Report: Death SS live at Rainbow (Mi)
DEATH SS + ENSOPH venerdì 9 dicembre 2005
Rainbow Milano
La convinzione di non poter mancare a uno dei concerti che mi sentivo tranquillamente di definire epocale non mi ha mai abbandonato nel tragitto dalla mia ridente e abbondantemente innevata valle fino al Rainbow club di via Besenzanica a Milano. Questa passione ha permesso a me e al mio compagno di viaggio di passare indenni (si fa per dire, visto i c…oni a mongolfiera che ci siamo tirati!) alla infinita ed estenuante coda che si è creata in quel di Seveso per una autocisterna ribaltata. Dosi da cavallo di Death SS, Sylvester’s Death e dischi solisti targati semplicemente Steve Sylvester nel Cd player della mia vecchia Alfa ci hanno permesso di sperare di arrivare comunque in orario all’inizio dello show, previsto per le ore 22. Fortunatamente le cose si sono poi risolte e in prossimità di quell’orario abbiamo vacato la soglia del Rainbow. Il concerto dei supporter Ensoph è in realtà iniziato un po’ dopo e ci ha quindi premesso di sgonfiare i due c…… di cui sopra con l’aiuto di un paio di birre alla spina.
La prova fornita dagli Ensoph è stata all’altezza della situazione, soprattutto dal punto di vista scenico: mi hanno ricordato molto da vicino la mise dei Death SS versione Humanomalies mentre come musica i Tiamat di Johan Edlund. Dopo gli Ensoph è stata la volta dei Death SS che alle 23.15 precise hanno attaccato con Chains of Death per finire esattamente alle 00.45 con Heavy Demons: un’ora e mezza di straclassici horror-HM della band fiorentina come promesso dal mastermind Steve Sylvester nelle interviste rilasciate qualche tempo fa. Il giorno successivo in quel di Prato i nostri avrebbero terminato per sempre questo Horned of the Witches Celebration tour che, riprendendo il nome del primissimo demo della band offriva in esclusiva un concerto con la musica dei Death SS di una volta, accontentando finalmente tutti i fan che negli anni hanno pregato Steve di organizzare uno show del genere.
Oddio, come tutte le altre band in questi casi (mi vengono in mente i Saxon nella prima line-up, gli Iron Maiden con Di’Anno, i Motorhead nella sconquassante formazione a quattro, i Metallica con Cliff Burton, i Led Zeppelin con Bonzo e la lista potrebbe essere infinita…) i momenti magici del passato sono improponibili per circostanze, atmosfera e, soprattutto componenti. Anche i Death SS non possono sottrarsi a questa logica: la formazione maledetta rimane quella della prima line up con lo stesso Steve alla voce, Paul Chain all’ascia e gli altri oscuri figuri ai restanti strumenti. Conoscendo la maniacalità e la professionalità con la quale Mr. Sylvester affronta qualsiasi aspetto della propria carriera artistica, in perfetta sintonia con il motto “value for money” per non deludere mai i propri fan e fornire sempre e comunque un prodotto tecnicamente all’altezza, mi sarei aspettato un palco più ricco e soprattutto più legato agli show degli anni ’70 e ’80, cosa purtroppo non avvenuta. Non avere lo striscione alle spalle del batterista con la scritta classica “Death SS” (a parere di chi scrive uno dei logo più belli della storia) mi è parso quantomeno strano e lo stage con solo un candelabro e il trono di Steve urlava vendetta.
Anche la mise e il trucco degli altri Death SS lasciava un poco a desiderare: solo a piccole dosi e viaggiando parecchio con l’immaginazione si poteva riproporre ai nostri occhi l’ambientazione e il feeling del passato. Inciso: tornando alla cura con la quale Steve confeziona il proprio prodotto, lascia quantomeno perplessi l’atteggiamento di altri personaggi di spicco dell’horror-doom sia italiani che stranieri che incidono qualsiasi loro pisciata (scusate il termine, non è da me, ma è la traduzione di un modo di dire dialettale della mia zona che rende benissimo l’idea), spacciandola come un improbabile incubo dopo una notte di tormenti messo su Cd tanto per creare un’attesa. In realtà si scopre poi che si tratta di musica dozzinale di serie Z buttata a casaccio, e intanto quindici o più dei nostri inflazionati Euro hanno preso il volo… scusate la divagazione…
Riparlando del concerto, dietro le pelli stanotte troviamo “martello” Ross Lukather, sicuramente uno dei migliori picchiatori italiani quando si resta in ambito classic-power che dà il proprio importante apporto al muro sonoro sprigionato dai fiorentini. I classici sgorgano come il sangue dopo una ferita importante (bella questa ah,ah,ah): Where have you gone (grandiosa, uno degli highlight della nottata), Let the Sabbath Begin (con coro da paura da parte dell’audience), Lilith (ottima la prova scenica della performer), Black and Violet (sulfurea come ai bei tempi), Terror (purtroppo eseguita approssimativamente per mancanza di feeling fra la chitarra di Emil Bandera e la sezione ritmica), Hi-Tech Jesus (sono sincero, non mi aspettavo assolutamente questo pezzo), Horrible Eyes (un evergreen assoluto!), Kings of Evil, Cursed Mama, Family Vault, Vampire, Baphomet e tantissime altre tratte dai primi lavori della band vengono sparate sul pubblico senza redenzione. Le migliori, quelle più da “concerto”, sono state, non a caso, quelle tratte da Heavy Demons, che come ben sa il vecchio Steve rimane finora il mio album preferito della loro discografia.
Dal punto di vista scenico Mr. Sylvester non si è certo risparmiato: ottima la sua performance così come il calice di sangue finto tirato sulle prime file, d’altronde da sempre la componente teatrale fa parte dello show dei Death SS. Ghiaccio secco e fumi vari non sono stati certo lesinati, così come di tanto in tanto degli inserti pirotecnici. Da notare la professionalità e la naturalezza della ragazza che ha alimentato i siparietti tipici previsti in alcuni brani che spesso si è concessa alla nostra vista come Dio l’ha fatta, fra gli osanna (invero garbati), dell’audience che si è dimostrata all’altezza della situazione senza eccedere in manifestazioni di cattivo gusto. Sicuramente una notevole nota di merito di questo show rispetto a quelli degli anni ottanta: il paragone nei confronti delle colleghe che l’anno preceduta (con tutto il rispetto) non si pone proprio, a partire dalla “carrozzeria”, decisamente di un’altra categoria! Come da sempre sostengo, i Death SS, fin dagli albori, grazie alla loro continua ricerca del “nuovo” e del sensazionale, sono sempre stati una band di caratura mondiale, al di là di approssimative classificazioni e la data di Milano li ha premiati con una affluenza al di sopra delle attese, considerando i tempi di magra nei quali viviamo e il ponte vacanziero che ha sicuramente dirottato parecchi metallari del norditalia verso le Alpi imbiancate.
Scrivevo in apertura di report che di concerto epocale si doveva trattare: ebbene, a tratti lo è stato, con parecchie luci sì ma anche con qualche ombra di troppo. Vuoi l’esiguità dello spazio on stage, vuoi l’approccio “moderno” di alcuni componenti della band nei confronti di sonorità vintage ma un po’ di amaro in bocca a fine concerto mi è rimasto. L’importante comunque era esserci: concerti così i Death SS non ne faranno mai più e, come al solito, chi ha torto sono gli assenti. Fra qualche anno lo show del Rainbow targato dicembre 2005 verrà ricordato come il sigillo (non il settimo… ah,ah,ah) finale dei Death SS vecchia maniera nel nordovest della penisola: cosa non da poco.
Nell’attesa che esca il nuovo, attesissimo album The 7th Seal, previsto per i primi mesi del 2006, aspettatevi a breve un’intervista fiume (come al solito in questi casi), fra il sottoscritto e Mr. Steve Sylvester.
Grazie dell’attenzione.
Keep on rockin’
Stefano “Steven Rich” Ricetti