The Dillinger Escape Plan
Al quinto tentativo finalmente riusciamo a parlarci. Come va? Siete in tournée?
Sì, stiamo facendo un tour negli Stati Uniti. Giovedì scorso non c’era segnale e non si è potuta fare l’intervista. Ora sono seduto in una stanza da qualche parte in North Carolina, finalmente dovrebbe andare tutto bene.
Bene, allora cominciamo dal nuovo album, che mi pare molto più melodic-oriented dei predecessori. A cosa è dovuta questa scelta?
Sono abbastanza d’accordo, alla fine in questo nuovo disco ci sono parti che si ripetono, quindi anche a livello vocale le melodie hanno più possibilità di fare presa. Anche Greg poi aveva detto che voleva cantare di più, lasciare relativamente da parte il suo stila ultra aggressivo e cercare di comunicare più emozioni al di là della rabbia.
Mi pare anche che il songwriting sia più disciplinato. Avete cercato di arginare la vostra creatività in studio?
Il songwriting effettivamente è stato piuttosto diverso, le canzoni sono state scritte prima dai singoli membri e poi siamo entrati in studio. Non è che prima andavamo dritti a registrare e ci mettevamo a jammare a caso. Comunque ci trovavamo tutti assieme e facevamo brainstorming su cosa volevamo dalle canzoni. Il che produceva molte più idee, ma era un po’ difficile tenerle tutte unite in una sola canzone. Forse in questo nuovo modo sembriamo un po’ più maturi, tra l’altro.
La vostra collaborazione con la Sumerian Records ha influito sull’esito del disco?
La Sumerian records non ha fatto molto. L’idea di lavorare con loro ci ha dato un’incredibile serenità, sentivamo di avere il loro appoggio e ci bastava. Non volevamo di più. Spesso le case discografiche cercano di fornire appoggi concreti, fanno diverse proposte su come migliorare le canzoni, ad esempio. Anche quelli della Sumerian, che spesso eran ragazzi più giovani di noi, hanno provato a farci delle proposte, ma abbiam sempre detto no. Noi siamo i Dillinger, siamo nudi e puri e nessuno deve infilarsi nelle nostre canzoni.
A che vi siete ispirati per il video di When I lost my beth? Sembra un film di Eli Roth.
Beh si è un po’ alla Eli Roth, è anche figo perché molto diverso dall’artwork. Però non so dirti molto, noi non c’eravamo quando il video è stato girato. So dirti che è costato pochissimo, salteresti dalla sedia se ti dicessi la cifra. Comunque sia, non ci sono stati molti effetti speciali né computer grafica. So che il regista, un ragazzo incredibile, si è rinchiuso in un capanno in mezzo agli Stati Uniti per girarlo. Ci ha messo poco. Ci è piaciuto e non abbiamo fatto domande. Alla fine nel music businness è giusto così. Il nostro compito è fare canzoni, qualcun altro si deve preoccupare di come venderle, qualcun altro ancora di fare un video promozionale.
Come mai avete scelto One of us is the killer come title track? Non è un pezzo che vi rappresenta molto…
Ma è stata la cosa più naturale di tutto il processo di registrazione, quella canzone è venuta fuori così spontanea, ci sono voluti tre quarti d’ora per scriverla, e da lì in poi non ci son stati dubbi. Anche prima di avere tutte le canzoni, di avere una tracklist definita, avevamo già deciso che il disco si sarebbe chiamato così. D’altro canto era una scelta obbligata perché avremmo shokkato ancora una volta i fan, il che è un marchio di fabbrica per noi. Essere imprevedibili, fare cose non ligiche, fare l’ultima cosa che la gente si aspetta. Tra l’altro, ancora, questa canzone si adatta perfettamente a chiunque, alle relazioni interpersonali, ed anche alle relazioni all’interno della nostra band, dato che ci conosciamo da tanti anni e ogni tanto abbiamo dei momenti di tensione.
Invece Hero of Soviet Union?
Anche qui non ti so aiutare motlo. Non so se sia dovuto a qualche fascinazione per la guerra fredda o che. Ma posso dirti che i vecchi dischi erano tutti “You, you, you!!!” Accuse su accuse a chi ti sta di fronte. Questo disco, essendo più moderato a livello di musica, lo è anche a livello di testi. È rimasto “You!” però “mi sforzo di capire perché hai fatto questo e posso riconoscere un 50% di responsabilità mie che si riflettono nelle tue azioni.”
Mi racconti un po’ cosa è successo durante lo show al Revolver Golden Gods.
Eh, sì, bella esperienza. Ricordo solo di essermi girato e aver visto Greg con gli occhi coperte di sangue. Mi son detto “Whattaffuuuck, che sta succedendo?” Non so cosa sia successo, volevamo un show impressionante, ma questo era decisamente oltre le nostre aspettative. Greg deve aver battuto la testa contro qualcosa. Mi sono chiesto se non fosse il caso di fermarsi, ma lui continuava a cantare, perdeva sempre più sangue ma sembrava il meno preoccupato di tutti.
Siete una band estrema, puoi spiegarmi tutto l’interesse che negli ultimi anni è emerso attorno a voi?
In realtà è difficile essere oggettivi al riguardo, sinceramente mi ritengo fortunato a fare un lavoro che mi rende felice anche se non permette di comprarmi una casa. Non cerchiamo di accontentare il pubblico, non ci interessa quel che dicono di noi. Come ti ho detto cerchiamo di essere noi stessi e di fare il contrario di quello che la gente si aspetta da noi. Probabilmente stiamo diventando famosi perché non siamo allineati.
Ci sono altre band per cui nutrite rispetto?
C’è un gruppo black europeo, i Deathspell Omega, per cui ho molta stima. Sono anche molto più radicali di noi, suonano mascherati, non ci sono interviste, non fanno live, non rilasciano interviste, non ci sono foto, è un’attitudine che adoro. Poi beh, Wovenhand, Nile, ma alla fine non vedo confini nella musica e anche mentre eravamo in studio ascoltavamo di tutto, dal black all’ r&b (questo spiega forse il falsetto usato da Greg tra l’altro ndr.). C’è talmente tanta buona musica oggi che non si sa come iniziare, e tra l’altro credo che tutta questa musica, tutti questi generi, in qualche modo finiscano nei nostri dischi.
Come è stato organizzato il tour europeo?
Che intendi?
Geograficamente parlando, non è proprio logico.
Ah certo. Il fatto è che da voi abbiamo pochi fan, quindi abbiamo preso dove c’era un’occasione. Questo comporta il fatto di suonare a Marina di Cervia e non al Forum di Assago, questo ci porta a suonare nel Voralberg e non a Vienna. Poi molto dipende anche da dove sono i festival. Ad esempio in Polonia (Jaworzno) andiamo perché c’è il festival di una radio che ci sostiene, idem per la Finlandia, anche se questo causa alcuni problemi logistici. Vale a dire che faremo uno show in Germania e poi andremo in bus fino a Helsinki per poi tornare di nuovo in Germania. Il tutto in pochi giorni, con tutti i problemi che conseguono, a cominciare dal fatto che naturalmente gli autisti dei bus non sono disposti a farsi una tirata di 18 ore per portarci da un luogo all’altro.
Sai che sarà un massacro?
Eh sì me lo immagino. Però sono anche molto curioso. Ad esempio attendo con impazienza il nostro show in Croazia. Abbiamo conosciuto una volta dei fan croati davvero matti. Se tutta la nazione è così, la nostra data laggiù sarà davvero epica.