Report Queensryche 30/06/2004
Report Queensryche 30/06/2004
Il concerto dei cinque di Seattle è forse uno dei più attesi di quest’anno, tra le tante cose per riscattarsi dallo scorso Gods of Metal in cui tra un imprevisto e l’altro si ritrovarono con un’ora di spettacolo in meno.
Fortunatamente questa sera non è andato tutto male. Anche in questo caso il sottoscritto ha dovuto fronteggiare i soliti problemi dovuti alle dimenticanze di chi dovrebbe rispondere alle mail di accredito con maggiore celerità. Fortunatamente tutto si è risolto per il verso giusto e in perfetto orario sono entrato all’Alcatraz per rallegrarmi con questo sospirato concerto.
Alle 21.00 si abbassano le luci e noto Rockenfield dirigersi verso il suo drumset seguito da Wilton. Si parte con la title track dell’ultimo “Tribe”, probabilmente tra i brani migliori dell’ultimo lavoro; dal vivo la resa è nettamente preferibile rispetto alla versione in studio, per lo meno c’è un po’ di potenza in più. Nota assai dolente per i suoni, sono troppo alti e inizialmente la batteria copriva quasi tutto. Fortunatamente con la successiva “Sign of the time”, brano che detesto con tutto il cuore dall’altrettanto detestato “Hear in the now frontiers” comincio a notare un lieve miglioramento, anche se il suono di basso non è eccellente e la chitarra ha dato qualche problema nel finale del brano.
L’adrenalina sale non appena percepisco i suoni fuori campo della rocciosa “NM156”. In tutta onestà avrei preferito questo brano come opener soprattutto per la potenza e per l’attacco iniziale. L’unico momento di stanca di tutto il concerto è stata appunto l’apertura con brani più recenti
La parte più interessante di tutto lo show è rappresentata da “Silent lucidity” in poi Infatti l’esecuzione di gran parte di quel capolavoro chiamato “Operation: mindcrime” riscatta praticamente un inizio non del tutto sufficiente. Tate è in splendida forma e per buona sorte non risente di grosse difficoltà nemmeno nell’esecuzione dei vecchi cavalli di battaglia. Il primo set termina con una tellurica “Eyes of a stranger” (brano che non cessa maidi entusiasmare ancora il pubblico), mentre il come-back è affidato a “Empire” chiudendo in bellezza la performance “on stage” del combo statunitense.
In sostanza i ‘Ryche hanno regalato al pubblico italiano convenuto a questa data un’esibizione cristallina, a conti fatti convincente, dando ancora una volta dimostrazione di grande professionalità.
Alessio “AlexTheProgMan” Battaglia