Recensione libro: “La Storia dei Motorhead”

Di Stefano Ricetti - 30 Marzo 2012 - 9:19
Recensione libro: “La Storia dei Motorhead”


La Storia dei Motörhead
di Joel McIver

256 + 16 pagine di foto
Formato 16×23
ISBN 978-88-96131-39-8
20,00 Euro


Tsunami Edizioni

http://www.tsunamiedizioni.com/

La Storia dei Motorhead è la traduzione da parte di Joel McIver del libro in lingua inglese Overkill – The Untold Story of Motorhead del 2011. Riguardo le Teste di Motore britanniche già esiste una sufficientemente ampia bibliografia anche se, a ben guardare, in realtà la parte del leone l’han sempre fatta gli scritti sul Loro leader, mister Ian Fraser Kilmister detto Lemmy, l’uomo proveniente da Burlsem, Stoke On Trent, Staffordshire. Evidentemente il mercato cartaceo sugli eroi dell’heavy metal tira, forse perché da tempo si bramava di conoscere gesta, vita, miracoli, sconfitte di certi personaggi, certo è che sulla scia di questo successo negli ultimi anni sono usciti libri indegni, ove il Vip del Metallo di turno veniva messo in copertina e poi, sotto il vestito, niente o poco di più, a livello di sostanza. Un po’ come accadeva negli anni Ottanta con le videocassette hard: l’immagine esterna riportava ragazze bellissime, mentre la pellicola interna rivelava cessi inenarrabili alle prese con altrettanti maschi cocainati di bassissimo livello e dalla virilità dubbia.

Tornando ai libri, all’interno della trappola sono caduti parecchi incolpevoli fan, attratti da lavori che furbescamente sono stati messi sul mercato da case editrici di settore senza scrupoli, in parte anche italiane. Riguardo queste ultime, la truffa si è perpetuata in poche e rare occasioni, per fortuna e va giustamente sottolineato. Sicuramente La Storia dei Motorhead non fa assolutissimamente parte delle prese in giro nei riguardi dei lettori cui sopra. Nonostante non goda dell’ufficialità della release, basta uno scrittore di razza come Joel McIver a garantire la valenza dell’opera: uno che ha già dimostrato ampiamente di saperci fare con le biografie di Black Sabbath, Slayer e Cliff Burton dei Metallica, puntualmente tradotte e fatte uscire nel Belpaese dall’ottima Tsunami Edizioni. Il fatto che il volume edito dalla sempre spumeggiante casa editrice milanese non possegga le stimmate di lavoro 100% Motorhead approved, dal momento in cui c’è di mezzo uno scriba come McIver rappresenta addirittura una marcia in più rispetto a un prodotto ufficiale. Già, perché in quel caso la precisione dei fatti cozzerebbe senza meno con quell’esercizio autoreferenziale che inevitabilmente tenderebbe a mitizzare anche il non mitizzabile, per usare un eufemismo, piuttosto che nascondere sotto la sabbia le magagne.

L’approccio dell’autore all’universo Motorhead è sufficientemente distaccato, professionale, devoto alla notizia e non assume toni da fan, particolare davvero distruttivo quando si tratta di narrare le vicissitudini di una band soprattutto in un libro che si sviluppa su oltre 250  pagine. Impeccabile la traduzione di Fabio Bernabei e il lavoro di cesello pre release operato della Tsunami, teso alla ricerca e all’eliminazione anche del più recondito refuso grammaticale. La qualità è anche o soprattutto questo. 

Sedici pagine continuative di foto varie all’interno, fra le quali campeggia quella straordinaria di Lemmy insieme con i Twisted Sister e Pete Way degli Ufo sul palco di Reading 1982 scattata da Andre Csillag. Non da meno, poi, una realizzata da Piergiorgio “PG” Brunelli con il compianto Michael Burston detto Wurzel – è purtroppo mancato l’anno scorso a luglio – sottoposto alle amorevoli cure, nel 1985 sul palco dell’Hammersmith Odeon, di due ipersexy dottoresse.

Sempre riguardo gli scatti contenuti nel libro, è inaspettato verificare che durante la performance dal vivo della killer line-up Kilmister/Campbell/Gill/Burston alla televisione inglese durante il programma The Tube, sopra una delle colonne di Marshall campeggiasse tranquillamente il cartello “Hello Adolf”. Completamente errata, poi, la data contenuta nella dicitura al di sotto della foto dei Motorhead ospiti di Nigel Planer e Rik Mayall a The Young Ones, avvenuta l’8 maggio del 1984 e non nel 1982 come scritto. Strano che la cosa sia potuta sfuggire, dal momento che anche visivamente si nota come la formazione sia quella a quattro elementi citata sopra e non la classic line-up a tre Kilmister/Clarke/Taylor

La storia dei Motorhead – la prefazione è affidata a nientepopodimeno che Glenn Hughes – viene rappresentata con perizia, come Suo uso l’autore riporta notizie e dichiarazioni pescate da interviste ufficiali piuttosto che incontri personali e non disdegna di raccontare aneddoti divertenti, garantendo la scorrevolezza nella lettura. In fatto di non voler spaccare il capello in quattro garantisce una verve romanzesca al lavoro ma nello stesso tempo presta il fianco ad alcuni scivoloni, come quando sorvola o poco si sofferma su dei passaggi nodali. Esempio lampante: liquidare con un solo rigo l’uscita dalla band di Pete Gill, episodio che avrebbe meritato ben più spazio. Proprio per questo, però, McIver si permette digressioni particolarmente interessanti, come quando scava sulla genesi delle copertine degli album del gruppo riportando il pensiero e il modus operandi dell’autore Joe Petagno oppure nel momento in cui rivela le notevoli nozioni di storia che possiede Lemmy riguardo il Terzo Reich, con tanto di parallelismo con i nazisti americani. 

Trattandosi di un libro su dei sovversivi come i Motorhead le storie, le storielle e le leggende metropolitane scorrono a fiumi, così come le citazioni che fanno ormai parte della storia della musica dura.

Ecco alcune perle, scollegate fra loro, direttamente dalla bocca di Lemmy:

“rispetto ai Beatles i Rolling Stones erano una band di secondo ordine, sul palco sono sempre stati piuttosto scadenti”, “Suonare davvero è una sorta di vocazione, come il sacerdozio”, “Bevo troppo per permettermi un moto del ca**o”, “Lucas Fox lo licenziammo perché voleva tenermi dietro con la droga: si riempiva di speed, ma aveva le vene della testa gonfie”, “C’era questo tizio che mi veniva sempre dietro e mi diceva: Ehi,  so suonare l’arpa, vi può interessare?”, “Trattami bene e io farò altrettanto con te. Non importa se sei ebreo, nero, arabo o italiano”, “Riguardo i miei denti ammuffiti, me li farò mettere nuovi, è lo speed a farli marcire, ti toglie il calcio dal sangue”,“I preservativi marcati Motorhead? Certo che li avevamo! Li facevamo produrre noi. Lo slogan era: vai a letto con i Motorhead! Figo, no?”,“Guarda quei coglioni dei Clash, che hanno chiamato il loro album Sandinista! Che ca**o ne sano loro di difficoltà economiche? Vivono in Inghilterra!”, “Sono i cattivi di turno ad avere sempre le uniformi migliori: le SS, i confederati americani, Napoleone. I buoni, invece, indossano sempre delle uniformi di m***a”.   

Tante le chicche, fra le imperdibili va rimarcata quella riguardo i passaggi di confezionamento dei francobolli di LSD da parte di Lemmy: “Avevo un cristallo da 100 trip, che scioglievo in un contenitore di vetro con un po’ d’acqua. Aspiravo tutto e lo stendevo su un giornale. Lo lasciavo asciugare, tagliavo la carta a pezzettini… (continua)”.  

D’altronde un gruppo che fa parlare di sé dal 1975 e ancora oggi è in grado di sfornare album accettabili e allo stesso modo calca ancora i palchi di tutto il mondo meritava uno spazio considerevole all’interno dell’Olimpo della musica rock. Nonostante Lemmy si ostini a dire “Non siamo heavy metal, ma solo una band rock’n’roll” è altrettanto innegabile che album superbi come Overkill, Ace Of Spades, No Sleep ‘Till Hammersmith, Orgasmatron, 1916 e Bastards abbiamo avuto più che un semplice ammiccamento con il mondo dell’HM, sia che Herr Kilmister lo voglia riconoscere pittosto che no. 

C’è magia, nei Motorhead: sarà per via del logo, sempre uguale e sempre temibile, dello Snallgletooth, il Loro simbolo, di alcune foto bellissime che da sempre accompagnano la band – quella con Lemmy, Pete Gill, Wurzel e Campbell sul retro dell’Lp Orgasmatron è semplicemente immensa nella sua semplicità – o forse perché sono gli unici al mondo che incarnano il vero spirito del rock‘n’roll a 360°, a partire dalle leggenda Lemmy, l’uomo che dopo tre fellatio di fila – per sintetizzare al massimo – svenne poco dopo sul palco, come recita una celebre leggenda urbana narrata nel piacevole libro di Joel McIver.  

Stefano “Steven Rich” Ricetti