Report Fear Factory – Bergamo, 9 Luglio 2004

Di Alberto Fittarelli - 23 Luglio 2004 - 0:43
Report Fear Factory – Bergamo, 9 Luglio 2004

Scritto da Samuele Gavazzi

Seconda serata in Italia per questo gruppo che nel corso degli anni ’90 ha contribuito a portare avanti un certo modo di intendere il metal, ed ha inventato per se un modo di suonare del tutto personale.Dopo la data di Torino è Bergamo stavolta ad ospitare il gruppo losangelino, città forse non abituale a questi eventi, ma sicuramente un grande scenario.
Difatti il concerto si è svolto al Chiostro di Sant’Agostino, in città alta, in un cortile laterale alla struttura omonima, cioè un prato in discesa dove in fondo era posto il palco, coperto da un tendone.
Beh, permettetemi di divagare un secondo e di spendere due parole per questa città veramente molto bella artisticamente, soprattutto nella sua parte alta, scenario veramente suggestivo per un evento simile.

A quanto avevo letto il concerto sarebbe dovuto cominciare alle 21 con i Dagoba che, scusate la mia ignoranza, non sapevo proprio chi fossero.
Io però purtroppo non li ho visti suonare!

Molto godibile l’atmosfera, creata un pò dalla sagra, dal posto “anomalo” e dal numero di presenti esiguo rispetto all’ambiente.

Sono da poco superate le 21,30 quando,dopo un soundcheck tutto sommato breve, ecco salire sul palco i 4
Fear Factory: si parte senza nessun intro o cose simili con la musica, ed è
Slave Labor dal nuovo Archetype ad aprire le danze.
Fin da subito si possono apprezzare dei suoni quasi perfetti, che dureranno per tutto il concerto, con un volume alto ma non eccessivamente.

“Nothing-You Say-Matters-to us”, con questo duetto tra pubblico ed il cantante Burton parte la seconda canzone della serata, forse la più potente del nuovo album,
Cyberwaste, accolta in modo entusiastico dai presenti.

Dopo l’accoppiata iniziale dall’ultimo uscito e una piccola pausa in cui il singer saluta il pubblico con le solite parole in italiano, fa seguito la prima estratta dallo storico
Demanufacture, cioè Zero Signal.
Dopodichè vengono proposte due delle canzoni più famose del gruppo. In successione, proprio come su disco, vengono eseguite le prime due song di Obsolete, Shock (un boato il grido iniziale) e Edgecrusher, mandando il pubblico in totale visibilio, che tributa in modo più che degno.

Dopo questa doppia botta, segue una lunga carrellata di song estratte dalle passato del gruppo americano.
In ordine sparso stando a quel che mi ricordo: Demanufacture, Self Bias Resistor, Dog Day Sunrise, Resurrection, Smasher/Devourer, Scumgrief
e Martyr.
Il pubblico accoglie con molto piacere le vecchie canzoni e continua a cantare e dimenarsi sotto la montagna di riff industriali colati addosso in modo chirurgico.

Verso la metà del concerto però si inizia a rumoreggiare e viene acclamata quella che forse è la canzone più rappresentativa dei Fear Factory, e cioè
Replica, ma a questo coro un simpatico Burton risponde che è appena uscito il loro nuovo album ed è giusto
promuovere le nuove canzoni. Così ecco che dopo questo piccolo “comizio” arrivano l’omonima bellissima
Archetype e pure la cover dei Nirvana, School, dedicata ai fan.

Il concerto vola via una canzone dopo l’altra fino al suo culmine forse, con la tanto acclamata
Replica, tanto richiesta quanto veloce a finire. Il gruppo si allontana e sembra giunta la fine anche di questa serata, ma dopo poco rientrano per concludere con due canzoni lente e più melodiche, la prima che non conoscevo (scusate…), probabilmente dall’ultimo, e la seconda l’ultima canzone di
Obsolete, Timelessness, con il solo Burton a cantare sul palco.
E così se ne vola via anche questo piacevolissimo concerto, in una calda e ventilata serata d’estate, concerto che tutto sommato è durato poco meno di 2 ore, infatti alle 23,30 era già tutto finito.

Il primo impatto visivo che si ha è che il cambiamento di line up non abbia giovato molto alla prestazione dal vivo, non tanto nel suono quanto “nell’immagine” e coinvolgimento.
La cosa più evidente è l’attuale chitarrista Christian Olde-Wolbers: quand’era al basso era un vero piacere vederlo saltellare e muoversi sul palco, con uno stile quasi unico.Ora alla chitarra mi è sembrato questa sera molto meno dinamico, più impacciato con questo strumento nei movimenti, si saranno visti al massimo 1-2 salti in tutta l’esecuzione.
E poi l’assenza di quello che era il suo contraltare, Dino Cazares, lo storico chitarrista del gruppo. I saltelli e l’entusiasmo di questo ometto “panciuto” davano un tocco ancora più unico al gruppo.
Al basso il buon Byron Stroud, dagli Strapping Young Lad, impressiona per la sua stazza e per come spadroneggia il suo strumento, ma assolutamente non è dinamico, elemento secondo me tutt’altro che ininfluente in un gruppo come i Fear Factory.

Infine non si può non far notare l’incredibile drumming di Raymond Herrera, lui si che è veramente una
macchina! Preciso come su disco, potente come uno schiacciasassi nei suoi colpi. Veramente uno spettacolo vederlo dal vivo.
E poi Burton C. Bell, il cantante: in una data, quella di Bergamo, che rispetto alle altre poteva essere presa con una certa “tranquillità” diciamo, lui sicuramente non si tira indietro e
dà l’impressione di dare il massimo (cosa che forse le due asce non hanno fatto?).
Ottimo e senza stecche il suo cantato, promosso a pieni voti.

Le puntualizzazioni finali sono forse eccessive, tutto sommato è stato un concerto più che riuscito, complice sicuramente il posto molto bello e dal clima tutt’altro che futuristico, ma che ha dato più l’idea di essere ad un allegra festa, come forse è giusto che sia un concerto.
E poi i Fear Factory non hanno certo tradito le attese ed hanno dato dimostrazione anche questa serata che qualcosa da dire in questa scena ce l’hanno ancora, a dispetto di chi li da per finiti.