Pathosray (Fabio D’Amore)
Abbiamo raggiunto Fabio D’Amore, bassista dei friulani Pathosray,
per parlare di
Sunless Skies, nuova release che conferma tutto
quello che è il valore di una fra le realtà più interessanti del panorama
musicale tricolore. Buona lettura.
Ciao Fabio e bentornato sulle pagine di TrueMetal.it
Cominciamo con la prima novità: il passaggio dalla Sensory alla Frontiers
Records. Cosa vi ha portato a questo cambiamento? Che ne pensate del lavoro che
sta svolgendo per voi questa nuova label?
Ciao e grazie mille per averci dato ancora una volta la possibilità di farci
conoscere tra i vostri lettori!
Diciamo che è stato un cambiamento molto semplice, un’offerta che non potevamo
rifiutare. La Frontiers ci ha ascoltati e gli siamo piaciuti parecchio, e dato
che stavamo per registrare il nuovo album e per programmare la release, abbiamo
pensato che fosse un’opportunità da non perdere. Questo ci porterà sicuramente
ad avere una promozione più vasta nel mercato, ma anche, da non tralasciare, a
farci finalmente conoscere degnamente nella nostra penisola.
Già da questi primi mesi di collaborazione abbiamo notato una certa
professionalità e un ottimo feeling, che potrà solo portare buoni frutti.
Indubbiamente il disco precedente è stata una delle migliori sorprese dell’anno
2007. È cambiato qualcosa nella carriera dei Pathosray da due anni a questa
parte?
Beh, sicuramente grazie al nostro primo album siamo stati notati in giro per il
mondo, grazie anche ad alcune performance all’estero, e già per noi questo è
stato un risultato eccezionale.
Le recensioni e i feedback che abbiamo ricevuto sono stato senz’altro più che
positivi, non potevamo desiderare niente di meglio! Ovviamente non siamo e non
diventeremo mai delle rock-star, ma la soddisfazione è quel elemento che ti
ripaga appieno, più di qualsiasi tipo di guadagno.
Come già avevamo avuto di modo di vedere con il full-length precedente, anche
nel caso di Sunless Skies ci troviamo di fronte ad un artwork di forte impatto.
Che cosa rappresenta?
Voglio premettere che l’artwork è stata realizzata dall’artista cileno Gonzalo
“Genzo” Ordonez, molto stimato nel suo campo e facente parte la Devian Artist
community.
Senza dubbio è un’artwork di fortissimo impatto, forse anche di più del primo
capitolo.
Volevamo rappresentare quelli che secondo noi saranno i figli del futuro,
persone completamente automatizzate, senza cervello, plagiate dai media e senza
alcuna propria sensibilità e spirito critico.
Il disegno della copertina è in qualche modo legato anche ai testi? Vuoi dirmi
di cosa parlano e da dove arriva l’ispirazione?
Crediamo che all’interno della società moderna vi siano dei veri e propri
problemi, legati all’uomo e a quello che lo circonda. Non si tratta comunque di
un concepì album, né musicale, tanto meno lirico, ma esiste sicuramente un filo
conduttore, che ogni componente della band ha seguito, senza però nessun vincolo
e nessuna scelta programmata.
L’ispirazione avviene appunto da situazione che abbiamo osservato, che ci hanno
shockato e di cui valeva la pena parlare, a proposito di religione, politica,
amore, qualsiasi tipo di dipendenza, suggestioni interne e alienazioni. Sempre
ponendo l’uomo al centro delle tematiche.
Parliamo della genesi di Sunless Skies: come si sono svolte le fasi di
composizione e realizzazione del disco?
Abbiamo cominciato a scrivere il nuovo materiale già durante la fase
promozionale di “Pathosray” e avevamo già ben chiaro quello che volevamo
dall’album, sarebbe poi diventato “Sunless Skies”.
Alla fine della primavera 2008 ci siamo voluti concentrare su una pre-produzione
di quattro brani, che ci sarebbero serviti a testare il feeling dei pezzi ed essere
sicuri sulle sonorità generali dell’album. Il risultato è stato stupefacente e
abbiamo deciso di continuare con la pre-produzione, anche se in maniera meno
dettagliata, anche degli altri brani. Mentre Ivan ha curato quasi tutto il
processo di songwriting delle musiche, io e gli altri ragazzi abbiamo lavorato
molto sui testi e siamo riusciti a completare il tutto in tempo per iniziare a
registrare a metà novembre, come avevamo programmato. Le registrazioni si sono
svolte all’Artesonika studio, lo studio che io e Ivan gestiamo e di cui siamo
proprietari. Questo ha fatto si che potessimo lavorare con una certa
tranquillità, che si ha permesso di sviluppare la maggiorare degli arrangiamenti
direttamente sul campo, senza però perdere di vista le date in cui avremmo
dovuto spedire il materiale in Svezia.
Il disco è stato mixato e masterizzato in Svezia da Johan Ornborg and Jens
Bogren nei Fascination Street Studios. Come mai avete deciso di “trasferire”
all’estero questa fase della produzione?
Era lo studio che volevamo dovessi mixare il nostro nuovo album. Jens e Johan
hanno prodotto e realizzato un sacco dei nostri lavori preferiti, sia per quanto
riguarda la musica che poi specificatamente la produzione tecnica. Ci siamo
messi in contatto con loro la scorsa estate e siamo riusciti ad arrivare ad un accordo
per il febbraio successivo. Non possiamo che essere estremamente soddisfatti del
lavoro che hanno fatto e non escludiamo affatto che possano anche mixare e
masterizzare i nostri lavori futuri.
Fra i momenti migliori del disco posso dire che al primo posto c’è sicuramente
The Coldest Lullaby, fermo restando che la qualità dell’intero lavoro rimane
comunque su buoni livelli, a volte anche molto alti. Ci sono pezzi che
preferisci
di più rispetto ad altri?
Sicuramente all’interno del gruppo ognuno, in base anche al proprio background
musicale e i propri gusti, ha un brano che preferisce di più, rispetto agli
altri, anche perché bisogna dire che in questo nuovo album, musicalmente
parlando, ce n’è veramente per tutti i gusti!
Personalmente, non potrei scegliere un brano in particolare. Giustamente hai
citato forse il brano più diretto dell’intera release, ma se volessimo fare
proprio una summa di quello che è il sound Pathosray, potrei dirti che la
canzone “Poltergeist” lo riassume pienamente, avendo al suo interno un po’ tutte
quelle che sono le nostre influenze musicali e ciascun elemento trova la sua
massima espressione e il suo spazio, sia a livello tecnico, che melodico.
Nella stessa The Coldest Lullaby e anche in altre tracce del disco, c’è la
presenza di una voce femminile. Di chi si tratta? Ci sono altri special guest
presenti all’interno di questo lavoro?
La guest vocalist che appare su “The Coldest Lullaby” è Klaaire, la cantante
dell’altro gruppo dove io e Ivan suoniamo, ovvero i Syrayde. Avevamo bisogno di
una voce femminile molto potente, che avrebbe dovuto interpretare al meglio la
seconda strofa e sorreggere il ritornello quasi in maniera solista, e il
risultato è stato straordinario.
L’altra vocalist è una cantante che non arriva sicuramente dal genere hard’n’heavy,
si chiama Silvia Marchesan, ed ha una voce molto intensa, di feeling black/soul.
Ha cantato sull’intermezzo strumentale “Perpetual Eclipse” e sul finale di
“Poltergeist” e quello che abbiamo ottenuto rispecchia alla perfezione l’idea
che avevamo in testa.
Che riscontri ti aspetti da parte di pubblico e critica dopo la release di
Sunless Skies?
Già in questo primo periodo, che precede però la release, stiamo avendo un sacco
di riscontri positivi e non avremmo potuto iniziare nella maniera migliore. Non
ci aspettiamo niente di preciso, non vogliamo né farci illusioni, né sminuire
quello che è un netto passo in avanti rispetto al passato, sotto tutti i punti
di vista. Crediamo che solo il tempo ci potrà dare ragione o torto, ma noi
rimaniamo comunque più che soddisfatti.
Nello scorso ottobre avete partecipato al ProgPower Europe Festival. Che ricordi
conservate di questa esperienza?
E’ stata senza dubbio una delle esperienze migliori fin qui nella nostra
carriera, assieme a quella al Prog Power USA, ad Atlanta.
Ovviamente il calore del pubblico e il numeroso afflusso, ad entrambi i
festival, è stata la carica in più che ci ha permesso di esprimerci al meglio,
per coronare quello che per noi fino a qualche mese prima era solo un sogno. Il
viaggio, l’incontro coi fan e l’aver conosciuto un sacco di nuove persone sono
le cose che ci porteremo dentro per sempre, con la speranza di poterle presto
riprovare.
Che cosa ne pensi della scena metal italiana, sia per quanto riguarda il
progressive, sia per gli altri generi?
La scena metal italiana è molto attiva e proficua, anche per quanto riguarda il
progressive rock/metal. Ma ad esser sinceri, non siamo per niente contenti di
quello che è il clima di continua rivalità e volontà di volersi superare, della
maggior parte delle band che troviamo nel nostro Paese. Questa cosa non gioverà
mai a nessuno, ed ovviamente i new comers, come possiamo esserlo noi o altri,
restano sicuramente più penalizzati, rispetto ai gruppi storici.
Come vedi invece la situazione internazionale? Ci sono gruppi che ti piacciono
di più rispetto ad altri?
Siamo senza dubbio tutti dei fan accaniti degli Opeth, e dei Symphony X,
all’interno del gruppo, tanto per citare alcuni nomi. Sono sicuramente delle
band che ci influenzano molto dal punto di vista compositivo, ma che non sono
però l’unica nostra fonte d’ispirazione.
Sono solo l’esempio di due band che riescono sempre ad impressionarci un sacco
sia su disco che dal vivo!
Che programmi ci sono nel futuro dei Pathosray? Farete qualche data in giro per
la nostra penisola (o magari anche all’esterno) per promuovere questo vostro
nuovo lavoro?
Sicuramente abbiamo l’intenzione di fare più concerti possibili, sia all’estero
che qua in Italia, per poter promuovere “Sunless Skies” nella maniera più
completa. Purtroppo non è per niente facile poter suonare tanto nel nostro
paese: spesso notiamo un disinteresse da parte dei locali nel fare suonare
gruppi come noi o affini al nostro genere, e diventa quasi più facile essere
invitati a festival esteri. Molto presto programmeremo anche una tournée di
supporto a qualche gruppo grosso, in giro per l’Europa, sempre che i costi ce lo
permettano!
Questa era la mia ultima domanda, lascio a te l’onore di chiudere l’intervista.
Vi ringraziamo nuovamente per averci dato questo spazio e speriamo che i lettori
di TrueMetal.it possano essere piacevolmente sorpresi dal nostro nuovo album!
Angelo ‘KK’ D’Acunto