Spite Extreme Wing (Argento)
Facciamo due chiacchere con Argento, mastermind degli Spite Extreme Wing, gruppo che con il recente album Non Dvcor, Dvco ha dato una bella scossa alla scena black metal italiana.
M.M. Iniziamo subito parlando dell’ultimo album Non Dvcor, Dvco. Dalla lettura del booklet emerge una profonda ricerca concettuale e filosofica nelle tue liriche. Da cosa scaturisce il processo di genesi dei testi? A cosa ti ispiri?
A. C’è sicuramente un gran lavoro di ricerca, ma non prettamente filosofica, bensì tradizionale esoterica. La filosofia moderna, avendo posto la ragione come unico criterio di verità, si è condannata al naturalismo e relativismo, spingendosi verso accademiche gare di confutazione. Partendo dal presupposto che la musica sia un’alta forma espressiva – e che chi suona debba quindi avere qualcosa da dire – ho cercato di basarmi su un concetto importante in quanto ‘Via’. La ricerca nel suddetto ambito non ha influenzato solo la mia musica, ma la mia vita. Anzi, potrei meglio dire: con Non Dvcor, Dvco ho musicato un importante momento di studio. Come dissi più volte: ogni disco, se riuscito, è la più perfetta delle autobiografie in codice. Tornando al principio: si è parlato più volte della pericolosa ‘inflazione’ del genere: troppi fan, tanti falsi, poser e incapaci, però non si è mai fatto nulla per rendere elitaria la scena. Secondo me è indispensabile lasciare indietro gli ignoranti, chi veramente ha qualcosa da dire si faccia avanti, ridiamo importanza al testo, al concetto. Se vogliamo una scena elitaria dobbiamo puntare sui tratti nobili del genere. Come disse un mio caro amico: “L’unica aristocrazia possibile è quella dello spirito!” Durante la creazione delle musiche di Non Dvcor, Dvco ero appunto impegnato nello studio degli anzidetti scritti. Dopo la fase compositiva cominciai a stendere i testi e tutto venne spontaneo, ogni brano era incentrato su una delle ‘vie di realizzazione di sé’. Tutto era già perfettamente strutturato, tutto coincideva, musiche e testi erano omogenei e coerenti, non avevo dubbi.
M.M. Come nasce la scelta di cantare solo in lingua italiana su questo album?
A. Nel corso di questi anni ho sperimentato diverse soluzioni pel cantato: inglese, fonetica, ‘italiano al contrario’ e italiano. Diciamo che sono tornato alle origini (già negli Abside – pre-Spite Extreme Wing – cantavo in italiano) con l’assoluta certezza che questa è la mia via; meglio di così non riesco ad esprimermi. Ho abbandonato l’inglese per diversi motivi: innanzitutto non riuscivo a sentire ‘emozionalmente’ ciò che cantavo; in secondo luogo la trovo una lingua poco poetica; terzo fattore preferisco essere capito dagli italiani. Non mi vergogno di esprimermi nella mia lingua, credo in ciò che dico.
M.M. Mi è piaciuto molto il feeling emanato dalle sonorità presenti in Non Dvcor, Dvco. So che è stato registrato in un antico forte di fine Ottocento situato sulle colline intorno a Genova. Perché questa scelta?
A. Per soddisfare un desiderio di ‘liberazione’. Mi sentivo oppresso dalle macchine, dal digitale, dalla tecnica, dal nevrotico lavoro moderno che ha fatto del nostro stesso cervello un ordigno senza arbitrarietà. Ero, e sono, schifato dall’impersonalità del sound della maggior parte dei gruppi, l’epoca ‘Abyss studio’ altro non è che una ricerca di vuota perfezione. Sentivo dischi fatti con lo stampino, tutti uguali nella loro mancanza di contenuti. A quel punto decisi di contrastare questo ‘black metal prodotto in serie’ con una proposta differente e personale. Pensai a lungo. Sentivo la mancanza di un elemento esterno, imprevedibile, libero dal controllo delle macchine. C’era solo un modo per uscire dal giogo dell’uomo-automa: registrare in un luogo ‘altro’: un forte o un castello, solo così la registrazione avrebbe perso ogni terribile connotato lavorativo, solo in un simile luogo avremmo potuto trovare il giusto stato interiore… e sono convinto che nella registrazione si possa lasciare una traccia delle proprie emozioni, per questo era necessario un loco stimolante. A livello di sound sapevo su cosa puntare: l’uso sperimentale dei soli riverberi naturali. Un lavoro rischioso, a quanto ne so nessuno aveva mai tentato nel genere una cosa simile. I riverberi naturali sono veramente imprevedibili: ogni stanza risponde in modo diverso, a seconda dalla forma, dei materiali usati, della grandezza, dalla locazione. Inoltre, all’interno di una stessa struttura, i riverberi cambiano frequenza durante la giornata, con il riscaldamento o raffreddamento di questa. Per non parlare d’effetti di risonanza stranissimi dove, in alcuni momenti, sembrava che qualcuno stesse cantando dietro alla chitarra, in fase di missaggio la cosa ci lasciò sbalorditi.
M.M. Riprendendo l’incipit del testo della canzone Non Dvcor, Dvco, cosa significa per te marciare da solo? Si riferisce a qualcosa in particolare?
A. Non è semplice spiegare il concetto, soprattutto perché ha diversi significati. ‘Marciare da solo’ è la prima fase del testo; se ben ricordi si passa poi ad ‘attraggo corpi’ per arrivare ad una ‘legione’. Il tutto, ovviamente, non a caso. Il concetto di ‘marciare da solo’ si riconnette alla teoria dell’individualismo, questa, in senso politico, è tipica del liberalismo – citato anch’esso nel pezzo. Ma, al di là della politica, da un punto di vista morale l’individualismo può essere una romantica volontà di liberazione dell’individuo (genio, eroe… romanticismo in genere). Ancora: in senso filosofico si riconnette al nichilismo – s’auspica attivo – di Nietzsche. Per concludere: tutti questi concetti citati – liberalismo, moralismo, nichilismo ecc. – sono le nostre precarie basi sociali, politiche e individuali. Siamo soli, gli unici punti di riferimento sono rovine, ma la via è una sola, ed è lì che ‘ciò che è sparso si potrà riunire’, è lì che ‘le maglie della catena invisibile potranno ritrovarsi’. Il testo è da leggersi come un percorso dove, l’uomo del nostro mondo, dopo una liberatoria partenza solitaria, ritrova i suoi simili – quindi vita e conoscenza – per poi compiere con essi un’azione immanente volta a destare le forze più profonde del sé – ed in questo frangente subentra il parallelismo con l’impresa dannunziana a Fiume, tema che non potrò approfondire in questa sede, a malincuore, ho notato infatti che pochi ne conoscono il reale significato.
M.M. Trovo particolare un monicker come Spite Extreme Wing? Cosa vuole esprimere?
A. Lo trovo particolare anch’io. Nel libretto di Non Dvcor, Dvco accenno un significato di contingenza, non lo riproporrò in questa sede. In realtà, il monicker, non esprime nessun concetto chiaro, è fors’anche insignificante. E’ lungo, difficile da ricordare e da pronunciare, eppure lo scelsi senza indugio tra una lista di possibili nomi propostami da un mio vecchio amico. Lui stesso non seppe dirmi cosa fosse quest’ala estrema del rancore (o disprezzo). Forse lo scelsi perché non c’erano motivi per sceglierlo! Comunque, come dimostrato nell’ultimo libretto, è plausibile all’interno di un contesto di rivolta contro la modernità.
M.M. Segui la scena black metal italiana? Cosa ne pensi?
A. Seguo poco la scena italiana, e ancor meno quella estera. Penso che qui in Italia vi siano molti germogli, ma il black metal ne rimarrà toccato solo trasversalmente.
M.M. Quali gruppi ritieni che allo stato attuale facciano una proposta musicale interessante?
A. Allo stato attuale? Mi metti in difficoltà. Ti giuro: ci sto pensando ma non mi viene in mente nessuno. Questo è un periodo strano: se in un gruppo vi è musica manca il concetto; se c’è il concetto non vi è musica! Questa presa di coscienza mi sta allontanando dalle proposte attuali.
M.M. Quali sono le tue influenze musicali? Che musica ascolti?
A. Ascolto musica a 270°. Non sarebbe facile ricostruire le mie influenze. Potrei farti tanti nomi ma non mi piacciono le liste. Ora sto ascoltando i Joy Division ma tra poco metterò su gli Archaia.
M.M. Vedremo mai gli Spite Extreme Wing dal vivo?
A. Non voglio svendermi per qualche concertino mal organizzato. Molti gruppi si divertono a suonare dal vivo, per me non è lo stesso. Sono molto legato alla mia musica, è quasi sacra ai miei occhi. Non riuscirei mai a proporla in maniera casuale, all’avventura. Ho una precisa idea di come dovrebbe essere un concerto Spite Extreme Wing, ma purtroppo non posso ancora – e forse non potrò mai – permettermi di realizzarlo. Non fraintendetemi: non sarebbe nulla di barocco né teatrale, ma solo un piccolo evento ricco di spirito.
M.M. Stai già lavorando su del nuovo materiale?
A. Sono già a buon punto. Fino a pochi mesi fa brancolavo nel buio, avevo sì pezzi già pronti: nuovi, vecchi mai registrati e brandelli da aggiustare e completare; però mi mancava il collante: il concetto. Senza di questo non sarei mai riuscito a dare omogeneità a tanto materiale. Ebbene, l’illuminazione venne dai quadri di un pittore: Nicholas Roerich, i suoi lavori mi arricchirono interiormente e mi donarono terreno solido sul quale costruire il nuovo lavoro. Musicalmente mi fu molto utile Klaus Schulze: per una concezione di musica liquida e fluente ma sempre pronta a giungere verso un apice emozionale. Sono così riuscito ad approfondire la ‘sintesi’ e il ‘flusso’, ciò vuol dire: meno riffs ma più coinvolgenti, ripetuti per molti giri in modo da creare uno stato ipnotico nell’ascoltatore, un flusso, un viaggio trascendente. Questa è una delle particolarità che più mi attrae del Black Metal. Quindi, per concludere, musicalmente il lavoro è pronto. Penso che registreremo questa primavera, forse in un’altra ‘dimore filosofale’, vedremo. Certo è invece che i testi verranno completamente scritti in un luogo molto particolare, ma è ancora presto per fare anticipazioni di questo tipo.
M.M. Ti ringrazio per la disponibilità e la cortesia, lascio a te la parola finale in chiusura.
A. Ricordate voi stessi, siate voi stessi, esprimete voi stessi, realizzate voi stessi!
SI SPIRITVS PRO NOBIS, QVIS CONTRA NOS?
Grazie per l’intervista.
Argento