Ciao ragazzi, innanzitutto un saluto da parte di tutta la redazione e dai lettori di Truemetal.it! Come va, tutto bene?
Chiara: Tutto a posto, grazie! E, anzi, grazie a voi!
Marco, parto da te e parto un po’ “in contropiede”: nel tragitto da Bergamo a qui ho avuto modo di sentire il nuovo disco degli Hate Tyler e devo dire che l’ho trovato molto interessante e, anzi, ti dirò che, pur trattandosi di un genere piuttosto diverso rispetto a quello proposto dai Temperance, la “parentela” in qualche modo si sente. Si sente, secondo me, la stessa mano in alcuni passaggi di chitarra come pure in alcune soluzioni melodiche e forse anche qualche similitudine in termini di suoni. Che cosa mi dici?
Marco: In termini di suoni non molto, secondo me; con i Temperance siamo decisamente di più dalle parti di Amaranthe e Nightwish, con gli HateTyler invece il suono di chitarra che abbiamo scelto è molto Nevermore mentre il resto è molto “naturale”. Anche la voce, che pure può sembrare super prodotta è molto “buona la prima” e così la batteria. Poi certo, che dietro ci sia una mente “comune” si sente per forza di cose e sono, anzi, contento del fatto che il mio stile in qualche modo venga fuori in tutti i progetti in cui sono coinvolto.
Capito. I nomi che hai citato mi danno l’occasione per chiedervi cosa pensate del tipico paragone, ormai ricorrente, con il quale molti tendono ad inserirvi nel calderone (peraltro non sempre visto di buonissimo occhio dal metallaro più intransigente) delle cosiddette “female-fronted band”, insieme a gruppi come gli Amaranthe o i Nightwish… Vi ritenete, diciamo, “parte della corrente”, pur con la vostra personalità, oppure?
Marco: beh mettere tutte le band che hanno determinate caratteristiche in uno stesso “calderone” facendo di tutta l’erba un fascio è sicuramente sbagliato e probabilmente anche frutto di una certa superficialità nell’ascolto…
Chiara: In Italia ci stiamo arrivando piano piano: fino a qualche anno fa per i gruppi con voce femminile era davvero dura; adesso, un po’ alla volta, le cose stanno migliorando, ma di certo in altre parti d’Europa ci sono arrivati molto prima. Anche con la mia vecchia band abbiamo suonato parecchio in giro e abbiamo avuto anche delle belle occasioni però, a volte, anche solo trovare le spazio era difficile, perché una band metal con voce femminile era vista non troppo di buon occhio. Oggi si tratta di realtà decisamente più comuni e anche il pubblico è un po’ più aperto.
Marco: Comunque sì, da un certo punto di vista è vero: ce ne sono moltissimi, soprattutto all’estero, di gruppi con voce femminile, però in alcuni casi sembrano fatti un po’ con lo stampino. Invece, ti dico la verità, a me gli Amaranthe piacciono di brutto: hanno queste melodie pop fantastiche e poi quello che c’è sotto è metalcore. A me piacciono di brutto, ma davvero tantissimo! Poi certo, è innegabile che se ascolti alcuni pezzi del nostro disco, soprattutto quando Chiara canta in modalità lirica, è logico che ti vengano in mente alcuni di questi gruppi, ma questo fa un po’ parte del gioco. Per esempio: il nostro suono di chitarra e i nostri riff così pesanti, tanto per dire, i Nightwish non li hanno, ma in un disco non è che puoi mettere tutto e dare a tutto la stessa importanza. Devi fare delle scelte: o metti i chitarroni, oppure prediligi quelle orchestrazioni pazzesche che sono il marchio di fabbrica di un gruppo come i Nightwish…
Un altro gruppo a cui sicuramente siete stati paragonati, anche se forse più che altro per una coincidenza “estetica”, sono gli Epica. Cosa pensate di questo paragone?
Chiara: Ahahah! Posso solo ringraziare chi mi paragona a Simone Simmons, però onestamente a parte il fattore “visivo” legato ai capelli rossi e lunghi, per il resto lei non è una di quelle cantanti che stanno in cima alla mia lista personale, in termini di ispirazione. Io sono sicuramente più legata a Tarja Turunen e a Sharon Den Adel e, nonostante apprezzassi moltissimo i primi Within Temptation, devo dire che anche gli ultimi album mi sono piaciuti molto. E lei ha una delle voci, secondo me, più belle di tutti i tempi. Poi, comunque, ho iniziato studiando canto lirico e quindi per me Tarja è sempre stata un modello; quando ho sentito il duetto tra Sharon e Tarja su “Paradise” ero sull’orlo dello svenimento!
Chiara, visto che ci siamo, raccontaci qualcosa in merito ad eventuali altre tue esperienze musicali con altri gruppi. Hai qualche altro progetto parallelo? Hai già inciso un album o sei all’esordio?
Chiara: Io negli ultimi anni ho cantato con alcune band, sempre nell’ambito del symphonic metal, e in particolare ora, oltre ai Temperance, continuo a cantare per i Ravenword. Questo è, comunque, il mio primo disco.
E sul palco, com’è stare con i Temperance, rispetto agli altri gruppi in cui hai cantato finora?
Chiara: Beh indubbiamente vedere la gente sotto al palco che conosce le tue canzoni e le canta perché ha comprato il disco, lo ha ascoltato e lo ha apprezzato è una cosa fantastica e ti dà una carica pazzesca! La parte live è forse quella che mi piace di più, per quanto ci tenga in ogni caso moltissimo, per esempio, alla composizione dei testi e al fatto che siano curati e non banali. Anche al nostro release party c’era una bellissima atmosfera, con tanta gente e un bello spirito di partecipazione. E’ sicuramente una cosa importantissima.
Prima mi parlavate degli Amaranthe e del metalcore. Come vi rapportate con il metalcore e con queste ed altre cosiddette “nuove tendenze”?
Marco: Mah guarda, a me piace un po’ di tutto. Poi è chiaro che negli anni, con il grande numero di gruppi che hanno incominciato a fare metalcore, queste sonorità oggi risultano un po’ inflazionate; però nonostante questo ci sono dei gruppi secondo me di livello assoluto. Tanto per fare un nome di quelli non troppo in voga, un gruppo secondo me fantastico sono gli Heartist, che hanno un cantante che davvero spacca tutto. Poi mi piacciono tantissimo i Periphery e, degli europei, anche i Sonic Syndicate, che all’inizio facevano delle cose davvero interessanti.
Chiara: Io non conosco tantissimo il genere però, soprattutto in quei giorni in cui per vari motivi, sono arrabbiatissima, qualche canzone degli Hatebreed in macchina a palla aiuta!
Marco: Jamey Jasta, cazzo, numero uno!
Ve lo chiedo perché, per come erano i Bejelit, credo che questi elementi, come lo scream e il growl non potessero trovare spazio, mentre coi Temperance, cambiando un po’ il contesto e cambiando comunque genere, magari l’iniezione di qualche elemento di matrice metalcore o comunque più estrema potesse essere ricondotto a voi, a nuove idee portate proprio da voi…
Marco: Ni, in realtà quando ci siamo trovati a definire il disco, ci siamo trovati di fronte alla possibilità di inserire qualche passaggio in growl, qualche riff più cattivo e alla fine siamo rimasti tutti quanti molto soddisfatti del risultato.
Chiara: Confermo, anche a me il growl piace molto, pensa che una delle mie band preferite sono i Dark Tranquillity, quindi le voci sporche le apprezzo molto e sono ben contenta di potermi misurare con qualcosa di più estremo!
Venendo al vostro album, come è stato il feedback del pubblico e della critica?
Marco: Il disco sta andando molto bene; è uscito da relativamente poco e quindi per ora non abbiamo ancora dati di vendita, però so che sta andando bene qui in Italia, in Inghilterra e anche negli Stati Uniti. E anche a livello di critica abbiamo avuto dei feedback decisamente positivi quindi siamo molto soddisfatti!
Capitolo testi: di che cosa parlate nelle vostre canzoni e chi si occupa della loro stesura?
Chiara: Ce ne occupiamo insieme io, Marco e Giulio e diciamo che a livello di contenuto sono piuttosto vari. Ci sono canzoni che parlano di diversi aspetti dell’amore; alcune più istintive come “To Be You With You” e altre più romantiche come “Stronger”, mentre una delle mie preferite, anche e soprattutto a livello di testo, è “Lotus”, canzone che parla di un conflitto interiore, con un testo molto intimista. Altre ancora sono più nervose, come “Relentlessy”, incentrata sull’impossibilità di fermarsi mentre tutto attorno a noi va avanti velocemente o “Hero” che, nel ritornello, recita «Io non sono un eroe, non sono ciò che pensi, provo a fare del mio meglio e a non mollare. Non sono un eroe ed è per questo che a volte ho bisogno di stare da solo per lasciarmi andare e piangere». “Hero” parla, insomma, del fatto che spesso nella vita si va avanti e si cerca di nascondere le proprie debolezze e i propri momenti bui, per quanto tutti, alla fine, abbiano bisogno ogni tanto di lasciarsi andare.
Tornando al lato musicale, personalmente ho trovato molto riusciti i pezzi nei quali sono presenti dei duetti tra te e Marco. Che mi dite al riguardo? Pensate che i duetti possano trovare maggior spazio in futuro o pensate che questo sia l’equilibrio giusto?
Chiara: Beh diciamolo, Marco ha una voce pazzesca!
Marco: La pago, eh, per dire queste cose! (ride) No, in realtà dipende ovviamente da come vengono fuori i pezzi; per esempio, in questo disco la sua voce lirica, che secondo me è stupenda, è stata usata tutto sommato poco mentre invece è possibile che nel prossimo disco ci siano molti più pezzi con voce lirica, come invece potrebbe essere che ci siano molti più pezzi con voce in growl. Vedremo!
A proposito di growl: tutte le parti in growl sul disco sono di Stefano Oliva degli Hate Tyler; dal vivo come ne gestite la riproposizione?
Marco: Ti sembrerà strano, ma li fa Chiara!
Ma pensa, sono davvero curioso di sentire! Invece, a livello di piani futuri in ottica live come siete messi? Avete già un programma per l’estate, con chessò la partecipazione a qualche festival, magari addirittura all’estero?
Chiara: A settembre abbiamo già in programma delle date nell’Est Europa: Slovacchia, Repubblica Ceca, Ungheria e poi abbiamo in programma anche delle partecipazioni ad alcuni festival oltre che una serie di date che dovremmo confermare a breve. L’idea, ovviamente, è quella di viaggiare il più possibile per promuovere al meglio il disco.
Calendario bello pieno insomma. Marco, tu che oltre che nei Temperance suoni anche nei Secret Sphere e negli HateTyler, come fai a conciliare tutte queste attività? Hai qualche superpotere o che altro?
Marco: Ahahaha, no, semplicemente si tratta di programmare per bene tutte le cose in modo di riuscire a trovare il giusto spazio per ogni cosa in mezzo a mille impegni. Per esempio, il disco dei Temperance è uscito da poco ma era pronto da mesi e mesi; la stessa cosa con gli Hate Tyler: avevamo il disco pronto dall’anno scorso ma è uscito solo a marzo. In questo modo, programmando le cose a lungo termine, anche con mesi di anticipo, si riesce a fare tutto e nel migliore dei modi. Delle mie tre band, comunque, quelli che di certo mi occupano oggi la maggior parte del tempo, sono i Secret, con cui ho sempre una marea di date; anche in questo caso, doversi districare tra mille cose non è facile. Poi comunque se uno ci mette l’impegno giusto, secondo me può fare questo e altro.
Ti faccio, a questo punto, un’aggiunta, rispetto alla domanda precedente. Sono stato di recente al Frontiers Festival e diciamo che uno dei personaggi-chiave della manifestazione è stato Alessandro Del Vecchio; la sua capacità di stare dietro a mille progetti e a mille impegni, talvolta anche in veste di produttore, è un qualcosa che di certo ammiro e che mi pare di scorgere, almeno in parte, in te. Hai qualche interesse verso una carriera non solo di musicista ma anche di produttore, alla maniera di Alessandro?
Marco: In realtà non solo io, ma tutti noi lavoriamo nell’ambito della musica e non solo come musicisti, per quanto comunque il nostro obiettivo sia quello di far diventare i Temperance la nostra occupazione primaria. Poi ti dirò, a me ultimamente piace quasi di più comporre e produrre che non suonare; cioè: adoro suonare e cantare ma soprattutto negli ultimi anni mi è proprio salita la voglia di scrivere e produrre, ancora più che in passato. Poi, insomma, vediamo che succede. Per esempio proprio con Alessandro, anni fa, avevo registrato i cori di un progetto nel quale lui era presente e invece adesso ho registrato le voci di un disco cui lui partecipa come ospite, quindi siamo sempre a stretto contatto.
Ora, invece, vi chiedo un’altra cosa, che peraltro ho già avuto modo di chiedere al cantante di un gruppo che ho intervistato qualche tempo fa, Stefano Ghersi dei The Doomsayer. Loro avevano suonato di spalla ai Destrage al release party di “Are You Kidding Me? No.” e ricordo di essere rimasto molto colpito dalla grande quantità di gente presente quella sera. Era bello il clima, oltre al concerto: tanta gente e tanto entusiasmo per una band italiana, giovane e che si sta facendo pian piano strada a suon di dischi di un certo livello. Questa cosa mi ha un po’ fatto riflettere sul fatto che pare esistano sostanzialmente due mondi in ambito metal italiano: da un lato chi dice che in Italia sta finendo tutto, chiudono i locali, non c’è più l’underground ecc., mentre dall’altro lato mi pare di vedere delle band, tra cui voi, che sono cresciute nell’underground e che ora stanno facendo i passi giusti per riuscire ad imporsi. Voi da che parte state?
Chiara: Ti ringraziamo e speriamo davvero di riuscire a sfondare!
Marco: Eh si, riuscire a conquistare qualche traguardo importante sarebbe di sicuro una bella cosa, però ti dico anche che, rispetto magari ad altre band, non abbiamo l’ansia di dover sfondare a tutti i costi. Di base siamo cinque persone che stanno bene insieme, ci divertiamo a suonare e cerchiamo semplicemente di raggiungere più obiettivi possibile; poi se fra due anni siamo ancora qui a suonare in locali underground, non casca il mondo. Invece a livello complessivo di underground non credo proprio che finirà tutto. Ci sono tante band valide, mi vengono in mente, oltre per esempio ai Fake Idols o ai Destrage anche i Ready, Set, Fall, che hanno firmato per la stessa etichetta dei Fake Idols e sono veramente bravissimi. Suonano benissimo, si sbattono un sacco e ci credono davvero; sono di Genova ma, se ci fosse da suonare qui a Milano, vengono su di corsa ed è quello l’atteggiamento giusto. E poi secondo me, in generale, rispetto a qualche anno fa l’atteggiamento complessivo è anche più professionale, sia nel modo di porsi che di “vendersi”, in senso buono ovviamente.
Mi trovi perfettamente d’accordo e, anzi, ricollegandomi a quello che mi disse Vlad dei The Doomsyaer, rispetto a qualche anno fa, quando l’italianità era vista, soprattutto all’estero, un po’ come sinonimo di “artigianalità”, di cosa “fatta in casa, alla buona”, mi pare di poter dire che oggi questo è un luogo comune che sta un po’ alla volta scomparendo, no?
Marco: Sì, ma è tutta una questione legata al modo di porsi e al modo di fare le cose. Se siamo all’estero a suonare, ma ci presentiamo in un certo modo, preciso e professionale, nessuno ha da ridire sul fatto che “siamo italiani”; chiaro che se invece ci presentiamo raffazzonati, facendo le cose alla cazzo, poi è inevitabile che si faccia la figura dei provinciali.
Chiara: sono del tutto d’accordo con Marco. Situazioni come quella dei Destrage che hanno fatto il pienone la sera del loro release party, non possono che fare piacere. E’ giusto che se c’è una band che lavora bene e fa della musica di livello, le venga riconosciuto. Soprattutto in Italia, dove è ancora più difficile che da altre parti riuscire ad avere il giusto riconoscimento.
Marco, prima di concludere, una curiosità: mi dicono dalla regia che sei un ex utente proprio del forum di Truemetal.it. Che ricordi hai?
Marco: Ahaha sisi ce l’ho ancora quell’account! All’epoca, quando avevo quattordici/quindici anni, era davvero una figata stare sul forum, leggere tutto, confrontarmi con gli altri utenti. Figo davvero! E poi ho conosciuto un sacco di gente, ho tuttora un sacco di amici in tutta Italia conosciuti proprio tramite il forum di Truemetal.
Bene ragazzi, da parte mia è tutto. Grazie per il vostro tempo e per essere stati con noi e un in bocca al lupo per il futuro!
Marco: Grazie a voi, è stato un piacere!
Chiara: Anche per me, grazie mille e alla prossima!