Time Machine (Lorenzo Dehò)
In attesa del seguito di “Reviviscence”, attualmente in lavorazione, abbiamo avuto la possibilità di assaltare Lorenzo Dehò, mastermind dei progster Time Machine nonché titolare della Lucretia Records, con una raffica di domande sulla band, sulla label e sulla scena italica in senso lato. Lorenzo ha sostenuto l’urto e ha replicato a tutti i nostri quesiti. A lui dunque la parola.
I Time Machine sono attivi sulle scene dai primi anni novanta, dimostrandosi in questo una delle prime band a tentare la strada del prog metal. Ti va di fare un bilancio di questi quattordici anni di carriera?
E’ come nella vita: tante cose belle, alcune brutte, qualche zona grigia. In qualsiasi caso rifarei tutto, alcuni passaggi diversamente, ma tirando le somme la cosa che più mi rende felice è notare che più o meno abbiamo sempre lo stesso numero di afecionados. Che, se da un lato dimostra che non abbiamo mai fatto il salto di popolarità, dall’altro è il risultato di essere sempre stati coerenti senza mai avvicinarci alle mode del periodo.
Undici anni fa usciva il vostro debut: “Act II: Galileo”. Che fine ha fatto l’Act I?
L’act I era il mini “Project: Time Scanning”, che non fu battezzato act I perchè mai ci saremmo sognati che ci sarebbe stato un act II. Quando si dice il caso…
La formazione dei Time Machine non passerà certo alla storia per la sua stabilità: in quattordici anni si sono succeduti nelle sue fila più di venti membri. C’è chi dice che tanti addii siano dovuti all’atteggiamento dittatoriale del mastermind della band. Che cosa rispondi?
Boh, forse dovresti chiederlo agli altri componenti del gruppo. Alcuni come Ivan e Joe sono stati nel gruppo per dieci anni o giù di lì, quando hanno lasciato è stato solo per motivi familiari, professionali o altro. Poi c’era chi, sebbene stipendiato, voleva fare i ca**i suoi alla faccia del gruppo, senza rispettare le regole. Glielo abbiamo lasciato fare fino a un certo punto, poi anche la pazienza ha un limite. Con altri ancora invece ci siamo separati nel massimo rispetto e amicizia, penso in particolare a persone di valore come Cris Mozzati (ora drummer dei Lacuna Coil), o a Eddy Antonini che rimane uno dei miei migliori amici.
Mi hanno anche definito come una brutta copia copia di Dave Mustaine, anche perchè mi sono sempre assunto la responsabilità di mettere la mia faccia alle decisioni che tutto il gruppo prendeva.
L’alchimia in un gruppo è qualcosa che si costruisce a poco a poco nel tempo. Non pensi che tutti questi cambi nella line-up possano aver influenzato negativamente la qualità dei lavori dei Time Machine?
In parte è vero, è anche vero che grazie a continui cambi di line up il gruppo ha sempre goduto di nuova linfa e nuove idee.
E’ anche vero che i gruppi di professionisti nella stragrande maggioranza dei casi stanno insieme per il lato professionale e non perchè sono amici…. alcuni addirittura se le cantano davanti e dietro, questo a noi non è mai successo: se si sta bene insieme ok, altrimenti amici come prima e ognuno per la sua strada.
Credi che la formazione che ha suonato su Reviviscence possa sperare di essere confermata anche in futuro?
La formazione che sta completando il nuovo disco vede ancora Marco Sivo, Gianluca Ferro e me, in più sono rientrati dai tempi di “Evil” anche Claudio Riotti e Alex del Vecchio. E io sono felice come un bambino perchè sono i migliori musicisti con potrei desiderare di lavorare!
A tal proposito, puoi dirci a che punto sono i lavori sul terzo e ultimo capitolo della trilogia incentrata sulla figura dell’inquisitore Eymerich, la creatura di Valerio Evangelisti?
Siamo a buon punto, batteria, basso, chitarre ritmiche e layers di tastiera sono fatti, mancano voci, soli e mix che faremo a gennaio perchè prima non ci riusciamo a causa di impegni di lavoro. Ci stiamo mettendo più tempo del previsto anche perchè è un lavoro più complesso del solito, ogni brano è diverso dall’altro per stile e arrangiamenti, in più bisogna fare combaciare la nostra disponibilità con quella dello studio, e non sempre ci si riesce… Questo da un certo punto di vista è positivo perchè ci dà modo di rivedere il materiale con maggiore distacco, e infatti per la prossima tornata in studio abbiamo già una lista di nuovi accorgimenti da applicare ai brani registrati.
Tra i molti cantanti che hanno collaborato con la tua band figura anche Morby, ora nei Domine. Puoi raccontarci qualcosa della tua esperienza con lui? Che cosa pensi della sua band attuale?
Il primo disco dei Domine mi piaceva moltissimo, tanto che proposi ad Enrico di farglielo pubblicare da Lucretia Records, quanto ai successivi non li ho mai sentiti quindi non posso dirti nulla a questo riguardo.
Morby cantò con noi per un anno, più o meno; rendeva meglio dal vivo che in studio, ma credo che questo dipendesse anche dalla tipologia dei nostri pezzi, mentre sui brani dei Domine che ho sentito si muove maggiormente a suo agio. Non è stato il più tecnico dei cantanti che abbiamo avuto ma dietro al microfono ha sempre fatto la sua parte con il massimo impegno, niente da dire. Una curiosità che mi è rimasta impressa è che Morby ha un fratello che abitava a Milano che è un sound engineer assolutamente bravissimo. Ricordo che venne a darci una mano in studio con le registrazioni di “Shades Of Time” e in pochi minuti impostò il settaggio di registrazione della voce in modo super-professionale, veramente di spessore!
Come dimostrano le tematiche e i titoli dei vostri album (come per esempio Dungeons of the Vatican), i Time Machine sono da sempre vicini all’argomento religione. Qual è la tua posizione in merito? Che cosa pensi delle posizioni estremistiche e anticristiane spesso promosse da parte dei gruppi metal più oltranzisti?
Noi tocchiamo spesso l’argomento religione perchè tutta la nostra storia, già dai tempi della Roma arcaica e pre-repubblicana, così come la nostra vita quotidiana sono pesantemente influenzate dalla religione. Anche nel mondo contemporaneo è evidente quale impatto le religioni abbiano sulla politica e quindi sulla vita di tutti. Forse è un caso che i paesi socialmente più evoluti, come nel nord Europa, siano quelli meno condizionati dalla religiosità o comunque con un rapporto più “terreno” come nel caso del cristianesimo protestante specie quello anglicano.
Quanto alle posizioni anticristiane oltranziste, a mio avviso sono la posizione speculare del bigottismo più serrato. Due facce della stessa medaglia, pari pari.
A scapito della loro influenza sulla scena italiana, i Time Machine non hanno ancora raggiunto a livello mondiale la popolarità di punti di riferimento quali Dream Theater, Pain of Salvation e Symphony X. Pensi che tale divario sia dovuto a leggi di mercato o che rispecchi un’effettiva differenza tra la tua band e le suddette? In quest’ultimo caso, che cosa credi vi sia mancato finora?
Francamente penso che non abbiamo avuto alcuna influenza sulla scena italiana, il merito che ci riconoscono è quello di avere saputo portare all’estero il prog-metal italiano in modo professionale. E’ indicativo che trovi i Time Machine citati nei credits di molti gruppi stranieri mentre rarissimamente avviene con i nostri connazionali. E’ anche vero che non siamo stati i primi, ma per un puro caso siamo stati quelli che hanno definitivamente aperto la via all’audience di oltre frontiera. Ma è anche vero che non siamo stati gli unici, insieme a noi c’erano anche Eldritch, Deus Ex Machina, Black Jester e altri. Successivamente ci sono stati i Rhapsody che hanno portato nella scena metal internazionale il tricolore a livelli mai raggiunti (e a mio avviso irripetibili). Idem per i Lacuna Coil, che a mio giudizio valgono il doppio di altri gruppi simili che però essendo americani o scandinavi riscuotono maggiore consenso – o meno pregiudizio, le due cose vanno a braccetto.
Noi non siamo e non saremo mai famosi come i gruppi che hai menzionato perchè non siamo commercialmente bravi come loro, e nel caso dei DT neanche musicalmente nè tecnicamente, a dirla tutta. Anche noi soffriamo di un certo pregiudizio in quanto italiani, ma ce ne freghiamo che di più non si potrebbe.
Talvolta il pubblico dello stivale storce il naso di fronte a band italiane che all’estero riscutono notevoli consensi. Trovi che questo atteggiamento sia giustificato? Ritieni che i Time Machine siano meglio accolti fuori o dentro ai confini di patria?
Il pubblico dello stivale storce il naso sui gruppi italiani nel 99% dei casi, è un dato di fatto consolidato da decenni e valido per tutti i generi musicali. Già la PFM degli esordi, per citare uno delle centinaia di casi, era apprezzatissima all’estero e totalmente sconosciuta in patria. Gli italiani sono molto esterofili, subiscono ancora il fascino della star straniera, specie se anglofona. E in più ci si mettono le mode, cui gli italiani non sanno resistere. Lo stesso Evangelisti aveva già ricevuto onorificenze in mezzo mondo quando i lettori italiani si sono accorti delle sue opere. Così va il mondo raga, e non saremo noi a cambiarlo.
Nonostante tutto a noi va molto bene all’estero, e grazie ad alcune labels serie con cui lavoriamo ci si è aperto il mercato nord-americano in misura e tempi che non avremmo mai sperato. Ci siamo chiesti per anni come mai non riuscivamo ad approdare all’audience di USA e Canada in modo rilevante quando poi con l’uscita di Reviviscence da un giorno con l’altro abbiamo scoperto il nuovo mondo! E’ la conferma che puoi essere bravo quanto vuoi ma se non hai i canali giusti del business rimani a suonare in sala prove vita natural durante.
Si dice che certe voci poco lusinghiere, e spesso infondate, che circolano attorno alcune delle realtà italiane più in vista siano dovute soprattutto a invidie e risentimenti da parte dei colleghi. Sei d’accordo?
Sì, ma non mi stai dicendo una novità, lo sanno tutti, è un po’ il segreto di pucinella! Il colmo è che alcuni di quelli più in vista spesso screditano altri meno visibili, è incomprensibile ma è così.
Uno dei bersagli preferiti delle linguacce è il mio amico Eddy Antonini e il suo gruppo. Personalmente non mi fanno impazzire ma sono e sono sempre stato felice per loro per il successo ottenuto specialmente in Giappone. Sarà perchè noi non siamo capaci di invidie o gelosie, ma trovo che certi comportamenti siano ingiustificabili; negli altri paesi, vedi in Scandinavia e Stati Uniti (tanto per cambiare) c’è una solidarietà tra i gruppi che noi ci sognamo; noi invece siamo ancora saldati ad un campanilismo medievale che la dice lunga. Non farmi andare oltre, ti prego.
Ti è mai capitato di ricevere critiche che ritieni ingiuste per motivi analoghi?
Mi è capitato di ricevere tante critiche da non avere il tempo di capire se arrivavano per motivi analoghi o di diversa natura. Ma vale sempre lo stesso discorso che quando entrano da un orecchio già sono uscite dall’altro. Mi basta fare un giro su internet, vedere cosa si dice dei nostri album per capire cosa siamo e che risultati abbiamo raggiunto. Le critiche sappiamo farcele anche da soli, credimi.
Dal 1992 a oggi i Time Machine hanno realizzato quattro full-length e svariati EP. Ci sono band che con una carriera più breve e una proposta meno originale hanno scritto più album e venduto di più. Che cosa ne pensi?
Assolutamente niente. Cioè, bene, sono contento per loro; anche Britney Spears ha venduto milioni di copie senza essere paragonabile ad Annie Lennox, però è così che funziona il mondo, quindi….. checcivuoifà? In questi ultimi anni il livello tecnico-artistico della musica – e del metal in particolare – si è abbassato notevolmente. Qualche anno fa un gruppo doveva sapere suonare bene come conditio prima; oggi la tecnica conta poco o niente, l’importante è fare colpo sui ragazzini, il resto vale poco.
E’ noto che tu sia anche il mastermind della Lucretia Records. Puoi raccontarci qualcosa circa la genesi di quest’etichetta?
A suo tempo io e Ivan Oggioni pubblicammo a nostre spese il primo EP dei Time Machine che vendette un casino e quindi decidemmo di usare parte dei ricavi per la creazione di un’etichetta discografica. La label partì quindi con Time Machine e subito si aggiunsero Archangel (genio!!!), gli Abighor e via dicendo. Iniziammo anche la distribuzione di altre bands e labels con il debut-disc degli In Flames, i Kaoslord ed altri. Dopo pochissimo tempo ci offrirono la licenza di Angels Cry degli Angra dopo che tutte le altre labels italiane li avevano rifiutati. Ricordo che li proposi all’ormai estinta Flying Records che puntualmente ci rispose picche per poi richiamarci tempo dopo chiedendoci se era nostro il cd di un gruppo brasiliano con la copertina rossa. A ruota arivarono tutti gli altri: Vanden Plas, Threshold, Symphony X, Avalon, Rhapsody, Node, Moon Of Steel, e via dicendo. Nel giro di due anni eravamo diventati la label o il distributore di buona parte del prog-metal e del metal indie di un certo livello. Eravamo forse l’unica label italiana che produceva in Italia lavori di gruppi stranieri oltre che gruppi italiani, mentre altre società facevano solo l’importazione e la distribuzione dei cd provenienti dalle labels straniere. Più o meno nello stesso periodo nacque Underground Symphony, e successivamente due nostri collaboratori fondarono la Scarlet mentre un altro nostro ex collega fondò Adrenaline.
Una delle band che voi avete lanciato, gli Arachnes, sono giunti oggi alla quinta uscita ufficiale con un’altra label (la Scarlet Records). Hai ascoltato il nuovo album?
No
Parlando invece di debutti imminenti, tra le prossime uscite della tua Label figurano i veneti Ashent. Che cosa ti ha convinto a scritturarli? A tuo parere, quali sono i requisiti essenziali di una giovane band che voglia puntare al successo?
Gli Ashent mi furono suggeriti da un comune amico statunitense che mi aveva mandato il demo; demo che già “parlava da solo”, era tanto bello che fosse stato per me l’avrei pubblicato così com’era. Poi la band ha cambiato cantante e batterista, hanno registrato l’album completo che dopo una serie di ritardi imputabili a cause tecniche e burocratiche di tutti i tipi (e se Dio vuole sono finite) sarà in circolazione entro la fine di ottobre.
La ricetta per il successo non ce l’ho proprio, quello che vedo è che oggigiorno bisogna avere innanzitutto dei signori agganci nel settore discografico, secondariamente fare musica di tendenza, per ultimo avere le idee chiare su cosa e come si vuole fare, senza necessariamente sapere comporre o suonare bene.
Ci sono migliaia di gruppi eccellenti che passano inosservati, ci sono pochi gruppi eccellenti che raggiungono il successo, ci sono molti gruppi farlocchi che raggiungono il successo. In Italia poi abbiamo qualche problema in più visto che da noi nella cultura generalizzata trionfano calciatori e veline. Detto tutto.
Tra i produttori, c’è chi pubblica solo album che apprezza sinceramente e chi è disposto a mettere da parte i propri gusti in nome di stringenti logiche di mercato. Tu a quale scuola di pensiero ritieni di appartenere?
Se avessimo guardato solo ai soldi, una volta iniziato il declino culturale a fine anni ’90 ci saremmo dati allo speed-power per poi passare al black e poi dedicarci all’heavy-power mantenendo un piede saldo nella scarpa dell’epic. Dato che però ci piace il metal di un certo tipo preferiamo continuare su questa strada, anche perchè nel mondo molti hanno i nostri stessi gusti musicali e ci sentiamo in buona compagnia.
La Lucretia Records ha in passato pubblicato i dischi storici degli Angra – Angels Cry e Holy Land, senza dimenticare l’ottimo e spesso sottovalutato Fireworks. Dopo lo split con gli Shaman, hai scelto di rinunciare a loro per promuovere questi ultimi. Tuttavia, contrariamente alle aspettative di molti, Loureiro e Bittencourt hanno saputo rilanciare la band e, pur cambiandone in parte le coordinate stilistiche, si sono confermati ad alti livelli. A te sono piaciuti gli ultimi due album? Ti sei pentito di non averli confermati nel tuo rooster?
Veramente non sono io che ho rinunciato agli Angra Mark2 ma loro che hanno scelto una strada diversa sia musicale che contrattuale. Il loro sound è cambiato molto ma mi piace comunque, sono sempre stato un fan di Edu Falaschi già da quando militava con suo fratello nei Symbols. Con Kiko e Rafael siamo comunque rimasti in ottimi rapporti di amicizia e hanno anche partecipato alla realizzazione di Reviviscence. C’è un brano di Reviviscence dove si alternano i soli di Rafael, Gianluca Ferro, Kiko, Fabio Ribeiro. Quando li ho sentiti tutti di seguito nel primo pre-mix ero al settimo cielo estasiato da cotanta classe tutta insieme!
Tuttavia non penso che potremmo lavorare ancora insieme, anche se nella vita non si può mai dire mai. Però ogni tanto mi rimiro l’award del disco d’oro per Angels Cry con su inciso il mio nome e qualche cruccio affiora. C’era molto di personale in tutto ciò, non è mai stato solo business.
Puoi parlarci dei progetti futuri della tua label?
Negli ultimi anni c’è stata una specie di terremoto nel mercato discografico a livello planetario. Praticamente di quello che era il mondo musicale fino al 2001-2002 è rimasto poco o niente, tutto si è trasformato per giunta frammentandosi in innumerevoli rivoli su tutti i fronti: dai generi musicali ai canali distributivi. Tanto per darti un’idea, negli USA i più acerrimi rivali, Nuclear Blast e Century Media, si sono fusi in un’unica società per adeguarsi alla trasformazione del mercato. Ovviamente proporre una cosa del genere in Italia è impensabile, eccetto che tra noi e Underground Symphony con cui stiamo realizzando una joint-venture che ci auguriamo potrà presto acquisire una formalizzazione più compiuta. Con questo nuovo assetto operativo stiamo ampliando la rete distributiva comune con nuovi partners e sostituendo quelli “improduttivi” con altri che assicurano risultati migliori; soprattutto stiamo cercando di rispondere alla crescente domanda di vendita diretta all’utente finale tramite il servizio di mail order che soprattutto nel resto d’Europa sta raggiungendo dimensioni importanti. L’argomento è complesso e molto articolato, difficile esaurirlo in poche righe.
Quali sono i gruppi che rispetti maggiormente nel panorama italiano?
In primis i Death SS, sempre coerenti e al tempo stesso innovativi, incompresi (tanto per cambiare); e poi tanti altri: Madsword, Skylark, Drakkar, Extrema, Arthemis, Lacuna Coil, Dark Qarterer, e ovviamente i nostri Valas, Kingcrow, e il mio preferito da sempre Archangel che reputo il migliore talento mai nato in Italia.
E quali quelli che proprio non puoi sopportare, a livello di proposta musicale o anche di atteggiamento? Ce n’è qualcuno che ritieni clamorosamente sopravvalutato?
Domanda allettante! La lista non è lunga ma se faccio nomi rischio qualche incidente diplomatico di grave entità. Personalmente non me fregherebbe niente ma so che qualche “cuore impavido” se la prenderebbe con i nostri gruppi quindi lasciamo stare.
Dopo tanti anni di carriera come musicista e produttore, ti è rimasto qualche sassolino nella scarpa che hai voglia di toglierti?
Alcuni sì, certo, come per chiunque. Prenderei volentieri a calci nel culo un tale manager italiano per averci screditato nei confronti della Magna Charta quando eravamo ad un millimetro dalla firma del contratto. Renderei pan per focaccia ad un individuo che impedì che il grandissimo Roberto Tiranti entrasse nella nostra band nel 1998. Non assolderei più mercenari che come juke box cantavano solo quando gli mettevi i soldi davanti. E via discorrendo.
In questo caso la lista è non è breve ma non penso che ai vostri lettori interessi più di tanto. Anche perchè prima o poi le cose saltano fuori da sole, quindi non c’è bisogno di spiattellarle ai quattro venti. A questo riguardo mi ricordo che una volta Klaus Byron mi invitò scherzando a collaborare con lui alla redazione de “la vera storia del metal italiano”, ovviamente non ho potuto accettare, sia per diplomazia che per il fatto che “solo chi è senza peccato scagli la prima pietra”.