Natron (Max Marzocca)
I Natron sono la vera
istituzione del brutal italiano: una carriera più che decennale costellata di
ottimi album ha consolidato una reputazione già ottima in sede live, grazie a
concerti che recentemente li hanno visti di supporto a band di grossissimo nome
(Suffocation su tutti) e come headliners in diversi tour europei.
Purtroppo, però, vuoi per l’innata esterofilia italica, tante volte maledetta,
vuoi per la mancanza di un’adeguata promozione da parte della loro etichetta, la
francese Holy Records, la band non ha avuto i riscontri che meritava: proprio da
qui ho iniziato la chiacchierata col leader di sempre, il batterista Max
Marzocca.
Diciamo che ovviamente quando abbiamo firmato
per loro andava tutto bene: venivamo dall’underground più profondo e
ottenevamo un budget per registrare, distribuzione e promozione capillari… ma
in seguito, non so neanch’io perché, anche a scapito di dischi che secondo me
sono andati sempre migliorando, il rapporto tra noi e loro si è un po’
“sfilacciato”: ci sono stati proposti diversi tour con band più grosse e
loro non ci hanno supportato, anche se sarebbe servito alle vendite dei dischi,
e ormai si limitano a darci un minimo di budget per le registrazioni
dell’album e a farci fare queste 20/30 interviste sui magazines. Noi non siamo
sicuramente soddisfatti, non vogliamo certo cose esagerate ma dopo 13 anni di
carriera desidereremmo almeno maggiore visibilità e non dover gestire da soli
tutto, come faccio io attualmente. Aspettiamo: dopo l’estate e i concerti
programmati si vedrà.
Ma se dovessi fare un bilancio della vostra carriera,
al di là dei problemi creatisi ultimamente con la label, sarebbe più positivo
o negativo?
Guarda, prima di tutto specifico che sinora
c’eravamo trovati bene con la Holy, solo ultimamente abbiamo motivo di
lamentarci per la situazione che ti dicevo…del resto, senza tirare fuori nomi,
è da etichette italiane che
abbiamo preso delle fregature. Ma se devo fare un bilancio è sicuramente
positivo: noi siamo ancora qui, le etichette che citavo non esistono più;
abbiamo fatto svariati tour europei e continuiamo a farli, insomma, siamo
soddisfatti. L’unica cosa che, detto papale papale, mi fa girare le palle è
il fatto che se fossimo venuti dal nord Italia o da una nazione estera, invece
che da Bari, avremmo impiegato la metà del tempo a raggiungere i risultati che
abbiamo ora: il gruppo è ed è sempre stato quello, ma avremmo ottenuto
sicuramente più opportunità, e agli inizi era davvero dura. Ma ce l’abbiamo
fatta lo stesso a farci sentire e le gratificazioni sono state tante, sinora.
Passiamo allora a parlare subito del nuovo disco,
“Livid Corruption”: quali sono stati i responsi della critica e poi
ovviamente del pubblico?
Per quanto riguarda la stampa positivi al 90%,
ma nel pubblico è il 100%! Vedo sul web, la stragrande maggioranza dei media ci
ha recensiti benissimo, a parte qualcosa in Francia, ma per dirti: Rock Hard
tedesco lo ha addirittura paragonato a “World Downfall” dei Terrorizer per
importanza, definendolo uno dei dischi migliori usciti negli ultimi 2 anni! Il
pubblico sinora ci ha dato solo responsi positivi, siamo contentissimi di come
è stato accolto: ci è venuto dal cuore, era il disco death che volevamo dare
da una vita e ci soddisfa a pieno, al 100%.
Avete snellito i pezzi, tra l’altro, con un sound
decisamente diretto anche se sempre molto tecnico…
Diciamo che abbiamo voluto essere un po’ più
“song-oriented”, renderci più comprensibili ma senza nessuna logica
commerciale, solo fare pezzi più immediati e memorizzabili. Poi c’è stato un
grande lavoro di arrangiamento, ma il punto di forza sono le vocals di Mike, che
credo sia uno dei migliori cantanti death d’Europa, e le recensioni ce lo
confermano. Poi l’uso di intro e outro, delle melodie più oscure…
l’obiettivo era comunicare quelle sensazioni veramente negative tipiche del
death metal. Abbiamo riordinato il nostro stile e abbiamo tirato fuori questi
disco, ma in modo del tutto spontaneo. Per le stesse fasi di produzione e
miraggio ci siamo affidati a due studi che ci hanno soddisfatto: il Jolly Roger
di Bari, aperto da poco, in cui abbiamo voluto provare e che da giugno ci ha
visti entrare a registrare con le idee molto chiare, senza poi la pressione del
tempo, inevitabile in studi esteri. Poi siamo andati negli studi di Anders
Lundemark dei Konkhra, in Danimarca, che ha lavorato sui dettagli della
produzione digitalizzando solo un poco il suono. Per la prima volta abbiamo
usato anche dei computer, ma solo in modo intelligente e moderato, il gruppo non
ha bisogno dei trucchi di vario tipo che ProTools ti può fornire.
Ho apprezzato anche l’artwork, che so essere di due artisti italiani…
Sì, Marcello Rispo che si è occupato della
cover, mentre del retro si è preso cura un giovane artista anconetano, Lorenzo
Mariani…
Che ha già disegnato, tra le altre, la cover
dell’ultimo Darkthrone e che ha uno stile molto particolare!
Sì, ed è bello perché va controcorrente! Come anche
le registrazioni, si cerca qualcosa di nuovo… lui invece che lavorare coi
computer usa la matita ed ha ottimi risultati. Per la cover eravamo già
d’accordo con Marcello, ma gli ho richiesto questo “ritratto” del gruppo
in versione “zombie”, lui me l’ha mandato e l’abbiamo voluto inserire
assolutamente. Spero che possa lavorare su progetti più personali in futuro ed
avere il giusto successo.
Chiudiamo la carrellata sul nuovo album parlando del vostro primo
videoclip, girato per “House of Festering”: mi puoi parlare della sua
realizzazione?
E’ stata un po’ un’improvvisata: coi ragazzi dello
studio di registrazione, il Jolly Roger, che si occupano anche di produzioni
video, abbiamo deciso una domenica pomeriggio, in 4 ore, di andare in una specie
di vecchia fattoria in disuso dalle parti di Taranto e interpretare le anime che
infestano questa costruzione, torturate dal cantante, Mike, che è anche il
“narratore”. Abbiamo voluto qualcosa di diverso dalle solite produzioni
death e grind; penso che la prossima volta faremo qualcosa più nella vena pulp,
ma per i mezzi che avevamo credo che questo sia un ottimo video.
Vorrei ora conoscere il tuo parere da “veterano” sulla scena death
metal attuale, sia in Italia che all’estero: come vedi questo filone musicale
di questi tempi?
Beh, io sono anni che lo vedo bene! (risate, nda)
Diciamo che c’è stato questo momento d’oro per il death nei primi anni
’90, quando anche grosse label come la Roadrunner, la Nuclear Blast si sono
basate molto su questo genere, poi è un po’ scemato l’interesse. Ma a
livello di popolarità siamo sempre lì… dal punto di vista qualitativo
ringrazio che le band storiche continuino a fare ottimi dischi, trainando la
scena, ma tra le nuove leve troppi scimmiottano senza personalità, magari perché
non sentono quello che suonano. Mi piacciono i Nile, i Cryptopsy, i Dying Fetus,
gli Aborted, gli Spawn of Possession, i Necrophagist perché hanno tutti
qualcosa di riconoscibile; poi i Nasum nel grind, che purtroppo ora non penso
potranno andare avanti, ma sono stati il gruppo grind dell’ultimo decennio. E
poi apprezzo i Mastodon, che non c’entrano ma hanno saputo unire alla grande
death, Black Sabbath e hardcore in un suono omogeneo e ben fatto.
Ok Max, direi che possiamo concludere la nostra
chiacchierata parlando dell’aspetto live: avete un tour europeo ma anche dei
festival estivi in programma, non è così?
Sì, esatto: il 31 marzo partiamo per il tour
europeo con gli Underhate come supporto, più altre band nelle singole date [l’intervista
si è svolta a metà del mese di marzo, nda]; sono 2 settimane di tour in
giro per il continente e poi abbiamo questi festival già fissati in Italia,
Francia e Belgio,con diversi buoni gruppi insieme a noi. Dopodiché vedremo cosa
fare con l’etichetta, per il momento non facciamo piani: in teoria avremmo
un’altra opzione con la Holy, ma vedremo un po’ che decisioni prendere.
Alberto ‘Hellbound’ Fittarelli