This Ending (Mårten Hansen)
Quattro chiacchiere con Mårten Hansen, frontman e leader dei feroci This Ending. Argomento della discussione, l’oscuro e minaccioso “Dead Harvest”, secondo album in carriera per la band scandinava.
Bene Mårten, Iniziamo direttamente dal nuovo arrivato “Dead Harvest”. Quali sono a tuo parere, le maggiori differenze riscontrabili rispetto al suo predecessore “Inside The Machine”?
Essenzialmente il suono, in senso generale molto più “definito” rispetto al precedente album, ma non di meno, sostanziali differenze sono presenti anche nella struttura del disco, stavolta alquanto più completa e ricca. A livello vocale poi, si nota una maggiore diversificazione.
Abbiamo cercato insomma, di aggiungere e potenziare tutti gli ingredienti possibili al fine di render l’ascolto interessante, tentando di mantener ben evidenti quelle che sono le caratteristiche identificative e peculiari della nostra proposta.
È stata un’autentica sfida. Per questo nuovo lavoro, abbiamo composto molto più materiale del solito, in modo da avere una scelta ampia, nella speranza di fare un consistente passo in avanti, accontentando allo stesso tempo anche le aspettative dei nostri fan.
Il processo di composizione vi ha richiesto quasi tre anni. Tutto tempo impiegato per “Dead Harvest”, o c’è di mezzo qualche contrattempo?
A conti fatti, poco più di due anni, “Inside the Machine” risale al dicembre 2006…
Se tutto fosse andato come da previsioni, saremmo già sul mercato da almeno un paio di mesi. Più o meno dallo scorso ottobre. Purtroppo, abbiamo sentito l’esigenza di remixare tutto l’album al fine di ottenere un risultato che ci piacesse davvero e questo ha inciso sulle tempistiche.
Non siamo stati due anni su Dead Harvest ad ogni modo. La stesura dei pezzi è stata la cosa che ci ha richiesto più tempo, mentre per le registrazioni c’è voluto molto meno. Siamo entrati in studio ad aprile del 2008, ma nel frattempo ci siamo occupati anche di registrare un video-clip per il brano “Parasite” e di suonare alcune date live.
Prima delle fasi conclusive inoltre, abbiamo staccato la spina per un po’, in modo da giungere al momento decisivo con le idee ben chiare e le orecchie riposate!
La copertina è inquietante e singolare. Che riferimenti ha con il titolo del disco?
Un angelo di qualche tipo che sovrasta un mondo in decadenza. Un’immagine di libera interpretazione che tuttavia, per quanto ci riguarda, simboleggia il fatto che, continuando a sfruttare l’ecosistema in modo così violento e ad imbruttire l’umanità, ben presto ci troveremo a fare i conti con un raccolto di morte e sfacelo. Un mondo devastato e definitivamente corrotto, è ciò verso cui stiamo scivolando inesorabilmente…
O almeno, questo è il nostro modo di intendere il messaggio. Ognuno sia libero di accoglierlo ed interpretarlo come meglio desidera naturalmente!
Suppongo che questi concetti siano poi ben presenti anche nei testi dei brani…
Non del tutto. Gli argomenti sono in fondo i soliti: ci facciamo ispirare da tutto ciò che ci circonda, sia esperienze personali, che fatti avvenuti nel mondo.
Per citarti gli esempi specifici per ogni singolo caso, “Trace of Sin” è un pezzo molto aggressivo che tratta di ciò che può accadere quando si ha un ego smisurato, tanto grande da non farti comprendere le possibili conseguenze negative delle tue azioni. “Parasites” invece, la canzone da cui abbiamo tratto il video, è altrettanto heavy, ed è una sorta di critica all’atteggiamento umano, troppo spesso volto ad un comportamento da parassita. “Machinery” tratta dei problemi derivanti dalla “diversità”, mentre “Instigator of Dead Flesh” è un brano legato alla guerra.
“Delussionists”, l’episodio più thrash del lotto, narra invece della visione delle cose, tipica di chi è abituato a mentire al punto da credere alle sue stesse menzogne. Ci sono poi “Army Of The Dying”, altro attacco heavy senza compromessi, che è una specie d’esortazione ad insorgere e la title track “Dead Harvest”, che tratta dello sfruttamento d’ogni tipo.
Per finire, “Tool of Demise”, altro pezzo aggressivo, racconta un po’ di cosa succede quando le cose che hai creato ti si ritorcono contro, così come “Deathtrade”, ulteriore traccia incentrata sul tema della guerra causata per scopi personali.
L’ultimo brano, “The Asylum”, lo vedo come una sorta di colonna sonora dell’orrore e della follia che caratterizzano il genere umano di tanto in tanto.
Insomma, tanti argomenti diversi come vedi…
Dopo questa descrizione e dopo aver letto sul vostro sito che “Dead Harvest”, è da considerarsi proprio come “la colonna sonora di un mondo in rovina”, mi pare di capire che non abbiate una visione di certo ottimista del futuro.
Ma guardati in giro. È diventato faticosissimo trovare qualcosa di buono che riesca ad elevarsi dalla negatività diffusa. Osservo i telegiornali, leggo i magazine e mi trovo sempre più spesso a pensare che il mondo, così come lo conosciamo, sta davvero andando a rotoli…
Questo però, non vuol dire che il nostro pessimismo sia definitivo. Nella nostra musica abbiamo scelto di ritrarre questa società in decadenza, ma le speranze per qualcosa di migliore non ci mancano!
Veniamo ora per un attimo alla musica vera e propria.
Ascoltando i vostri brani non si può fare a meno di giungere ad una considerazione. C’è molta aggressività, ma si percepisce sempre e comunque, anche il tentativo di rendere i pezzi in qualche modo fruibili e non troppo ostici.
È un aspetto voluto o una conseguenza naturale del vostro modo di comporre?
I nostri pezzi partono tutti da un malloppo d’idee buttate alla rinfusa. Da questo malloppo estraiamo ciò che ci sembra più promettente, scartando il resto.
Il primo passaggio lo fanno Linus e Leo alle chitarre, nel tentativo di suggerire un po’ la modalità con cui il pezzo andrà costruito. Dopo aver concordato sulla validità del progetto che stiamo mettendo in pista, io parto con la composizione di ciò che mi sembra poter essere il testo migliore per il tipo di canzone che si sta andando a formare.
Il passo successivo è l’incisione di un primo demo, momento in cui Linus di solito, fornisce anche qualche input su come si possano migliorare le parti vocali.
Se quello su cui stiamo lavorando ci piace ancora, andiamo avanti, provando e riprovando la canzone un sacco di volte, sempre modificando qualcosa o migliorando qualche particolare.
Una volta terminato il processo di composizione facciamo un riassunto, per renderci conto se siamo riusciti a mettere insieme abbastanza pezzi, sufficienti per andare a comporre un buon disco, dopodiché, procediamo con la selezione.
Le canzoni promosse, andranno sul cd definitivo, le altre finiscono come materiale bonus.
Tutte quante in ogni caso, vengono rifinite e riregistrate ancora, in una versione che possa essere il più vicina possibile a quella dell’album. Ma sino a quando non siamo soddisfatti davvero del tutto, continuiamo a cesellare, aggiungere e cambiare. Anche all’ultimo momento, appena prima del mix conclusivo.
Il motivo per cui i nostri pezzi possano risultare così ruvidi, ma anche strutturati in modo da risultare fruibili è probabilmente questo. Devono piacere ed appagare prima di tutto noi stessi.
Anche se, diciamola tutta, una volta terminato tutto il lavoro, una cosa è inevitabile. Ci sarà sempre qualcosa che vorresti cambiare o che forse avresti preferito diversa.
Certo, seguendo questo istinto, il rischio però, sarebbe quello di andare avanti ad incidere per anni, ottenendo delle tracce del tutto diverse dall’obiettivo originale!
Facciamo un bel salto indietro. I This Ending sono null’altro che la reincarnazione degli A Canorous Quintet, gruppo attivo nel cuore degli anni novanta.
Che ricordi conservi di quell’epoca?
I ricordi migliori sono sicuramente quelli legati agli show dal vivo. È sempre stato bello andare sul palco e naturalmente, lo è ancora oggi. Non dimentico poi, l’emozione del primo contratto che ci consentiva di avere una label alle spalle, così come l’uscita di ogni nostro disco. Grandi momenti!
Ma più di tutto, le esperienze live…sai, in quell’epoca spesso condividevamo il palco con grandissime band come At The Gates, Dissection, Katatonia, Hypocrisy, Disharmonic Orchestra, Edge Of Sanity ed un sacco di altri nomi grandiosi.
Fu un momento unico e fu davvero bello far parte della scena estrema in un periodo in cui tutto si evolveva in modo così entusiasmante!
Ora però sono soddisfatto così, e non vorrei mai tornare indietro. Sono molto contento di quello che sto facendo con i miei vecchi compagni e sono convinto di produrre qualcosa che è anche meglio di ciò che facevamo con i A Canorous Quintet. Le cose, concorderai con me, sono cambiate e ci siamo evoluti parecchio come musicisti!
E la scena estrema di oggi?
Credo sia più viva che mai.
Ad ogni modo, la qualità di ciò che viene prodotto al giorno d’oggi è molto diversa. Ci sono almeno 30 nuovi album di metal estremo ogni mese, tra i quali spesso, molti di fattura davvero ottima. Questo fa si, che sia davvero difficile, per una nuova band che si affaccia sul mercato, il poter emergere e farsi conoscere, a causa anche di un certo immobilismo da parte degli ascoltatori che, se non stimolati da qualche raccomandazione, ben di rado vanno in cerca di novità o spendono un po’ di tempo alla ricerca di nuove realtà interessanti.
La differenza tra oggi ed allora risiede in questo. Ci sono molti più gruppi in grado di offrire buona musica e da questo punto di vista, non ci possiamo di certo lamentare.
Proprio a causa di questa grande quantità e considerato il grave periodo di crisi globale, tu stesso mi dici che per un gruppo è una vera impresa il cercare di emergere dalla massa.
Come pensi ci possa riuscire la musica dei This Ending?
Io credo che l’unicità del nostro suono, così aggressivo ma al contempo non inaccessibile, possa esserci fortemente d’aiuto.
Abbiamo lavorato molto duramente per ottenere qualcosa di valido e ben strutturato, qualcosa che possa garantire agli ascoltatori novità e scoperte ad ogni nuovo passaggio del disco.
Credo inoltre, che gli argomenti e le atmosfere espressi dalle nostre canzoni, siano qualcosa che ben si compenetra con il mondo in cui viviamo.
Ciò di cui più abbiamo bisogno, è il farci conoscere quanto possibile, cosicché molti appassionati di questo genere musicale possano apprezzare tutti gli sforzi e l’impegno che mettiamo nel nostro lavoro. Talvolta capita, che qualcuno resti sorpreso nel non averci mai sentiti nominare, dato il valore della nostra proposta.
Ciò che più ci preme arrivati a questo punto, è il costruirci la possibilità di farci conoscere, suonare in giro e continuare a comporre il nostro particolare tipo di metal.
Sono queste le aspettative che avete per “Dead Harvest” mi pare di capire…
Speriamo anzitutto di acquisire molti nuovi fan. Ci auguriamo che il nuovo video possa contribuire a fornirci un po’ di attenzione in più, così come speriamo che il nuovo album possa essere ben accolto dalla critica e dagli ascoltatori. Noi siamo sicuri del suo potenziale e siamo certi che qualche buon riscontro contribuirà a darci qualche chance in più!
Le vostre mosse future? Non mi stupirei se aveste in progetto di partecipare a qualche festival estivo!
Stiamo valutando alcune opportunità per poter suonare un po’ da vivo. E magari anche di effettuare qualche registrazione ed un nuovo video da mettere ondine sul nostro sito web.
Speriamo davvero di poter prendere parte a qualche festival estivo, ma al momento non abbiamo nulla di programmato. Ci auguriamo di essere contattati dalle organizzazioni, naturalmente.
Qualche tempo fa abbiamo condiviso il paco con i Black Dalia Murder, un’ottima esperienza…cercheremo in ogni modo di promuovere il nostro nuovo cd con quante più date live possibili!
Siamo in conclusione Mårten. A te la parola per un pensiero finale…
Spero che i tuoi lettori vogliano cercare ed ascoltare il nostro nuovo “Dead Harvest”, augurandoci che possa piacere e che questo possa farli parlare di noi, aiutandoci a diffondere la nostra musica.
Desideriamo incontrarvi al più presto ai nostri show, cercate di non mancare!
A presto e “Reap The Dead Harvest”!
Fabio Vellata
Pagina Myspace This Ending
Sito Web This Ending