Pendragon (Nick Barrett)
Dopo il ritorno sulle scene dei britannici Pendragon, abbiamo avuto l’occasione di scambiare due parole con lo storico mastermind della band, Nick Barrett. Ecco quel che ci ha raccontato.
Oggigiorno capita spesso che tra l’uscita di due album da parte della stessa band passi un periodo di tempo relativamente breve, anche di uno o due anni. Nel caso dei Pendragon, ne sono passati quattro dall’uscita di Not of This World. Che cosa ci puoi dire a riguardo?
Beh, non è che lo abbia deciso, è successo. Negli ultimi anni ho avuto molti problemi personali, problemi di salute, e avevo bisogni di pensare ad altro. Come puoi capire non sono stati molto ispirato durante questo tempo, ed è andato avanti così per circa due anni.
Quando hai cominciato a lavorare su Believe, e quanto tempo gli hai dedicato?
Ho cominciato un anno fa. Avevo già qualche idea, qualche riff in mente, ma non avevo ancora scritto nulla, né preparato canzoni complete. Quando scrivo, ho bisogno di avere la mente completamente libera, e come ti ho detto, in quei due anni davvero spiacevoli purtroppo non ho proprio avuto occasione.
Questo nuovo album è piuttosto diverso da quello cui i Pendragon avevano abituato i loro fan. L’inizio è affidato a un brano orecchiabile come No Place for the Innocent, e nei brani successivi l’elemento acustico sembra aver rimpiazzato quello classico. Come spieghi questo cambiamento?
Quando inizio a scrivere, ho bisogno di molta atmosfera, quindi ascolto molte colonne sonore. Schindler’s List, il Gladiatore… alla fine ho deciso di incorporare quel sound nel prog, mantenendo di base l’identità dei Pendragon. Poi ho deciso anche di unire al sound dei Pendragon quello di alcune nuove band che sto ascoltando di recente. Per esempio ho ascoltato alcuni gruppi di nu metal: è musica piena d’energia ma anche molto melodica: volevo quell’energia e ho tentato di incorporarla insieme alle altre influenze. Che sono molte: si va dal latin, al flamenco…
Quindi, come definiresti il nuovo sound dei Pendragon?
Direi che si potrebbe definire progressive rock moderno. La base è la solita tipica dei Pendragon ma le nuove influenze rendono il sound più vivo e moderno.
La traccia che ho preferito è probabilmente l’ultima, The Edge of the World, soprattutto in fase di assolo. E a tuo parere qual è la canzone più rappresentativa dell’album?
Mi è già capitato di rispondere a questa domanda. Forse proprio The Edge of the World può essere piuttosto rappresentativa, ma non saprei perché il sound in generale è molto fresco. Sai, di solito dopo che hai lavorato tanto tempo a un disco arriva il punto che lo conosci a memoria e non ne puoi più, sei stufo. Ma questo disco mi piace ancora e lo ascolto volentieri anche dopo tanto tempo.
Riguardo ai testi, mi pare di notare un riferimento, talvolta esplicito, talvolta mascherato da metafore, a diversi temi di attualità. Ti sei ispirato a qualcosa in particolare mentre li scrivevi?
Hai detto bene, e in effetti ho letto diversi libri di David Icke, e li ho trovati molto interessanti. Sai, a me piacciono la psicologia, la sociologia… in quei libri Icke sostiene che il mondo sia manipolato, guidato per essere qualcosa che non è ancora, un nuovo ordine. Televisione e giornali sono pieni di notizie sbagliate o completamente false, non bisogna fidarsi, o si rischierà di finire tutti in una completa schiavitù mentale. L’argomento è importante e molto interessante, e ho voluto dargli spazio anche nei testi.
Tornando alla musica, quali sono state le band più importanti e influenti nella tua carriera?
Sicuramente anche dopo tanto tempo vanno citati i Pink Floyd, e i Genesis e i Camel. Nel prog rock sono questi i tre gruppi che mi hanno influenzato di più. Poi devo citarti anche Santana, gli U.F.O., i Led Zeppelin, i Deep Purple, Jimi Hendrix, in generale il jazz e il rock, la musica classica e molte colonne sonore.
E, riguardo al presente, a quali ascolti ti stai dedicando?
C’è una nuova prog band molto interessante, un mix particolare di giunge e prog, non so se li conosci, sono polacchi e si chiamano Riverside…
Sì, li ho ascoltati di recente e mi hanno fatto una buona impressione.
Ecco, per me sono l’incontro ideale di Pink Floyd e Nickelback (ah sì? N.d.r.). Oppure anche un gruppo inglese chiamato Pure Reason Revolution… li definirei gli Yes più i Nirvana. Mi piacce molto quel tipo di sound. Poi ascolto anche i Lost Prophets e altri gruppi nati di recente…
Torniamo al presente: hai qualche progetto in particolare per l’immediato futuro?
Beh, adesso sono occupato con la promozione del nuovo album, che è la cosa che occupa la maggior parte del mio tempo. Certamente comincerò anche a scrivere qualcosa per il prossimo, e a maggio partirò in tour con i Pendragon. Sarò piuttosto impegnato per i prossimi mesi.
Il tour toccherà anche l’Italia?
Spero davvero di sì. Non è facile venire in concerto in Italia, non so perché, visto che ogni volta che sono venuto mi sono trovato molto bene. Seno stato al Rainbow a Milano, a Treviso, e non solo… ogni volta è stata una grande serata, e spero davvero di poter ritornare.
Le mie domande sono finite, a te l’ultima parola!
Un saluto a tutti gli italiani, spero che l’album vi sia piaciuto e spero di venire in tour in Italia. A presto!