Intervista Regarde Les Hommes Tomber (JJS)
Les Acteurs De L’Ombre Productions è una microscopica label francese che, in maniera inversamente proporzionale alle sue dimensioni, regala opere dal grande spessore artistico. Come “Exile” dei Regarde Les Hommes Tomber, band di Nantes con la quale Truemetal.it si è confrontata grazie a JJS (chitarra) sui come e perché dell’album medesimo.
«Regarde les hommes tomber» è il titolo di un film drammatico del 1993 diretto da Jacques Audiard. C’entra qualcosa, con il nome della band?
Quando cercavamo un nome per il gruppo, volevamo qualcosa che fosse molto forte per definire perfettamente la nostra musica e le nostre tematiche. È stato Antonio, il nostro secondo chitarrista, che ci ha proposto il titolo del film, poiché lui lo ama moltissimo. Abbiamo pensato che questo titolo fosse perfettamente adatto al nostro universo, anche se la storia raccontata nel film non ha nulla a che vedere con i nostri testi.
Siete definiti come una band di ‘post-black’. Trovate giusta questa definizione?
Le nostre influenze provengono effettivamente dalle scene post-harcore e black metal. Ma, quando abbiamo creato il gruppo e iniziato le composizioni, l’obiettivo non era di somigliare a questo o a quel gruppo. L’obiettivo era quello di creare un’atmosfera oscura, pesante e malinconica. Quindi, abbiamo lavorato molto sul clima, sul mood. Prima, siamo stati influenzati da gruppi quali Amenra, Envy, Dissection, Emperor, Secret Of The Moon, per esempio…
Molti ensemble che suonano il vostro genere sono one / two-man band. Voi invece siete in cinque, e per di più avete un batterista… umano. Non è molto meglio, essere in più persone?
Sin dal debutto, l’obiettivo era chiaro: fare degli show. Regarde Les Hommes Tomber non è il primo nostro gruppo. Abbiamo suonato in molti altri gruppi, prima. Alcuni di noi vengono dalla scena death, altri da quella hardcore, metal, ecc. Dunque, per noi suonare sul palco è importantissimo. Qualche volta che si compone un pezzo, si lavora in modo che sia suonabile dal vivo. È la ragione per la quale abbiamo deciso di creare un gruppo di cinque elementi.
Qual è il significato del disegno della copertina di “Exile”?
La copertina di “Exile” è l’evoluzione di quella del primo album. Vogliamo rimarcare la continuità esistente fra i due LP. Sul primo, volevamo un’umanità bellicosa che sfidasse le potenze divine con la costruzione della Torre di Babele. Sul secondo, la Torre è a fuoco, e si vede una fila di esiliati in fuga. L’obiettivo è stato quello di mostrare un’umanità maledetta, cacciata via dal Regno di Dio, punita per il suo affronto. Questa, tuttavia, non è la sola tematica sviluppata in “Exile”. Vi è mostrato, anche, come l’umanità stessa possa essere manipolata dalla religione o come la nostra sete di potere possa portare all’autodistruzione.
Nella vostra musica c’è tanto dolore, tanta disperazione. Perché?
La musica, il clima, i testi, la vista. Tutto questo è legato. È la ragione per la quale c’è tanta disperazione, nella nostra musica. Vogliamo davvero far percepire alla gente questo malessere, questa fatalità, questa tristezza. È una musica introspettiva che cerca di far riflettere su noi stessi e su ciò che ci circonda. Essa mostra una visione oscura del nostro mondo e della nostra storia.
Parallelamente, in certi momenti il sound diventa violento e veloce. Fa parte della voglia di restare sempre e comunque negli ambiti del ‘black metal tradizionale’?
Vogliamo che la nostra musica sia energetica e sempre in movimento. Abbiamo bisogno di questo dinamica, per suonare dal vivo. È ugualmente importante per noi alternare i momenti di tempesta a quelli di calma per marcare con forza i climi. Ma è vero che su quest’album, le nostre influenze black sono più presenti; ragione per la quale certi ritmi sono più violenti e rapidi.
Come nasce il processo compositivo? Cioè, come riuscite a mettere in musica le emozioni che vivono dentro di voi?
Ho composto la musica del primo album tutto da solo. È stato un periodo della mia vita in cui non suonavo in nessun gruppo. L’album è stato un lavoro molto introspettivo in cui ho provato a mettere in musica le mie emozioni: è la ragione per cui la nostra musica è basata sui climi, sui mood. Gli altri musicisti sono arrivati prima che io volessi formare un gruppo e suonare dal vivo. Abbiamo suonato nuovamente tutti i brani insieme, a ripetizione, durante i sei mesi precedenti al nostro primo concerto nel 2012. Per il secondo album, il processo è stato diverso. L’abbiamo composto diversamente, come un gruppo. Io ho composto le basi, la scaletta, poi abbiamo lavorato assieme per un anno. È la ragione per la quale quest’album è più ricco e vario. È il frutto di tutto il collettivo.
Il sound di “Exile” è comunque tetro, oscuro, crepuscolare. Non lascia spazio alla speranza. È così anche nelle vostre vite?
Le persone che conoscono la nostra musica e ci incontrano per la prima volta sono spesso sorpresi della discrepanza fra il nostro modo d’essere e la musica che suoniamo. Siamo persone aperte e sorridenti per la maggior parte del tempo. Amiamo discutere, vedere il Mondo. Siamo appassionati di musica, letteratura, storia, ecc. Ovviamente, come tutti gli esseri umani, abbiamo le nostre parti d’ombra, abbiamo i nostri dubbi, le nostre fasi di depressione ed è in questi momenti che mettiamo le nostre sensazioni in musica.
Si riesce a trasmettere anche dal vivo, durante i concerti, il sentimento di disperazione che nutre “Exile”?
Sì, come ti ho detto, adoriamo suonare dal vivo. Facciamo molti concerti e tutti i brani che componiamo sono interamente riproducibili dal vivo. È molto importante, per noi. È importante dare vita a questa musica, a ciò che è palpabile e che noi possiamo trasmettere sul palco! Alla fine dei nostri concerti, i ragazzi vengono spesso da noi per dirci che sono stati completamente trasportati dalla musica. Questo prova che riusciamo a trasmettere bene sulla scena tutta la nostra arte.
Grazie per l’intervista e… continuate così! Avete un messaggio per i lettori di Truemetal.it?
Grazie e Keep it true!!!
Intervista a cura di Daniele D’Adamo