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Ritual – Patrick Lundstrom

Di - 18 Aprile 2003 - 19:46
Ritual – Patrick Lundstrom

Partiamo con una breve presentazione del vostro nuovo album.

 Si riferisce al genere di contenuto lirico onnipresente nei nostri pezzi. In questo, come in ogni nostro album, in un modo o nell’altro tentiamo di esprimere il rapporto tra l’uomo e la natura. E’ un messaggio che trovate ovunque proprio perché significa molto per noi, si tratta del nostro tentativo di identificarci con la natura per trovare, formulare un nuovo rapporto anche psicologico con noi stessi. Ci siamo resi conto che non siamo poi così tanto diversi da ciò che ci circonda, un ambiente che riscopriamo ogni giorno vivendo in modo più intimo e personale. Bisogna formare una nuova relazione con la natura, un nuovo modo di concepirla.

La vostra copertina rappresenta una piccola rana che salta sulla punta di un indice sopra uno sfondo bianco fumoso. Di sicuro un’idea stravagante, ma perché avete scelto proprio questo artwork?

 Ci è sembrato carino rappresentare questa sorta di incontro, questo contatto fra l’uomo e la natura tramite un salto emblematico che la piccola ranocchia esegue in direzione dell’indice, una comunicazione diretta con il resto del mondo vivente. Lo sfondo bianco trasmette un’insolita quiete, ogni movimento si svolge in basso a sinistra della figura, mentre il bianco che circonda l’azione conferisce calma e limpidezza al titolo dell’album e al nome del gruppo. Grazie al nostro batterista siamo venuti in possesso di diverse fotografie da lui stesso scattate all’aria aperta, quella che vedete in copertina così come l’uccellino sul retro che prende il volo sono quelle che maggiormente ci hanno colpito.

 Vuoi commentare le liriche di Think Like A Mountain.

 Certo. In ogni brano dei Ritual è presente lo stesso modo di ascoltare noi stessi e scrivere musica, così come le liriche non sfuggono mai al costante punto di vista che ci collega alla realtà. Non è semplice da spiegare, il materiale ed i soggetti restano uguali ma cambiano le situazioni e la nostra percezione emotiva di ciò che ci sta intorno. Qualcosa di filosofico che chiunque esca di casa può vivere individualmente. Per esempio nella seconda traccia del nostro ultimo lavoro parliamo di una decisione umile e difficile, di uno stesso modo di vivere modesto e semplice, come le creature meno complicate che abitano questo pianeta. Lasciar passare le brutte notizie, dare tutto ciò che si può dare senza affannarsi alla ricerca di chissà quale stile di vita. Da qui viene l’idea di pensare come una montagna, pensare in modo fresco, naturale e sufficiente al raggiungimento dei piccoli piaceri della vita che possono regalarci ciò che per noi più conta, la felicità. It’s much about love.

 Ascoltando il vostro nuovo album ho notato influenze degli anni settanta, come Gentle Giant, Yes e Led Zeppelin. Puoi descrivere il vostro songwriting, il metodo che utilizzate per scrivere canzoni insomma. Come nasce una canzone dei Ritual?

 I nostri pezzi prendono vita in moltissimi modi. Alcune volte le melodie principali sono scritte e composte da me con una chitarra acustica, mentre Fred il nostro bassista si occupa generalmente delle liriche. Altre volte arrivo con delle piccole idee, degli spunti che improvvisamente mi vengono in mente e ci lavoriamo tutti insieme. Sono veramente diversi i modi in cui ognuno dei nostri pezzi prende vita. Siamo tutti molto coinvolti nel promuovere un sound unico, quello che deve distinguere i Ritual da qualsiasi altro gruppo, a partire dai suoni che scegliamo per i nostri strumenti fino ad arrivare agli arrangiamenti. Abbiamo tutti la necessità di aggiungere un pò della nostra energia al lavoro che stiamo incidendo e lo facciamo in diversi modi: ti ho già detto che Fred ama impegnarsi nella stesura dei testi, ma è anche vero che il nostro batterista prende spesso in mano la chitarra per tentare di tirar fuori qualcosa di carino, come il sottoscritto ogni tanto si mette davanti al pianoforte. Il denominatore comune è quello autobiografico, lo sforzo maggiore quello di creare dei collegamenti tra ciò che ognuno di noi scrive!

 Hai parlato di arrangiamenti. Quanto è importante la componente elettronica nella vostra musica?

 Il nostro tastierista è responsabile delle parti synth dell’album, cerchiamo sempre di affiancare il meglio la componente elettronica al suono che scegliamo per gli strumenti. Spesso le atmosfere che nascono dalla tastiera si accompagnano agli effetti che si possono comporre con basso e chitarra, effetti originali che spesso ricordano gli album precedenti senza mai creare una linea di confine tra passato e presente. Naturalmente utilizziamo una diversa varietà di synth, anche se la cosa più importante resta a mio parere la fase del missaggio dove in special modo John tenta di dare fusione a ciascuna traccia registrata nel migliore dei modi.

 Ho sentito del vostro tour con gli RPWL. Cosa ci puoi raccontare a riguardo?

 Siamo tornati da poco in Svezia dopo l’ultimo tour con i RPWL. Abbiamo registrato il nostro primo album nel 1997 ma prima di quest’ultimo tour non suonavamo insieme dal vivo da quasi tre anni, per noi è stato una specie di nuovo inizio: abbiamo visitato Inghilterra, Olanda, Germania, siamo stati ben quattro volte proprio in Italia! Questa volta è andata in maniera diversa però, non abbiamo mai suonato così tanto in un’unica serata. In questa occasione abbiamo messo in pratica la nostra concezione dei concerti live, siamo dell’idea che ogni brano non debba essere proposto in maniera identica a quella originale. Cerchiamo sempre di rivoluzionare gli arrangiamenti in maniera tale da rendere più piacevole l’ascolto dal vivo, proprio perché ci sono cose che puoi fare sfruttando l’energia del pubblico e altre che puoi fare in studio ma non sul palco. Penso che sia importante ricordare questo. Quello che puoi fare in studio non sarà mai perfetto, ma hai sempre la possibilità di rendere il tutto speciale grazie all’aiuto dell’audience. Per ritornare all’esempio fatto prima, Humble Decision è stata totalmente rivisitata in chiave acustica poiché puntiamo molto alla diversa interpretazione live dei nostri pezzi.

 Bene Patrick, mi ha fatto molto piacere parlare con te. Spero di rivedervi presto di fronte al pubblico più caldo del mondo, quello italiano ovviamente.

 Certo Andrea, i concerti in Italia sono veramente indimenticabili. Ringrazio Truemetal per questa intervista e saluto tutti coloro che fino adesso hanno creduto nella nostra musica. A presto!

 Andrea’Onirica’Perdichizzi