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Sadist (Trevor)

Di Orso Comellini - 8 Gennaio 2012 - 7:00
Sadist (Trevor)

Sul finire della splendida giornata al Rock For Liguria, noi di TrueMetal abbiamo avuto il piacere di scambiare due parole con il frontman dei Sadist. A dispetto di una mole imponente (che potrebbe quasi intimorire), Trevor si è dimostrato una persona disponibilissima e affabile, tanto da rimanere a lungo tra il pubblico e all’occasione firmare autografi; nonché offrirsi di portare a noi dello stand di TM qualcosa da mangiare, qualora ce ne fosse bisogno. Gli argomenti di cui discutere sono molti, quindi, bando alle ciance!

 

Intervista a cura di Orso Comellini e Michele Carli

 


    

Ciao Trevor, innanzitutto grazie per averci concesso questa intervista. Iniziamo con le domande e partiamo con l’argomento della serata: essendo i Sadist di Genova, qual è stata la vostra esperienza di quei tragici giorni e come siete giunti alla partecipazione al ROCK FOR LIGURIA?

Purtroppo oggi siamo venuti avendo vissuto questi fatti in prima persona, molti di noi infatti vivono vicino a Genova e alle zone più colpite. Personalmente vivo a Rossiglione, paese che ospita il Metal Valley e da noi non ci sono state vittime, però, tanto abbiamo pianto quelle che ci sono state a Genova (che è stata un po’ l’epicentro di tutta la vicenda). Un po’ è dipeso dalla manutenzione, credo e con questo non voglio fare degli urli contro il sociale, non voglio mettermi contro qualcuno o sparare a zero com’è stato fatto da altri, purtroppo quando la Natura si incazza sono problemi… È vero che non ci sono soldi per la manutenzione ordinaria o devono essere investiti in altro e quindi non si fa più, ma dobbiamo anche considerare le piogge eccezionali che ci sono state. Anche se fossero stati puliti i fiumi, considerate anche le numerose frane, credo che non sarebbero riusciti a fermare l’acqua: quando arriva con quella forza c’è veramente poco da fare, sono fatalità come il recente terremoto in Abruzzo. Probabilmente si dovrebbe trovare quelli che sono i problemi a monte. Anche l’anno scorso sul ponente ligure è successa la stessa cosa ma fortunatamente non ci sono state vittime. La cosa che mi ha fatto tanto piacere è vedere così tanta gente, così tanto volontariato attivo, questo ha fatto la differenza. La gente si è rimboccata le maniche per arginare l’acqua con sacchi di sabbia e proteggere case e negozi. Per quanto riguarda la nostra partecipazione al Rock For Liguria, quando Terence Holler (Eldritch) ci ha chiamato per noi stato doveroso presenziare. Tanto di cappello a lui per aver organizzato tutto, quanto a noi, avendo vissuto quei fatti in prima persona non potevamo mancare. Le band che oggi suoneranno andrebbero tutte lodate per la partecipazione. Credo che il popolo metallico, nonostante i soliti falsi miti (brutti, sporchi, cattivi, capelloni, tatuati, drogati, pedofili e quant’altro), ancora una volta abbia dimostrato qualcosa a qualcuno.

A quanto pare gli ‘sporchi e grezzi’ metallari hanno una coscienza e una sensibilità maggiore di quanto non vengano dipinti dall’esterno. Cosa ne pensi di questo genere d’iniziativa e credi sia giusto replicarla anche per i recenti fatti di Messina?

Quando è stato organizzato il R.F.L. ancora non era successa la disgrazia in Sicilia, ma sarebbe bello poterlo fare e se ce lo proponessero noi saremmo disposti a prendere l’aereo anche a nostre spese. Ovviamente la gente però deve intervenire, questa sera l’affluenza è molto buona, ma per questo genere d’iniziative dovrebbe essere più massiccia!
 


    

                                              Da Sx a Dx: Tommy, Trevor, Andy, Alessio.

 

Chiusa questa importantissima parentesi, passiamo alla musica suonata. Dopo esservi sciolti dal 2001 al 2005 avete fatto il vostro ritorno in pompa magna con “Sadist” del 2007 e l’anno scorso con l’ottimo “Season In Silence”. Cosa vi ha spinto a riformarvi? Vuoi parlarci di questo lasso di tempo?

Più che un vero e proprio stop, è stata una pausa riflessiva. Dovevamo capire cosa avremmo fatto ‘da grandi’ e continuando c’era il rischio che andassimo a toccare degli equilibri a livello umano e caratteriale. Oltre che compagni di band siamo soprattutto amici fuori dal palco e quindi la cosa che ci premeva maggiormente era di non rovinare i rapporti umani. Succede a tanti gruppi di prendersi una pausa, meglio così che continuare a trascinarsi certi problemi. Fermandoci un attimo abbiamo capito certe cose e poi siamo ripartiti con più carica. In un certo senso è come un matrimonio che è giunto alla separazione: se poi riesci a ricostruirlo, il rapporto di coppia ne esce senz’altro rafforzato e questo è il nostro caso. “Lego” è stato un po’ il disco che ci ha portato a quella situazione. Non dico che quell’album seguiva la corrente del momento, ma si discostava tanto dagli altri. Sebbene ogni nostra uscita si differenzi dalle altre, con “Lego” abbiamo fatto una scelta stilistica diciamo abbastanza forte. Nonostante alcune persone mi abbiano detto che per loro è l’album peggiore dei Sadist, quello che piace meno, per noi è stato importante e come per i genitori tutti i figli sono uguali, noi vogliamo bene a tutti i nostri dischi. Oltretutto è stato importante perché altrimenti non avremmo capito determinate cose che ci hanno portato poi a comporre “Sadist” e “Season In Silence”.
 


    

Come è stato accolto il vostro ritorno dai fan e avete avuto modo di promuovere questi due album adeguatamente dal vivo?

L’attestato di stima che facciamo fatica a dimenticare, o meglio che ricordiamo in maniera entusiasta è il nostro primo ritorno live all’Evolution Fest del 2006: un festival con 4/5000 persone e vedere ragazzi emozionati e con le lacrime agli occhi quando ci hanno visto salire sul palco è stato bellissimo. Sicuramente sono state importanti anche tutte le persone che, durante gli anni in cui ci siamo fermati, ci hanno scritto e ci hanno chiamato: una buona iniezione di linfa vitale che ci ha fatto dire: ragazzi siamo pronti, ci risiamo, possiamo ripartire. Sarebbe sbagliato pensare di vivere e di guadagnare a sufficienza facendo il cantante o il chitarrista death metal e quindi lo fai solo se c’è una forte passione. Può sembrare la solita retorica ma il vero perché della musica è la passione di fondo, è quello che ti fa andare avanti.

Come siete giunti alla corte della sempre più affermata Scarlet Records?

Noi avevamo già dal 2007 un contratto di booking agency con la Live In Italy, che in quel periodo era intenzionata a fare anche produzioni discografiche, però in pratica ha sub-licenziato il disco alla Scarlet, alla quale siamo arrivati quindi di rimbalzo. Per noi è stato un piacere perché i ragazzi hanno lavorato molto bene, siamo rimasti soddisfatti dalla collaborazione. Siamo anche amici, conoscevamo la Scarlet e quindi è stato un piacere trovare un accordo con loro. La Live comunque è un agenzia che in questi anni ci ha permesso di promuovere al meglio la band con show come quello con Iron Maiden e Motörhead allo stadio Olimpico o festival come l’Hellfest, il Metal Camp o il Brutal Assault. Da quando siamo ripartiti, molti dei festival più importanti, li abbiamo fatti e, a livello di promozione e di visibilità, palcoscenici di questa caratura sono straordinari. Per un musicista il punto di arrivo è esibirsi sul palco, è bello comporre musica e tutto il resto, ma la cosa migliore è suonare davanti al proprio pubblico. Poi abbiamo fatto un tour molto lungo nei paesi dell’est di 43/44 date che è stata un’esperienza di vita, aldilà del gusto di suonare, vedi delle cose che travalicano la musica, cose talvolta toccanti, suonando ad esempio vicino a Chernobyl e in Moldavia. Quanto a promozione abbiamo cercato di fare tutto il possibile.

Personalmente adoro i vostri primi due lavori “Above The Light” e “Tribe” e proprio dopo aver letto recensioni entusiaste del vostro debutto mi sono recato dal mio negoziante di fiducia ad acquistare il CD. Vuoi parlarci di quel periodo, anche se tu dovevi ancora entrare a far parte dei Sadist?

La cosa più incredibile di “Above The Light” è che ha cantato Andy: se uno lo sentiva parlare se lo poteva immaginare come un Beppe Grillo in versione tossica. La domanda più frequente infatti era: si è rovinato la voce dopo aver cantato su quel disco o era già così prima? Ai tempi ci conoscevamo già con Tommy e mi raccontava che quando stavano registrando la voce il fonico gli chiedeva se fosse impasticcato… Invece Andy è un salutista di quelli convinti che non fuma, non beve, non si droga. Questo è l’aneddoto più divertente. Comunque, sono due album che, per i tempi, hanno fatto una piccola parte nella storia del metallo italiano.
 


    

Per quanto riguarda “Crust”?

Con “Crust” siamo stati tra virgolette lungimiranti o forse matti, ma ci siamo preoccupati tanto anche dell’estero. È stato l’album che ha portato per la prima volta una band italiana al Wacken Open Air ed è stato per quattro settimane nella classifica di Rock Hard tedesco. In Italia magari “Above The Light” è stato considerato un disco seminale ed è probabile che abbia lasciato di più il segno, ma “Crust” ci ha aperto la strada per l’estero.

 


    

                 La formazione ai tempi di “Crust”: (da Sx a Dx) Tommy, Trevor, Andy, Oinos

 

Torniamo ai giorni nostri, parlaci un po’ anche dei tuoi progetti paralleli come gli Allhelluja, Athlantis o Hastur. Poi mi risulta che stai lavorando anche ad un nuovo gruppo fusion metal con Romain Goulon dei Necrophagist e infine cosa ne pensi dell’attuale scena heavy metal ligure?

Credo che una città come Genova abbia dato tanto all’arte e alla musica, anche fuori dal nostro contesto. Se vogliamo fare un po’ meno i metallari, artisti come De Andrè e Antonella Ruggero penso che vadano lodati e che sia giusto riconoscere il loro percorso artistico. Per quanto riguarda la nostra scena, Genova e la Liguria hanno sfornato gruppi come Necrodeath, Detestor, Antropofagus o gli stessi Vanexa, adesso poi ci sono Nerve, Ritual Of Rebirth o Abysmal Grief. C’è stata e c’è tuttora una scena importante, purtroppo come in molte altre realtà italiane, vengono meno i live club perché la gente va sempre meno a vedere i concerti, o meglio ce ne sono talmente tanti che le persone si dividono e alla fine di dieci riescono a farne uno. Io ho lavorato per diversi anni alla direzione artistica di alcuni locali di zona come il Logo Loco e il Crazy Bull e ho fatto suonare tutte le band italiane, dalle più note e storiche, a quelle più piccole e quelle straniere come Suffocation, Malevolent Creation, Entombed, Cynic. Però ammetto che è difficile. Per fortuna c’è sempre uno zoccolo duro di fan molto importante ed etichette come Masterpiece e Black Widow. Noi con Nadir Music abbiamo messo in piedi una struttura che offre dei servizi a varie band. Ripeto Genova c’è e c’è stata nonostante le difficoltà. Per quanto riguarda i vari progetti, carne al fuoco ce n’è tanta. Con gli Allhelluja stiamo aspettando che Stefano Longhi dia un segnale a tutti noi: a me, a Tommy Massara degli Extrema, a Roberto Gelli. È stato un piacere poter collaborare a “Breath Your Soul”, un disco che, possiamo dire, è stato un successo. Vedremo, spero che abbia un seguito. Stiamo pensando anche ad uno split con gli Entombed. Riguardo alle ultime news, è vero: Tommy ed io abbiamo formato i Nufutic assieme a Goulon dei Necrophagist alla batteria e Jeroen Paul Thesseling dei Pestilence al basso. Non lo dico per piaggerie ma sono tutti dei musicisti straordinari, io non mi includo perché non suono nessuno strumento, anzi sono terribile con qualsiasi strumento in mano, lo strumento che tengo meglio è la forchetta quando sono a tavola… Il batterista dei Necrophagist per me è un mostro, con Tommy ho il piacere di aver condiviso un percorso che dura da oltre quindici anni e Jeroen  è un bassista sicuramente atipico. Non me ne vogliano gli altri bassisti ma nel metal è uno strumento sicuramente più soffocato, negli anni ottanta erano i chitarristi a fare un po’ le primedonne, nel 2000 lo sono diventati i batteristi, mentre i bassisti mai. Poi però ci sono bassisti come Andy o come Jeroen che li puoi vedere suonare il fretless a sei corde e quindi… Ci sarà da sbizzarrirsi, sono un po’ impaurito perché immagino che faranno delle cose talmente tanto difficili che non sarà banale cantarci sopra: mi limiterò a due urli e poi il resto della canzone sarà strumentale (risata collettiva).

Per quanto riguarda i Sadist invece, cosa avete in cantiere? State componendo del nuovo materiale, o magari pensate di registrare un live album che fotografi il vostro attuale stato di grazia?

Guarda non so se siamo troppo orsi noi o troppo ‘genovesi’ (alias chiusi), ma chi conosce la band sa che quest’anno sono vent’anni che siamo in circolazione (dal 1991) e infatti qualcuno ha detto: ragazzi ma farete un dvd dal vivo o una raccolta visto che non l’avete mai fatto? Finora non è che non l’abbiamo realizzato per pigrizia, forse un po’ perché siamo chiusi e forse anche un po’ per troppa umiltà. Ci sono delle band che fanno due dischi e il terzo è già una raccolta. Noi non ci sentiamo i Metallica, nonostante i vent’anni di attività e sei dischi. Si potrebbe anche fare comunque, l’idea ci sarebbe anche; che ne so, magari faremo ‘venti più uno’. Ripeto l’idea ce l’avremmo anche: ci piacerebbe fare qualcosa di particolare, magari in un teatro, un qualcosa di orchestrale. A noi piacerebbe e anche alla Scarlet stessa. Ci ha proposto di fare una tiratura limitata, magari in vinile. Stiamo pensando timidamente al prossimo album, però questa è una cosa che teniamo in considerazione.

Mi piacerebbe sapere qualcosa di più riguardo al concept che c’è dietro a “Season In Silence”.

Su “Season In Silence” ho voluto raccontare diverse storie che in parte ho vissuto, in parte romanzato, alcune sono storie reali dei miei posti. Ho la fortuna (per qualcun altro invece no…) di abitare in un posto in cui la neve scende copiosa e come luogo è molto suggestivo. Mi ha ispirato nello scrivere i brani, sono molto geloso del concept e di tutto quello che è extra-musica come la parte grafica, fotografica e i testi. Sono molto orso, quasi grizzly e mi piace molto ritirarmi in quei luoghi d’inverno. Anche per la musica abbiamo scelto dei suoni gelidi, dall’intro all’ultimo brano. Diciamo che è un disco molto invernale, sicuramente chi ama solo l’estate non vuole bene a “Season In Silence”; però noi siamo veramente soddisfatti. Negli ultimi due anni abbiamo avuto nevicate abbondanti e ho fatto tante, tante foto. Non sono un grafico ma tutta l’idea grafica l’ho data a Davide Nadalin affinché la realizzasse. Tutte le foto associate alle varie canzoni sono miei scatti.
 


    

Concludo lasciandoti la possibilità di fare qualche ringraziamento in particolare o toglierti qualche sassolino dalla scarpa.

Il ringraziamento va a tutte le band che hanno partecipato questa sera e a tutti i presenti. La cosa brutta è che sembra che questa sarà l’ultima serata di questo locale e poi apriranno una discoteca. La cosa più triste, oltre ovviamente a quello che è successo a Genova, alle Cinque Terre, a Monterosso e all’alta Toscana, è proprio il fatto che il Red Vibes diventerà una discoteca. Comunque ringrazio Terence degli Eldritch per l’organizzazione e tutti quelli che hanno sposato questa causa. L’unico sassolino che mi sento di levare riguarda le persone che non sono venute: ci sono trenta band, può anche essere che non te ne piaccia una, però la causa è giusta e doverosa. I motivi per non mancare c’erano tutti. Sono rimasto molto colpito dal tam tam che c’è stato via internet, sono eventi che andrebbero ripetuti più spesso.

Grazie di tutto Trevor, ci vediamo dopo sul palco!

Grazie a voi.