Report: 8/11 Helstar + Rain + Hyades + Battle Ram

Di - 10 Novembre 2004 - 7:05
Report: 8/11 Helstar + Rain + Hyades + Battle Ram

Piatto ricchissimo ed estremamente ghiotto per gli amanti del metal classico. Di ritorno dal Keep It True i texani Helstar fanno tappa in Italia per tre date e nella serata dell’8 novembre giungono a Bologna, accompagnati da tre validi nomi della scena italiana: Rain, Hyades e Battle Ram.
Eppure, nonostante un prezzo popolare, al Moebius si conteranno (compresi crew e addetti ai lavori) non più di 100-120 persone.
Ma dove sono finiti tutti i metallari? Azzardo un’ipotesi più che fondata: a casa a 30/40km di distanza a piagnucolare che “qui non si organizza mai niente”, a sostenere che la scena italiana sono solo Rhapsody e Lacuna Coil, aspettando che passino gli Iron Maiden a 5 minuti da casa e dicendo che il metal è morto con la fine degli anni ’80. Ovviamente quelli che sostengono queste tesi non sono ultratrentenni che hanno visto il tour Metallica + Metal Church, ma gente che negli anni ’80 si sballava con i (gloriosi) Fivelandia e Bimbo Mix…

La cosa mi lascia abbastanza l’amaro in bocca e anche un po’ di tristezza. Si continua a invocare più musica, più spazi, più concerti… poi, quando qualcuno, contando sulla lodabile presenza di gruppi italiani disposti a sacrifici di tempo ed economici, si prende la briga di organizzare un evento come questo (che di tutto porta tranne che guadagni) ecco che la massa bramante metallo si tira indietro…

Lasciamo queste considerazioni da parte e veniamo alla musica suonata.
I primi a salire sul palco sono i Battle Ram, genuino epic metal di scuola americana tirato e cadenzato, che per una mezzora muove le teste dei pochi vivaci sotto il palco e tiene compagnia ai più, ancora rintanati al bancone o sui tavoli. Il tempo a loro disposizione è poco, all’incirca trenta minuti, ma la band sa sfruttarlo come si deve, e trainata dalla voce squillante di un ottimo frontman (buona anche la sua presenza scenica) porpone cinque pezzi di cui un inedito (Beyond The Mask).

Forti soltanto di due demo alle spalle e un album finito che aspetta di vedere la luce, i giovani Hyades si presentano al confronto con nomi estremamente più blasonati con una grinta e una voglia di fare davvero spettacolare, da far invidia a tanti artisti più navigati della scena nazionale. Veloci, violenti, senza inibizioni e perché no con un po’ di arroganza (così deve essere il fottuto thrash metal) gli Hyades dimostrano di avere tutte le carte in regola per suonare questo tipo di musica. Peccato soltanto per una chitarra notevolmente troppo bassa che svuota un po’ la loro musica, unica pecca in uno show che per il resto procede a meraviglia.
Tenuta di palco ottima, e se i riff in pieno stile bay area non bastassero a chiarire quali siano le muse ispiratrici della band, ecco la cover di Fabulous Disaster a eliminare ogni dubbio.
Questi ragazzi sanno quello che fanno e sanno come farlo. Se nei prossimi anni non sentirete parlare di loro vuol dire che il sistema musicale italiano è più fallato di quanto si possa immaginare…

Setlist: Liars / Abuse Your Illusions / No Man’s Land / September 11/ Smart Bombs, Dumb War / Fabulous Disaster / Hyades

Sul fatto che i Rain siano animali da palco non credo ci siano più dubbi, ma questa volta il domatore deve avere tenuto i cinque in cattività più del solito, perché all’apertura della gabbia il combo bolognese invade il palco con grinta e attitudine tale da colpire anche chi ha avuto la fortuna di vederli plurime volte. Purtroppo i primi due pezzi sono mutilati da alcuni problemi alla strumentazione di Amos. Risolto l’inconveniente la band preme l’acceleratore e se ne va al ritmo di pezzi più o meno classici del proprio repertorio. Pesca a piene mani dall’ultimo Headshaker e farcisce il tutto con due immancabili episodi del passato come l’inno Heavy Metal e la conclusiva Born To Kill. Nota di merito per i pezzi più rockeggianti come Only For The Rain Crew e Yellow Putrefaction che più di tutti coinvolgono il pubblico del Moebius.
Ennesimo pollice in su per questa formazione.

Setlist: Headshaker / Blood Sport / Energy / Heavy Metal / Wings / Only For The Rain Crew / Yellow Putrefaction / Rocker Ram / Born To Kill

Non è una passeggiata per gli Helstar reggere il paragone con due esibizioni come quelle di Hyades e Rain, e per non sfigurare la band deve suonare come sa fare. Detto, fatto.
Il piccolo James Rivera sale sul palco con i suoi compagni di viaggio e comincia a macinare metallo su metallo. Complice una setlist azzeccata che spazia saggiamente tra i vecchi classici come The King Is Dead a estratti dal nuovo corso intrapreso con il monicker di Distant Thunder, la formazione americana convince alla grande. Rivera ribadisce più volte che la nuova band è la naturale e legittima continuazione di quello che fu con gli Helstar, e infatti non mancano pezzi da Welcome The End, molto apprezzati dal pubblico, come Fire In The Skies o Lost In Time. Ma per fare esplodere definitivamente i presenti, con i quali ormai il singer si trova particolarmente a suo agio scherzando e ridendo, ci vuole una vecchia conoscenza datata 1984 e chiamata Run With The Pack (erano i tempi del debut Burning Star).
La band saluta, ringrazia, stacca gli strumenti e scende dal palco, ma il pubblico assolutamente non ci sta e il coro “We want more!” richiama tutti quanti al loro posto. Rivera si concede un whiskey al bar e raggiunge i compagni per un altro tuffo nel passato: questa volta l’anno è il 1986, l’album è Remnants Of War e la canzone è Angel Of Death.
Siamo veramente alla fine e l’atmosfera informale e festaiola arriva all’apice. Rivera ringrazia la il pubblico e chiama sul palco tutti i protagonisti della serata per cantare tutti assieme una cover di quello che il vocalist stesso definisce il suo gruppo preferito. Così, con un palco invaso e Restless and Wild degli Accept, si chiude una serata da ricordare.