Report Sitting Bull-Defender del 04-12-04 Foreword e Interlude of Pain
Doppia serata al Sitting Bull-Defender all’insegna del prog e in particolare dei Pain of Salvation con i Foreword e gli Interlude of Pain.
Ad aprire le danze tocca ai Foreword, una band molto eterogenea in quando a età dei suoi musicisti, nata come cover band dei Pain of Salvation ha poi allargato i suoi orizzonti presentando in questa serata canzoni di un buon numero di gruppi.
Si comincia con un’intro su cd, si tratta di “Annihilation” degli A Perfect Circle che presenta la band al pubblico, il volume si abbassa, le note sfumano e lo spettacolo inizia con “Blackest Eyes” dei Porcupine Tree. Come si diceva però il primo amore del gruppo erano i Pain of Salvation e quindi subito spazio alla band con “Ending Theme”, prima di una svolta un pochino più aggressiva grazie a “Believe in Nothing” dei Nevermore e a “Crushed to Dust” dei Green Carnation.
Subito dall’inizio bisogna dire che i Foreword dal punto di vista strumentale non sono male, nonostante l’estrema giovinezza di alcuni suoi elementi (per esempio chitarrista solista e tastierista hanno all’incirca 16 anni, ma si sono rivelati due tra i migliori), la band si trova bene a suonare e gli errori sono davvero pochi. Se a questo aggiungiamo anche il fatto che su un paio di canzoni, come sorpresa per il pubblico, sono saliti sul palco a suonare anche un violoncello e un flauto traverso, direi che questi ragazzi hanno davvero i numeri per fare molto bene. Tutto ciò in effetti sarebbe vero, se gran parte del lavoro fatto dai musicisti non fosse spesso e volentieri vanificato dal cantante del tutto inadatto al genere proposto dal gruppo. Praticamente sempre stonato, incapace di adattare la sua voce ai diversi generi proposti e per questo sempre troppo alto o troppo basso rispetto al pezzo suonato, se a questo aggiungiamo che spesso risulta anche ben poco convinto come se non sapesse neanche cosa stia cantando… otteniamo un risultato a tratti imbarazzante. Il che è un vero peccato a mio avviso per il resto del gruppo, se riuscisse a ottenere da se stesso un decisivo miglioramento sarebbe davvero un’ottima cosa per tutto il gruppo, in caso contrario a mio avviso dovrebbero pensare di sostituirlo.
A parte la parentesi critica, il pubblico si è decisamente divertito durante tutto lo spettacolo, ben poco interessato alla prestazione del singer, ma voglioso di sentire le proprie song preferite. Lo spettacolo infatti continua con i Pain of Salvation di “Iter Impius”, poi “To Rid the Disease” degli Opeth e un lungo passaggio di canzoni dei Tool: “Parabol”, “Parabola” e “Stinkfist”. Un preve interludio di nuovo con i Porcupine Tree di cui vengono proposte “Shesmovedon” e “Wedding Nails” prima della chiusura dell’esibizione ovviamente con i Pain of Salvation di cui suonano: “Spirit of the Land”, “Inside”, “Vocari Dei” e infine “Ashes”.
Scesi i Foreword dal palco tocca agli Interlude of Pain, i quali secondo me pongono al pubblico un interessante interrogativo: una cover band deve eseguire le canzoni nel modo più simile possibile all’originale, o deve reinterpretarle alla sua maniera? Gli Interlude of Pain, cover band dei Pain of Salvation sembrano infatti seguire la seconda opzione.
Uno dei punti di forza del gruppo è stata in questa occasione sicuramente la sezione ritmica, composta da un batterista decisamente molto bravo e da un bassista valido, anche se a volte quest’ultimo aveva la tendenza a mio avviso a uscire un po’ troppo dagli schemi volendo dimostrare a tutti i costi di che pasta fosse fatto. Qualche pecca però è doveroso segnalarla anche in questo caso per quanto riguarda il cantante, sicuramente migliore di quello dei Foreword ma non del tutto a suo agio in particolare negli acuti. Decisamente dimenticabile invece la prova del tastierista che in pratica non ha quasi mai suonato, a tratti anzi quasi disinteressandosi del gruppo e gironzolando fumando per il locale.
La loro prova è comunque in generale sicuramente positiva e suonano un gran numero di canzoni tra cui non mancano naturalmente i classici, tra le tante meritano una menzione song come “Idioglossia”, “Used”, “Nightmist”, “Ashes”, “Reconciliation” e “The Perfect Element”, tutte, come dicevo, reinterpretate nel loro stile al punto che spesso erano quasi irriconoscibili. Che questo sia o meno un pregio lo lascio decidere agli astanti che a quanto pare hanno decisamente apprezzato la loro esibizione così come quella dei Foreword. Una serata insomma positiva a base di tanto prog di varie estrazioni che ha fatto felice il pubblico intervenuto.
Alex “Engash-Krul” Calvi