President Evil (James Lars)
I President Evil tornano con un nuovo disco, Hell In A Box, dopo anni di sola attività live. Abbiamo intervistato James Lars che si è rivelato uomo di poche parole ma determinato e sicuro del fatto suo. Buon Lettura
Servizio a cura di Gaetano Loffredo
Ciao James, benvenuto su Truemetal.it. Da qualche giorno è uscito il nuovo disco dei President Evil, un album concepito senza troppi fronzoli e con una grossa dose di energia. Hell in a Box è soltanto il vostro secondo lavoro in quasi sei anni di attività e, se andiamo a contare tutti i concerti che avete fatto, possiamo tranquillamente affermare che fate parte di quella schiera di gruppi da considerare live band piuttosto che studio band. E’ così? Ciao Gaetano, e grazie per la presentazione. E’ corretto, i President Evil sono una live band e solo in un secondo momento una band da studio. Abbiamo diversi fan che aspettano soltanto il momento del nostro concerto, e noi li accontentiamo. Fan sfegatati in Germania, ma siete presi poco in considerazione e conosciuti molto meno nei restanti paesi europei. Perché? Anche questo è vero. E’ un problema di business: registriamo molto poco in studio e ci possiamo permettere di suonare quasi solo dal vivo. Voglio aggiungere che, in questo senso, non siamo supportati a dovere. Ci stiamo attrezzando per sopperire a questo grave inconveniente, cominciando proprio da Hell In A Box.
James, ti ritieni soddisfatto della crescita della band dal 2002 fino ad oggi? Si, soprattutto se penso al tour coi Ministry e ai due dischi pubblicati sin qui. Posso dirti che abbiamo fatto più di quanto non fosse nei nostri piani prima di imbarcarci in questa avventura. E’ la prima intervista che rilasciate su Truemetal. Partiamo dal moniker e dalla sua derivazione: chi non vi conosce non può far altro che pensare ad una combinazione tra il titolo del video game Resident Evil e un messaggio politico… Niente a che vedere col video game, sono due parole che suonano bene insieme tutto qui, e il messaggio non ha riferimenti politici, nonostante sia una presa di posizione con la società odierna. Pensi che la nuova cover art rappresenti bene la vostra musica e il vostro messaggio? Assolutamente si, semplice e diretta come il nostro sound. Un sound che la stampa definisce come una sorta di Thrash & Roll con influenze punk e stoner, sei d’accordo? Si certo, anche a noi piace definirci in questo modo, non ci sono altri termini spendibili. Passiamo alla produzione: perfetta per il tipo di musica che proponete. E’ “sporca” come negli anni ottanta ma allo stesso tempo moderna. Penso possiate ritenervi soddisfatti. Totalmente! Volevamo avere un suono “live”, tanto per non smentirci, e siamo partiti dalla batteria per poi registrare di seguito tutti gli altri strumenti. Guido Lucas ha fatto davvero un ottimo lavoro durante le registrazioni, tirando fuori il meglio di noi. Infine Andy Classen si è dedicato alla fase di mastering, per lui parlano i lavori fatti fino ad oggi. Lui si era occupato interamente della produzione del disco di debutto, oggi siamo contenti di averne due al prezzo di uno (ride, ndg). Ora mi riferisco al songwriting: sembra che vogliate a tutti i costi partire da un riff malsano di chitarra elettrica e costruirci attorno una linea melodica adatta. E’ così? Non sempre. Spesso partiamo dal riff della mia chitarra, ma è capitato di partire dalle linee di batteria di Diamond Dennis. Resta inteso che sulla “forma canzone” ci lavorano tutti i componenti della band: se a qualcuno non sta bene quello che stiamo creando, ci si ferma tutti per valutare e, nel caso, apportare modifiche.
L’anno scorso avete girato la Germania con i GWAR, tra un po’ rifarete il giro a supporto di Volbeat e Kaiser. A quando un tour da headliner? Si spera il più presto possibile, prima attendiamo il responso vendite di Hell In A Box. Speriamo davvero di poter cominciare a girare la Spagna, la Francia e l’Italia. Sono i nostri primi obiettivi. Speriamo di vedervi dalle nostre parti. Una curiosità James: spesso accade che i giovani gruppi provenienti dalla scena undergound, come nel vostro caso, si facciano prendere dalle troppe responsabilità legate a un contratto importante come il vostro e tendono a dimenticarsi di una caratteristica fondamentale: il divertimento. E’ una cosa che vi riguarda? No, per un semplice motivo: facciamo esattamente ciò che vogliamo, senza accettare compromessi. Registriamo i dischi, andiamo in giro a suonare e abbiamo realizzato il nostro sogno. E’ anche vero che non siamo “businessman”, e non siamo in grado di regolarci da quel punto di vista. Ma va bene così, siamo soddisfatti in ogni caso, siamo grandi amici e ci divertiamo suonando dove ci chiamano. E’ il giusto approccio. E quali sono i vostri prossimi obiettivi, se ce ne sono? Andare ancora una volta in tour, viviamo solo per quello. Abbiamo anche abbastanza materiale per un DVD quindi speriamo che prima o poi la nostra etichetta ci proponga di produrlo e di immetterlo sul mercato. Noi incrociamo le dita. A proposito di concerti, che è un argomento che ti piace, avete in programma qualche festival? Purtroppo non ancora, ma pare che qualcuno ci stia lavorando. Bene James, è tutto. Ti saluto e ti faccio il mio in bocca al lupo, ti va di aggiungere qualcosa? Ciao Gaetano, ti ringrazio per aver accettato di intervistarmi. Ci vediamo al prossimo concerto ragazzi, e non dimenticate di comprare il cd. Gaetano Loffredo |