Paul Gilbert
Abbiamo avuto il piacere di intervistare Paul Gilbert poco prima del suo concerto a Roma presso ‘Stazione Birra’. Abbiamo incontrato il forte ‘shredder’ mentre, seduto ad un tavolino, all’interno di una minuscola stanza del backstage, stava giocando a scacchi con un fonico. Per un attimo ci è venuto in mente ‘Il Signore Degli Anelli’ nella scena in cui Gandalf è nella casa di Frodo, visto che data la sua altezza, il buon mago della chitarra non poteva neanche stare completamente in piedi lì dentro.Ciao Paul, ben tornato in Italia. Ritorni qui dopo ben 9 anni, e oggi è la seconda data. Ti ricordi il tuo primo concerto nel nostro paese e come ti trovi qui?
E’ stato un periodo molto lungo dall’ultima volta che sono stato qui, sono molto felice di essere ritornato. La prima qui fu con Mr. Big. Poi sono tornato anche per delle guitar clinic e questa è la prima volta con la mia band da solista. Beh i ricordi sono un pò sfumati, è passato molto tempo, ricordo però che ho passato dei bei momenti, in particolare ricordo il cibo.
Quando viaggi come musicista, non è come fare il turista, non hai la possibilità di girare per monumenti, devi solo pensare a suonare o puoi al massimo giocare a scacchi nel backstage durante la pausa o mangiare, e visto che il cibo italiano è il migliore al mondo… sono molto felice poterlo mangiare qui di nuovo.
Hai appena finito la prima parte del Tour del G3. Quali sono le tue sensazioni a riguardo?
Avevo già avuto un’offerta di suonare col G3 quando ero in Giappone, ma a quel tempo non volli accettare, perché gran parte della mia musica era musica con parti cantate. Così quando ho realizzato il mio primo CD strumentale “Get Out Of My Yard”, avevo finalmente il tipo di musica giusta per il G3. Quindi nello show ho suonato quasi tutti pezzi strumentali ad eccezioni di due (ndr. “Space ship one” e “Down to Mexico”). E poi la jam finale con Satriani e Petrucci è stata veramente pazzesca e divertente.
Ti sei trovato bene sul palco con Petrucci and Satriani?
La Jam session è stata fantastica, io amo specialmente le jam session e ovviamente mi piacciono entrambi loro due. Durante la Jam il livello tecnico tende sempre ad andare più su e ciascuno cerca di superare l’altro. Sono stati gran bei momenti.
Nella tua carriera hai suonato sia in grandi band che da solista, non tutti i Guitar Hero hanno fatto altrettanto. Quali sono le differenze maggiori e quale dei due modi di suonare preferisci?
Amo entrambi i modi di suonare. Quando suoni da solista hai un maggior controllo su ogni cosa ma anche molto più lavoro, tuttavia mi piace molto lavorare e scrivere tutte le parti musicali e infine suonare il tutto, e al momento preferisco questo modo. Ho avuto dei bei momenti in Mr. Big e grandi momenti in Racer-X, che è stata la mia prima band di successo e ho grandi ricordi a riguardo.
Vorresti spendere qualche parola per parlarci della tua band attuale?
Sì, certo! Alla batteria c’è Jeff Bowders, è istruttore al PIT Musicians Institute in Hollywood ed è veramente in gamba. Al basso Mike Szuter che conosco da molto tempo e ha suonato in diversi miei album. Alle tastiere c’è mia moglie Emi; tra noi c’è una grande armonia.
Passiamo a parlare del tuo ultimo lavoro, il tuo primo album strumentale.
Io penso che per uno specialista come te fosse un passo fondamentale, ma hai aspettato molti anni prima di realizzarlo. Quando e come hai capito che fosse giunto il momento di farlo?
Penso che sia stato durante il tour precedente a questo, quello di “Space Ship One”. Sul palco avevo molte più canzoni strumentali da proporre, tutte con una certa difficoltà tecnica come Jackhammer e Sacrified, che dal vivo rendevano molto bene e mi divertivo a suonare. Così ho pensato che avrei dovuto fare più pezzi strumentali. Inoltre i fan continuavano a chiedermi: “Ehi Paul quando farai un album strumentale?” E io dicevo sempre no. Alla fine considerato tutto ho pensato che avrei dovuto e potuto farlo. La vera sfida è stato scrivere queste canzoni, studiare il modo di suonare lo strumento e fare in modo che la chitarra potesse fungere da voce, e io ero appena un novizio in questa arte.
Quanto tempo hai impiegato per realizzarlo?
Ho impiegato circa tre mesi per la composizione e la registrazione di tutto il lavoro.
In “Get Out Of My Yard possiamo trovare molti riferimenti ad altri chitarristi o band. Penso ad esempio a Eddie Van Halen (Three E’s For Edward), ai Rush (Hurry Up” significa “rush”), Hendrix etc etc, puoi spiegarci questa scelta?
Sono realmente affezionato ai miei ‘guitar hero’ favoriti, molti dei quali hanno suonato i band ‘vulcaniche’ Eddie Van Halen con David Lee Roth, Alex Lifeson con Geddy Lee, o anche individualmente come Pat Travers e Hendrix. Loro pur cantando hanno anche grandi pezzi strumentali e famosi riff dai quali ho cercato di prendere ispirazione. Ho cercato di ragionare nel seguente modo: se io andassi a comprare un nuovo album dei Rush, Gery Moore o Black Rose, che suono vorrei ascoltare da loro? Così ho immaginato una specie di stazione video-musicale nella mia mente con tutte le mie band preferite e tutta la mia musica, tentando di generare in essa il suono cercato e di filtrarlo usando il mio cervello.
Sul tuo sito internet hai scritto ‘i primi 38 secondi di “Get Out Of My Yard” sono impossibili da suonare. Ma io li ho suonati.’ (ndr Sono necessarie tre mani per suonarlo dal vivo). Come ti è venuta questa idea?
Ok ti racconterò la storia in maniera molto dettagliata. Inizialmente ho provato a suonare questo pazzo arpeggio su una chitarra normale. Ciò richiede un grande stretching della mano e un pazzesco metodo di shiftare la posizione delle dita. In fase di registrazione avrei potuto farla ma dal vivo non avrei potuto perché sarebbe stato troppo difficile. Così o pensato, potrei farla live se avessi solo 3 corde accordate sul MI, bassa media e alta, inoltre avendo la chitarra a doppio manico potevo accordarne uno in questo modo ed usare l’altro per il resto della canzone. Tuttavia anche l’accordatura particolare non sarebbe bastata perché il brano richiede un allungamento delle dita troppo grande, la mia mano non è così grossa. Così c’era la necessità di utilizzare un capotasto, che tuttavia non avrebbe dovuto avere una posizione fissa. Pertanto la soluzione è stata quella di registrare in studio su più tracce con il capotasto desiderato, mentre dal vivo uso un “capotasto umano” fatto da Mike Szuter.
Puoi descriverci la strumentazione che hai scelto per questo Tour (Per la gioia degli esperti di chitarre)?
Dunque vediamo, adotto una nuova chitarra Ibanez, la PGM301, una doppio manico, una PGM custom arancione del 1990, una vecchia Ibanez RG e altre chitarre vintage. Corde Ernie Ball con dimensioni 0.09/0.42 per le PGM e 0.10/0.46 sulle vintage. Nuovi plettri più fini da 0.60mm arancioni. Amplificatori Marshall vintage Modern 2266c. Per quanto riguarda gli effetti, un pedale Wah Wah, un delay Boss DD3, un flanger Electric Mistress, un Electro harmonix, un pedale distorsore giallo di cui adesso non mi viene il nome ma ha un ottimo suono, hehehe.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Sarò in tour fino a Gennaio, poi penso di dedicarmi a scrivere il nuovo album che penso sarà nuovamente strumentale, sono stato veramente ispirato da quest’ultimo lavoro, dal suo suono, è stato per me un modo di comporre nuovo e ciò mi ha appassionato molto.
Paul grazie mille per averci dedicato il tuo tempo. Vorresti dire qualcosa ai lettori di truemetal.it?
Grazie a voi che mi seguite e sostenete. Sono molto contento di essere tornato qui con il mio spettacolo da solista, mi spiace di esser mancato per così a lungo e mi auguro che per la mia prossima esibizione non passi così tanto tempo.
Intervista curata da Cristian Della Polla