S’impennano le vendite degli LP, ma sono davvero un problema per l’ambiente?
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L’industria discografica ha vissuto un decennio di crescita esponenziale nelle vendite degli LP, tuttavia rimangono ancora dei dubbi sulla sostenibilità.
I numeri sono senz’altro impressionanti: nel 2017 sono stati venduti 14,3 milioni di dischi negli States, mentre nel Regno Unito lo scorso anno le vendite ammontano a 4,1 milioni. Un incremento del 200% anno dopo anno fino ad aprile 2019. E questa è solo una parte della storia. Questi numeri non tengono conto dei dischi venduti direttamente dalle band in tour o attraverso i propri siti internet e non tengono conto delle vendite dell’usato. Ryan Wilson della Concord Music Group ha detto:
Quello che l’industria del vinile non riconosce necessariamente è l’esistenza di una cultura del vinile che vive al di fuori delle nuove uscite, fuori da qualsiasi resoconto ufficiale o classifica.
Questa importante crescita, però, ha riportato alla ribalta il tema ambientale. La gran parte della produzione dei vinili si basa su vecchi modelli riconducibili al ’70. In più i materiali contengono sostanze nocive, specie se poi rilasciate nell’ambiente o nelle discariche. Decenni fa i dischi erano fatti con una resina naturale chiamata shellac (gommalacca), poi sostituita dal più resiliente vinile. Più esattamente il cloruro di polivinile. Il PVC viene prodotto dai combustibili fossili e non è riciclabile. Alcuni miglioramenti nella lavorazione industriale sono stati messi in atto, ma si pensa che sia sempre cancerogeno. I dischi prodotti con lo schellac erano più fragili ed inclini a danneggiarsi agli elementi, mentre il PVC dura molto di più. Così tanto che impiega centinaia di anni per decomporsi e rilascia materiale pericoloso nell’ambiente. Gli album moderni, infatti contengono un sorprendente numero di moderni additivi tossici, inclusi metalli pesanti e carbon fossile.
A differenza di bottiglie o piatti e posate usa e getta, però, si suppone che i dischi non finiscano nell’ambiente, perché chi li compra lo fa per collezionismo, quindi per conservarli. Rimangono, comunque varie perplessità collegate al processo di produzione, con macchine a vapore che necessitano di carburanti fossili per funzionare o i liquidi anticorrosivi con conseguente produzione di acque reflue.
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