Praying Mantis (Chris Troy)
Intervista a Chris Troy, bassista e fondatore, insieme con il fratello Tino, dei Praying Mantis, protagonisti assoluti dell’ala più morbida della Nwobhm nonché autori di Time Tell No Lies, nel 1981, autentica milestone del periodo. Da qualche settimana è sul mercato Sanctuary, nuova prova su disco dei Nostri, uscita per l’etichetta italiana Frontiers Records.
Buona lettura.
Stefano “Steven Rich” Ricetti
Qual è il motivo che ha spinto te e tuo fratello Tony a formare una band Hard Rock nell’Inghilterra di metà anni Settanta?
Semplicemente perché quello era il genere di musica che ci piaceva suonare e inoltre ci intrigava mettere insieme un gruppo di persone amanti dello stesso sound. Certo non si pensava assolutamente che avremmo raggiunto un certo livello di celebrità. La magia e il piacere di scrivere e interpretare pezzi nostri ci elettrizzava. E’ un po’ come quando si va in giro a fare shopping e si spera di trovare l’abito giusto, che piaccia e ci vada bene, fatto da qualcun altro, però. Raramente capita al primo colpo. In quest’ottica la Nostra musica deve per prima piacere a Noi stessi e farci godere, poi viene il resto.
Qual è la genesi del nome Praying Mantis?
In quel periodo un po’ tutti all’interno della band eravamo concentrati nella ricerca di un monicker che sposasse al meglio il tipo di musica da Noi proposto. Ti assicuro che ne abbiamo fatti passare centinaia, di nomi, fino a scegliere Junction. In poco tempo, però, finimmo per odiarlo e ricominciò la trafila. Un giorno Tino propose Praying Mantis e ci parve, all’unanimità, un’ottima scelta. Curiosamente scoprimmo più tardi le abitudini sessuali della Mantide Religiosa femmina, che dopo aver consumato un rapporto sessuale con il partner lo ammazza staccandogli la testa a morsi. Piuttosto bizzarro come comportamento e a tratti divertente. Certo, lo è un po’ meno per il maschio di quella specie!
Nel 1979 esce il Soundhouse Tape, grazie anche all’interessamento del famoso Dj heavy metal Neal Kay…
Esatto! A Neal piacque molto il Nostro demo originale: glielo consegnammo quando faceva il disk jockey al locale Bandwagon (heavy metal soundhouse), un club piccolo ma dalla grande reputazione, che faceva tendenza. In pratica partì tutto da lì. Un simile percorso, agli inizi, l’hanno avuto anche gli Iron Maiden.
Time Tell No Lies vede la luce nel 1981. Per molti rappresenta il vostro disco migliore in carriera. Cosa pensi di questa affermazione?
Non sono d’accordo, non penso lo sia. Il nuovo Sanctuary gli è superiore perché ha tutti i tasselli al posto giusto. Copre uno spettro musicale maggiore di Time Tell No Lies e quasi tutti quelli che lo hanno sentito a fondo lo considerano il disco migliore in assoluto dei Praying Mantis. Ciò non toglie che Time Tell No Lies sia un gran bel lavoro per l’epoca così come lo è Sanctuary nel 2009. Come al solito, saranno poi i fan a decidere, ovviamente, ma comunque questa è la mia opinione.
Nella foto: Chris Troy oggi
Nel 1990 suonate a Tokyo con in formazione Paul Di’Anno alla voce e Dennis Stratton alla chitarra, entrambi ex membri degli Iron Maiden. Hai qualche aneddoto da raccontare?
Fu un bel periodo. La line-up era un miscuglio fra Iron Maiden e Praying Mantis. Di conseguenza suonammo anche delle canzoni dei Maiden, oltre alle Nostre consuete. A Tokyo facemmo, incredibilmente, ben cinque concerti! Mi capita spesso di riandare con il pensiero a quelle giornate, dove ci venivano richiesti addirittura quattro o cinque bis, da un pubblico straordinariamente ricettivo. La sensazione che si aveva consisteva nel fatto che i fan giapponesi non aspettassero altro che aprire il loro cuore a questo genere di sonorità e l’entusiasmo era a 1000. Non penso sia più così oggi, nemmeno da quelle parti.
Come mai il sodalizio con Di’Anno e Stratton non ebbe un seguito significativo?
La percezione che avevamo e che poi si tradusse in realtà era che quel genere di formazione non potesse andare al di là di alcuni gig. E infatti fu così. L’eccitazione che provammo in Giappone si rivelò portatrice di surriscaldamenti vari all’interno della line-up. In particolare Paul e Dennis si “sopportavano” a vicenda e penso che sia ancora così oggigiorno, fra di loro. Quei concerti furono unici, e dentro di noi lo si sapeva benissimo. Amo ricordare quelle performance come potenti e ben riuscite, al meglio delle nostre potenzialità, abbinate a un pubblico stupefacente.
Dopo quella parentesi avete pubblicato un bel po’ di album: Predator In Disguise, A Cry For The New World, To The Power Of Ten, Captured Alive In Tokyo City (live), Forever In Time e Nowhere To Hide praticamente con la stessa line–up. Che ricordi hai di quegli anni?
Dopo il successo ottenuto nella terra del Sol Levante l’adrenalina all’interno della band ci ha indotto a scrivere parecchio materiale, finito sull’album Predator in Disguise. Del periodo Cry For The New World ricordo l’unità che circondava la formazione: avevamo uno “spogliatoio” fortissimo che partorì, appunto, uno degli album migliori della storia dei Praying Mantis. Escludendo l’ultimo Sanctuary, ovviamente…
The Journey Goes On, nel 2003, ha in un certo modo risvegliato l’interesse generale nei confronti dei Praying Mantis, forti di una formazione rivisitata. Sei d’accordo?
Sia Doogie White che John Sloman sono due grandi cantanti e il Loro input all’interno dell’album ha costituito un qualcosa di speciale nella carriera della band. Abbiamo ricevuto delle critiche in alcune recensioni relative alla mancanza di “consistenza” dell’album, a mio avviso imputabili al fatto di avere contemporaneamente due singer nella line-up. Spesso mi viene chiesto quale di Loro due sia stato il migliore… Non saprei, è una di quelle domande che non avranno mai una risposta precisa… ah,ah,ah!
Come è nato il rapporto di collaborazione con la label italiana Frontiers Records?
E’ una grande etichetta che pretende il massimo da Noi, in quanto crede nella Nostra proposta. Il direttore della Frontiers ama i Praying Mantis fin da quando era un ragazzo e, in questi casi, aiuta molto il fatto che chi dirige il vapore sia un nostro fan.
Sei soddisfatto della resa sonora finale di Sanctuary?
Si, sono molto soddisfatto. La produzione di Andy Reilly è superba e riserva a ogni strumento il proprio spazio senza nulla togliere alla potenza. Penso sia la cosa più difficile da raggiungere e lui ce l’ha fatta.
Quali sono I pezzi dell’album che preferisci?
Amo la ballad “Turn The Tide”. Parla di una storia molto triste che si esplicita molto bene nel videoclip che si può tranquillamente vedere su YouTube. Un altro brano che mi piace ricordare è “Tears in the Rain”, molto Bluesy. All’inizio lo considerammo non all’altezza di un album come Sanctuary, poi, invece, durante le sessioni di registrazione è cresciuto sempre di più, modificandosi e annichilendo la versione originaria residente su demo. Questo cambio, per certi versi drammatico, mi ha affascinato, e fa sì che ami particolarmente il pezzo, che considero appunto speciale.
In passato veniste accusati di “leggerezza” rispetto alla maggior parte delle band di spicco della Nwobhm. Cos’hai da dire a riguardo?
La Nostra proposta non deve essere per forza pesante, altrimenti perderebbe la “finesse” che ci contraddistingue da sempre. Alla fine, comunque, è tutto in mano alla persona in studio che regola i livelli dei volume… ah,ah,ah!
C’è stato un momento in carriera nel quale hai avuto voglia di lasciar perdere tutto?
No, equivarrebbe a dire che ci si stufa dei propri figli! Quando si ha la musica nel sangue, come nel mio caso, ci si può imbattere in un periodo così così dove ci si ricarica le batterie e dal quale possono nascere nuovi punti di vista sulle cose della vita e del mondo, ma di rinunciare ai Praying Mantis non ho mai pensato!
Profuma di record il fatto che tu e tuo fratello Tino siate fianco a fianco sin dalle origini del gruppo. Immagino non siano sempre state rose e fiori…
Naturalmente… io e Tino abbiamo avuto discussioni colossali e qualche scontro anche fisico, ma fa parte della normalità delle cose fra fratelli. I Praying Mantis hanno visto tantissimi musicisti avvicendarsi nella line-up durante la carriera ma noi due siamo sempre rimasti uniti e così è ancora oggi, dopo trentacinque anni. Sono fiero di questo.
I Praying Mantis furono parte integrante di quel movimento chiamato Nwobhm. Che ricordo hai delle band che hanno suonato con Voi?
Abbiamo condiviso il palco, negli anni, con buona parte delle migliori band di quel periodo. Spesso con gli Iron Maiden, che poi sono diventati delle superstar. Lo hanno davvero meritato tutto quel successo? Mmmmhh……… Non penso siano la migliore Rock band in circolazione, di certo. Ce n’erano tantissime altre superiori a Loro ma questo è uno dei risultati di quello strano meccanismo che regola il business musicale. Suonando insieme al gruppo di Steve Harris devo ammettere che in alcune circostanze furono fenomenali, sovrastandoci, ma in altre furono Loro che mangiarono la Nostra polvere!
Cosa pensi di:
SAXON – Non è il genere di musica che mi piace.
MYTHRA – Mai sentiti…
TYGERS OF PAN TANG – Good!
ANGEL WITCH – Fra i prime mover della Nwobhm, mi piacciono e ho sempre guardato Loro con rispetto.
GRIM REAPER – Grandi!
Suonerete per la prima volta in Italia il prossimo 25 settembre al Play It Loud Festival IV, lo slot prima prima degli headliner Virgin Steele. Li conosci? Cosa pensi di loro?
Quello che fanno lo fanno molto bene. Non è il genere di musica che preferisco ma penso che questo bilanciamento all’interno del bill sia molto azzeccato. Non vedo l’ora di suonare da Voi.
Stefano “Steven Rich” Ricetti