici di maggiore portata. “Scoring…”, di contro, nasce dalla precisa volontà di realizzare un disco originale ed ambizioso, dove poter esprimere tutta la nostra esperienza e la nostra determinazione, lasciando ampio spazio a contaminazioni con generi musicali che amiamo da molti anni, quali l’industrial, il progressive rock, l’elettronica, la classica e persino il jazz. Volevamo approdare ad uno stile che fosse intrinsecamente NOSTRO, quindi unico e riconoscibile, e come tale doveva essere il punto d’incontro dei nostri eterogenei gusti musicali, nonché rappresentare uno sfogo libero per la nostra creatività. La cosa difficile, sulla quale abbiamo dovuto lavorare a lungo, è stato appunto comporre con una mentalità aperta, senza preconcetti e forzature, e allo stesso tempo mantenere il giusto mood e il giusto impatto che si confà ad un disco di metal estremo. Direi che il risultato è stato centrato, “Scoring..” non è un disco perfetto ma siamo molto soddisfatti di ciò che siamo riusciti a conseguire.
A livello di influenze esterne, siamo degli ascoltatori di musica curiosi ed onnivori, cerchiamo di non avere pregiudizi ma di raccogliere stimoli e suggestioni in ogni dove. Di conseguenza, non è possibile stilare un elenco di gruppi di riferimento, ci sono casomai molti gruppi che stimiamo e che nel corso degli anni ci hanno colpito, potrei citare Samael, Dismember, Novembre, Abigor, Dissection, Iron Maiden, Absu, Satyricon, ma anche King Crimson, Portishead, Eisturzende Neubauten, Sonic Youth, Porcupine Tree, così come Celtic Frost, Mortuary Drape, Mercyful Fate, Burzum, Morbid Angel, per non dimenticare sicuramente il filone scandinavo più d’avanguardia, ovverosia Ulver, Arcturus, Solefald, Dodheimsgard, Fleurety…

Le canzoni Di Scoring A Liminal Phase sono molto lunghe e complesse, e ognuna di esse è ricca di sfaccettature; come funziona il vostro processo compositivo, come nascono le vostre canzoni? Viene prima la musica, o vengono prima i testi?

Vengono prima i testi, sempre e comunque. E’ un processo compositivo che abbiamo abbracciato più di dieci anni fa, e che ormai è parte integrante dell’identità della band. In pratica, la musica viene costruita sul testo, analizzando meticolosamente il significato e il mood di ogni singola frase, in modo che gli arrangiamenti si sviluppino con un approccio narrativo, con grande cura in ogni minimo dettaglio. E’ come se la musica costituisse una costante colonna sonora al contenuto delle liriche, parole e note avanzano all’unisono, parallelamente, rafforzandosi a vicenda per creare una coerenza artistica fortissima. E’ grazie a questo metodo che i brani risultano essere così variegati e sfaccettati, l’unico filo logico che dobbiamo seguire è quello visionario ed empatico delle liriche, per cui non c’è mai nulla di scontato o di canonico, nella misura in cui le nostre liriche non sono né scontate né canoniche.

I testi, per l’appunto, hanno grande importanza nel vostro approccio alla musica, ed è evidente che è stata spesa grande cura nella realizzazione del concept tematico di Scoring A Liminal Phase. Puoi parlarci un po’ più approfonditamente del significato dei vostri testi?

Anche in virtù del nostro approccio compositivo, i testi ricoprono un importantissimo ruolo nell’economia del nostro stile. Essendo quasi tutti frutto della mia penna, posso parlarne non cognizione di causa: in sostanza, sono tutti testi legati a studi ed esperienze occulte, ma non mancano riferimenti alla fisica quantistica, secondo il motto che “qualcuno” saggiamente coniò: “the method of science, the aim of religion”. I contenuti ultimi delle liriche sono sempre celati da metafore e riferimenti criptici, che possono essere letti fra le righe solo da chi già possiede le giuste chiavi di interpretazione; per tutti gli altri, restano dei testi evocativi pieni di immagini suggestive e visionarie, che possono comunque comunicare qualcosa di particolare. Mi è sempre piaciuta l’idea dei diversi livelli di lettura/comprensione, oltre che dei dettagli celati che consentono la quadratura del cerchio – metaforicamente, e non solo, parlando.

Leggendo i testi dal booklet, fra l’altro, ho notato che spesso la loro composizione risale anche a molti anni fa, sintomo del fatto che – correggimi se sbaglio – Scoring A Liminal Phase è il risultato finale di un lavoro iniziato parecchio tempo fa. Come mai l’album ha visto la luce solo in tempi recenti?

Hai colto nel segno, abbiamo voluto precisare le date di composizione dei testi per far capire che “Scoring..” è un disco che non nasce per caso, ma da anni di duro lavoro, le idee c’erano tutte in nuce già nel 1999/2000, a voler ben vedere. Ma erano, appunto, in nuce, non definite e non evolute, ed è su questa maturazione che abbiamo investito le nostre energie. Crediamo sommamente nella qualità piuttosto che nella quantità, quindi piuttosto che sprecare tali e tante idee in un disco assemblato frettolosamente, abbiamo preferito lavorare con calma e ponderazione fino a che non ci siamo sentiti convinti del risultato finale. Se a questo unisci una certa instabilità di line-up (perlomeno, nel periodo 1999-2001) nonché la difficoltà a recuperare un contratto discografico, capisci che si fa in fretta a trovarsi con così tanti anni di (apparente) silenzio, era un handicap che avevamo preventivato ma, dovendo fare scelte, abbiamo preferito investire sulla qualità della musica e sulla coerenza del messaggio artistico, piuttosto che affrettare inutilmente i tempi pur di ritornare ad avere visibilità nella scena. Nel mentre, comunque, abbiamo anche avuto modo di fare un tour con i Dismember, per cui non siamo esattamente rimasti con le mani in mano!

Le sezioni orchestrali presenti sull’album sono opera della Bulgarian National Radio Orchestra; com’è stato lavorare con un’intera orchestra? E’ stato difficile integrare le sezioni orchestrali col resto della musica?

Parto dalla seconda domanda: non è stato affatto difficile integrare le parti orchestrali nella struttura dei brani, nella misura in cui erano già presenti fin dall’inizio, non si tratta di parti aggiunte in un secondo momento. Più che altro, in un primo momento la nostra idea era quella di suonarli con strumenti di sintesi (hardware o software che siano), non avremmo mai pensato di poter lavorare con una vera orchestra. Il merito di questa collaborazione è da appuntare solo e soltanto ad Alex Azzali, il produttore artistico che ha seguito la realizzazione del disco: lui aveva dei contatti consolidati nell’ambiente dell’Orchestra della Radio di Stato Bulgara, ed è quindi riuscito a organizzare due giorni di registrazione in uno dei migliori studi di Sofia, tra l’altro usufruendo di Ivan Petron Ianakov (un famoso pianista bulgaro) come direttore degli archi; perché, per amor di correttezza, non si è trattata dell’intera orchestra ma di una sezione di archi di circa 15 elementi.
Lavorare con un’orchestra è stato senza dubbio un evento storico per noi, sia per la sua importanza in termini di esperienza professionale, sia perché la timbrica unica di una vera sezione d’archi ha aggiunto qualcosa di più alla pasta sonora del disco, e al suo mood globale.

 

Sebbene la complessità del vostro stile mal si presti a riduttive categorizzazioni, l’universo a cui appartenete è quello del black metal. Non di rado gli artisti metal italiani lamentano la poca coesione e poca serietà della nostra scena; voi che idea vi siete fatti? Più nello specifico, che aria tira nella scena black (che è quella a voi più vicina)?

Essendoci confrontati con musicisti stranieri, nonché con pubblici stranieri, verrebbe da dire che in Italia non esiste una reale scena, punto e basta. Ma, per quanto questa affermazione sia fondamentalmente vera, è troppo facile fare i disfattisti con sentenze assolute, per cui cercherò di argomentare: in Italia non si può parlare di una vera scena perché i gruppi black italiani sono numerosi, ma sono quasi tutti senza personalità e senza ambizioni, il dilettantismo e il provincialismo vigono sovrani; il pubblico è molto esterofilo, e spesso e volentieri non dimostra una vera attitudine underground; sono quasi inesistenti i locali dove poter allestire uno spettacolo realizzato, seppur nei limiti del genere, in modo professionale e qualitativo. Se a questo uniamo una cronica mancanza di rispetto per il musicista in quanto tale, che è da sempre presente nella società italiana, il gioco è fatto. All’estero non ci prendono sul serio, e fanno bene, perché la “scena” italiana appare più come un palcoscenico per dilettanti allo sbaraglio, piuttosto che un ambiente dove persone con talento, serietà, passione ed ambizione uniscono le loro forze per crescere insieme e creare qualcosa di importante. Ovviamente ci sono numerose eccezioni a questa regola (per fortuna!), ma lo scenario generale non mi sembra invitante.

Che puoi dirci della vostra attività live? Avete in programma concerti per il prossimo futuro? c’è qualche gruppo in particolare con cui vi piacerebbe suonare? Fra l’altro, chi è il vostro batterista dal vivo (dal momento che su disco si tratta di una drum machine)?

Al momento l’unica data sicura è quella di sabato 15 maggio di spalla ai Wolves In The Throne Room a Biella, insieme ai Tronus Abyss; stiamo raccogliendo contatti ed inviti per altri concerti, prevalentemente nel nord Italia, ma a questo punto credo che saranno tutti a data da destinarsi, dopo la pausa estiva. Per quanto per noi sia più importante l’attività di composizione e registrazione, devo dire che suonare dal vivo ci piace molto, il problema è che in Italia si deve sempre scendere a compromessi con organizzazioni dilettantesche e locali raccapriccianti, motivo per il quale abbiamo scelto di essere un po’ più severi e selettivi nel valutare le opzioni concertistiche, in modo da evitare situazioni con standard troppo bassi. In passato ci siamo trovati a suonare in buona fede in locali veramente infimi, finendo nella condizione di proporre uno spettacolo poco soddisfacente – perlomeno, dal nostro punto di vista. Questo per me è inconcepibile, anche perché nutro il massimo rispetto per il pubblico pagante che si prende il disturbo di venire ad assistere al concerto e non voglio essere costretto a suonare male a causa di mancanze ed incompetenze altrui.
I gruppi con i quali ci piacerebbe dividere il palco sono, ovviamente, quelli con i quali siamo cresciuti, quindi Samael, Immortal, Arcturus, Emperor, Novembre, Satyricon (per citare una manciata di nomi), vedremo se saremo così fortunati a realizzare almeno qualcuno di questi obiettivi.
Devo correggerti: le parti ritmiche del disco sono state registrate dal nostro storico (ed ormai ex) batterista Equinoxe, che oltre ad essere un ottimo musicista ha dato un contributo compositivo fondamentale per definire l’identità di “Scoring…”. Subito dopo le registrazioni dell’album le nostre strade si sono separate consensualmente ed amichevolmente, ed è per questo che non appare nelle foto promozionali, realizzate alcuni mesi dopo le recording sessions. I batteristi che abbiamo provato nei mesi successivi non si sono mai dimostrati all’altezza del compito, o per motivi attitudinali o tecnici, per cui ad un certo punto abbiamo abbracciato l’utilizzo di una drum machine, scelta peraltro coerente con le influenze industrial che abbiamo da molti anni. Per cui dal vivo utilizziamo un Imac collegato ad una scheda audio multicanale, un’uscita stereo è dedicata solo alla drum machine e passa da un compressore valvolare prima di essere mandata al mixer di sala. Devo dire che ci troviamo molto bene a lavorare in questo modo, peraltro il tastierista Arcanus Incubus è un fonico professionista per cui l’aspetto tecnico di questo set up è sempre gestito con la massima competenza e precisione.

In alcune tracce ci sono contributi vocali di Wildness Perversion dei Mortuary Drape e di Aphazel degli Ancient; come siete entrati in contatto con loro?

Anche per quanto riguarda le collaborazioni di Aphazel e Wildness Perversion si è trattato di un qualcosa nato spontaneamente: siamo amici di entrambi da metà degli anni Novanta, hanno sempre supportato molto l’attività dei MF, per cui ci è sembrato un atto quasi doveroso invitarli a prendere parte al disco, invito che entrambi hanno recepito con molto entusiasmo, registrando delle ottime parti vocali; considera che Aphazel, che all’epoca abitava ad Atene, è venuto a Milano apposta per lavorare in studio con noi, anziché registrare i suoi contributi ad Atene come gli avevamo inizialmente proposto, in modo da minimizzargli i disagi. Questo per me è sinonimo di supporto genuino e di passione per la musica, molto più di tanti altri atteggiamenti di facciata che si vedono in giro.

Forse è un po’ presto per iniziare a parlarne, ma avete già iniziato a buttare giù qualche idea su come far evolvere il vostro sound in futuro? O magari avete già del materiale preliminare per il prossimo album?

Possiamo già fare una panoramica di massima sul nuovo materiale, dato che abbiamo già cinque brani pronti per una futura release. Il nostro approccio compositivo discende sempre dalla più totale spontaneità, e nel comporre questo nuovo materiale ci siamo resi conto di voler realizzare un disco più aggressivo e più d’impatto rispetto a “Scoring…”, senza comunque venir meno alle istanze progressive e sperimentali che caratterizzano tale lavoro. Senza esagerare, posso dire che si tratta del migliore materiale che abbiamo mai composto, i riff sono molto più tecnici e personali, gli arrangiamenti sono più elaborati ma al tempo stesso più scorrevoli, c’è una ricerca molto più sofisticata nei suoni di tastiera e synth, il mood che ne deriva è dannatamente oscuro e maestoso, ma sempre con il nostro peculiare trademark.

Ok, è tutto. Lascio a te la conclusione dell’intervista, e vi faccio i miei complimenti per Scoring A Liminal Phase, album che ho apprezzato molto e che vi definisce senz’altro come una delle band più interessanti del panorama estremo italiano.

Ti ringrazio per i complimenti, concludo l’intervista invitando tutti a connettersi sulla nostra pagina My Space (www.myspace.com/mysticalfullmoon) per ascoltare estratti dall’album e per restare sempre aggiornati sui nostri progetti futuri. Hail wisdom!

Giuseppe “REINHART” Abazia