The Wretched End (Samoth)
Ci sono quei personaggi che hanno fatto la storia del metal e quasi non se ne accorgono, o quantomeno non lo fanno pesare. Samoth, nella vita di tutti i giorni Tomas Thormodsaeter Haugen, e’ uno di questi. Dopo aver dato vita al black metal norvegese (e quindi a quello che oggi conosciamo) insieme a un pugno di altri musicisti, su tutti il socio Ihsahn, il silenzioso chitarrista degli Emperor diede vita a una creatura del tutto personale, i violentissimi Zyklon, che risentivano solo in parte del passato black; e dopo tre ottimi dischi, decise di scioglierli a fine 2009 e dare vita ai nuovi, rivitalizzati The Wretched End, un mistero sino ad oggi. Ma di fronte a uno dei dischi migliori del 2010, non potevamo che indagare sulle motivazioni del norvegese, che non si risparmia di sicuro.
Prima di tutto, i complimenti di rito: ‘”Ominous” e’ sicuramente uno dei dischi dell’anno, che pur senza reinventare la ruota dimostra una personalita’ che manca alla stragrande maggioranza delle band odierne! Come vi siete orientati sull’odierna formula “deathrash”, come l’hai definita?
“Grazie! Si’, facciamo un mix di death e thrash per il semplice fatto che e’ quello che mi ispira, che mi viene naturale suonare. Credo che la cosa sia stata evidente per anni, e tuttora si faccia sentire perche’… il metal estremo e’ cio’ che sono! Avevo bisogno di ritrovare a pieno queste sonorita’ dopo una pausa forzata durata forse un po’ troppo; sentivo la necessita’ di trovare nuovi stimoli, anche nuove persone con cui condividere la cosa, e finalmente questo e’ accaduto a fine 2009. Non c’e’ quindi stata una scelta precisa per quanto riguarda il sound, quanto invece un’espressione naturale di quello che mi viene da comporre oggigiorno.”
Ecco, torniamo un attimo indietro allora e parliamo di quello che e’ successo con la transizione tra Zyklon, sciolti ufficialmente a fine 2009, e The Wretched End, nati – sempre ufficialmente – a gennaio 2010. Puoi parlarmi dei motivi dietro allo scioglimento della band precedente?
“E’ presto detto: non c’erano piu’ stimoli. Vivevamo tutti molto lontani l’uno dagli altri, e quindi tutta la serie di problemi logistici pesava su di me, che dovevo organizzare i ritrovi, le prove, i tour, tutto quanto; la cosa alla lunga si e’ fatta sentire e la spinta del gruppo e’ andata scemando. Ognuno di noi era preso dalle sue cose e ormai ci si vedeva sempre piu’ di rado. Inevitabile quindi che si finisse a spegnersi in qualche modo… A fine 2009 ho deciso che era venuto il momento di staccare la spina, e cosi’ ho fatto. Intanto riprendevo questo progetto messo insieme con Cosmo, con cui discutevamo da tempo della cosa: il momento era quello giusto per tutti, dovevamo solo mettere insieme i pezzi.”
Pezzi che noto essere collegati direttamente alla tua esperienza con gli Zyklon, appunto. Anzi, per molti versi mi pare che tu abbia recuperato la voglia di groove e il sound abrasivo del debutto, World Of Worms, cosi’ come i suoi rimandi al black metal qua e la’.
“Non c’e’ mai stata grossa discussione su come volessimo suonare, quello che senti e’ cio’ che mi viene naturale e Cosmo ha la mia stessa visione musicale. Abbiamo sicuramente infuso un po’ di groove nei pezzi, cosi’ come la melodia quando serve, e credo che le canzoni siano in questo modo ancor piu’ complete che in passato…”
Concordo. Brani come The Armageddonist o Human Corporation sono delle hit totali…
“Ecco, quelli sono due pezzi con un suono un po’ particolare, specie il primo dei due con i suoi rimandi al black metal. L’eredita’ conta, alla fine. Poi credo che siamo riusciti a dare al disco il suono adatto per il tipo di musica che facciamo: potente e moderno senza avere quel feeling da ‘plastica’ che rovina tutto.”
Sarebbe stata la mia domanda successiva: qual e’ il segreto per un suono del genere quindi?
“Beh tieni conto che registro dischi da un po’ di tempo ormai! Ho mantenuto piu’ o meno lo stesso standard che tenevo con gli Zyklon, in modo da dare il giusto spessore alle chitarre e alla voce, ma con un ruolo predominante della batteria. Senza contare il lavoro fatto appunto da Nils [Fjellström, ndr] alla batteria… Quello che volevamo evitare era di dare al disco un feeling “finto”, artefatto, quando vogliamo appunto essere proiettati al futuro senza perdere l’essenza selvaggia di questa musica.”
Appunto, Nils. Francamente credo che mezzo disco lo faccia tranquillamente lui, quanto a risultato: una batteria potente e molto in primo piano nel mixing, mi sembra ovvio che gli abbiate dato parecchia importanza…
“Sicuro! Direi che il drumming ha un’importanza fondamentale per un sound come il nostro, e Nils ha saputo fare il lavoro necessario alla perfezione, superando persino i nostri obiettivi. Poi il disco e’ fatto da tre professionisti e ognuno ha il suo spazio, ma sicuramente la batteria ha avuto un ruolo basilare per ‘Ominous'”.
So che a inizio ottobre avete presentato il disco a Toronto, com’e’ andata? Immagino si sia trattato solo di una listening session, senza un vero e proprio concerto dal vivo…
“Assolutamente, ero presente solo io e sono stato il DJ della serata, mettendo prima il nostro album e poi una selezione di pezzi di metal estremo in generale. Non avremmo nemmeno potuto suonare live, per il semplice fatto che non ci consideriamo una band a tutti gli effetti, ma un progetto da studio. Per ora vogliamo mantenere la situazione cosi’ com’e’, e’ l’equilibrio che ci si adatta meglio.”
Il che da una parte e’ un peccato. Ti ho visto dal vivo diverse volte, di cui la prima con gli Emperor nel ’96, e trovo che il potenziale anche scenico sia molto alto – e ricordo che anche con gli Zyklon a Pavia faceste un concerto enorme. Non temi che la mancanza di attivita’ live possa indebolire il gruppo?
“Ti ringrazio, ma abbiamo ponderato molto bene questa scelta. Tutti noi abbiamo impegni di vario tipo, famiglie in primis, e non vogliamo che si crei la situazione che ti descrivevo prima proprio parlando degli Zyklon. Al momento va bene cosi’, del resto siamo attivissimi sul songwriting e questo e’ dovuto proprio al fatto che stiamo concentrando totalmente le nostre energie.”
Avete quindi gia’ un secondo album in cantiere?
“Certo, siamo gia’ alla pre-produzione a dire il vero! Come ti dicevo stiamo procedendo spediti, produciamo parecchio e questa e’ la situazione ideale per un gruppo come il nostro.”
Devo dire che il 2010 e’ stato un anno d’oro sia per te, con ‘Ominous’, che per Ihsahn, che ha pubblicato un disco altrettanto grandioso – seppur completamente diverso – con ‘After’, diversi mesi fa. Da una parte fa piacere che ognuno di voi due abbia trovato la propria incarnazione musicale e riesca, dopo tanti anni, a sfornare opere del genere, ma dall’altra la domanda e’ inevitabile: pensate mai a tornare a fare qualcosa insieme?
“Non al momento, no. E’ stato ottimo ritrovarci tutti per la reunion degli Emperor, ma sapevamo che non avremmo potuto ne’ voluto dare vita ad altra musica insieme. Non fraintendermi, siamo sempre ottimi amici, e ci troviamo spesso – anzi, non piu’ tanto spesso a dire il vero – anche solo per un caffe’ e quattro chiacchiere. Ma niente che possa significare dischi insieme, o altre collaborazioni simili. Ma non si sa mai cosa puo’ accadere in futuro, ovviamente; chiudere porte a prescindere sarebbe solo stupido.”
Chiudiamo allora con una domanda in retrospettiva: sei un musicista ma anche un discografico, con la tua Nocturnal Art Productions. Come vedi il mondo metal di oggi in rapporto a quanto succedeva nei primi anni ’90, quando iniziavi a suonare seriamente? C’e’ la nostalgia dei vecchi tempi o preferisci le comodita’ della tecnologia e il maggior business di oggi?
“Beh guarda, nostalgia dei vecchi tempi ok, ma teniamo conto che niente e’ stato facile per noi degli Emperor nemmeno agli inizi. Siamo nati dal nulla, dalle campagne norvegesi dove vivevamo io e Ihsahn, e riuscire a girare il mondo anche in tour scalcinati e’ stato un traguardo che abbiamo conquistato con le unghie, con duro lavoro e parecchia fatica. Quindi non rimpiango nulla del passato, rifarei tutto quanto, ma oggi la situazione e’ ideale e sono convinto di non avere mai avuto dei momenti di grossa difficolta’ nella mia carriera musicale, anzi: si e’ trattato di un continuo crescendo. Con la NAP pubblico principalmente dischi a cui sono interessato, ma e’ comunque una label e in quanto tale richiede impegno e un lato del mestiere in cui c’e’ parecchio da imparare. Attualmente pubblico i miei dischi proprio tramite NAP via Candlelight, una partnership ormai vecchia di anni e ricca di successi. Diciamo che la solidita’ delle situazioni e’ qualcosa su cui costruisco, passo passo… e mi sembra che i risultati mi diano ragione!”
Alberto Fittarelli