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Street Legal (Bjørn Boge)

Di Fabio Vellata - 15 Marzo 2009 - 0:00
Street Legal (Bjørn Boge)

Autori di “Thunderdome”, ottimo album di debutto nel 2000 e poi scomparsi nel nulla, i norvegesi Street Legal ci riprovano con il nuovissimo “Bite The Bullet”, disco travagliato e composto in un lasso di tempo molto lungo.
Il singer Bjørn Boge, un passato nei DaVinci, una vita per la musica ed una passione sconfinata per il palco, è stato protagonista di questa lunga e divertente chiacchierata…



Ciao Bjørn, bentornato in scena!
Questo “Bite The Bullet” è il secondo album degli Street Legal ed arriva a ben nove anni di distanza dal precedente, l’ottimo “Thunderdome”…

Beh, “Bite The Bullet” non doveva metterci nove anni ad uscire. Ci abbiamo messo così tanto a causa di un sacco di cose che sono accadute nel frattempo: cambi di line up, crisi personali, incidenti con il tour bus…pensa che io ho rischiato la vita per ben due volte nel giro di una settimana!
La prima per l’incidente, la seconda per le emorragie interne dovute alla milza perforata… un gran casino. C’è voluto un bel po’, come potrai capire, anche per riprendere di nuovo le energie, fisiche e mentali. Però le canzoni erano lì: era solo questione di tempo e di renderle al meglio, estraendo il loro potenziale.
Poi, una volta risolti i problemi di salute, abbiamo dovuto fare i conti con i guai legati alla logistica: vari membri del gruppo che vivevano in diverse zone del paese.
Insomma, c’è voluto un sacco di tempo per mettere le cose a posto e in più, quando il disco era finalmente pronto, come se non bastasse abbiamo preso la decisione sbagliata sul contratto, cosa che ha tardato tutto quanto di un altro anno ancora.
Per farla breve, è andata a finire che “Bite The Bullet” è diventato un album di “come back”…

A parte tutta queste serie d’inconvenienti, cosa avete combinato durante questi anni?

Appena ci è stato possibile non abbiamo perso occasione per fare qualche data live in giro per la Norvegia con line up diverse. In questo modo gli Street Legal non sono mai rimasti “ibernati”, ma in fondo, sono sempre stati alla ricerca degli elementi giusti per andare avanti.
Vedi, devi sapere che dopo tutto, la Norvegia è un paese molto piccolo e la nostra intenzione era sempre quella di suonare in giro il più possibile.
Questa combinazione è spesso sembrata essere un grosso problema. Infatti, se vuoi suonare live da queste parti, è del tutto impossibile racimolare qualche soldo facendo solo pezzi propri…credo sia così anche in altri paesi, ed è una cosa che t’impone flessibilità.
Soprattutto ad un certo punto della carriera. Tanti musicisti, infatti, non sono molto disponibili quando si tratta di accettare qualche compromesso ed è lì che nascono i guai…eppure, se i Beatles, gli Stones ed i Van Halen hanno accettato, quando era il momento, di suonare cover per ottenere qualche data live, perché non potevamo farlo anche noi? Giusto no?
Per alcuni non c’è era verso, ed è stato il motivo per cui io e mio fratello, ad un certo punto abbiamo deciso di separarci da due dei membri originari della band.
Volevano riprendere a suonare live, non ci interessava altro…eravamo sicuri che con il passare del tempo, chi poteva essere interessato a lavorare con noi, sarebbe saltato fuori…
Ad ogni modo, non ci siamo mai fermati. La vita è un tour infinito ed io non voglio smettere di suonare finché non morirò sul palco!

Ma qual è il tuo ideale di show? In un piccolo locale o in una grande arena?

Beh, l’energia che si percepisce nei piccoli club è qualcosa di fantastico. Impressionante.
Eppure anche le grandi arene hanno qualcosa di speciale. Ho suonato a Wembley con gli Evenrude nel 1989 ed è stato grandioso, una sensazione enorme che, quando ci penso, mi fa emozionare ancora adesso. È difficile scegliere, sono due situazioni troppo diverse.
È un po’ come andare al cinema a vedere un film sul grande schermo, oppure vedere la stessa cosa seduto sul divano, tranquillamente davanti alla TV in compagnia della tua ragazza…



Parliamo di questo travagliatissimo “Bite The Bullet” allora…
Il vostro primo cd, “Thunderdome” mi era piaciuto molto per la miscela di Thin Lizzy e Blue Murder che aveva alla base. Questo nuovo album, sembra discendere direttamente dal suo predecessore, giacché songwriting ed influenze paiono molto simili…

Gli Street Legal sono un gruppo hard rock-blues con un pizzico di ritmo. Non vogliamo cambiare nulla di questa formula: ha funzionato per gli AC/DC e pensiamo possa funzionare anche per noi. Non c’è verso di farci cambiare idea.
“Bite the Bullet”, va da se quindi, è un’evoluzione naturale di “Thunderdome”.
Hai citato i Thin Lizzy. Sono d’accordo. Ma ci devi aggiungere anche i Van Halen, Dio, Ozzy, Rainbow, Alcatrazz, Maiden, Kiss ed un sacco di rock classico…
Se ascolti attentamente poi, ci troverai anche tantissime altre influenze dovute al fatto che non ho mai voluto limitare i miei ascolti ad un genere solo.
Anche mio fratello maggiore, ha sempre apprezzato molti stili musicali differenti. Dalla West Coast, a Steely Dan, da Zappa, al progressive inglese, dai King Crimson a David Bowie, gli Eagles, veri maestri delle armonie vocali…
Insomma, quando ascolti i nostri cd, è probabile imbattersi in tutta queste serie di ispirazioni!

Nella vostra bio, avete definito il nuovo album come più omogeneo di “Thunderdome”. In che senso va intesa quest’affermazione?

È tutto merito delle nuove tecnologie che rendono possibile lo scambio di file e la loro progressiva elaborazione, sino ad ottenere un qualcosa d’omogeneo.
A dirla tutta però, non credo sia il modo più corretto per apporre i dovuti correttivi ai brani. Preferisco sempre avere a che fare direttamente con le persone piuttosto che con le macchine.
Sul nuovo album ho cercato di rendere il più possibile chiara una certa sensazione “live”, cosa che implica, di solito, il registrare le linee base del pezzo dal vivo, provando l’intera canzone.
Purtroppo questa volta non è accaduto così ed ho dovuto adattare le mie creazioni in modo diverso, più dispendioso in termini di tempo. Ti garantisco che è un sistema che non adotterò mai più.

Vuoi dirmi qualcosa in merito ai pezzi che compongono il disco? Ad esempio “Warriors Of Genghis Khan”, “Unconditional Love” e “Starship Troopers”, canzoni che mi sembrano piuttosto particolari e rappresentative…

Per capire come è nata Warriors of Genghis Khan guarda il film “Bad News” ed intanto bevi un bel po’ di whisky…o grappa se preferisci…
Dopo un po’ ti troverai a cantare “I´m a waaaaaarior of Genghis Kaaaaahn”!!!
Non ci crederai, ma è quello che è successo! Giuro!
Tommy Newton mi ha preso per pazzo quando gliel’ho proposta. Dopo un paio di drink mi ha detto: “non penserai davvero che io ti produca ‘sta canzone?”. Ed io, un po’ alticcio, gli ho risposto: “perché no? Pensi che io sia stupido? Certo che la devi produrre!”. E lo ha fatto, esattamente il giorno dopo, ahahaha!!! È un pezzo che mi piace un sacco, ed è una delle tracce con cui mi sono divertito di più. Tutta una questione d’attitudine e d’improvvisazione. Del resto il rock non è certo una scienza!

“Unconditional Love” invece, è molto “Thin Lizzy”, inutile nasconderlo.
Avevo qualche idea per il ritornello e l’ho messo giù, convinto di essere ispirato da “On The Beach” di Chris Rea! Sai, a 17 anni ho lavorato per il suo staff durante un concerto ad Oslo, e mi ha colpito molto, sia come chitarrista, sia come singer.
Beh, stavo lavorando sul giro di basso come faccio sempre e d’improvviso ho avuto l’idea per l’entrata delle chitarre…quando l’ho terminata ho capito la sua complessità e mi sono detto: “non ce la puoi fare!”.
E poi mi sono guardato allo specchio e mi sono chiesto: “perché no? È un bel brano, una cosa che non si sente da quando Phil Lynott è morto, venti anni fa”. Sarebbe stato stupido non registrarlo!
Il testo va abbastanza in parallelo con la melodia, ed è una cosa del tipo “potresti darmi una possibilità?” che prosegue in “riusciresti a darmi amore incondizionato?”
Quando l’ho finita, mi sono reso conto che in molti modi poteva essere collegata a Phil Lynott, eccettuato per il ritornello, un po’ preso dagli Eagles…e questo è quanto.

Infine “Starship Troopers”, pezzo ispirato dall’omonimo film. Un film strano a dire la verità: appena l’ho visto, ho dovuto scriverci una canzone. Ci ho messo non più di cinque minuti a comporla, e lo stesso tempo a registrala. Per l’arrangiamento mi sono fatto influenzare da “Disturbing The Peace” degli Alcatrazz. In effetti, c’è un che dei Rainbow ed un pizzico degli Alcatrazz di Steve Vai.
Guarda il film, ascolta il pezzo e capirai il motivo per cui è venuto così!

Loading Up e Bite The Bullet?

Beh, la prima è una canzone scritta dagli Stage Dolls che non è mai stata incisa. Avevo un promo che mi aveva dato il loro ingegnere del suono anni fa e semplicemente la adoravo.
Non ho mai capito perché non l’avessero realizzata a suo tempo. Così, quando mi hanno chiesto di partecipare al tribute album degli Stage Dolls, non ho avuto dubbi su cosa preparare.
Ci abbiamo messo un paio di giorni. Le parti vocali addirittura incise al primo colpo.
Una volta finita e mixata da Tommy Newton, è stato naturale inserirla poi su “Bite The Bullet”.

Per la title track, stiamo invece parlando del seguito di “Chasing The Rainbow”, da “Thunderdome”.
Hai mai pensato dove avrebbe potuto finire il protagonista di “Chasing the Rainbow”? In altri guai, naturalmente!
Io e Chuck abbiamo inteso il brano come se fosse un movie: lo sceriffo cattivo, buttato fuori dalla città perché pizzicato con la ragazza di qualcun altro. E quindi: “Devi lasciare questo paese o assaggerai una pallottola!” (= Bite The Bullet NdA)
È una grande song da suonare dal vivo, che spacca davvero. La cosa divertente è che il pre-chorus è ispirato dai Supertramp! Immagina un piano invece della chitarra e armonie vocali più aggraziate, con un tocco di Queen di sottofondo, soprattutto poi nel ritornello.
Prima di trovarti con Gene Simmons che sbuca fuori dalla seconda strofa…
Ti sembro schizofrenico eh? Può darsi…ahahah

Cosa mi dici invece della cover di Maniac?

Era una delle mie canzoni preferite sin dagli anni 80. Michael Sembello, uno dei songwriter, e chitarrista di Stevie Wonder, aveva inciso un disco intitolato “Bossa Nova Hotel”, album che avevo conosciuto grazie ad un mio amico batterista…
Appena sentita “Maniac” ero rimasto ipnotizzato…che pezzo! Essendo all’epoca un ascoltatore di solo hard rock, nemmeno lo conoscevo e non sapevo fosse una hit molto famosa.
Un brano davvero senza tempo. Aveva bisogno solo di essere un po’ “legalizzato” per diventare – senza problemi – anche nostro. C’è oltretutto un grande assolo di Rolf Bjorseth. Lo adoro!



Senti, devo farti una domanda che ho in testa sin dal 2000. Mi spieghi cosa vi ha portato a scegliere un moniker tanto strano ed un po’ assurdo come Street Legal?

Dopo essere stato nei DaVinci, volevo tornare alle mie radici musicali. E ho pensato che quel che ci serviva, era un moniker molto “terra-terra”. Mi è venuto in mente subito Street Legal. E più ci ho pensato e più mi è piaciuto…alla fine ho scelto questo.
Poi ho scoperto che Bob Dylan aveva fatto un disco con quel titolo, disco che naturalmente mio fratello maggiore aveva nella sua collezione.
Evidentemente questo nome era rimasto lì nascosto da qualche parte nella mia testa, pronto a saltar fuori al momento giusto. Ahahah!

Ricordi comunque grandiosi quelli dei DaVinci…

Essere al numero uno delle classifiche radio per molte settimane è stato fantastico ed ha cambiato la mia vita sia nel bene che nel male.
Due anni di concerti sold-out ogni sera sono stati un successo, ma mi hanno insegnato una cosa importante: sei re per un giorno e magari poi, un poveraccio per il resto della vita.
Essere umile e capire che ci sono alti e bassi per tutti è la cosa più importante da ricordare sempre.
Come diceva Forest Gump: “la vita è una scatola di cioccolatini, non sai mai quale ti capita!”

Tornando brevemente a quanto mi raccontavi prima, siete arrivati ad un punto in cui la separazione con due membri originari degli Street Legal si è resa inevitabile. Che fine hanno fatto Bjorn Olav Bol Lauvdal e Ken Ingwersen?

Hanno proseguito entrambi con le loro carriere. Bjorn è il responsabile economico di una grossa compagnia di costruzioni e Ken porta avanti la sua azienda pubblicitaria. Siamo ancora in contatto!
In questi giorni tra l’altro, Ken è il chitarrista live del gruppo di Ken Hensley. Inoltre, con un gruppo di amici, ha da poco rilevato la nostra vecchia “palestra”, un club chiamato “Smuget” dove eravamo soliti suonare parecchio all’inizio della nostra esperienza.
Il mondo è piccolo!

Non hai di certo perso in qualità, considerato che il posto di chitarrista negli Street Legal è stato rilevato niente meno che da Tore Ostby, una specie di leggenda in certi ambiti.
Come siete venuti in contatto?

Io e Tore ci siamo incontrati la prima volta anni fa, quando i Conception stavano organizzando il release party di “Flow” ad Oslo.
Roy Kahn mi aveva chiamato per sapere se conoscevo qualche locale adatto per l’evento, e naturalmente, io avevo qualche idea. Nulla di che, mi vidi lo show, ci salutammo e finita lì.
Poi per caso, Trond Nagell Dahl, il loro tastierista che di solito suonava anche con i Bad Sneakers, capitò nel mio studio per completare le fasi di missaggio del primo album degli Ark.
Un ragazzo sempre ultraimpegnato Trond, con un sacco di cose da fare contemporaneamente: mi pregò di dargli una mano, almeno per un paio di giorni, nel portare avanti il lavoro.
Beh, non lo vidi più per settimane! Rimanemmo soli io, Tore e Jorn Lande a mixare ed a mettere a punto alcuni overdub per più della metà del disco. Il resto fu poi completato allo studio di Ronnie LeTekro.
Alla fine siamo rimasti amici, ci siamo tenuti in contatto e frequentati privatamente per tanti anni.
Tore aveva gli Ark ed io gli Street Legal.
Rolf era già nel team ed in occasione del primo disco, avevamo già avuto la collaborazione di Tommy Kristiansen, una specie di Dio del blues di soli venti anni che però, sognava di diventare un session professionista.
Io e mio fratello gli dicemmo la stessa cosa: fallo adesso. Spiega le tue ali e vola finchè ne hai l’opportunità. Ora è un chitarrista di successo.
Morale della favola, nel momento di riprendere ad incidere per il successore di “Thunderdome”, avevamo bisogno di un rimpiazzo affidabile perché, credici o no, nella mia band ho sempre voluto gente che si dedicasse esclusivamente ad essa.

E quindi?

Una sera, dopo aver pensato ad un milione di candidati, mi trovo seduto al pub con Tore a sorseggiare del vino. Gli Ark si erano appena sciolti e gliel’ho domandato.
“Vorresti provarci? Non è esattamente il tuo stile però…” E lui mi ha risposto “sì, perché no!”.
Pensa che già qualche anno prima, avevamo fatto una jam nella nostra sala prove, con Bjorn Olav Bol alla batteria. Si erano messe a punto alcune canzoni, ma poi Tore si era trasferito in Francia. Era inoltre ancora coinvolto con gli Ark e non ero sicuro che potesse accettare un ruolo in cui doveva condividere la scena con un altro guitar player. È sempre stato abituato ad essere l’unico ed in più, lui e Rolf, erano diversissimi come stile.
Beh, a quanto pare, mi sbagliavo di grosso! Sia Tore, sia Rolf sono, infatti, chitarristi eccellenti e questa è divenuta una specie di benedizione, e contemporaneamente una sfida.
Molti conoscono Tore per i suoi lavori con Ark e Conception, ma nessuno conosce ancora Rolf. “Bite The Bullett” è il suo primo vero album, eppure pensa che suoniamo insieme da quando avevamo 12 anni. Ed era già nella prima line up degli Street Legal…è un tipo con delle idee straordinarie ed un talento unico.
Purtroppo ora nemmeno lui fa più parte del gruppo: ci siamo separati lo scorso anno. Ha avuto due gemelli ed ha preferito seguire la sua carriera di account manager in una compagnia di computer. Siamo ancora molto amici in ogni caso…e chissà in futuro…
Ad ogni modo, posso dire di ritenermi fortunato ad aver lavorato con artisti davvero di così grande valore. Rolf è di certo tra di loro, uno dei più importanti collaboratori che ho avuto per questo album ed in assoluto.
Tore invece, è un nome famoso, che ha già dato prova della sua classe.
È stato stimolante sfidarlo su territori più blues, ma è un musicista talmente bravo da essere riuscito a sorprendermi molte volte.



Come lo dobbiamo considerare quindi? Un membro effettivo degli Street Legal, o un semplice session che ha collaborato al nuovo cd?

Bella domanda! Ci siamo visti un paio di settimane fa. Birre e abbracci: un momento molto piacevole.
Tore attualmente vive a Stoccolma. Lì ha conosciuto sua moglie quando abbiamo suonato allo Swedish Metal Expo del 2006…quindi deve molto agli Street Legal ahahaha!!!
Quando si è trasferito, abbiamo entrambi pensato che fosse naturale che la nostra collaborazione terminasse. Ma mai dire mai.
Quello che è importante per Oystein e me, è che la gente dia il 110% quando lavora con noi, poi ognuno è libero di organizzarsi come meglio crede. Io non impongo regole a nessuno, soprattutto a tutti coloro che lavorano con me!

Se non dovessi riavere Ostby?

L’anno scorso Tore Moren, il chitarrista di Jorn, ha fatto qualche show con noi. Divertente se ci pensi. È stato uno dei maggiori songwriters di “Thunderdome” e ci aveva lasciati appena prima della fine dei lavori a causa di grossi casini personali. Insomma, stava divorziando.
Ad ogni modo, lui e mio fratello hanno suonato tantissimo insieme quando erano teen agers e si conoscono molto molto bene. Come dicevo prima, il mondo è piccolo!
Quindi chissà cosa ci riserva il futuro…

Come sei riuscito a far convivere le varie anime dei musicisti che hanno collaborato con te nella realizzazione di questo nuovo album?

Questi ragazzi hanno personalità molto forti e puoi immaginare il macello che viene fuori, quando una cricca di cocciuti bastardi si trova a confrontare le idee. Aahaha!
Ed io, naturalmente, sono il più caparbio di tutti!
Ad ogni modo, abbiamo lavorato sempre per il bene del disco. Ho amato la tensione e l’eccitazione che si prova quando lavori duro per settimane, e alla fine trovi l’idea giusta per una certa parte del brano.
E quando ascolti il pezzo finito, ti rendi conto che è valsa la pena approfondire ogni discussione che può essere sorta strada facendo. È raro trovare un percorso agevole verso i buoni risultati, quando stai parlando di arte.
La parola chiave per me è “sostanza”: ci deve essere sempre qualcosa che permetta agli ascoltatori di identificarsi, in un modo o in un altro.
Alla fine di tutto comunque, ho solo grandi e bei ricordi delle collaborazioni nate per portare a termine “Bite The Bullett”.
Gente magari diversa, ma sempre animata da amore e dedizione per il gruppo.

Che obiettivi ti poni questa volta e perché gli appassionati di hard rock dovrebbero comperare il vostro disco?

Io spero solo che i ragazzi apprezzino il disco almeno quanto noi che l’abbiamo fatto. Semplicemente, abbiamo inciso l’album che avremmo voluto acquistare.
Se siete amanti quindi, del rock classico ben costruito e con buone canzoni, dovete farlo vostro!

Vi vedremo sicuramente in giro, vista la vostra anima decisamente “live”…

Suoneremo nei festival, nei club, nei cessi…ovunque ci daranno un palco…
Adoro starci sopra con gli Street Legal!

Ok Bjørn, può bastare. Sei stato davvero esauriente! Ti lascio la chiusura…

Non vediamo l’ora di incontrarvi tutti on the road da qualche parte!
E grazie a te per l’intervista!

Fabio Vellata

Discografia:

* 2000 Thunderdome
* 2009 Bite The Bullet

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