Speciale Gotthard: Live In Luzern – Report

Di - 14 Giugno 2007 - 10:40
Speciale Gotthard: Live In Luzern – Report

Speciale Lucerna, 19 maggio 2007, report a cura di Gaetano Loffredo, fotografie a cura di Donatella Lomma.

Imperiosi.

Sapevo che in madrepatria, la piccola Svizzera, i Gotthard vantavano (e vantano) un seguito nettamente superiore a quello che registriamo, di concerto in concerto, nel bel paese ma, non mi sarei aspettato qualcosa come otto-dieci mila persone all’interno della stipata Swiss Life Arena di Lucerna. E non sto parlando di una data unica, ma della settima in dieci giorni: sold out ovunque.

19/05/2007, ore 13:00
Pasto leggero giusto per riempire lo stomaco e poi via, partenza da Como direzione Lucerna, 200 km e quattro ore ci separano (separano me e la mia ragazza Donatella) dal chitarrista dei ticinesi, Leo Leoni, che riusciamo a raggiungere appena in tempo (quattro ore per fare duecento chilometri sono tante) causa, neanche a farlo apposta, ingorgo catastrofico sul passo del San Gottardo. Impensabile attendere che si sblocchi la situazione “galleria”: viriamo per la maestosa cima alpina che, nonostante tutto, ci regala una temperatura insperata (12 gradi a fronte dei 35 di qualche minuto prima) e un panorama d’eccezione.
Quindici minuti alle diciassette e trentacinque Km ancora da percorrere quando Daniela Kung, promoter gentilissima, ci contatta telefonicamente per capire se saremmo riusciti a rispettare il programma: “Certo Daniela, saremo lì per le 17 in punto, manca poco…”. Detto fatto: venti minuti di ritardo.

Lucerna si presenta in tutto il suo splendore. Cittadina che registra all’anagrafe 60 mila abitanti, si trova nel punto in cui il Lago dei Quattro cantoni defluisce nel fiume Reuss: visivamente spettacolare il contrasto tra il verde delle montagne e l’azzurro dell’acqua cristallina. La città è abbellita da un caratteristico centro storico che attraversiamo prima di imbatterci nella struttura che risponde al nome di Swiss Life Arena.

Ore 17:20
Mancano più di cinque ore all’inizio dello show dei Gotthard e i fans sono già assiepati all’esterno della fastosa e festosa location. Il tempo di accorgerci che un biglietto di ingresso è venduto, udite udite, a 65 franchi svizzeri (a oltre 40 euro) ed ecco un’altra chiamata di Daniela Kung che, non appena saputo del nostro arrivo, ci preleva dalla zona “calda” e ci conduce all’interno dell’arena dove sono in atto i preparativi inerenti palco, tribune e zona merchandising.
Accanto all’enorme stage, in una zona-relax, ci attende Leoni con un sorriso che è tutto un programma e, alla mano un paio di birre, ci esorta ad accomodarci sul divanetto all’interno di uno spogliatoio adibito a saletta riservata alla stampa.

Ciao Leo, are you ready to rock?

Eheheheeheh, certamente! Siamo sempre pronti! Oggi sentirete come suona dal vivo il nuovo disco: Domino Effect. Ci abbiamo messo relativamente poco a comporlo anche perché volevamo non ci fosse troppo spazio in termini di tempo, tra Domino e Lipservice. Tieni conto che siamo perennemente in tour e sono passati diversi anni dall’ultima volta che siamo riusciti, per così dire, a “riposarci”.

Stavo pensando al video di The Call: inquietante. Il pezzo è stratosferico, intendiamoci, ma…

Ma l’amore è qualcosa di inquietante, no? Prima ti ami poi, magari, ti odi…

E’ vero, ma forse avete estremizzato il concetto. Senti Leo, è scattata una molla all’interno del cervello della band dopo Human Zoo? Lipservice e Domino Effect sono eccellenti e i Gotthard sono al massimo della forma. Tanto per farti un esempio: la collection è stracolma di cavalli di battaglia estratti uno ad uno dai vostri dischi. Negli ultimi due album si fa fatica a trovare qualcosa che non dovrebbe o non potrebbe rientrare in un futuro best of. Che ne pensi?

Prima di tutto ti ringrazio perché ci hai fatto un complimento meraviglioso. Noi facciamo quello che ci piace fare e non ti nascondo che negli ultimi anni abbiamo lavorato non bene, benissimo. E i risultati si vedono. La nostra forza è l’unità del gruppo, non ci facciamo e non ci faremo mai condizionare da nessuna etichetta: quando decidiamo quello che vogliamo fare beh, lo facciamo indipendentemente da tutto e da tutti. Si vive una volta sola nella vita e abbiamo deciso di seguire una strada che non sia tipo un rettilineo, una strada con molte curve e cambi di direzione. Per questo Domino Effect è molto diverso rispetto a Lipservice ma si attesta sugli stessi livelli qualitativi. Non faremo due dischi uguali uno di seguito all’altro, mai, faremo dischi che magari si assomigliano ad anni di distanza, vedi Lipservice con il nostro debutto o Domino Effect con Dial Hard, entrambi molto oscuri. Sì, siamo molto migliorati e ti posso confermare ciò che hai detto: oggi siamo più in forma che mai, ma anche perché ci siamo tirati via diversi sassolini dalle scarpe dopo il cambio di etichetta. E voglio chiarire un concetto proprio sulle tue pagine: i Gotthard non accetteranno compromessi.

Perché in Svizzera i Gotthard hanno una considerazione pari a quella che in Italia abbiamo per Vasco Rossi mentre da noi non riuscite a riempire un locale di medio/piccole dimensioni? E’ questione di mentalità, di distribuzione, marketing o cos’altro?

Dovremmo investire in Italia, ecco tutto. Purtroppo, in questo momento, investire in Italia per noi significherebbe togliere del tempo in altri paesi dove, invece, esserci è fondamentale. Il pubblico italiano ci segue e ci ha sempre seguito, ci apprezza. Poi succede che la gente cerca il disco e puntualmente non lo trova: i Gotthard in questo modo sono stati tagliati fuori dal mercato italiano in passato. E poi c’è bisogno di aiuto da parte delle stesse case discografiche: c’è stato un festival lì da voi, un paio di anni fa a Tradate, mi credi se ti dico che non ho mai conosciuto nessuno in grado di organizzare così bene una manifestazione? Tutto perfetto per gli artisti, tutto programmato al centesimo di secondo e poi… ti ritrovi a suonare con poco pubblico: e il problema, economicamente, ricade su chi l’ha organizzato. Ecco perché le etichette dovrebbero sbattersi di più per dare una mano a questi ragazzi, almeno dal punto di vista della pubblicità, della promozione. Gente in giro capace di organizzare un concerto ce n’è, va supportata però.

Non posso far altro che darti ragione. Speriamo che qualcuno possa far tesoro del tuo consiglio. La questione festival è sempre un po’ spinosa, non è così?

Sicuramente. Ma i Gotthard sanno essere umili anche in questo caso. Ci chiamano spesso per sopperire ad alcune defezioni; non diremo mai di no. Anche ad orari assurdi. Perché? Perché crediamo in quello che facciamo, c’è gente la sotto che ha voglia di sentire la nostra musica e ha voglia di cantare insieme a noi. Lo facciamo per loro.

Bene Leo. Cambiamo argomento: ti va di raccontare qualche aneddoto della lunga carriera dei Gotthard?

Nessuno fa niente per niente. Abbiamo cominciato molto tempo fa e abbiamo lavorato sodo per tanti anni prima di ottenere qualche risultato significativo. E oggi siamo ancora qui a lavorare duro.  Ci sono stati tanti momenti esaltanti, tipo quando siamo stati in Brasile o in Korea. In Brasile ci siamo andati soltanto io e Steve, avevamo in programma sei pezzi per la televisione all’interno di un locale di piccole dimensioni. C’erano 150 persone, non di più, ma per quelle centocinquanta persone ci siamo fermati a suonare un set acustico di un’ora e mezza senza nemmeno accorgerci del tempo che passava. Momenti che rimarranno per sempre impressi nella nostra mente, così come quando abbiamo suonato di spalla agli AC/DC, davanti ad un numero spropositato di persone. Gli AC/DC sono nel mio cuore.

Qualcosa che da ragazzino puoi solo sognare…

Non lo so nemmeno io cosa sognavo da ragazzino. Ricordo che volevo dimostrare a tutto il mondo come un misero gruppetto del Ticino sarebbe riuscito ad esportare un prodotto professionale. E siamo arrivati al disco d’oro. Ma non ci fermiamo, continuiamo perché gli obiettivi si aggiornano quotidianamente.

Disco d’oro, dimenticavo questo piccolo particolare. Quanto guadagnano i Gotthard Leo?

Abbastanza, ma non abbastanza per essere milionari. Impossibile quantificare, si tratta anche di investimenti, in passato ne abbiamo fatti tantissimi di tasca nostra. Certo, oggi come oggi non siamo a quel livello, almeno fino a quando riusciamo a riempire arene come quella di questa sera. Sette, otto mila paganti a serata non sono pochi. Ripeto: non siamo milionari purtroppo. Il guadagno è proporzionato al lavoro che facciamo, ovvero ventiquattro ore su ventiquattro. Se tu non ti senti bene stai a casa in malattia, se non mi sento bene io, nel limite dell’impossibile devo suonare. Pensa all’ammontare dei danni se salta una serata come questa…

Perfetto Leo, ti lascio andare a cena, so che ti devi preparare psicologicamente per il concerto. Grazie di tutto, ti va di salutare i nostri utenti?

Saluto di Leo Leoni: MP3

IL CONCERTO

Ore 18.30
Dopo la lunga chiacchierata con Mr Leo Leoni, Daniela Kung ci accompagna all’interno dell’arena; i cancelli sono appena stati aperti e la gente comincia ad assieparsi ai piedi della balaustra che divide il parterre dal palcoscenico. Ci accomodiamo nella tribuna riservata alla stampa, nella quale ci si accede anche con un braccialetto distribuito ad un numero limitato di persone (però quanta fatica colloquiare con gli svizzeri, nessuno dello staff parla l’inglese a parte la menzionata promoter, figuratevi l’italiano) e trascorriamo un’oretta in attesa del gruppo di spalla, i finlandesi Sunrise Avenue che, francamente, non mi hanno per nulla impressionato con quel rock moderno che, oltre a non aver niente da spartire con l’hard rock dei Gotthard, è indirizzato ad un pubblico decisamente più giovane. Gli svizzeri, viceversa, hanno salutato con un calorosissimo applauso la proposta e la performance dei quattro ragazzini scandinavi. Questione di gusti; ma dubito possano riscuotere un successo simile anche in Italia.

L’organizzazione, come vi anticipavo, è semplicemente perfetta. L’entrata in scena dei Gotthard è prevista per le 21.30 e puntuale come un orologio svizzero (permettetemi questa “chicca”) la band di Lee & Soci sale in cattedra proponendo l’opener del nuovo disco: Master Of Illusion. Spettacolare e coreografico lo stage, che riflette migliaia di luci e colori in un’atmosfera che si percepisce soltanto nelle grandissime occasioni. Leo Leoni appostato su una parte centrale e rialzata del palco a scandire il riff del primo brano, posizionato un paio di metri davanti al “mostruoso” batterista Hena Habegger, che impressiona per la padronanza tecnica. Sulla destra e sulla sinistra rispettivamente Marc Lynn al basso e Freddy Scherer sulla seconda chitarra. Chi manca? Il tastierista italiano (e la band ha tenuto a precisare la nazionalità) Nicolò Fragile e, naturalmente, Mr Steve Lee e la sua straordinaria voce.
Gone Too Far è la seconda perla estrapolata da Domino Effect (saranno otto in totale!) ma grande spazio è riservato al penultimo Lipservice, a cominciare dalla cantatissima Anytime Anywhere seguita dal nuovo elettrizzante singolo The Call, dall’immancabile Top Of The World e dall’ormai mitica I Wonder.
Sale vertiginosamente l’adrenalina e ci pensa la commovente One Life One Soul a placare gli animi esagitati; centinaia di accendini indirizzati al cielo per una poesia, magia prolungata da Letter To A Friend prima e stoppata dall’incontenibile All We Are poi: slanci eroici e note gagliarde.

La seconda parte dello spettacolo prevede il ritorno di fiamma di Lipservice, Dream On scalda i motori ma è la riproposizione del classico Sister Moon a premere sull’acceleratore: pubblico stranamente in delirio; scrivo “stranamente” dopo aver constatato sul campo che gli svizzeri sono abituati a godersi un concerto del genere composti, in modo quasi ordinato, evitando il caos che puntualmente si verifica negli appuntamenti che ci riguardano da vicino. Ma non siamo al cinema, chiedere a chi ti sta davanti di sedersi sembra un’eresia.
Come Alive precede il vero pezzo da “baraonda”, Hush, che riesce nel complicatissimo tentativo di esaltare i diecimila presenti (in toto): Steve Lee intrattenitore d’eccezione in questa versione allungata ed oltremodo entusiasmante.
Altro lento, questa volta tocca ad Heaven provocare qualche lacrimuccia, ma è già tempo dei bis: The Oscar Goes To… ha un tiro ultra-energico dal vivo e precede Lift U’ Up; poteva mancare il brano più rappresentativo di Lipservice? Certo che no, come non mancherà la ballata piano-voce Falling e, per ultima, lei: Domino Effect e il suo granitico riffone. Devastante.
In mezzo assoli, contro-assoli, siparietti vari, giochi di luce e intrattenimenti di ogni tipo: uno spettacolo nello spettacolo.

Bisogna dirlo: si tratta di un concerto che si presta più al racconto che alla critica. Chi ama o apprezza i Gotthard avrebbe potuto riconoscere tutti i caratteri che hanno reso grande, oggi come non mai, il gruppo elvetico. La maturità raggiunta è pressoché inattaccabile e il livello artistico si attesta su valori elevatissimi. Tecnicamente, siamo di fronte ad un gruppo che non ha niente da imparare, una formazione che, ricordo, ha suonato di spalla a mostri sacri quali AC/DC o Deep Purple: non si arriva a certi livelli per caso.

Il rientro è stato molto più semplice del previsto, 200 km in poco più di un’ora e mezza e niente a che vedere col sofferto viaggio d’andata. Sofferenza ripagata ampiamente da uno show dal retrogusto inconfondibile: ROCK ON!

Fotografie a cura di Donatella Lomma
Report a cura di Gaetano Loffredo

 

Tracklist del concerto:
Master Of Illusion
Gone Too Far
Anytime Anywhere
The Call
Top Of The World
I Wonder
One Life One Soul
Letter To A Friend
All We Are
Dream On
Sister Moon
Come Alive
Hush
Heaven
The Oscar Goes To…
Lift U Up
Falling
Domino Effect