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Schizo (Dario Casabona e Reder)

Di - 27 Febbraio 2010 - 0:05
Schizo (Dario Casabona e Reder)

Schizo: la leggendaria band di Catania ha ormai superato i venticinque anni di attività. Traguardo impensabile fra problemi di line-up e caratteristica dello stile, non certo deputato all’easy listening. Dopo aver firmato il contratto discografico con la Scarlet Records, gli alfieri del metal estremo italiano hanno partorito “Hallucinantion Cramps”, che ha tutte le carte in regola per esser l’alba di un nuovo Mondo. È il caso, allora, di fare qualche domanda a Dario Casabona (batteria) e Reder (chitarra).

Il Mondo è piccolo. Nel 1985 conobbi Claudio dei Necrodeath, che era mio compagno di corso all’Università. Quindi, assistetti di persona alla nascita del progetto congiunto Schizo/Necrodeath che comprendeva anche la partecipazione del vocalist originario dei genovesi, Ingo, come vostro cantante.
Come ricordate quel periodo?

(Reder)- Ricordo che se volevo ascoltare metal dovevo comprare i dischi. Ricordo che se ti occupavi di musica estrema venivi additato dalla gente e sputtanato dai media (oggi anche gli “scarti” sono entrati a pieno merito nel nostro tessuto sociale). Ricordo che quando uscì “Cicatrix Black” ci venne fatta la stessa domanda.
I “bei tempi” comunque non ci sono mai stati. A questo punto meglio parlare del presente…

Il genere da voi proposto, all’epoca, era estremo come pochi al Mondo. “Main Frame Collapse” (1989) era durissimo da digerire, anche per gli stomaci più forti.
Era vostra volontà specifica di proporre qualcosa di unico, oppure la “schizofrenia” veniva fuori spontaneamente?

(Reder)- Era la nostra specifica volontà schizofrenica che veniva fuori spontaneamente, ieri come oggi.

A parte demo, EP e singoli, venne il buio discografico sino a marzo del 2007, quando uscì il vostro secondo album “Cicatriz Black”, appunto.
Per quale motivo tutto questo tempo?

(Dario)- Credo mi verrebbe più semplice e più fluido rispondere a quesiti metafisici piuttosto che riuscire a illuminare le cause di questa penombra. Tentando di sintetizzare al massimo, posso dirti che da una parte non vi erano le condizioni personali e musicali affinché il progetto Schizo potesse riemergere e, dall’altra, la nostra volontà ci suggeriva di non dichiarare lo stato di decesso dello stesso. Tutto questo fin quando non rientrò Reder, vera anima musicale degli Schizo in fase compositiva, con cui potemmo riordinare le cose e dare nuova e, a nostro parere, miglior vita alla band.

A settembre di quell’anno, lo split con Alberto Penzin, bassista nonché membro formatore.
Come avete reagito al traumatico distacco?

(Dario)- Come cercavo di far capire prima, ogni vicenda che riguarda questa band porta in sé sempre e costantemente qualcosa di travagliato, di sofferto e anche di malsano. Un colore che si riflette, sempre a parer mio, anche nella musica. Forse da questo processo si distacca la dipartita di Alberto. Quando certe magie finiscono è giusto prendere la decisione di far cambiare corso agli eventi, in modo razionale e maturo. Da qui la decisione da parte di entrambi di chiudere la condivisione di questa esperienza pur mantenendo degli ottimi rapporti sul piano personale. Colgo l’occasione per un pubblico “in bocca al lupo” ad Alberto.

 

Finalmente, quest’anno, “Hallucinantion Cramps”.
Mi piacerebbe raccontaste tutto quel che vi viene in mente in merito a questo lavoro, spontaneamente!

(Dario)- Se “Cicatriz Black” fu un album realizzato (con tutti i difetti che tale modalità può causare) in modo spontaneo e in tempi celeri, spinti dall’entusiasmo del ritorno di Reder e del comeback discografico nel vasto panorama musicale, “Hallucination Cramps” è, invece, il disco su cui abbiamo lavorato sodo per due anni, senza soste e senza tralasciare nessuno degli aspetti costitutivi di un album che sia degno di tale nome. Una notte io e Reder discutemmo fino all’alba su cosa volevamo da questo disco, sulle sensazioni che doveva procurarci, su ciò che volevamo tradurre in musica. Da qui la scelta di concentrarci in termini di lyrics sui concetti della schizofrenia e del disagio mentale e in termini musicali su qualcosa di violento e fortemente oscuro come mai fosse stato fatto in casa Schizo. Il lavoro in fase di composizione/arrangiamento è stato molto duro ma anche molto naturale; ci siamo ritrovati ad avere molti più pezzi di quelli presenti in “Hallucination Cramps”, cosa che ci ha permesso di stringere, ridurre, togliere il superfluo per arrivare alla vera sostanza dell’album. Sostanza resa ancor più efferata dalla performance di Nicola, che non si è risparmiato in termini di aggressione, violenza, conscio di dover dare il massimo per cercare di trasmettere la disperazione del concept; così come Perfekt (l’artista nostrana che si è occupata dell’artwork) che ha centrato in pieno il significato “mentale” di tutto il disco, trasfigurando (o “disfigurando”) la musica in immagini/visioni. L’ouverture “AT-IV” è stata affidata al nostro amico, nonché talentuoso musicista Marco Garro (Ueickap) che ha trasformato la linea melodica di “Mind K” in emozione “d’ambiente” ma sempre in linea con il leif motiv dell’ album.

L’album sancisce il famigerato venticinquennale della vostra carriera.
Quali somme tirate?

(Dario)- In tutta sincerità non credo ci sia mai capitato di tirare somme, sia per una questione di attitudine personale, sia perché il “far musica” è una necessità in primis per noi stessi; sicuramente condividere questo atto con un maggior numero di ascoltatori è una cosa che accresce la potenza musicale e artistica, ma in ogni caso avere questa band è una cosa che accadrebbe anche in mancanza di supporti da parte di etichette, media, etc …, proprio perché vissuta come necessità espressiva e, se vuoi, anche catartica. Ergo siamo lontani dal sentirci arrivati da qualche parte o dal mirare ad un qualche traguardo di successo. Non è questo che spinge gli Schizo a produrre musica estrema.

Durante questi cinque lustri, com’è stata, invece, la vostra attività live?

Dario)- Molto rara, pochi concerti rispetto al tempo in cui siamo nella scena. Questo è un lato che vorremmo cambiare in un futuro prossimo, anche se la nostra collocazione geografica molte volte scoraggia i promoters e gli organizzatori che preferiscono scegliere bands più giovani e più gestibili in termini economici e logistici.  

A proposito, è previsto qualcosa di particolare per le date che farete quest’anno, o vi concentrerete sulla promozione di “Hallucinantion Cramps”?

(Dario)- Ancora nulla in cantiere, escluse alcune date sparse nella penisola a supporto del nuovo album. Il 13 marzo a Milano ci sarà, per esempio, il “Necroschizofrenia Day” in cui ci esibiremo con gli amici Necrodeath. Sicuramente sarà una bella occasione per vedere un pezzo di storia del metal nostrano. Tengo a precisare che con noi sul palco per i prossimi eventi live ci saranno al fine di completare la line-up: Tato (bassista di Zora e Glacial Fear) e Fabio Monaco (già tra le nostre fila in passato). 

Parlando sempre di futuro, avete già idea di come si evolverà il vostro sound, oppure sentirete semplicemente la “voce del cuore”?

(Dario)- Mente e cuore non sono scissi in questo progetto e si muoveranno secondo le regole della spontaneità.

In “Cicatrix Black” c’è stata la partecipazione di Steve Sylvester (Death SS), A.C. Wild (Bulldozer) e Flegias (Necrodeath).
Avete qualche aneddoto da raccontare in merito a queste tre grandi personalità del metal estremo italiano?

(Dario)- Penso che già parlammo abbastanza durante l’uscita della precedente release dei tre personaggi in questione; comunque no, nessun aneddoto particolare.

Ultima domanda: la più classica.
Avete qualcosa da dichiarare, ai lettori di Truemetal.it?

(Dario)- Più che da dichiarare mi viene di consigliare ai lettori di dare una possibilità ad “Hallucination Cramps” di farsi strada nelle loro orecchie e nelle loro menti, ricordando che anche in questo paese decaduto e oramai al tramonto si possono trovare prodotti musicali degni di interesse, senza per forza dover rincorrere produzioni di bands dell’ultima ora solo perché i musicisti in questione possiedono una carta d’identità rilasciata dal comune di Stoccolma o di Oslo. 

In bocca al lupo per la buona riuscita, in tutti sensi, di “Hallucinantion Cramps”!

(Dario e Reder)- Crepi e grazie dell’intervista.