Pathosray (Fabio D’Amore)
E’uscito da pochi mesi Pathosray, il disco di esordio dell’omonimo gruppo veneto-friulano che racchiude al suo interno i brani più interessanti prodotti dalla nascita della band ai giorni nostri.
Ho avuto il piacere di fare qualche domanda a Fabio D’Amore, il bassista del quintetto, che ci ha rivelato i motivi del successo di questo esordio discografico e molto altro ancora. Buona lettura!
Come prima domanda ti chiedo di presentare nel modo che ritieni più giusto il gruppo in cui suoni, i Pathosray.
Certamente!
I Pathosray sono un gruppo proveniente dal Triveneto, che suona un ibrido di progressive metal, contenente basi di riff heavy e thrash, ma anche parecchia sinfonia e attenzione alla melodia.
I due componenti originari della band sono Ivan (batteria) e Marco (voce), mentre il resto della line – up è formata da me (Fabio, basso), Gianpaolo (tastiere) e l’ultimo arrivato, Alessio (chitarra).
In che modo gli N.D.E degli inizi si sono trasformati nei Pathosray di oggi? Puoi spiegare il significato di questi monicker?
Gli N.D.E., trasformatisi quasi subito in Pathosray, per problemi di omonimia con un’altra band, hanno affrontato un lungo percorso, che ritengo di evoluzione, nel corso della loro storia.
Inizialmente, la band proponeva un progressive rock/metal, molto intricato, e ispirato ai mostri sacri del genere, quali Dream Theater, ma anche PFM e Banco del Mutuo Soccorso.
Con queste coordinate, il gruppo ha iniziato a scrivere materiale per la realizzazione del primo demo, Strange kind of energies, del 2001, e organizzare un repertorio in modo da poter affrontare dei live in giro per il nord Italia.
Posso dire che il materiale presente su quel demo è ancora molto valido per me, e non per nulla abbiamo voluto riprendere due canzoni proprio da quel lavoro!
Purtroppo però nel corso di questa storia, ci sono stati svariati cambi di formazione, che hanno contribuito a una discontinuità, ma allo stesso tempo a una “rigenerazione”, che se tiri le somme, ha giovato pienamente alla crescita e maturità di questo gruppo.
Ci tengo a precisare però, che tutti gli elementi che hanno fatto parte di questo progetto, sono stati importantissimi per quanto riguarda quello che ora abbiamo ottenuto.
Dal 2001, quindi, ad oggi, la band ha ripreso in mano le proprie coordinate, e l’evoluzione sonora ha portato alla realizzazione del secondo demo, Deathless Crescendo, nel 2006, totalmente autoprodotto, con una nuova line – up e nuove prospettive per il futuro.
Precisamente, il nome Pathosray ha un significato letterale come un “raggio emozionale”, che rappresenta poi la musica che suoniamo. Ma sicuramente, a quel tempo, quando fu scelto, suonava molto “progressive” eheheh!
La cover di Pathosray e un suo dettaglio |
Una delle molte cose che colpisce sin da subito di Pathosray è l’immagine di copertina, una delle ultime opere di Matias Norén prima che comunicasse sul suo sito ufficiale la sua cessata attività. In che modo siete entrati in contatto con questo artista e per quale motivo avete scelto questa immagine per rappresentare il contenuto del vostro lavoro? Quanto è stato difficile e complicato fare questa scelta?
Matias Norén è sempre stato per noi uno dei migliori artisti, in campo di booklet e artwork musicali. Sin dagli inizi, avevamo in mente di poterlo contattare in un futuro, per la realizzazione del nostro cd. Il destino ha voluto che, dopo la firma per il management danese Intromental, entrassimo in contatto proprio con lui, che collabora con Intromental e le sue band da anni.
Abbiamo quindi iniziato a pensare alla realizzazione della cover di Pathosray, poco meno di un anno fa, anche se noi avevamo solo delle idee in mente, ma nessuno schizzo concreto da presentargli. Non è stato un “parto” facile, né per noi, né per Matias, perché dalle poche idee iniziali, siamo andati un po’ fuori strada…comunque sia la realizzazione è stata ottima, e ora siamo soddisfatti del lavoro finale.
Quell’uomo, chinato verso l’acqua, vuole purificarsi da tutti i problemi che ha avuto in passato, vuoi una storia finita, vuoi problemi familiari, o qualsiasi cosa, e iniziare una nuova vita, un nuovo corso. Il cadavere sta proprio a significare i problemi finiti, la fine di un’era e l’inizio di una nuova avventura.
All’interno del vostro album vengono presentati numerosi temi, tra cui spicca il rapporto tra uomo e natura. Puoi parlarci di questa scelta e in che modo avete unito tra loro parole e musica? Come avviene la fase di songwriting dei pezzi?
I temi principalmente affrontati dalle liriche si basano sulla contrapposizione Natura – Uomo, e di quanto la prima sia maestosamente più forte e grande del genere umano.
La scelta è stata spontanea, derivata dal fatto che il tema Natura è sempre stato caro a noi, e abbiamo voluto farne dei testi e scriverne musica.
L’unione tra parole e musica è un processo naturale, che avviene già prima della presentazione del pezzo in sala prove, ma che viene rifinito solo in un secondo momento, quando la struttura e la base è stata suonata un po’ di volte dalla band.
Solitamente, Ivan è colui che scrive musica e testi, li porta in sala prove, vengono provati da tutti, e ognuno di noi aggiunge il suo stile, il suo gusto e propone la sua idea su come modellare la composizione originale. Ciascun membro ha voce in capitolo, e per il prossimo lavoro stiamo tutti quanti componendo e portando le nostre idee all’interno del songwriting.
Quali sono secondo te i brani che meglio rappresentano la vostra musica, sia dal punto di vista musicale, sia da quello dei testi? Quali sono e di cosa parlano quelle che per te sono le canzoni più rappresentative del disco?
Questa è una domanda che mi è stata posta frequentemente: personalmente non riuscirei a scegliere un canzone o un testo che preferisco più degli altri, o che rappresenta meglio il gruppo.
Semplicemente per il fatto che sono affezionatissimo a tutti quanti i pezzi e testi, perché rappresentano tutti fasi diverse che abbiamo affrontato col gruppo, e anche della mia vita personale.
La prima cosa che si ascolta inserendo nel lettore il vostro disco di esordio è una breve traccia strumentale, dal sapore classico, suonata da un pianoforte: a cosa vi siete ispirati per questa composizione e come mai avete scelto un’apertura così insolita?
Volevamo aprire il disco in maniera insolita, ma non eccessivamente insolita!
Mi spiego…
l’intro classico è sempre stato uno sfizio che volevamo toglierci, sin da quando abbiamo iniziato a scrivere il materiale definitivo per il disco. Ma come sicuramente hai notato, abbiamo voluto sperimentare qualcosa di diverso. Puoi quindi sentire un piccolo sample delle melodie più importanti che girano all’interno del disco, che si incastrano, anche volutamente in modo dissonante, per sviluppare poi il tema principale che porta all’inizio di Faded Crystal!
Per tutto ciò, abbiamo lasciato completa ispirazione a Gianpaolo, che in studio si è sbizzarrito, tenendo in considerazione quello che avevamo discusso tutti insieme!
In base a quale criterio avete scelto i brani già presenti nei vostri due demo precedenti da inserire in Pathosray?
Per quando riguarda quelli presenti su Deathless Crescendo, è stata una scelta logica, visto che sono brani che avevamo scritto, e quindi pre prodotto nel demo, in funzione di un futuro album in studio.
Abbiamo solo rivisto alcuni arrangiamenti e arricchito alcune parti durante le registrazioni in studio.
Per quanto riguarda i due pezzi presi dal primo demo Strange kind of energies, è stata una scelta che è arrivata molto dopo: riascoltando i brani dopo tanto tempo, ci è venuto in mente che avremmo potuto riarrangiarli! Ritenevamo il materiale validissimo, nei suoi aspetti principali, e quindi non potevamo abbandonare idee così interessanti! Abbiamo dunque accantonato dei brani più nuovi che stavano nascendo negli ultimi giorni in sala prove, per lasciar spazio alla continuità e concentrarci sui nuovi arrangiamenti che hanno reso così Strange kind of energy e Emerald City due brani freschi ed in linea col resto del disco.
Foto di gruppo nell’attuale formazione; da sinistra a destra: Alessio Velliscig (chitarra), Marco Sandron (voce) Gianpaolo Rinaldi (tastiera), Ivan Moni Bidin (batteria), Fabio D’Amore (basso). |
Potete raccontare gli eventi che sono intercorsi tra l’incisione del secondo demo Deathless Crescendo e di Pathosray? Come siete riusciti a ottenere un contratto discografico con una label straniera come la Sensory Recors?
Concluse le registrazioni del demo, ci siamo concentrati per un breve periodo alla sua promozione, suonando in giro per i locali e festival della nostra zona. Il nostro principale obbiettivo però era un altro, il disco. Quindi nei primi giorni di settembre abbiamo subito iniziato le registrazioni ufficiali di “Pathosray”, che ci hanno visti impegnati per svariati mesi. I due periodi sono stati praticamente collegati, perché durante le registrazioni dell’album continuavamo a promuovere il demo, ricevendo anche ottimi responsi dalle webzines italiane.
Concluse anche le registrazioni dell’album, abbiamo immediatamente iniziato la ricerca di un management/label che intendesse distribuirci e promuoverci. Dopo la firma con Intromental Management, è arrivata la conseguente firma con la Sensory Records. E’ stato più semplice del previsto!
Nel vostro modo di suonare emergono alcuni elementi in comune con band come Evergrey e Zero Hour. Riconoscete qualche influenza di questo tipo all’interno della vostra musica?
Certamente! Soprattutto il primo esempio che hai citato, ci ha influenzato notevolmente durante la stesura dei brani, trattandosi di una delle band che amiamo di più!
Progressive metal e Progressive rock, quali tra questi due generi hanno maggiormente contribuito alla vostra crescita personale? Che ne pensi in particolare del rock progressivo italiano?
Posso dire tutti e due, anche se in modo diverso: il prog metal ha contribuito alla forma, mentre il prog rock, soprattutto italiano, ha contribuito alla sostanza. I gruppi storici degli anni ’70 continuano ancora oggi a sorprenderci ed affascinarci, quindi ci hanno anche aiutato a crescere come musicisti e come gruppo! E’ davvero un peccato che quel periodo fiorente della musica italiana si sia perso per strada…
In Italia ci sono diversi gruppi di valore che purtroppo fanno fatica a emergere; ce ne sono alcuni tra questi che vi sentite di suggerire?
Proprio per le difficoltà che si incontrato al giorno d’oggi per poter emergere, mi sento di menzionare una band che amavo, che purtroppo si è sciolta l’anno scorso, dopo avere registrato il nuovo demo: i Malbek. Erano validissimi, e avrebbero meritato tantissimo.
Pathosray è stato accolto dalla critica con giudizi a dir poco entusiasti: basta guardare la sezione dedicata alle recensioni del vostro sito per vedere come il vostro album abbia raccolto pressoché ovunque votazioni molto alte. Quali sono gli elementi che l’hanno reso così particolari e diverso dal solito?
Probabilmente la freschezza dei pezzi, e il fatto che la melodia non manca mai!
Spesso i nuovi gruppi che suonano questo genere si perdono i fronzoli, sfoggiando doti tecniche notevoli, ma non concludendo nulla dal punto di vista melodico, avendo quindi difficoltà a impressionare l’ascoltatore. Abbiamo lavorato parecchio a questa cosa, e ci fa molto piacere che la nostra proposta sia stata accettata così bene!
Come procede la vostra attività dal vivo? Se è difficile guadagnare soldi suonando in giro, è almeno possibile farlo andando in pari senza rimetterci voi i soldi?
Suonate per lo più in località italiane o estere?
L’attività dal vivo procede abbastanza bene, anche se la difficoltà nel suonare in zona e in tutta l’Italia è veramente notevole!
E’ quasi più semplice essere invitati/chiamati dall’estero piuttosto che qui nel nostro Paese!
Ardua è l’impresa di riuscire a non rimetterci soldi nostri e se mi permetti di dirlo, è una cosa molto triste!!
Qual è secondo te la caratteristica dei Pathosray che viene apprezzata maggiormente da coloro che ascoltano la vostra musica? Che tipo di fans ritrovate ai vostri concerti?
Posso dire che secondo me riusciamo a mettere d’accordo un po’ tutti, dal fan che ascolta metal al più appassionato di rock progressivo o di musica classica. Forse è questa la nostra particolarità. Difatti, ai nostri concerti puoi trovare un pubblico assortito, e di qualsiasi età, che va dai 16 ad oltre i 60! E’ una bella soddisfazione!
A quanto pare i membri dei Pathosray non hanno solamente il gruppo in comune. Vuoi parlarci dell’associazione musicale Artesonika di cui fate parte e delle numerose attività e gruppi paralleli di cui vi occupate?
Artesonika è un’associazione musicale, senza scopo di lucro, che è nata sostanzialmente per promuovere la musica e la cultura nella nostre zone, e anche nel resto d’Italia, se possibile!
Offriamo svariati servizi, quali la possibilità di utilizzare uno studio di registrazione, creazione siti web per band e locali, realizzazione di copertine, booklet, loghi, magliette e quant’altro riguardi la grafica e l’organizzazione di eventi, collegati coi gruppi che hanno voglia di affiliarsi a noi.
Per saperne i dettagli, gli interessati possono dare un’occhiata al sito artesonika.it.
Abbiamo anche altri progetti paralleli, tra cui spicca la una cover band di pop/rock/hard anni ’80, di nome Easy Lovers, di cui io, Ivan, Marco e Gianpaolo facciamo parte. Ognuno di noi ha poi anche degli altri progetti, con altri musicisti, di altri generi, affini e non alla musica che suoniamo insieme.
Tra i credits del vostro album risulta che le chitarre sono opera di Luca Luision, mentre attualmente nella vostra formazione milita come chitarrista, Alessio Velliscig. Vuoi parlarci di questo improvviso cambio di lineup?
Precisamente nessuno sa le vere ragioni che hanno portato Luca a lasciarci. Ci trovavamo in studio in quel periodo, e stavamo registrando l’album. Ad un certo punto, proprio dopo le registrazioni delle chitarre, ho ricevuto questa notizia. Non è mai stato spiegato chiaramente il perché e sinceramente ormai non mi interessa neanche più saperlo 🙂
Successivamente ci siamo attivati per provare dei nuovi chitarristi, e su tutti abbiamo scelto Alessio, già chitarrista degli udinesi Akthamar, band progressive etnica, con cui ho anche collaborato da bassista alle registrazioni del nuovo album. Lo conoscevamo da tanto tempo, ed è stata una scelta quasi naturale! Oltre ad essere un chitarrista eccezionale, ha anche una dote compositrice non indifferente e sa suonare ottimamente strumenti classici, acustici ed folk/etnici.
In una delle tracce del vostro album, The Sad Game, appare anche un ospite alla voce, Alessandro Serravalle, cantante dei Garden Wall. Com’è nata questa collaborazione?
Non potevamo scegliere persona migliore! Alessandro è nostro amico di vecchia data, essendo anche noi del gruppo grandi fan dei Garden Wall. Avevamo bisogno di una voce versatile, che potesse passare dallo scream ai vocalizzi ed è stato anche un divertimento in studio!
È da poco stata confermata la vostra presenza all’edizione decennale del Prog Power Europe 2008, un festival autunnale indoor che si terrà dal 3 al 5 Ottobre, a fianco di gruppi come Threshold,Pagan’s Mind, Division By Zero e diverse altre band ancora da confermare. Che cosa vi aspettate dalla vostra partecipazione a questo festival?
Siamo semplicemente elettrizzati! La settimana dopo gli Stati Uniti saremo di scena in Olanda, a Baarlo, ed è fantastico! Daremo il meglio di noi stessi, sia negli USA che in Olanda, sperando di incrementare il nostro numero di fan e ottenere maggior visibilità in giro per l’Europa e il resto del mondo!
Cosa provi quando riascolti Pathosray, dopo aver lavorato così tanto tempo per le sue canzoni, i suoi testi, la sua copertina, i suoi suoni e quant’altro? Riesci a riascoltarlo senza rimuginare su tutte le cose che hai appena raccontato sulla sua lavorazione?
Sembra strano, ma quando riascolto il cd, di tanto in tanto, mi capita veramente di avere i brividi e di provare le stesse emozioni della prima volta che ho ascoltato il master finale.
Alle volte mi sento più un fan del gruppo che uno di coloro che l’hanno realizzato!! Ehehe
Forse è meglio non pensare neanche al passato, niente se, né ma, continuerò per sempre ad apprezzare questo disco così come è fatto 🙂
Quali sono i vostri progetti futuri e come sarà il vostro prossimo album?
Il nostro futuro sarà ricco di novità: stiamo lavorando sodo per la promozione del disco in tutto il mondo e magari anche un tour di supporto a qualche grossa band…
Però ci stiamo dando sotto già da subito con il prossimo album!
I brani sono già stati tutti composti e presto inizieremo le registrazioni della pre produzione! Si tratterà di un disco molto heavy ma allo stesso tempo saranno accentuate anche le nostre componenti più melodiche e sinfoniche! Proprio da questo nuovo album, abbiamo intenzione di girare il nostro primo video…
Come ultima domanda puoi aggiungere quello che vuoi e che ritieni non si ancora stato , se lo desideri.
Vorrei ringraziare tutti i lettori di Truemetal.it e tutti i nostri fan che avranno piacere a leggere questa intervista e continuare ad ascoltare la nostra musica!
Silvia “VentoGrigio” Graziola