Speciale Blackmore’s Night: live in Creuzburg – Report

Di - 18 Ottobre 2006 - 12:15
Speciale Blackmore’s Night: live in Creuzburg – Report

La luna darà vita ad una chitarra scintillante, baluginante. Una chitarra splendente il cui suono genererà artifizi. Questo strumento darà il nome ad un’epoca, incoronerà un Re, virtuoso oltre l’inimmaginabile, forgiato nella gloria, suonerà il giorno e la notte, confondendo i mortali attraverso magica follia, darà vita ad una leggenda e tuttavia non lascerà nessuno a condurre il suo Regno. Il suo nome? Blackmore, Ritchie Blackmore…

 

DIARIO DI BORDO: giorno uno – la partenza
La sveglia intonava Minstrel Hall quella mattina, uno strumentale docile e delicato perfetto per evitare il solito pesante contraccolpo psicologico: destarsi all’alba non è mai facile. Ero pronto per cominciare la nauseabonda giornata lavorativa pur sapendo che avrei evitato gli obblighi pomeridiani: la terra di mezzo attendeva il nostro ritorno.
L’anno precedente, a fine luglio 2005, il Castles & Dreams Tour dei Blackmore’s Night (che vive dal 1997) ci aveva condotto alle porte di Tambach, nella floreale periferia di Coburgo, quest’anno la location prescelta è disegnata nei pressi del verde cangiante di Creuzburg, Turingia… protagonista sempre lei, Germania.

Andiamo con ordine e torniamo al presente semplice; valige riempite e caricate sul calesse (intramontabile Peugeot 206), prima tappa Vertemate con Minoprio direzione fidanzata et voilà, les jeux sont faits: pioggia a catinelle.
Trattengo a stento i proverbiali improperi e mi rassegno ai 37 gradi che all’interno dell’auto scendono a 20, grande invenzione l’aria condizionata. Medioevo e Rinascimento sì, ma al comfort non si rinuncia mai.
L’orologio segna le 17.30 e il viaggio è appena cominciato, Creuzburg dista 800 km dalla nostra Como adagiata sul confine italo-svizzero; il programma è semplice: raggiungere nel più breve tempo possibile la teutonica Memmingen, quattrocento chilometri più avanti, vitto, alloggio e poi via verso nuove e mirabolanti avventure. Facile no?

Il viaggio, nonostante la pioggia, appare sin dal principio relativamente tranquillo; le automobili viaggiano tutte in direzione opposta alla nostra verso le tradizionali località estive dello stivale, e così in totale solitudine, tra verdi vallate, scroscianti cascate, incantevoli roccaforti e fiumiciattoli color smeraldo ci spingiamo in avanti puntando le maestose cime alpine.
Il passo del San Bernardino prova a stroncarci con i suoi 12 gradi (vedere fotografia per credere), 25 in meno rispetto ad un’ora prima e scopriamo indispettiti che le condizioni climatiche nell’alta Svizzera, in Austria e soprattutto in Germania sono, se possibile, peggiori di quanto potessimo pessimisticamente aspettarci: nubifragi ad intermittenza.

Uscita St. Marghereten, toccata e fuga in Austria tagliando a metà la caotica Bregenz e stop al primo autogrill tedesco, prima di apprestarci a scoprire le bontà culinarie (ironia pura) della confortevole Memmingen che, ritengo corretto sottolineare, regala il suo nome proprio ad un brano strumentale dei cantastorie britannici. Pensavate l’avessimo scelta a caso tra le tante?

Accolti da un alberghetto tutto sommato accogliente, e al termine di doverosi ma contenuti festeggiamenti in piazza per la coppa del mondo appena conquistata anche ai danni dei “crucchi”, il giaciglio confezionato dalla servitù locale ci riscalda fino al seguente crepuscolo mattutino, il giorno di Ritchie Blackmore e Candice Night.

Svegliati di soprassalto dall’energico hard rock dei Gotthard, doccia e preparativi hanno anticipato una colazione “chiaro-oscura”, interpretata da sfiziosi croissant alla nutella ma anche, sfortunatamente, dallo stramaledetto caffè nazionale che ha le sembianze di un thè relativamente sporco… per non parlare del suo sapore. Guai a chiedere caffè espresso, anch’egli annacquato e semi-imbevibile. Ora capisco perché i tedeschi in vacanza nel bel paese, riescono a bersi un cappuccino dopo incetta di bollito… puah. Caffè e Tantum Verde no, vero cuginetti? Ma io amo i tedeschi, sotto altri aspetti, ma li amo!
L’azzeccato acquisto di una cartina stradale ci mostra una tappa obbligatoria prima di raggiungere la sospirata Eisenach, leggesi Fulda, il paese che ha visto nascere il re dei pazzi, Tobias Sammet e i suoi Edguy: potevamo non dedicarle una “visitina”?

Creuzburg ed Eisenach ormai nel mirino, in lontananza su una cima scoscesa, lo splendido castello di Wartburg e l’ultima sosta all’inimmaginabile Hotel Hohenhaus che ci ha ospitati nel dì di festa e che ci attendeva per i preparativi…

Il tempo di immergerci nel nostro sogno è giunto, si torna al passato magico che trabocca di sensazioni e momenti indimenticabili, il luogo del concerto la prossima tappa e, questa volta, indietro nel tempo…
 

 

 

DIARIO DI BORDO: giorno due – il concerto
Il pomeriggio non era cominciato nel migliore dei modi; in tempo breve le sparse nuvole scure si raccolsero e si spinsero in avanti, gli squarci si rimpicciolirono sempre più e la promessa di un acquazzone destinato a perdurare ci preoccupò non poco, almeno fino alla sacrosanta vittoria del sole che, il 29 luglio 2006 non voleva impallidire, almeno non qui…

Un sopralluogo ai piedi della roccaforte prescelta ci permise di notare da pochi piccoli passi i volti raggianti di Lady Nancy e di Lady Madeline, entrambe appostate nel giardino antistante l’ambiente vero e proprio del concerto. Una vertiginosa salita sostenuta con l’ausilio delle sole gambe consentì, tra una affanno e l’altro, di concentrarsi sulla magnifica costruzione medievale allestita mediante finestre rudimentali sbarrate da spesse scuri di legno e difesa dalla pesante porta di larice posizionata sulla destra del corridoio d’entrata, appena superato il cancello principale, enorme e montato su massicci cardini di ferro. Le spingarde annerite dal tempo, una torretta di controllo, il giardino secolare: tutto vero, tutto antico nell’alloggio che i nostri eroi, e a ragione, avevano scelto affinchè il candore dell’incantevole affresco germanico allietasse anche noi visitatori.

 

Ritornammo al castello nel tardo pomeriggio, drappelli colorati formati da gente comune vestita a tema macchiavano la rigogliosa foresta regalandole una specie di arcobaleno umano; anche l’aria cominciava a mutare: il profumo appetitoso del cibo poggiato sulle piastre cocenti indicava la presenza di banchetti ristoratori.
La forza di volontà ci condusse ad una manciata di passi dal palco, ci sedemmo in zona semicentrale poco prima di adagiare sulle labbra increspate dal caldo i calici imbevuti d’acqua fresca quand’ecco scoccare l’ora dei beniamini di casa, i Geyers, pronti ad approfittare dell’eccitazione generale per accentrare su di essi tutta l’attenzione. Il risultato? Un gradito concerto folcloristico a base di primordiali strumenti acustici.

 

 

Scese la notte in quel di Creuzburg, buia e tranquilla come non mai, il fumo di un fuoco quasi spento si disperdeva adagio dallo sfiato aperto sulla sommità di un comignolo in lontananza e, quasi in contemporanea, la compagnia di Ritchie Blackmore, fece un timido ingresso al cospetto dei numerosi fedeli ora ipnotizzati con lo sguardo rivolto in un’unica direzione.
Normalmente vestiti a colori vivaci, i cantastorie erano paludati nei loro abiti più sfarzosi, sfoggiati in occasione della prima data del tour di supporto al nuovo pargolo: era tra noi, finalmente, La Lanterna del Villaggio.
A Waiting Just For You il compito di aprire le danze, una specie di messaggio poco ortodosso scritto su una pergamena, sigillato con lo stemma del casato d’appartenenza e consegnato ai fortunati presenti, senza tralasciarne alcuno.
I bei tempi trascorsi e dimenticati tornarono in auge con Past Times With Good Company che appariva in scaletta per rimembrare colori, danze e feste del passato così, di secondo in secondo, di minuto in minuto, di Faerie Queen in Play Minstrel Play, cominciava a prendere piede la funambolica prestazione del festeggiato, tale menestrello Blackmore, un vecchio subalterno elevatosi dai ranghi quand’ancora si presentava giovine e in forze, quelle stesse peculiarità mai perdute nell’animo e visibili ad occhio nudo nel primo vero assolo, quello dell’anziana Under a Violet Moon, un bagliore caldo e accecante nella notte fresca e oscura.
Quando nella luce morente gli occhi di Ritchie apparvero vitrei, ciascuno comprese che il tempo del compianto tributo era fatalmente giunto: si trattava di Soldier of Fortune, da molti considerata la primogenita figlia di un amore che oramai non esiste più… nella realtà, non nella fantasia, vero Man in Black?
L’attesa del primo fatidico brano strumentale si fece spasmodica ma non era destino che potessimo godere dell’interludio a me tanto caro, Minstrel Hall, e la scelta ricadde sull’altrettanto atavico Durch Den Wald Zum Bachhaus: Mr Blackmore si tormentò con grande disciplina per resistere all’impulso di esibirsi in solitudine evitando di crogiolarsi anzitempo e rispettando i tempi d’attesa dell’allegra presentazione di Candice Night per poi lasciarsi sopraffare da un turbine di note composto e rifinito dalle sue stesse mani.
Il pubblico godeva di un cameratismo spontaneo, di un’affettuosa intimità alimentata dal Violin Solo della fuggitiva Tudor Rose, momenti e sensazioni che si indurirono attraverso le gesta di Giovanna D’Arco quella notte rivangate da una magnifica World of Stone.
Il fascino della vita rurale sembrava manifestarsi come il vero messaggio guida, le note sibilate nel corso della serata assomigliavano sempre più al verde cangiante dell’affresco di cui nessuno ne avrebbe perso traccia, Home Again e Streets of London l’ennesimo caloroso, indimenticabile abbraccio.
Non è tutto, plasmata a immagine e somiglianza del capolavoro di trent’anni fa, la nuova Child in Time racchiudeva l’essenza del rock nei secoli dei secoli e soltanto un intermezzo pianistico anteposto alla rediviva Ariel frenarono un pubblico impaziente, voglioso di accarezzare e farsi coccolare dai maghi britannici, appostandosi in massa ben oltre la prima ambita fila.
La dimensione ed il coordinamento temporale erano semplici da visualizzare ma difficili da descrivere, ricordo i volti stupefatti, confusi, quasi sconcertati di quegli uomini che, senza eccezione, dopo quella notte riuscivano e riusciranno a ricordare solamente l’intima reazione agli eventi…
Eventi che andavano via via sfumando, il tempo scorreva più veloce del solito, la medievaleggiante Loreley e la zuccherata Wind In The Willows non servirono a placare la sua ira funesta, Fires at Midnight scandiva i battiti che portavano irrimediabilmente alla mezzanotte e, ahimè, Ritchie e Candice scomparvero dopo gli ultimi rintocchi ostentati dal capolavoro Renaissance Faire, dal candido bacio immortalato grazie al focolaio soffuso di Olde Village Lanterne e dopo aver offerto caraffe di birra sulle note dell’anthemico Olde Mill Inn

Avvolti nelle spire di una serica ospitalità i menestrelli tornarono in auge mediante un vivace sussulto, un sussulto intitolato Ghost Of A Rose, la più bella delle favole scritte nel penultimo tomo e forse la più bella favola di sempre, emanarono energia vitale con St. Teresa e, con il calore rimasto in corpo, esalando gli ultimi respiri, ringraziarono gli artefici di codesta maraviglia salutando col melanconico medley di Midwinters Night e Dandelion Wine. Good Night, Bonne Nuit, Gute Nacht, buona notte Creuzburg…

DIARIO DI BORDO: giorno tre – il ritorno
Il secondo risveglio è più dolce del primo, coccolati dalla tranquillità locale, da una colazione abbonante e da un rigenerante bagnetto in piscina, dimentichiamo per qualche oretta chitarre acustiche, tamburi a cornice, violini, organo, tastiere, pianoforte, pennywistle, cornamusa, hurdy-gurdy, harpsichord e ci dedichiamo, poco a poco, al riordino dei costumi medievali indossati la sera precedente. Un grazie di cuore al personale del centro benessere e nuova rotta direzione Italia.
Per ovviare alla nostalgia che, in casi come questo, immediatamente appare nelle sembianze di una paresi sul viso stanco e attraverso la mente ora sopita di coloro che hanno vissuto sensazioni pressochè indescrivibili, decidiamo di goderci le bellezze della Germania del centro sud virando per una Wurzburg che ha nella Roccaforte medievale accarezzata dal Reno il suo punto di forza. Pranzetto coi prodotti tipici su una palafitta appostata sul famoso fiume e di nuovo autostrada.

Fino a Rothenburg…
A proposito di Rothenburg, la locazione è circondata da un alone di pura magia (lo show dei Blackmore’s Night è programmato però un paio di giorni dopo, e l’ufficio attendeva impaziente il nostro ritorno) e impressionante è il colpo d’occhio; tra calessi cesellati trainati da imperiosi cavalli, insegne medievali, mercatino del villaggio e sorriso che abbonda sui volti dei passanti orgogliosi di trovarsi in quel luogo. Ci torneremo quanto prima, magari a Natale?

 

 

E che dire della Romantische Strasse? Partenza da Rottingen, 30 chilometri di strada romantica (trenta dei 300 disponibili fino a Fussen) per raggiungere la deliziosa Rothenburg. Volete sapere perché quella strada è stata battezzata con quel nome? Scopritelo andandoci, ne vale davvero la pena…

E’ tutto. Cala anche la notte del 30 luglio 2006 e non è molta la strada da percorrere per completare quella che doveva essere una semplice gita, trasformatasi agevolmente in un viaggio a ritroso nel tempo. E’ sembrato essere tutto così surreale che, una volta appoggiata la testa sul letto di camera mia il mondo dei sogni si è fuso inconsciamente con l’esperienza appena vissuta ma, all’ennesimo risveglio all’alba, lui, il plettro utilizzato con la A-32 Moon consegnatomi qualche ora prima era lì, vicino a me, scintillante e baluginante come quella chitarra conservata in quel Regno che non avrà altro Re all’infuori di lui: Blackmore, Ritchie Blackmore…

Gaetano “Knightrider” Loffredo