Vario

Red Harvest (Selveste Turbonatas)

Di Alberto Fittarelli - 28 Marzo 2007 - 0:05
Red Harvest (Selveste Turbonatas)

Ad una band inquietante non
corrisponde per forza un leader inquietante: Kjetil Eggum, alias Selveste Turbonatas,
chitarrista da sempre dei Red Harvest, è infatti un personaggio loquace
e simpatico, estremamente disponibile nello spiegare un disco difficile ma
affascinante come A Greater Darkness.

Kjetil, devo dirti di aver
trovato il nuovo disco complesso ma a suo modo molto intenso ed atmosferico, sei
d’accordo con me?

“Sì, prima di tutto bisogna dire che è molto
diverso dal precedente. Credo si possa considerare come un album molto più
vario ed allo stesso tempo organico, ma sono d’accordo con te quando dici che
è atmosferico e possiede una buona dose di feeling. Non è qualcosa di vecchio
e riciclato, anzi, ci siamo tenuti ben lontani da quel modo di comporre.”

La novità inizia dall’artwork:
un disegno con un soggetto abbastanza oscuro…

“Avevamo queste foto
fatte da un fotografo chiamato Marcel Leienhof ed siamo partiti da quelle per
discutere il design del disco. Volevamo che risultasse netto il cambiamento
avvenuto nei Red Harvest, dalla label allo stile musicale, passando anche per
l’immagine e la cover: all’inizio siamo rimasti scioccati anche noi dal
disegno prescelto, perché è assolutamente nuovo per la band, ma siamo convinti
che rifletta a pieno la vera essenza di ‘A Greater Darkness’, che riguarda
principalmente il lato oscuro dell’animo umano.”

Quanto ad atmosfera devo dire che pezzi come ‘Beyond
The Limits Of Physical X-perience’ fanno la loro bella parte…

(Ride, Nda)
Quella sì che è ‘evil’! Non è l’unica nel disco, prendi anche ‘War
Themes’ per esempio…Si tratta di canzoni decisamente particolari, importanti
per il sound dei Red Harvest perché spezzano il muro di chitarre e lasciano
spazio a delle ambientazioni che continuano il discorso imbastito dai brani più
‘metal’. Partiamo da alcuni samples e ci costruiamo sopra vere e proprie
canzoni, scrivendo i testi, e così via, e viene poi naturale inserirle
nell’album insieme alle altre.”

Ho visto un estratto del vostro DVD riguardante il
vecchio brano ‘A.E.P.’, da ‘Sick Transit Gloria Mundi’: un cavallo di
battaglia con caratteristiche da vero e proprio inno…I nuovi brani sono molto
diversi però da questo modo di comporre: molto più incentrati sugli strumenti,
le chitarre in particolare. Credi di poterne dare una motivazione razionale?

“Non sono sicuro che i nuovi pezzi non possiedano
le stesse caratteristiche, in fin dei conti, perché non li abbiamo ancora
testati dal vivo: penso che pezzi come ‘Hole In Me’ tutto sommato possano
avere ancora la capacità di far cantare la gente. Ci sono poi canzoni come
‘Mouth Of Madness’ che hanno parti punk rock molto forti, con riff
ripetitivi, che secondo me possono favorire la memorizzazione da parte
dell’ascoltatore. Insomma, ci siamo dati da fare perché soprattutto dal vivo
fossero pezzi di grande effetto.”

Per quanto riguarda la nuova label, la Season Of Mist,
come vi trovate con loro?

“Fino ad ora tutto bene, la prima cosa che
abbiamo fatto con loro è il DVD che hai citato poco fa e devo dire che è
venuto esattamente come lo volevamo. Anche
con l’album stanno lavorando davvero bene, abbiamo sinora ottenuto molta
promozione ed un gran numero di interviste, soprattutto da quei paesi che ancora
ci snobbavano un po’, come la Germania o la Spagna. Spero che la cosa funzioni
nel lungo periodo, pensa che si parlava anche di mettere in piedi un tour coi
Mayhem…ma è tutto da vedere, ci sono molte esigenze da far combaciare. In
ogni caso siamo soddisfatti, e siamo anche eccitati di aprirci un varco negli
USA, dato che la label ha un ufficio là: staremo a vedere cosa succederà.”

Devo supporre comunque che i rapporti con la Nocturnal
Art di Samoth si siano chiusi amichevolmente, giusto?

“Assolutamente, non c’è
stato niente di drammatico! Dopo 3 album abbiamo concluso il contratto, per cui
ci siamo guardati intorno e l’offerta della Season Of Mist ci ha subito
attirati. Siamo ancora ottimi amici con i ragazzi della Nocturnal, non c’è
stato proprio nessun problema.
(Ride, Nda)


Mi chiedevo: siete in pochi a prendere un aspetto poco
conosciuto della Norvegia, quello industriale, piuttosto che la natura, le
foreste, le tradizioni e bla bla bla. Da cosa credi che derivi questa
“anomalia”?

(Ride, Nda) Devo
dire che questa domanda non me l’avevano mai fatta prima! In ogni caso capisco
che dall’Italia o da altri paesi europei l’impressione generale, alimentata
anche dall’ondata black metal degli anni ’90, sia che la Norvegia è un
luogo totalmente dominato dalla natura. Ma non è del tutto così, abbiamo anche
noi le nostre industrie, le periferie, le discariche e tutto quanto ti possa
venire in mente di degradato, almeno in certe zone
(ecco, magari fai un
salto dalle nostre parti per ridefinire il concetto di ‘degrado’…, Nda).
Molti di noi sono cresciuti nella periferia di Oslo, per cui credo che da quello
derivi l’essenza ‘industrial’ della band, unita all’influenza data da
altre band di questo genere.”

E quali sono, se mi puoi fare qualche nome?

“ Ce ne sono tantissime, siamo cinque persone
immerse nella musica da decenni, ma credo che per esempio i Ministry siano
un’influenza comune per noi. Poi personalmente ascolto molta roba svedese e
soprattutto i Laibach, li adoro. In ogni caso credo ci siano tantissimi gruppi
interessanti da scoprire al mondo…pensa solo a Cult Of Luna o Burst…voglio
dire: tutto quello che passa attraverso Stayer, Neurosis, Ministry, Isis, Gojira
ed anche altri può essere un’influenza per noi.”

Alberto ‘Hellbound’ Fittarelli