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Star One (Arjen Anthony Lucassen)

Di Lorenzo Bacega - 1 Novembre 2010 - 10:00
Star One (Arjen Anthony Lucassen)

Ben otto anni dopo la pubblicazione dell’ottimo Space Metal, full length d’esordio dato alle stampe nel corso del 2002, tornano sulle scene gli olandesi Star One con un nuovo album, il secondo della carriera, intitolato Victims of the Modern Age. Abbiamo approfittato dell’occasione per raggiungere il chitarrista (nonché tastierista e principale compositore) Arjen Anthony Lucassen e fargli alcune domande a proposito del nuovo disco, del passato e dei progetti futuri. Buona lettura!

 


Ciao Arjen e benvenuto sulle pagine di Truemetal.it! Cosa ne diresti, come prima cosa, di presentarti brevemente a beneficio dei nostri lettori che ancora non ti conoscono?

Beh allora, mi chiamo Arjen Anthony Lucassen, sono nato a…. ehi, ma sei davvero sicuro di quello che mi hai chiesto? Rischiamo di andare un po’ per le lunghe! (ndr ride)

No dai, giusto un breve riepilogo per ripercorrere velocemente la tua carriera artistica fino ad oggi.

Ah ok! (ndr ride) Allora, stavo dicendo… mi chiamo Arjen Anthony Lucassen e sono un grande appassionato di musica progressive. Negli anni ottanta ho suonato in alcuni gruppi underground olandesi, ma senza mai salire particolarmente alla ribalta. Nel 1995 ho composto una sorta di rock opera dal titolo The Final Experiment, pubblicata con monicker Ayreon: questo disco ha riscosso un grandissimo successo in ambito internazionale, al punto che, con il passare degli anni, ho avuto l’opportunità di scriverne svariati seguiti. Oltre che con gli Ayreon suono anche in numerosi altri gruppi, come ad esempio gli Ambeon, gli Stream of Passion, i Guilt Machine, oppure gli Star One, il cui secondo disco, Victims of the Modern Age, è ormai prossimo all’uscita.

Iniziamo subito a parlare di questo Victims of the Modern Age. Il primo disco targato Star One, intitolato Space Metal, è stato pubblicato nel 2002, ben otto anni fa. Quando hai preso la decisione di comporne un seguito?

L’idea m’è venuta mentre stavo lavorando sull’album d’esordio dei Guilt Machine, On This Perfect Day. Quei pezzi erano esattamente all’opposto rispetto a quelli di Victims of the Modern Age: estremamente atmosferici, ricercati, dilatati, dalla durata molto lunga – spesso oltre i dieci minuti. Una volta terminato quel disco ho avvertito la necessità di dedicarmi a qualcosa di più “metal” dei Guilt Machine, di più compatto, di più catchy… Mi sembrava quindi il momento ideale per ripescare gli Star One.

Quanto è durata all’incirca la lavorazione di questo Victims of the Modern Age?

E’ durata all’incirca un anno, mese più, mese meno. Ho iniziato a lavorarci sopra tre mesi prima che il disco dei Guilt Machine uscisse nei negozi, ed è durata complessivamente sui dodici mesi.

Quali sono, a tuo parere, le principali differenze – a livello stilistico – tra Space Metal e il suo successore Victims of the Modern Age?

Penso che Victims of the Modern Age sia un disco complessivamente più duro e più oscuro rispetto al suo predecessore. Alcuni pezzi di Space Metal inoltre, come ad esempio Intergalactic Space Crusaders e Songs of the Ocean, erano piuttosto leggeri e spensierati, piuttosto lontani a livello di atmosfere da quelli presenti nel nuovo disco.

Facendo invece un paragone tra due dei tuoi progetti più conosciuti dal grande pubblico, che differenza c’è, a livello di songwriting, tra comporre un disco degli Ayreon e comporne uno degli Star One?

Sono due cose abbastanza diverse: i dischi degli Ayreon hanno, tradizionalmente, un sound molto più arioso e leggero, per cui può capitare, per esempio, che una melodia per un brano mi venga in mente mentre strimpello qualcosa sulla chitarra acustica in tutta tranquillità, magari mentre sono seduto sulla poltrona di casa mia davanti alla televisione. Per un album degli Star One, invece, il processo è più elaborato, più complesso. Tutto il platter si basa sul lavoro delle chitarre, per cui diventa fondamentale prestare molta attenzione, oltre che alla melodia in sé, anche alla cura dei suoni, a come si amalgamano tra di loro. Cose di questo tipo. Durante la lavorazione di Victims of the Modern Age ho infatti passato moltissimo tempo in studio, con la mia attrezzatura, a ricercare i suoni migliori. Spero che il risultato sia soddisfacente.

 

 

Qual è il tuo pezzo preferito all’interno di questo Victims of the Modern Age? C’è un motivo particolare?

E’ molto difficile trovarne una sola, è un po’ come chiedere a un padre quale dei suoi dodici figli sia il suo preferito! (ndr, ride) La mia canzone preferita cambia di volta in volta: ora come ora potrei citarti 24 Hours, dal momento che unisce vari stili piuttosto diversi tra loro; oppure It All Ends Here, visto che è tratta dal mio film preferito, Blade Runner. Anche l’opener Digital Rain è davvero trascinante, con una straordinaria prestazione ad opera di Russell Allen. Te l’ho detto, è estremamente difficile per me scegliere solamente una traccia.

Parliamo un attimo del titolo di questo disco, Victims of the Modern Age. Puoi spiegarci, in breve, quale sarebbe il suo significato? Se non sbaglio la quasi title-track, Victim of the Modern Age, dovrebbe essere ispirata al film Arancia Meccanica di Stanley Kubrick: c’è un qualche legame in particolare tra questa pellicola e il titolo dell’album?

E’ verissimo che la traccia Victim of the Modern Age sia ispirata ad Arancia Meccanica, ma, ad essere sincero, non c’è nessuna connessione, nessun collegamento diretto tra la pellicola e il titolo del disco. Il titolo, Victims of the Modern Age, si riferisce più che altro al concept generico che viene affrontato in questo lavoro, dove ogni canzone è ispirata a un film post-apocalittico o distopico diverso. Mi è sembrata un’espressione particolarmente calzante con la materia trattata, che rispecchiasse al meglio il contenuto dell’album.

La prossima è una domanda piuttosto complicata: come hai ribadito poco fa, Victims of the Modern Age è un concept album dove ogni canzone è ispirata a un film distopico / post apocalittico diverso. Qual è, a tuo parere, la traccia dove l’atmosfera del film è stata meglio trasposta, meglio rappresentata in musica?

Questa è un’altra domanda piuttosto ardua. E’ più o meno lo stesso discorso del “pezzo preferito” che ti ho fatto poco fa: è difficile scegliere una traccia soltanto, quando tutte e dodici le hai scritte personalmente. Se devo menzionarne solamente una ti scelgo nuovamente It All Ends Here, visto che, come ho detto in precedenza, Blade Runner è il mio film preferito.

Nel secondo cd, contenuto nell’edizione limitata di Victims of the Modern Age, sono presenti cinque bonus track che, come hai dichiarato in sede di presentazione dell’album, rischiano di stonare con il sound del disco. Puoi spiegarci per quale motivo?

Ti spiego brevemente che cosa è successo: l’idea di fondo dietro Victims of the Modern Age era di pubblicare un disco non superiore ai cinquanta minuti di durata, non fosse che, una volta terminate le registrazioni, ci siamo ritrovati con una dozzina di tracce a disposizione, tutte di discreta fattura. Pubblicarle tutte in un disco solo ci sembrava improponibile, in quanto avremmo sforato il minutaggio che ci eravamo originariamente prefissati. Per cui abbiamo deciso di fare una distinzione radicale: da un lato, sul cd vero e proprio, ci sono le otto tracce più pesanti, più compatte, più “metal” in senso stretto, nelle quali si sviluppa il concept fantascientifico: nel secondo cd, presente solo nell’edizione limitata, troviamo invece quattro tracce leggermente diverse a livello stilistico, come Lastday, che è una traccia prevalentemente acustica , As the Crow Dies, un brano più prettamente rock, oppure Two Plus Two Equals Five, un pezzo riconducibile al progressive rock settantiano.

Nell’arco della tua carriera, fino ad oggi, hai avuto modo di lavorare con tantissimi cantanti, tutti più o meno affermati in ambito internazionale. C’è un cantante in particolare con il quale avresti voluto lavorare, ma con cui, per varie ragioni, non hai potuto?

Certo che sì, senza alcun dubbio. Sono cresciuto negli anni settanta, ascoltando gruppi come Pink Floyd o Led Zeppelin; collaborare con questi “eroi” che mi hanno accompagnato per tutta l’infanzia sarebbe bellissimo, un vero e proprio sogno che si realizza. Ancora non è accaduto, ma non ho certo perso la speranza. Il mio rimpianto più grande riguarda però Ronnie James Dio: lui è stato il mio cantante preferito in assoluto, e purtroppo non ho mai avuto il piacere di lavorare con lui.

 

 

Che cosa significa, per te, suonare “progressive”?

Per me “progressive” significa “avventura”, un tipo di musica complessa e, appunto, avventurosa, che si contrappone a quella più facile e orecchiabile – che personalmente trovo oltremodo banale. Il progressive, per come lo intendo io, non deve cercare l’innovazione a tutti i costi, la cosa fondamentale è che sia capace di regalare emozioni.

Che giudizio hai a proposito dell’attuale scena progressive internazionale?

E’ sicuramente in salute, è cresciuta notevolmente negli ultimi quindici/venti anni. Certo, non siamo minimamente al livello degli anni settanta, periodo di massima diffusione del progressive rock, però rispetto agli anni ottanta e ai primi anni novanta le cose oggi vanno molto meglio.

Nel 2003 è stato pubblicato, sotto monicker Star One, un CD/DVD dal vivo intitolato Live on Earth. Pensi che sia possibile, dopo l’uscita di Victims of the Modern Age, pubblicare un nuovo disco live?

Quella di Live on Earth è stata una serata assolutamente magica, un’esperienza incredibile: io e i ragazzi della band praticamente non ci conoscevamo neppure l’un l’altro, abbiamo fatto giusto un paio di prove insieme, e poi siamo saliti sul palco senza nemmeno sapere che il concerto sarebbe stato registrato per un disco live. Tutto è venuto fuori nel modo più spontaneo possibile. Oggi sarebbe difficile ricreare la stessa magia che si era sviluppata allora, in quel concerto. Non si sa mai, ma non penso che uscirà un nuovo live degli Star One, almeno non a breve.

Che progetti hai per il futuro?

Adesso darò la precedenza al mio primo disco solista, era da molto tempo che volevo lavorarci su e ora ho finalmente la possibilità di dedicarmici come si deve. Prima o poi, inoltre, ritirerò fuori dal cassetto il progetto Ayreon, ma al momento non è la mia priorità.

Quindi in futuro dovremo aspettarci un nuovo capitolo della saga di Ayreon?

Sì, direi proprio di sì.

Ok, questa era la mia ultima domanda. Grazie per il tempo che ci hai concesso Arjen, a te l’ultima parola per chiudere quest’intervista come meglio preferisci.

Grazie a te. Ci tengo a salutare tutti i fans italiani, spero che il nuovo disco degli Star One, Victims of the Modern Age, sia di vostro gradimento. A presto!

Lorenzo “KaiHansen85” Bacega